Nec temere, nec timide

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    Dopo aver lasciato la residenza dell'anziana Kunionji Mai si era messa ad esplorare il villaggio di Takumi, ansiosa di esplorare e scoprire quel posto dalla più grande e famosa via fino al più minuscolo e nascosto viottolo ombroso. Era come una bambina davanti a una cascata di novità, non riusciva a fermarsi perché come scopriva qualcosa di nuovo subito si chiedeva che cosa ci fosse oltre quel palazzo, quel giardino o quel monumento e allora decideva di andare a vedere. Mai era veramente contenta di trovarsi finalmente lì.

    Penso proprio che mi trovero bene qui, devo solo stare attenta a non fare cazzate.

    Passò buona parte della mattinata a saltare da un tetto all'altro, senza badare alle occhiate stranite di diversi ninja che la guardavano incuriositi, evidentemente chiedendosi chi fosse quella ragazza con il loro stesso coprifronte venuta fuori dal nulla.
    Ancora non si era stancata di quello spensierato giro quando percepì un'aura particolare, che si dinstingueva molto chiaramente dal mare di presenze, civili e shinobi, in cui lei stava sguazzando. Era forte, molto forte, ma anche chiaramente familiare, Mai non avrebbe potuto sbagliare.

    E' lui!?

    Senza pensarci due volte lo seguì, rimanendo a una certa distanza di sicurezza di almeno un paio di centinaia di metri, doveva ancora racimolare coraggio. Dopo un breve inseguimento per il villaggio la presenza familiare si fermò in un posto fisso. Mai si avvicinò un po' di più e vide un edificio, la presenza era là dentro, che fosse casa sua? Lei non percepiva altre presenze nè dentro nè di eventuali altri shinobi appostati e nascosti nelle vicinanze, non sembrava una missione.
    Mai esitò per cinque minuti abbondanti dietro l'angolo in attesa del momento giusto, pensando all'approccio, all'atteggiamento, a cosa dire per poter affrontare un'altra importante questione in sospeso.
    Ma tutto ciò a cui riuscì a pensare fu uno slogan per concentrarsi su una linea di azione moderata.

    Non temerariamente, ma nemmeno timidamente.

    Non sarebbe entrata sfondando la porta, in un impeto di coraggio esagerato per vincere la paura ma poi pentirsi della stupidità del gesto, e non sarebbe neanche stata lì fuori ad aspettare che la presenza uscisse per continuare a seguirla e rivolgergli la parola chissà quando. Sarebbe andata alla porta e avrebbe bussato. E così fece. Camminò fino alla porta, contò a dieci, ma a nove ci ripensò e ricominciò a contare, ma fino a venti, e poi bussò.
    La presenza all'interno della casa si sarebbe trovata di fronte una Mai diversa da come se la ricordava: capelli arruffati, vestiti segnati dalle intemperie di un periodo passato a dormire ovunque, espressione a metà tra lo stanco morto e un'immensa soddisfazione, zaino in spalla pieno con tanto si sacche legate ai lati piene anch'esse, la pelle segnata dai kanji del vistoso sigillo di contenimento e coprifronte di Takumi assicurato ben saldo alla testa.
     
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    46.1 NIHIL INIMICIUS QUAM SIBI IPSE






    Barcollavo stancamente per le strada principale di Takumi. Non ci tornavo da tre giorni almeno ed ero più scombinato che mai. Da qualche mese, dopo la sospensione, al villaggio mi stavano dando sempre più spesso missioni di livello medio-alto, nonostante il mio grado. Per un po' avevo creduto che questo potesse aumentare la mia soddisfazione nei confronti della professione, ma alla fine un ninja è sempre un ninja. Non potrò mai apprezzare davvero quello che faccio, anche se è l'unico lavoro che sono in grado di fare, come diceva il mio vecchio padre adottivo. Non sarò mai più una persona normale, non potrò più tornare ad esserlo, mi trovavo spesso a pensare. L'unica cosa che mi rendeva sopportabile tutto ciò era l'idea di poter essere in grado di aiutare Walter, Mai e le altre persone che mi erano in qualche modo vicine, anche se non potevo assolutamente farlo con il lavoro ufficiale.
    Faticando un attimo con le chiavi, aprii la porta e mi gettai dentro casa. Ero stanco morto, ma dovevo riprendere ad allenarmi a breve. Era quello il modo che avevo per diventare più forte ed essere all'altezza del compito affidatomi dal vecchio Walt. Non potevo permettermi più di mezz'ora di riposo. Dopo esser stato seduto per un minuto circa su una sedia, presi una pagnotta dalla dispensa e ne ingurgitai i tre quarti. Il restante lo divisi in una dozzina di piccoli frammenti e li gettai sul pavimento, ricoperto di polvere e sporcizia accumulatasi in mesi e mesi di mancanza di pulizia. Il pane cadde in un angolo, dove pochi secondi dopo fece la sua comparsa un trio di simpatici e piccoli ratti. Presero il pane e poi sparirono di nuovo attraverso una fessura nella parete. Era da parecchio tempo che condividevo l'abitazione con quei roditori, li avevo trovati lì quando ero tornato dopo la mia gita al carcere. Ma forse erano già lì nei momenti finali del mio periodo di alcolismo. In ogni caso non me l'ero sentita di cacciarli, non mi davano particolare fastidio. Erano buoni coinquilini, non facevano troppo rumore e non sporcavano più di quanto facessi io. Ogni tanto gettavo loro un po' di cibo e loro lo prendevano, ma non era una cosa che accadeva con regolarità. In sostanza si facevano i fatti loro e io i miei.
    Dopo aver bevuto qualche sorso d'acqua, mi sdraiai un attimo sul letto, per riposare qualche minuto. Ne passarono molti di meno di quanti avrei desiderato, quando qualcuno bussò alla porta. Immaginai si trattasse di un inviato del kage con ordini per il giorno successivo. Purtroppo non potevo ignorare la cosa, ero stato condannato da poco per defezione, né potevo far aspettare troppo tempo il probabile messaggero. Mi alzai con sollecitudine e avanzai fino alla porta con passo caracollante. Il piccolo uscio in legno non era dotato di alcun spioncino, cosa che avrebbe aiutato in questo caso. Aprii e osservai la persona che mi trovavo di fronte, con vago disinteresse. Che si trasformò presto in stupore e sgomento, davanti a me c'era Mai Yamanaka.

    -Tu...-

    Riuscii a pronunciare solo questa parola, preso alla sprovvista. Lei era lì, di fronte a me. Dopo tutto questo tempo passato ad aspettare, il momento era finalmente giunto. Senza che io fossi pronto o che potessi fare niente ed entrambe le cose mi misero fortemente a disagio. Ero contento di vederla, estremamente contento, ma sempre più in quel periodo mi stavo rendendo conto di quanto la situazione fosse davvero complicata. E invece adesso lei era qui, all'improvviso. Riuscii a stento a trattenere le lacrime, che sgomitavano per uscire, non certo lo sgomento, che si fece strada facilmente sul mio volto. Non poteva essere diversamente. Dopo un paio di secondi di silenzio, lasciai partire un profondo sospiro, che mi aiutò a riprendere il controllo della situazione.

    -Tu sei pazza, Mai Yamanaka...-

    Non erano di certo le parole più accoglienti del mondo, anzi. Le accompagnai con un sorriso appena accennato, ma mi resi anch'io conto di quanto fossero fuori luogo. Davanti a me c'era una persona diversa, vestiti scombinati e capelli arruffati. Portava un grosso zaino sulle spalle e sulla sua pelle c'erano delle scritte, forse tatuaggi o più probabilmente un sigillo di qualche tipo. Il suo sguardo era forte e determinato, come sempre, ma tradiva anche una certa stanchezza. Ma soprattutto aveva un coprifronte di Takumi. Mi sentii mancare pensando a quanti e quali sofferenze e fatiche le era costata la sua scelta. Non potevo che sentirmi in colpa, oppresso dall'idea del male che le avevo causato, anche solo indirettamente. E all'idea di quanto gliene avrei potuto causare di lì in poi. Tanto... Troppo... Non potevo permetterlo!

    -C-come stai?-

    Anche lei avrebbe avuto di fronte a sé una persona diversa da quella che conosceva. Dietro gli occhiali da sole si celava uno sguardo spento, il volto era smunto, la carnagione molto pallida. I vestiti erano sporchi e polverosi e da qualche parte c'era anche qualche piccola e vecchia macchia di sangue incrostato, che non avevo avuto voglia di cercare di togliere. Ero diventato un derelitto, lo ero da tempo. Ero riuscito a uscire dal tunnel dell'alcolismo, ma non da quello dell'autocommiserazione e dell'autodistruzione. Ero io il mio peggior nemico e, vedendola comparire davanti a me all'improvviso, non riuscii a non sentirmi soverchiato dal timore di coinvolgere anche lei in questo vortice. Non potevo permetterlo per nessuna ragione al mondo!


    CITAZIONE
    Scusa il ritardo...
    Finalmente mi sono deciso a togliere le immagini a inizio post. Era da anni che volevo farlo, ma non mi ero mai deciso. Però mi prende spesso troppo tempo, soprattutto in ruolate di dialogo come questa. Un po' mi mancherà :asd: .
    Dato che la ruolata è iniziata con un motto latino, mi sono riservato il diritto di usare una frase di Cicerone per esprimere il pensiero di Sarucoso. Che in questo post è appena accennato, più in là nella ruolata potrebbe essere sviscerato per bene :sisi: .

    OST: Matt Elliott - The Failing Song
     
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    Ave, Saruwatari, Mai te salutant



    Tu...

    La sorpresa c'era, solo che Mai non sapeva dire con precisione se Saruwatari fosse impressionato più in senso positivo o negativo. Percepiva la sua aura incerta e tremante, stava sicuramente provando delle emozioni intense, ma ancora non era certa. Insomma lui era contento o meno? Quel sorriso abbozzato era sincero oppure era un qualcosa di convenienza?

    Oh cielo, come ti sei ridotto, che ti è successo?

    Fu sopraffatta da una profonda angoscia, lui era cambiato, qualcosa doveva averlo scosso terribilmente. La cosa che più impressionò Mai fu quel limitato ma chiaro scorcio sulla sua casa. Sua madre diceva sempre che l'abitazione di una persona ne riflette la persona, i conflitti, il carattere, e da quello che vedeva non ci voleva un genio per capire che non era tutto a posto.

    Scusa per il preavviso nullo, è stato molto maleducato da parte mia ma non sono riuscita diversamente.

    Tu sei pazza, Mai Yamanaka...

    Lì per lì Mai fu abbastanza perplessa sul da farsi. Si era immaginata quel momento tante volte e nessuno degli scenari ipotizzati prevedeva quella singolare e strana formula per iniziare la discussione. Cercò di prenderla per il verso giusto, scoppiò in una breve risata di gusto.

    Che sciocchino che sei, Saruwatari Kamizurui. Conosci forse ninja che siano normali?

    Si fece un'altra risata di gusto, nonostante ci fosse poco da ridere. Non voleva sembrare una ragazzina superficiale e frivola, nonostante le apparenze potevano dirlo, ma voleva solo rompere il ghiaccio. Lui sembrava così serio, così cupo, diamine sembrava il demone della serietà. Insomma non si aspettava certo di essere accolta col tappeto rosso ma così era veramente funereo il tutto.

    C-come stai?

    Lei si fece più seria, non riusciva proprio a capire che cosa lui avesse. Si sentiva mortificata per come era sopraggiunta nella sua vita così all'improvviso, senza chiedere il permesso, ma qualcosa gli diceva che se avesse dato un preavviso lui magari non si sarebbe fatto vedere, o magari si sarebbe fatto vedere ma con una maschera di facciata.

    Meglio, molto meglio. Si lo so che questa risposta non è abbastanza chiara, ma se volessi essere esauriente starei qua in piedi per le ore. E stare qui tanto tempo a parlare di me, mentre ci sono altre questioni di cui discutere, sarebbe molto egoista.

    Allungò istintivamente una mano al volto di lui, accarezzandoglielo dolcemente, senza dire nulla, per poi provare a togliergli gli occhiali. Voleva vederlo dritto negli occhi, dare un'occhiata al vero e proprio specchio dell'anima. Voleva capire che cosa lo affliggesse.

    Che cosa ti è successo?

    Disse molto brevemente. Aveva così tanto da dire, ma non voleva bruciarsi, la fretta era cattiva consigliera. Meglio prendere una cosa per volta senza strafare.

    Spero di non meritarmi troppe legnate per il modo in cui ho "adattato" il detto latino Ave, Caesar, morituri te salutant a questo contesto :asd:
     
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    46.2 DUALISMI



    -Che sciocchino che sei, Saruwatari Kamizurui. Conosci forse ninja che siano normali? -

    Questa frase di Mai mi colpì come una pugnalata diretta al cuore. Non tanto per le parole, che in altri momenti mi avrebbero pure fatto ridere. Era il significato nascosto dietro ad esse a farmi male. Lei stava cercando di tirarmi su di morale, ne ero più che certo. Lei, che aveva sofferto e lottato così tanto, stava già cercando di aiutarmi e di farmi del bene. Era commovente, ma allo stesso tempo mi faceva capire quanto esteso fosse il mio bisogno di lei. E questo era insopportabile, più ci pensavo, più non riuscivo a trovare un equilibrio interiore.
    Cercai malamente di fingere normalità, con un pessimo sorriso di circostanza e un movimento del capo a indicare che la risposta alla sua domanda retorica era negativa. Quando le chiesi, con voce stentata, come stesse, lei si fece più seria.

    -Meglio, molto meglio. Si lo so che questa risposta non è abbastanza chiara, ma se volessi essere esauriente starei qua in piedi per le ore. E stare qui tanto tempo a parlare di me, mentre ci sono altre questioni di cui discutere, sarebbe molto egoista.-

    Altra pugnalata, ancora più forte. Mi odiai sempre di più, sentendo le sue parole. Mi sentii un verme, egoista, egocentrico e incapace di pensare a qualcosa che non fosse la mia stessa depressione. Non ne ero uscito, non ero ancora fuori dal tunnel. Ma lo dovevo fare in fretta, se non volevo ferire irrimediabilmente la povera Mai. Lei non aveva fatto niente di male, non era giusto che le infliggessi tutto quello.
    Ad un certo punto vidi la sua mano muoversi. Si dirigeva verso di me, verso il mio volto. Ne provai un terrore inaudito, che mi sembrò persino maggiore di quello provato in guerra. Avevo paura che anche un minimo contatto mi avrebbe fatto perdere la testa, che mi avrebbe portato a fare cose di cui poi mi sarei potuto pentire e all'abiura di me. Per fortuna non fu così. Sospeso tra il desiderio di essere salvato e il timore di rovinare la vita della povera neo-takumiana, rimasi fermo immobile, lasciando che lei facesse quello che desiderava. Mi accarezzò la guancia, con una gentilezza sublime e appena accennata. Poi la mano si diresse verso gli occhiali, con intenzioni più che evidenti. La lasciai fare, era davvero ingiusto che io potessi nascondermi dietro ad essi, pensai. Lasciai che ella li portasse via, che portasse via quel piccolo muro che mi permetteva di celare una parte così importante del volto. Una volta privato di quel suo nascondiglio, il mio sguardo si sarebbe mostrato, in tutta la sua desolazione. Occhi vacui, privi di vita e di qualsiasi sentimento, tranne uno: la vergogna.

    -Che cosa ti è successo?-

    Mantenni lo sguardo basso, cercando di evitare il contatto visivo. Provavo un enorme disgusto nei miei confronti, all'idea di dover rispondere a quella domanda. Eppure dovevo farlo, anche solo in maniera approssimativa. Glielo dovevo, aveva fatto così tanta strada per me. Dovevo dirle tutto, anche se era così difficile. Ovviamente non ci riuscii.

    -È stato... È stato un periodo molto brutto per me... Molto brutto... Ma...-

    Non riuscivo a esprimermi come volevo, ero troppo confuso e spaventato. E mi ero nascosto di nuovo, questa volta nel silenzio. Ebbi a questo punto un sussulto di rabbia nei miei confronti, che mi permise di rialzare per un attimo la testa. E di piantare i miei occhi nei suoi. Sempre tristi, ma meno vuoti. Le lacrime erano sempre lì, in agguato, pronte ad invadermi non appena avessi mollato la presa. Cosa per il momento non feci. Avevo in mente le parole giuste, quelle che esprimevano al meglio tutto ciò che sentivo e provavo. Mi sembravano quasi perfette, anche se sapevo non esserlo. Aspettavano solo di essere pronunciate, cosa che ovviamente non feci.

    -Ma io non sono cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi...-

    Non riuscii a dar voce ai miei sentimenti, anche perché non riuscivo a fare ordine in essi. Mai Yamanaka... Stare con lei era il mio sogno eretico, la cosa che più desideravo in cuor mio, ma che non riuscivo a non considerare sbagliata, ingiusta. Le avrei rovinato la vita, ne ero certo. Ma, trovatomi all'improvviso di fronte a lei, fui soverchiato anche dal terrore di perderla, di non poterla vedere mai più. Ero bloccato tra questi due sentimenti contraddittori, probabilmente solo due lati del medesimo patetico egoismo.
    Dopo averla fissata per qualche attimo, quasi rapito, mi resi conto di dover proseguire a parlare. Certe cose devono essere espresse a parole, è necessario. Lo sguardo si abbassò di nuovo, spegnendosi in un mare di mortificazione.

    -Ma scusami per la scarsa accoglienza... Non volevo... Sono solo rimasto sorpreso... Ti ho aspettato per tanto tempo... Speravo di poterti aiutare... Scusami ancora...-

    Mi sentii in dovere di chiedere perdono per la scarsa calorosità mostrata e lo feci nella maniera più accorata e istintiva possibile. Le lacrime spingevano sempre più forti e arroganti, ma io continuavo a respingerle. Non dovevo piangere, non me lo potevo permettere. Dopo un paio di secondi di resistenza pura mi sentii un filo meglio. Anche perché le stavo per chiedere di rimanere con me ancora un po'.

    -Purtroppo casa mia è un disastro... Nel senso letterale del termine... Però forse è meglio parlare seduti ad un tavolo, piuttosto che qui, in piedi... Vuoi entrare? Non è di certo un bello spettacolo, ma almeno potresti posare le tue cose, anche solo per un attimo... Sembrano pesanti... E poi sono interessato alla tua storia, lo sono davvero! Me la racconti?-

    Con un gesto della mano indicai l'interno della casa, che aveva perso tutta la sua credibilità. I pavimenti erano lerci, solcati dalla polvere e costellati da qualche macchia sparsa. Il lavandino era pieno di oggetti irriconoscibili, che forse un tempo erano stati piatti, ma che adesso sembravano più che altro una melma informe. Per fortuna i miei coinquilini roditori non si sarebbero fatti di sicuro vivi, visto che il rumore provocato da una nuova arrivata li avrebbe spaventati notevolmente. In tutto quel caos, soltanto il tavolo sembrava essere più o meno intatto. La avrei condotta lì, se lei avesse accettato di entrare, chiedendole di posare la sua roba su una delle quattro sedie. Tutto il tour nel monnezzaio che chiamavo casa mi avrebbe di certo messo a disagio, ma lo sarei stato di più a costringerla a rimanere fuori in piedi.

    CITAZIONE
    E' arrivato un bastimento carico di... Depressione! Come sempre! Sia maledetto Sarucoso e chi l'ha inventato :asd: .
    A parte quello, nonostante il tono cupo del post, sono riuscito a infilare più o meno sei citazioni al medesimo cantante :asd: . Divertitevi a trovarle :asd: .
     
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    Hear my heart burst again



    Fu un vero e proprio sollievo. Era come abbeverarsi a una fonte d'acqua pura e cristallina dopo una lunga traversata nel deserto. Mai sentì tutte le pesantezze delle traversie passate affievolirsi, ora non sembravano più nemmeno ricordi ma vacui miraggi che si stavano dissipando sospinti da una fresca brezza che sembrava quasi preannunciare la fine di un lungo inverno. Quanto tempo aveva fantasticato su quel momento, ora tutte le certezze sparivano e rimanevano solo i dubbi che erano tanti, insieme a una chiara consapevolezza che portava a una ferrea convizione, che lei non avrebbe sprecato quell'occasione. Perchè nella vita si vince e si perde, ma certe battaglie non si possono assolutamente perdere.
    Non sapeva con certezza quali fossero i suoi problemi, non sapeva se fossero risolvibili, non sapeva la loro entità. Ma era intenzionata a stargli vicino, ad aiutarlo. Esattamente come aveva fatto lui quando lei era debole, vulnerabile e a rischio di suicidio; esattamente poco dopo l'infezione del Parassita.
    Si sentì male a vedere quello sguardo.

    È stato... È stato un periodo molto brutto per me... Molto brutto... Ma...

    Mai annuì alle parole, ad ogni frase, per fargli capire che lo stava ascoltando, che voleva sentire oltre, che era interessata e non voleva interromperlo, ma non andò come sperato. Un altro silenzio calò tra i due.

    Avanti, dimmi tutto, non ti giudico.

    Avrebbe preferito dire quella frase, ma lui sembrava così riluttante a parlare che lei temeva di interromperlo, di far sfumare un ipotetico ma vitale attimo di apertura. Cosa che però non successe.

    Ma scusami per la scarsa accoglienza... Non volevo... Sono solo rimasto sorpreso... Ti ho aspettato per tanto tempo... Speravo di poterti aiutare... Scusami ancora...

    Mai si lasciò sfuggire un flebile sospiro, senza accorgersene si dimostrò abbastanza delusa, quasi affranta. Sperava in una sua apertura, ma evidentemente l'elefante nella stanza era più sfuggevole del previsto. Ci sarebbe voluto molto tempo. Ci fu un altro silenzio estremamente imbarazzante, Mai era combattuta, non sapeva se riprovare a chiedere e rischiare di indurre in lui un atteggiamento di chiusura come primitiva autodifesa o lasciargli tempo per ammorbidirsi, riprovare più tardi e rischiare di perdere il momento giusto.

    -Purtroppo casa mia è un disastro... Nel senso letterale del termine... Però forse è meglio parlare seduti ad un tavolo, piuttosto che qui, in piedi... Vuoi entrare? Non è di certo un bello spettacolo, ma almeno potresti posare le tue cose, anche solo per un attimo... Sembrano pesanti... E poi sono interessato alla tua storia, lo sono davvero! Me la racconti?-

    Lei si dimostrò sinceramente contenta, anzi estremamente felice per quell'offerta. Non solo lui voleva continuare quella discussione, seppur circumnavigando palesemente l'elefante, ma l'aveva anche invitata dentro. Forse c'era speranza. Mai si inchinò profondamente, sorrise ed entrò molto volentieri.

    Oh non ci badare, nelle ultime settimane ho dormito in boschi, caverne e catapecchie abbandonate. Questo a confronto mi sembra un hotel di lusso...

    ... che sembra aver ospitato una banda di briganti che ignorava l'esistenza del sapone...

    ... e poi vuoi sapere la mia storia? Ma certo che te la racconto! Allora accomodati, comincia esattamente pochi giorni dopo che ci siamo visti in quel di Takumi e io sono tornata a Yuki...

    Senza farselo ripetere due volte appoggiò lo zaino e il mantello su una delle sedie attorno al tavolo e cominciò a narrare la sua epopea.
    Partì dal pestaggio di un giovane genin quattordicenne che aveva osato rivolgersi a lei con espressioni decisamente poco educati, uno dei quali era stato "ma stai zitta e vammi a fare un panino zoccola appestata". Peccato che quello fosse il nipote di un uomo potente, un amico stretto di Hirozumo. Quell'episodio era valso a Mai il carcere.

    E così ho passato un anno e mezzo al fresco, a Yuki.

    Disse ridendo di gusto.

    Hai capito? Sono stata al fresco in un paese freddo!!

    Sperò che quella battuta potesse piacergli, lei la amava alla follia. Accennò brevemente a certi episodi, come quando il primo giorno una compagna di cella l'aveva sfregiata con un coccio di vetro, lasciandogli una cicatrice sul volto che poi mostrò a Saruwatari. Disse che la realtà delle carceri femminili non corripondeva all'immaginario che certi uomini hanno di quei posti, visti dagli individui più stupidi e superficiali come posti in cui donne arrabbiate e ammucchiate in spazi stretti usavano abbandonarsi ad atti lascivi di varia sorta.
    Disse anche che mentre era dietro le sbarre aveva capito a grandi linee il concetto di karma, e che se fai lo stronzo prima o poi il destino di presenta il conto. E infatti sei mesi dopo lei e altre detenute si erano coalizzate contro la bulla che aveva sfregiato Mai e taglieggiato tanto gente, assalendola nelle docce e sbattendogli così tante volte la testa sulla manopola della doccia da fargli perdere un occhio.

    Ma la cosa più brutta non erano gli abusi da parte degli altri detenuti, per la maggior parte composti da reduci di guerra e militari psicopatici abbandonati da Yuki come spazzatura a marcire in carcere, era l'impossibilità di comunicare con l'esterno. Durante quell'anno e mezzo non ho mai potuto comunicare con nessuno al di fuori del carcere, nemmeno coi miei genitori a Yuki, nemmeno con te...

    In seguito, dopo aver scontato la pena, Mai era stata finalmente reintegrata nell'esercito con il suo grado e messa a fare i soliti lavori che faceva. Dopo essersi riunita coi suoi familiari aveva capito che non c'era nessun futuro per lei. Dopo un lungo discorso i suoi si erano convinti di ciò, e avevano abbandonato il villaggio prima di lei.
    Pochi giorni dopo anche lei aveva fatto la stessa cosa.
    Ma aveva dovuto affrontare un temibile shinobi.
    Per smorzare drasticamente la tensione Mai si profuse in una demenziale scenetta, creò un kage bunshin, che prese le sembianze di Kenshi. E poi lei e il kage bunshin riprodussero la scena della fuga di Mai.

    Kage bunshin: Ti ordino di fermarti,

    Mai: Stocazzo!

    Kage bunshin: Ti avverto sono uno spadaccino con la spada grande che deve compensare col pene piccolo! Io ti fermerò!

    Mai: Nooooooooooooo

    La scenetta continuò per qualche minuto, con il kage bunshin che mimava con tanti sigilli di fare una tecnica smodata e Mai che si lanciava oltre il divano urlando qualcosa come "non mi prenderai con la tua tecnica super potenteeeeeeee".
    Dopo quella scenetta lei dissolse il kage bunshin e tornò a sedersi al tavolo, vicino a lui.
    Lei continuò narrando il suo breve periodo da mukenin, del giro osceno con cui aveva attraversato il continente pur di incontrare meno persone possibili. Raccontò del periodo passsato in quel monastero nel Paese della Zanna per imparare la kage bunshin no juts, parlò anche della singolare occasione in cui era arrivata a quel santuario delle lumache nel mezzo della foresta nel paese dell'Artiglio, e che aveva stretto un patto di sangue con loro. Era agitata come una bambina, il viaggio, per quanto impegnativo e provante gli era piaciuto un casino. Aveva visto così tante parti di mondo, non pensava fosse così variegato e meraviglioso. Aveva visto anche la parte orientale del Pese del fuoco, visitato il Paese del Thè e infine ne aveva anche approfittato per fare una gitarella nell'incantevole Paese del Mare. Accennò anche a certi strani incontri con gente del luogo, come quel pescatore che rispondeva "come nà catapulta" ad ogni domanda, sicuramente aveva dei problemi, e anche gravi.
    Infine arrivò al momento del suo arrivo al villaggio. Disse che era arrivata di notte, perchè si vergognava, voleva farsi vedere da poche persone, e che era riuscita ad essere ricevuta dal Kage.

    Insomma il Kage in persona che riceve una mukenin nel cuore della notte! Per mille Kami ero agitatissima, insomma non capita tutti i giorni di trovarti al cospetto di un essere capace di polverizzarti semplicemente agitando il pollice!

    Disse poi che l'anziana Kunionji le aveva molto gentilmente concesso di dormire da lei, e quello era un altro aspetto che l'aveva seriamente colpita, la fiducia datale già dall'inizio. Il giorno dopo si era sentita così emozionata del nuovo coprifronte, le sembrava di essere rinata.

    ... poi mi sono messa a gironzolare per il villaggio, per prendere confidenza, per conoscerlo. Ma ad un tratto ho percepito una presenza familiare, ti ho seguito senza farmi vedere perché mi mancava il coraggio e ho atteso un po' prima di farmi vedere. Fine della storia. Ah no aspetta! Non è la fine, c'è dell'altro! Voglio condividere con te qualcosa di spettacolare!!

    Si alzò subito e si sedette sulle sue gambe, fece rapidamente per non dargli tempo di replicare, era a dir poco fuori di sè, da quanto era euforica voleva farglielo vedere sotto il naso quasi non bastasse vederlo da qualche spanna. Mai tirò sù fino ai gomiti le maniche e mostrò avambraccia e mani a Saruwatari. Senza neanche dargli tempo di fare congetture gli disse tutto.

    Questo è il coronamento di anni di esperimenti...

    Gli parlò del sigillo di contenimento, del fatto che fosse permanente, che gli aveva drasticamente modificato l'aspetto fisico, che era veramente vistoso e non si poteva nascondere, ma grazie a quello poteva vivere. Da come ne parlava sembrava avesse scoperto il modo per tramutare il ferro in oro, era felicissima.

    ... è una sorta di compromesso. Con questo non potrò più dire addio al Parassita, ma è il pilastro del mio controllo su di esso, non può più abbandonare il mio corpo, non sono più contagiosa. E' come se fossi tornata una ragazza normale...

    Si bloccò un attimo, improvvisamente, a pensare a qualcosa venutole in mente all'improvviso per poi ridere a crepapelle.

    ... per quanto possa essere normale una ragazza che porta dentro il suo corpo una delle più cattive e terribili armi batteriologiche mai create! Quella che era una relazione apparentemente dannosa si sta rivelando un'opportunità d'oro, ho così tanti progetti in ballo, sto imparando a manovrarlo, e mi fa sentire così bene...

    Si sentiva veramente di buon umore. Come non si sentiva da troppo tempo. Quando si rese conto della posizione in cui era il sorriso le scomparve repentinamente, sul suo volto si fece strada un'espressione di assoluto imbarazzo. Nella foga del momento, quando voleva mostrare da vicino a Saruwatari i Kanji del sigillo non ci aveva badato. Si sentiva così stupida a non averci pensato. Sperò con tutta sè stessa di non averlo messo in imbarazzo con la sua leggerezza. Da quanto era agitata e imbarazzata sentiva il cuore quasi scoppiargli. Riprese la parola, ma dalla voce era palese il suo stato d'animo.

    E tu invece? Te la senti di parlarne? Come mai è stato un periodo brutto?

    Chiese molto semplicemente, senza troppi giri di parole.

    Il titolo è tratto da una strofa della suddetta traccia mentre quella dell'elefante un'espressione della lingua inglese.
     
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    46.3 TWO STORIES



    -Oh non ci badare, nelle ultime settimane ho dormito in boschi, caverne e catapecchie abbandonate. Questo a confronto mi sembra un hotel di lusso...
    ... e poi vuoi sapere la mia storia? Ma certo che te la racconto! Allora accomodati, comincia esattamente pochi giorni dopo che ci siamo visti in quel di Takumi e io sono tornata a Yuki...-


    Cercai di non farmi spaventare dalle parole di Mai, evidentemente un tentativo di tirarmi su. Non potevo traumatizzarmi ogni due secondi, dovevo cercare di calmarmi e di ascoltare con un minimo di partecipazione. Si trattava di una cosa estremamente importante per lei, le dovevo tutta l'attenzione che meritava.
    Il racconto partiva quindi con l'incontro con un simpatico giovane genin, dotato di una retorica eccelsa e di un cuore d'oro. Avrei voluto essere con lei, per poterle dare una mano nella distruzione di quell'omuncolo, ci saremmo di sicuro divertiti. A quanto pare però il giovane aveva parentele altolocate, quindi la ragione andò a lui. Nessuna sorpresa, anche se non per questo non potei provare un fortissimo disgusto.

    -E così ho passato un anno e mezzo al fresco, a Yuki.
    Hai capito? Sono stata al fresco in un paese freddo!!-


    Fui scosso da quella battuta. Era geniale, non potevo farci nulla. Iniziai in un primo momento a ridacchiare sottovoce, poi mi lasciai andare anch'io a qualche secondo di risata fragorosa. Da quanto era che non ero così genuinamente contento?

    -Che tu sia dannata, Mai Yamanaka!-

    Il sorriso sfumò sul mio volto, quando vidi la cicatrice che la ragazza mi mostrò, frutto di una “discussione” avuta con la sua compagna di cella il primo giorno. Era terribile, era ancora ben visibile dopo tutto quel tempo. Le solcava il viso, andando dall'orecchio alla mascella. Per essere così esteso, immaginai che la colpevole dovesse essere una persona molto esperta in questo campo, cosa che invece non dovevano essere i medici della prigione nel loro. Per fortuna la ferita non inficiava l'equilibrio e la delicatezza dei suoi lineamenti, però mi dispiaceva terribilmente per lei. Raccontò anche altri episodi, tutt'altro che piacevoli, poi parlò soddisfatta anche della sua terribile vendetta contro colei che l'aveva ferita.

    -Ma la cosa più brutta non erano gli abusi da parte degli altri detenuti, per la maggior parte composti da reduci di guerra e militari psicopatici abbandonati da Yuki come spazzatura a marcire in carcere, era l'impossibilità di comunicare con l'esterno. Durante quell'anno e mezzo non ho mai potuto comunicare con nessuno al di fuori del carcere, nemmeno coi miei genitori a Yuki, nemmeno con te...-

    Fui di nuovo ad un passo dalle lacrime. Mi sentii terribilmente in colpa, nel sentirla così sola. Non avevo fatto nulla per lei, anzi forse inconsciamente qualche volta l'avevo anche incolpata per il non avermi più contattato. Mi sentii un idiota, un verme. Ma cercai di scacciare via questi pensieri subito. Ero tutte e due le cose, non c'era più dubbio, ma non era quello il momento di farmi paralizzare da ciò. Dovevo ascoltare, era mio dovere nei suoi confronti. Lei aveva sofferto molto più di me, non potevi mettermi a deprimermi per i fatti miei. Non era corretto.
    Il racconto passò quindi al ritorno alla sua vita di prima, tutt'altro che piacevole, e quindi alla progettazione della fuga, che aveva portato a fare allontanare dal villaggio prima i suoi genitori. Poi aveva aspettato un paio di giorni e si era diretta fuori da Yuki senza dire niente a nessuno. Ero sicuro che avrebbe potuto fare diversamente, c'erano mille modi per fuggire. E soprattutto avrebbe potuto coinvolgermi, io aspettavo solo quello. Non dissi nulla di tutto ciò, non me la sentivo di criticarla. Anche perché non era detto che nel momento in cui lei avesse avuto bisogno di me io sarei stato pronto a darglielo, ridotto com'ero.
    In ogni caso le cose non erano andate nel modo sperato e non era stato semplice neanche allontanarsi da un posto che non la voleva più. Aveva dovuto combattere per la propria libertà, contro qualcuno che ben conoscevamo. Kenshi, quel tizio venuto da una specie di passato e che era parente del vecchio Walt. Sentii un brivido lungo la schiena a quella scoperta. La paura era che tutto il piano del suniano potesse saltare, nel caso in cui qualcosa fosse andata storta tra i due. Pregai che Mai non avesse ucciso l'uomo, sarebbe stato tremendo. Per fortuna non era così, lo capii subito. Anche perché lei iniziò una scenetta comica con un suo kage bunshin, quindi immaginai che non fosse successo nulla di grave. O almeno lo sperai. Partì così la ricostruzione delle schermaglie verbali tra lei e la sua copia, che si era trasformata proprio in Kenshi. Il tutto fu condito da battute anche un po' volgarotte, che ovviamente mi piacquero un sacco. Soprattutto quella sulle armi di compensazione. Non conoscevo molto bene Kenshi, ma lo rispettavo parecchio, però proprio la sua aria perennemente seria rendeva quelle parole così dirette davvero esilaranti. Si proseguì con una specie di resoconto della battaglia, con tanto di mimica delle azioni. Molto coinvolgente, molto divertente. Osservai rapito, privato da altre preoccupazioni di qualsivoglia natura. Da quanto era che non ero così spensierato?

    -Dannata Mai Yamanaka!-

    Sorrisi divertito. Al termine di tutta la scena, la ragazza fece sparire il suo clone e tornò a sedersi vicino a me. Il racconto ripartì quindi dalla sua vita da Mukenin, dura e faticosa, ma per lei fruttuosa e a suo modo divertente. Un'esperienza unica. Aveva imparato una tecnica potente come il Kage Bunshin e aveva segnato un contratto di evocazione con le lumache. Aveva visitato posti nuovi, conosciuto gente strana e interessante. La vedevo contenta come una pasqua a raccontare quel viaggio, immaginai uno dei momenti più belli della sua vita. E mi dispiacque quando capii che stava per volgere al termine. Arrivata a Takumi in piena notte, fu ricevuta dal kage, che le concesse di fare parte dell'esercito regolare. Ero contento, sapevo per esperienza che come istituzione era ben diversa da quella che aveva lasciato a Yuki. Più equa, meno nepotista. Certo, era sempre un'organizzazione militare, un sistema che agiva per conto di chi pagava, quindi dei potenti. Però almeno era composto da esseri umani veri, non sarebbe mai potuto accadere qui un episodio come quello che l'aveva portata in carcere. Non le sarebbe mai più successo e questo mi rendeva molto più tranquillo.

    -... poi mi sono messa a gironzolare per il villaggio, per prendere confidenza, per conoscerlo. Ma ad un tratto ho percepito una presenza familiare, ti ho seguito senza farmi vedere perché mi mancava il coraggio e ho atteso un po' prima di farmi vedere. Fine della storia. Ah no aspetta! Non è la fine, c'è dell'altro! Voglio condividere con te qualcosa di spettacolare!!-

    A questo punto lei mi si gettò addosso, presa dalla furia di quel qualcosa di cui si era ricordata. Ebbi tempo di capire quello che stava succedendo e ne avrei avuto anche per agire di conseguenza, visto che la mia reattività aveva raggiunto livelli sovrumani. Nei pochi attimi che passarono, mi balenò in mente l'idea di attaccarla con un genjutsu, per stoppare qualsiasi cosa lei avesse in mente, ma per fortuna non attuai quel piano disgraziato. Quando lei si poggiò infine sulle mie gambe, con quella che sembrava un'innocenza insospettabile, fui colto dall'impulso di cingerla in un improvviso e vigoroso abbraccio, ma non diedi vita neanche a quel proposito, altrettanto improvvido. Continuavo a pensare in maniera estremista, da un lato o dall'altro, ma alla fine non facevo niente. Ed era meglio così, sicuramente.

    -Questo è il coronamento di anni di esperimenti...-

    Dopo questa piccola introduzione, la ragazza si tirò su le maniche, lasciando intravedere come tutte le braccia fossero percorse da una lunga serie di kanji consecutivi. Non ero un genio in anatomia, ma ero sicuro che il percorso che essi seguivano era quello delle principali arterie del sistema circolatorio del chakra. Non capii subito, però lei mi spiegò tutto. Aveva inventato e si era impressa quel sigillo di contenimento, in grado di confinare per sempre il Parassita all'interno del suo corpo, eliminando alcuni dei più disagi che questo le creava.

    -... è una sorta di compromesso. Con questo non potrò più dire addio al Parassita, ma è il pilastro del mio controllo su di esso, non può più abbandonare il mio corpo, non sono più contagiosa. E' come se fossi tornata una ragazza normale...
    ... per quanto possa essere normale una ragazza che porta dentro il suo corpo una delle più cattive e terribili armi batteriologiche mai create! Quella che era una relazione apparentemente dannosa si sta rivelando un'opportunità d'oro, ho così tanti progetti in ballo, sto imparando a manovrarlo, e mi fa sentire così bene...-


    Rimasi contagiato dalla sua allegria e continuai a guardarla ammirato. Era un genio, non c'erano altri modi di definirla. Una persona in grado di trasformare una tale debolezza in un punto di forza, di superare la propria malattia e i propri traumi per arrivare a un risultato così innovativo. Io non ci avrei mai pensato, mi sarei arreso e basta, pensai.
    All'improvviso lei si alzò, rossa in viso, probabilmente imbarazzata dalla posizione in cui lei stessa si era messa prima. Io non reagii, ero ancora esterrefatto da quello che avevo appena visto, da quello che lei era stata in grado di fare. Aveva cambiato il suo destino, era stata in grado di salvarsi con determinazione e sapienza. Sarebbe potuta riuscire a cambiare e a salvare anche me?

    -E tu invece? Te la senti di parlarne? Come mai è stato un periodo brutto? -

    Il cuore mancò un battito quando sentii quella domanda. Speravo di riuscire a evitare tutto quello, anche se sapevo che ciò non sarebbe stato possibile. Rimasi qualche attimo a fissarla, con sguardo probabilmente implorante, poi iniziai a parlare.

    -In realtà... In realtà no, non me la sento... Però devo farlo... Devo proprio...-

    Feci una piccola pausa, per cercare di capire da dove partire. Non avevo mai parlato con nessuno di tutto quello che era successo. Il villaggio mi aveva persino offerto la possibilità di parlare con uno psicologo, ma avevo rifiutato, visti alcuni aspetti della vicenda che non potevo rivelare ad estranei.
    Dopo qualche secondo di riflessione, iniziai a parlare di getto. Non volevo fermarmi, volevo dire tutto quello che c'era da dire, prima di perdere il coraggio che avevo trovato. Il coraggio di mostrarmi in tutta la mia orribile vera natura. Sguardo basso, vergogna alle stelle, voce sicura. Davo così il via alla ricostruzione della spirale terribile che avevo percorso e che mi aveva portato molto vicino alla morte.

    -La realtà è che non è successo niente. È stato questo il problema... Io volevo aiutarti e... Il vecchio Walt mi ha chiesto aiuto per una cosa... Io ho continuato ad aspettare che vi faceste vivi... Ho continuato, ma non succedeva niente. Continuavo a fare la solita vita alienante. Missioni inutili, miriadi di allenamenti e un po' di alcool per rilassarmi, la sera. Ho continuato a migliorarmi, costantemente, ma vedevo che tutto questo non portava da nessuna parte. I miei progetti, di cui ti avevo parlato tutto fiero... Li ho abbandonati da tempo. Però ho continuato ad allenarmi senza sosta, nella speranza di poter cambiare qualcosa, di poter fare qualcosa davvero. Se non per il mondo intero, almeno per le persone che mi sono accanto... Ma non ci sono riuscito, non sono riuscito a far niente. Sono forte, sono diventato dannatamente forte, credo tu lo riesca a sentire dalla mole di chakra che possiedo adesso. Ma tutto questo non cambiava il fatto che non riuscivo a fare niente. Non ero riuscito a sentirmi pronto per quello che mi aveva chiesto Walt e non ero in grado di aiutarti con i tuoi problemi. A cosa mi potevano servire tutte quelle tecniche su cui avevo versato litri e litri di sudore, a cosa questo fisico che ho costruito con tanta cura?! A niente... Mi sembrava tutto così privo di significato e mi sentivo solo e inutile. Ogni giorno continuavano a crescere in me queste sensazioni, ogni giorno però continuavo a forzarmi ad andare avanti. Sempre più allenamenti, sempre più duri e continui. E sempre più alcool, per riuscire a reggere il tutto. Finché questo non ha preso il sopravvento. Non riuscivo a smettere di bere, sono arrivato a fare quello per giornate intere, senza smettere mai. Il tutto per dimenticarmi della mia inutilità, per dimenticarmi di te... Ho continuato a distruggermi, forse è stato il primo tentativo inconsapevole. Poi è arrivata la presa di coscienza e con essa i pensieri intensi sulle possibilità di suicidio. Ogni giorno ci pensavo a lungo, fintanto che ero sobrio. Ci pensavo a lungo, senza mai decidermi. Non ero più in grado di sopportare tutto quello, ma non riuscivo neanche ad andarmene da questo mondo. E quindi non l'ho fatto. Ho continuato a bere, giorni e giorni. In tutto è stato più di un mese e mezzo, in cui sono stato senza mezzi termini un vero alcolizzato. Non è stata un'esperienza piacevole. Non uscivo di casa mai, non vedevo nessuno, iniziavo anche ad avere le allucinazioni serie. Però sono riuscito ad uscirne, per fortuna. Siccome mi sono assentato dal servizio senza autorizzazione sono stato condannato per defezione. Mi sono fatto una settimana di carcere, in cui mi hanno trattato in maniera molto umana, più con pietà che con disprezzo. Poi due mesi di sospensione, in cui ho cercato di recuperare una forma fisica almeno decente. E infine gli ultimi mesi, di totale inutilità. Mi sono rimesso in carreggiata, ho ripreso a fare missioni e ad allenarmi in continuazione. Nei pochi momenti liberi mi deprimo e basta, quindi cerco di non avere momenti liberi. Per questo sono ridotto così, per questo casa mia è il disastro che vedi, per questo era da tanto che non parlavo per davvero con qualcuno...-

    Feci un attimo di pausa, per riprendere fiato. Avevo parlato davvero tanto, più di quanto pensassi all'inizio. Dovevo chiudere il tutto, farlo prima che lei potesse intervenire.

    -Scusa se ti ho ammorbato con tutto questo sproloquio, non avevo mai parlato a nessuno di tutto ciò... E grazie per avermi ascoltato...-

    A questo punto mi zittii. Non mi sentivo meglio, raccontare tutto non aveva esorcizzato per niente i miei demoni passati. Del resto come poteva farlo, quando avevo appena sentito il racconto di una persona che aveva sofferto davvero. Le mie turbe mentali non erano altro che costruzioni di me stesso, ero io l'artefice di tutto quello. Ero colpevole, ma confessare non poteva alleviare il mio peccato.

    CITAZIONE
    Ad essere sincero, questa estate ho pensato seriamente di fare suicidare Saruwatari, perché era diventato ingestibile e narrativamente molto sterile. Poi mi sono sentito terribilmente in colpa e ho lasciato perdere, però in alcuni momenti sono stato davvero convinto che fosse la cosa giusta (e la cosa più da lui).
     
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    Fu tutto così meraviglioso, persino Saruwatari si stava divertendo ad ascoltare il racconto di Mai, la quale traeva notevole giovamento dal poter finalmente raccontare tutte le sue traversie senza censura alcuna e anzi aggiungendoci certi particolari un po' meno seri come quello di Kenshi. Ma lei era fatta così, non riusciva ad essere seria per troppo tempo, era più forte di lei.
    Quando lo vide ridere alla sua battuta sul periodo al fresco a Yuki fu come assistere al primo scorcio di tiepido sole dopo una lunga pioggia, era veramente entusiasta. Finalmente vedeva una speranza concreta, sentiva di potercela fare a riprenderlo, di poterlo afferrare per la collottola e riportarlo verso la superficie a respirare.
    La sua partecipazione al racconto poi, Mai non avrebbe mai potuto desiderare pubblico migliore. Lui rimase per tutto il tempo in silenzio, attento e assorto, estremamente concentrato a quello che lei aveva da dire. Persino dai suoi occhi traspariva un interesse alquanto vivo, gli interessava per davvero.
    Anche la faccenda sigillo non l'aveva annoiato, anzi. Dalla sua espressione basita era chiaro che quella idea fosse piaciuta anche a lei. Non a caso era il particolare di cui lei più si vantava e che aveva tenuto apposta per ultimo.
    Sembrava tutto così perfetto, per un lasso di tempo compreso tra l'ora abbondante, da un punto di vista oggettivo perché aveva detto veramente tante cose, e i cinque minuti, da un punto di vista soggettivo perché a lei venne da pensare istintivamente un "ho già finito?", tutto il mondo era scomparso. Tutti i problemi, le complicazioni, i pericoli dell'essere ninja, gli scheletri nell'armadio, i villaggi, tutto era sfocato attraverso una patina di solarità, i problemi non esistevano e se continuavano ad esistere apparivano come superabili e non così insormontabili. Era come se esistessero solo loro due. Diamine per quanto aveva desiderato un momento del genere. Sembrava che nulla potesse turbare quell'irripetibile momento.

    -In realtà... In realtà no, non me la sento... Però devo farlo... Devo proprio...-

    Le prime due frasi l'avevano realmente ferita, non poteva crederci che dopo quei momenti tanto spontanei e calorosi passati assieme lui ancora non se la sentisse di discuterne, insomma Mai era lì apposta per lui mica per interrogarlo per conto del Kage. Poi però ci fu la svolta, lui acconsentì.
    Il muro era stato abbattuto.
    Mai non poteva crederci, finalmente si sarebbe arrivati al punto, i nodi sarebbero giunti al pettine. Non ci pensò neanche di interrompere, in nessun modo, Saruwatari, non si mosse, non fiatò, non guardò da altre parti, rimase immobile come una statua.
    Fu a dir poco incredibile, sensazionale, inaspettata una tale e incondizionata apertura da parte di un uomo talmente chiuso da rasentare l'ermetico fino a pochi minuti prima.
    Fu come essere travolti non da un fiume in piena ma da un'esplosione, da un'onda di fiamme. Molte di quelle parole facevano male, erano cariche di una tale intensità da scuoterla nel profondo, ma avevano un loro calore. Il calore tipico di una persona che sembrava intenta a recuperare una parte importante e recondita della sua umanità.

    E sempre più alcool, per riuscire a reggere il tutto. Finché questo non ha preso il sopravvento. Non riuscivo a smettere di bere, sono arrivato a fare quello per giornate intere, senza smettere mai. Il tutto per dimenticarmi della mia inutilità, per dimenticarmi di te...

    Gli occhi di Mai si fecero lucidi a sentire quelle parole. Stava cercando di immedesimarsi in Saruwatari e si sentì oppressa da un masso, quella descritta da lui sembrava una vera e propria situazione di immobilità. Quando gli dispiaceva, era veramente addolorata. E dire che pensava che lui avesse passato un periodo migliore rispetto al suo. Ma a quanto pare pure Saruwatari aveva dovuto spalare parecchia merda. Erano stati tempi orribili, atroci, indimenticabili (purtroppo) per entrambi. Eppure più lui continuava e più lei si sentiva ferita, costernata, affranta, ma era anche contenta perché sentiva di avvicinarsi a lui. Le sembrava di essere sospesa tra due mondi in prossima collisione(*).

    Poi è arrivata la presa di coscienza e con essa i pensieri intensi sulle possibilità di suicidio.

    A sentire quelle parole Mai si lasciò scappare un breve gemito di terrore, si portò una mano davanti alla bocca per cercare di soffocare quell'incontrollabile espressione di inorridimento

    Ogni giorno ci pensavo a lungo, fintanto che ero sobrio. Ci pensavo a lungo, senza mai decidermi. Non ero più in grado di sopportare tutto quello, ma non riuscivo neanche ad andarmene da questo mondo.

    Mai non resistette, alcune lacrime riuscirono a farsi strada con prepotenza sul suo volto. Ancora non riusciva a crederci, non pensava che le cose sarebbero potute andare in un modo del genere. Non riusciva a capacitarsene, a giudicare da come lui glie ne parlava c'era veramente mancato poco. Eppure lui era ancora lì, certo aveva solo da gioirne, ma il pensiero di quanto lui era stato vicino al punto di non ritorno, l'idea che avrebbe potuto perderlo per sempre la dilaniavano con una ferocia inaudita.

    Per questo sono ridotto così, per questo casa mia è il disastro che vedi, per questo era da tanto che non parlavo per davvero con qualcuno...-

    Finalmente era tutto chiaro.

    -Scusa se ti ho ammorbato con tutto questo sproloquio, non avevo mai parlato a nessuno di tutto ciò... E grazie per avermi ascoltato...-

    Mai si asciugò le poche lacrime sfuggitele e cercò di assumere un contegno, senza troppo successo. Quel discorso l'aveva chiaramente toccata a un livello tale da sfuggire a ogni controllo e raziocinio. Si trovava in una condizione strana, da un lato immensamente addolorata per quello detto da Saruwatari, ma era anche così felice perchè lui glie ne aveva parlato. Una tale apertura costituiva un obbligatorio passo propedeutico da fare per superare certe questioni spinose.

    Ti ringrazio della sincerità. Tutto ciò per me significa molto.

    Mai prese la sedia più vicina e la spostò a fianco del suo interlocutore, in seguito, con molta dolcezza, prese le sue mani e le strinse con discreta forza. Quell'azione non aveva un motivo preciso, solo voleva avvicinarglisi, sia fisicamente che spiritualmente, ma con gradualità. Le sue mascoline mani grandi e forti nelle sue piccole mani esili, le faceva una strana impressione. Era come se volesse rafforzare la sua volontà di afferrarlo e trascinarlo via dall'abisso, ma non ci aveva pensato a quel gesto, le era venuto naturale.

    Ti confesso che anche io ho pensato seriamente al suicidio. Immediatamente dopo la guerra della Neve, quando venni infettata col parassita. Riesco a ricordare con una chiarezza a dir poco fotografica la scogliera da cui stavo per buttarmi, il vento che mi sferzava la pelle, le rocce nere e aguzze in basso lambite dalle onde. Poi non l'ho fatto, non ce la facevo, ma stavo lo stesso da schifo. Vedevo tutto grigio. Poi un bel giorno ho incontrato un dinamitardo pazzerellone che mi ha trattato come se fossi una persona vera, e questo mi ha aiutato, è stata una concreta svolta per me. Ti ricordi? Ci siamo conosciuti proprio poco dopo la tregua tra Yuki e Oto. Un'altra cose che mi ha aiutato è la consapevolezza che non avrei mai potuto combinare nulla di buono se l'avessi fatta finita per davvero. Anche quello mi ha aiutato ad andare avanti.
    Vedi non si può pretendere di raggiungere obiettivi giganteschi in poco tempo, ci vuole pazienza. I semi non diventano imponenti quercie in una notte, un bambino non diventa uomo in un anno, l'acqua non scava nella roccia in una settimana. Insomma ci sarà pure un motivo se i kage son tutti individui di età oltre i trenta o quarant'anni.
    Ma ho imparato che è più fattibile procedere per piccoli passi alla volta. Prima stabilizzi la tua vita, poi ti crei delle solide relazioni, cerchi di edificare un tuo piccolo paradiso personale da cui partire all'avventura per imprese di alto calibro. O almeno io la vedo così.
    Purtroppo i guai capitano, è innegabile, ma è importante anche riconoscere quando hai o meno le possibilità di fare qualcosa di concreto. E io sono convinta che la situazione sia tutt'altro che perduta, credimi. Anche quel guardone di Walter, che ci sta spiando dalla finestra alla tua destra, mi darebbe ragione.


    Ovviamente non c'era nessun Walter o altro guardone a spiarli, Mai aveva semplicemente indicato una finestra per distrarre Saruwatari a guardare dalla parte opposta a lei. Ne avrebbe approfittato per dargli un deciso bacio sulla guancia. Non sapeva nemmeno lei perché lo stava facendo. Forse perché non riusciva a rimanere seria per troppo tempo, c'era un'atmosfera troppo cupa, Saruwatari era così mogio che se il dialogo avesse continuato con lo stesso ritmo lei avrebbe dovuto chiamarlo Saru-becchino. Voleva soltanto tirarlo un po' su di morale con un gesto totalmente, anzi un po' troppo spontaneo. Voleva rallegrare anche sè stessa, parlare di suicidio era così deprimente. E poi provava un crescente desiderio di intensificare e alimentare quel contatto, quel legame che si stava instaurando con lui, che stava crescendo oltre ogni aspettativa.

    Scherzetto, non c'era nessun Walter guardone.

    Sghignazzò di gusto, godendosi la reazione di Saruwatari.

    Saru-kun, diciamocelo chiaramente, abbiamo spalato troppa merda e ingoiato troppi rospi negli ultimi tempi. Ora siamo finalmente nella situazione per prenderci una rivincita nei confronti della vita, possiamo ricominciare, insieme, tu e io. Non c'è più nessun ostacolo. Certo a parte i rischi del mestiere di ninja ma questa è una cosa con cui conviviamo da tempo immemore quindi non fa testo. Io ho mandato Hirozumo al diavolo e sono qui davanti a te, ho la possibilità e la volontà di restare qui a Takumi a tempo indeterminato. Tu hai superato quel brutto periodo, sei ancora vivo, hai ancora la possibilità di cambiare la tua esistenza e di combinare qualcosa di buono, ne sono certa perchè so che tu sei un uomo straordinario e su questo credo fermamente senza alcuna riserva, ti prego non sprecare questa occasione perchè io non ho intenzione di farlo.

    Quell'ultimo discorso fu pronunciato quasi freneticamente, con un fiume di parole intervallato da brevi pause e con sincera convizione. Mai era addirittura agitata, il momento decisivo si stava infine avvicinando. Sapeva che i minuti successivi avrebbero deciso, in drastica misura, l'andamento di due vite.

    -Titolo tratto da questa traccia
    - La mia reazione quando ho letto il breve testo nelle quote: :cry2:
     
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    46.4 NIHIL INIMICIUS QUAM SIBI IPSE II





    Quando alzai lo sguardo, dopo tutto quel discorso impetuoso, vidi gli occhi di Mai inondati di lacrime. Se le asciugò in fretta e mi guardò con una faccia che sembrava sia triste che soddisfatta. Uno sguardo talmente determinato da farmi una paura tremenda.

    -Ti ringrazio della sincerità. Tutto ciò per me significa molto. -

    A questo punto lei si sedette al mio fianco e prese con decisione le mie mani con le sue. Erano piccole, molto più delle mie, ma sembravano poter sprigionare abbastanza forza da trascinarmi via da quell'inferno in cui mi ero cacciato da solo. Ma sarebbero state in grado di reggere il peso? In caso negativo sarebbe sprofondata con me dove ero io adesso, riuscivo a immaginarmi la scena. E mi faceva male. Quasi quanto il contatto fisico con lei.

    -Ti confesso che anche io ho pensato seriamente al suicidio. Immediatamente dopo la guerra della Neve, quando venni infettata col parassita. Riesco a ricordare con una chiarezza a dir poco fotografica la scogliera da cui stavo per buttarmi, il vento che mi sferzava la pelle, le rocce nere e aguzze in basso lambite dalle onde. Poi non l'ho fatto, non ce la facevo, ma stavo lo stesso da schifo. Vedevo tutto grigio. Poi un bel giorno ho incontrato un dinamitardo pazzerellone che mi ha trattato come se fossi una persona vera, e questo mi ha aiutato, è stata una concreta svolta per me. Ti ricordi? Ci siamo conosciuti proprio poco dopo la tregua tra Yuki e Oto. Un'altra cose che mi ha aiutato è la consapevolezza che non avrei mai potuto combinare nulla di buono se l'avessi fatta finita per davvero. Anche quello mi ha aiutato ad andare avanti. -

    Sentire la seconda pare del discorso mi fece un immenso piacere, fu come liberarmi da un grosso peso. In qualche modo ero davvero riuscita ad aiutarla, in passato, questo mi rendeva felice. Avevo paura di averle già fatto tanto male, ma a quanto pareva non era così. O almeno lei non l'aveva vissuta così.

    -Vedi non si può pretendere di raggiungere obiettivi giganteschi in poco tempo, ci vuole pazienza. I semi non diventano imponenti quercie in una notte, un bambino non diventa uomo in un anno, l'acqua non scava nella roccia in una settimana. Insomma ci sarà pure un motivo se i kage son tutti individui di età oltre i trenta o quarant'anni.
    Ma ho imparato che è più fattibile procedere per piccoli passi alla volta. Prima stabilizzi la tua vita, poi ti crei delle solide relazioni, cerchi di edificare un tuo piccolo paradiso personale da cui partire all'avventura per imprese di alto calibro. O almeno io la vedo così.-


    Aveva ragione, aveva assolutamente ragione. Glielo sussurrai, non avendo la forza di dirlo ad alta voce.

    -Purtroppo i guai capitano, è innegabile, ma è importante anche riconoscere quando hai o meno le possibilità di fare qualcosa di concreto. E io sono convinta che la situazione sia tutt'altro che perduta, credimi. Anche quel guardone di Walter, che ci sta spiando dalla finestra alla tua destra, mi darebbe ragione. -

    Mi girai seguendo la direzione indicata dal dito di Mai. Fu un'azione decisamente stupida, non c'era neanche la benché minima possibilità che quel pazzo di un Heryul fosse lì fuori dalla finestra proprio in quell'esatto momento. Era un pretesto per farmi ruotare il volto, ma non ci pensai neanche, distratto com'ero da tutti quei discorsi importanti. Fu l'impatto delle sue labbra sulla mia guancia a riportarmi alla realtà. Per un attimo fu una sensazione piacevole, poi sentii come se la mia anima fosse stata colpita in maniera fortissima e ne rimasi terribilmente scosso. Lo sguardo si fece implorante, avevo paura di ciò che sarebbe potuto succedere di lì in poi.

    -Scherzetto, non c'era nessun Walter guardone. -

    La risata sincera della ragazza mi tranquillizzò un po'. Era sempre così, aveva un valore terapeutico per me. Rimasi immobile, in attesa di sentire ciò che lei aveva intenzione di dire, non riuscendo più a capire cosa fare o come sentirmi.

    -Saru-kun, diciamocelo chiaramente, abbiamo spalato troppa merda e ingoiato troppi rospi negli ultimi tempi. Ora siamo finalmente nella situazione per prenderci una rivincita nei confronti della vita, possiamo ricominciare, insieme, tu e io. Non c'è più nessun ostacolo. Certo a parte i rischi del mestiere di ninja ma questa è una cosa con cui conviviamo da tempo immemore quindi non fa testo. Io ho mandato Hirozumo al diavolo e sono qui davanti a te, ho la possibilità e la volontà di restare qui a Takumi a tempo indeterminato. Tu hai superato quel brutto periodo, sei ancora vivo, hai ancora la possibilità di cambiare la tua esistenza e di combinare qualcosa di buono, ne sono certa perchè so che tu sei un uomo straordinario e su questo credo fermamente senza alcuna riserva, ti prego non sprecare questa occasione perchè io non ho intenzione di farlo. -

    “Un uomo straordinario”
    “Un uomo straordinario”
    Quelle furono le ultime parole che riuscii a sentire, le altre non raggiunsero il mio cervello. Quelle due parole mi fecero capire quello che dovevo fare, mi fecero ritrovare la determinazione che la sua presenza aveva affievolito. Quella era stata la dichiarazione di guerra, l'evento che metteva chiarezza sulle intenzioni di ciascuno. Lei voleva lottare per la sua felicità E per la mia, mentre io dovevo lottare per la sua felicità ma non per la mia. Era questo quello che dovevo fare, era questo quello che dovevo farle capire.
    Mi alzai di scatto, gettandomi all'indietro e strappando le mie mani dalle sue con veemenza. Inciampai un attimo, ma ripresi l'equilibrio subito, allontanandomi di qualche passo. Se lei avesse tentato di avvicinarsi, io avrei ripreso le distanze. Per quello che stavo per fare era necessario. Lo sguardo era sconvolto, disperato, ma allo stesso tempo molto determinato. Quella era una battaglia che valeva la pena di essere combattuta, era l'unica che avesse senso combattere.

    -No... No, ti sbagli, non lo sono... Non sono straordinario... Non sono neanche un uomo...-

    Queste parole furono dette tentennando, ero comunque ancora in uno stato quasi confusionale. Ma mi aiutarono a fare il punto della situazione, furono l'avanguardia di quello che venne dopo. Di lì in poi fui deciso come non mai, come se fosse stato il momento più importante della mia vita. E forse lo era davvero.

    -Non sono quello che credi, non ho mai fatto niente di buono in vita mia, anzi ho fatto solo danni! Sono contento che la mia presenza ti abbia aiutato in un momento difficile, ma non darmi meriti che non ho. Io ho fatto solo quello che chiunque avrebbe fatto. Ti ho trattato come meritavi di essere trattata, perché tu sei una persona straordinaria, lo sei per davvero. Però io non merito lodi, non ho fatto niente di speciale. Anzi, la prima volta che ci siamo visti sono riuscito soltanto a ferirti. A ferirti senza motivo. Ti ho fatto esplodere... Dannazione, cosa cazzo avevo nel cervello?! Ti ho fatto esplodere... E non è stata neanche l'ultima volta! Poco tempo fa ho praticamente torturato quello stramaledetto Walter Heryul per più di un'ora solo per poter dire di averlo battuto! Capisci? Walter Heryul!! Praticamente l'unico cazzo di amico che mi è rimasto al mondo e io lo vado a torturare... E nonostante sia una testa di cazzo del genere, non sono neanche forte! Dannazione, sono ancora genin!! In guerra non sono stato per niente utile, ho messo a repentaglio la vita di tutti coloro che dovevo proteggere. Light è morto come un cane e l'altra ragazza dai capelli arancioni si è salvata solo perché c'era quel dannato Walter, altrimenti sarebbe morta anche lei. E se tu sei viva non è certo per merito mio, ma tuo e di quel Kenshi! Anzi, senza di me magari avreste avuto un caposquadra più decente e ve la sareste cavata meglio...-

    Feci un secondo di numero di pausa, per riprendere fiato. Avevo sputato tutte quelle frasi in fila, con rabbia e convinzione, ad una velocità di molto superiore a quella che usavo di solito per parlare. Credevo davvero in tutto quello, era ciò che più mi tormentava da tempo. Esposi quindi, con un minimo di calma in più, le conclusioni a cui tutti questi indizi mi avevano portato.

    -Io sono un verme, un rifiuto della società! Nient'altro che una lurida scimmia travestita da essere umano... Io sono solo un FALLITO!-

    Diedi un'enfasi maggiore a quest'ultima parola, perché essa era quella che ero convinto mi rappresentasse meglio. La scandii lentamente e chiaramente, in maniera che non fosse possibile sfuggirvi. Io ero quello, lo avevo accettato ormai, ma volevo che fosse chiaro anche a lei, visto che sembrava non averlo capito. Lo sguardo sicuro che mostravano i miei occhi non lasciava spazio a ripensamenti o dubbi. Ripetei sussurrando ancora una volta l'ultima parola pronunciata prima, poi alzai un dito in alto, per condire il mio discorso con un gesto eloquente e fare capire quale era la cosa a cui tenevo per davvero.

    -Ma in una cosa non fallirò!! Non ti rovinerò la vita, non ti trascinerò giù con me! Non lascerò che succeda, a qualsiasi costo! Io ti aiuterò con tutto quello che ho, te lo prometto, farò di tutto per te! Ti aiuterò a trovare l'uomo adatto a te, giuro che lo farò! Sia esso quel fottutissimo Walter Heryul o un eroe venuto da chissà dove, io lo troverò! Troverò la persona che merita di stare al tuo fianco e te la porterò! Quello non è il mio posto, non ne sono degno. Ti farei solo del male, avvelenerei la tua vita. Non sarebbe giusto, hai già sofferto abbastanza. Io voglio che tu sia felice! E con me non potrai mai esserlo...-

    CITAZIONE
    Saruwatari all'ennesima potenza... Per questo ho messo come musica il pezzo che ho sempre considerato come il più adatto ad essere il suo theme.
    In questo post ho ripreso il concetto accennato nel primo post (riprendendone dunque anche il titolo), cercando di sviscerarlo per bene. Spero di averlo reso bene.
    OST: Chapelier Fou - Capitaine Fracasse
    La frase "non sono neanche un uomo" può essere considerata una mezza citazione a questo (giusto per sdrammatizzare un minimo :asd: ).
     
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    Mai non capiva, nonostante le sue parole Saruwatari non sembrava quietarsi, anzi era ancora più agitato. Alle fine del suo discorso lui poi si alzò di scatto, sottraendosi al contatto e allontanandosi repentinamente come se avesse paura di subire chissà cosa da Mai. Lei si alzò, senza pensarci, per cercare di raggiungerlo, ma lui continuò ad aumentare la distanza. Che diavolo gli era preso?

    No... No, ti sbagli, non lo sono... Non sono straordinario... Non sono neanche un uomo...

    Era ancora così titubante? Ma quanto era stata profonda la sua depressione? Mai si sarebbe messa le mani tra i capelli, nemmeno le sue più sincdre e profonde parole erano riuscite a cambiare quella tendenza negativa presa da lui. Temette il peggio, stava già per prepararsi a un suo eventuale tentativo di suicidio quando un altro fiume di parole la investì, con la stessa grazie di una raffica di pugni.


    -Non sono quello che credi, non ho mai fatto niente di buono in vita mia, anzi ho fatto solo danni! Sono contento che la mia presenza ti abbia aiutato in un momento difficile, ma non darmi meriti che non ho. Io ho fatto solo quello che chiunque avrebbe fatto. Ti ho trattato come meritavi di essere trattata, perché tu sei una persona straordinaria, lo sei per davvero. Però io non merito lodi, non ho fatto niente di speciale. Anzi, la prima volta che ci siamo visti sono riuscito soltanto a ferirti. A ferirti senza motivo. Ti ho fatto esplodere... Dannazione, cosa cazzo avevo nel cervello?! Ti ho fatto esplodere... E non è stata neanche l'ultima volta! Poco tempo fa ho praticamente torturato quello stramaledetto Walter Heryul per più di un'ora solo per poter dire di averlo battuto! Capisci? Walter Heryul!! Praticamente l'unico cazzo di amico che mi è rimasto al mondo e io lo vado a torturare... E nonostante sia una testa di cazzo del genere, non sono neanche forte! Dannazione, sono ancora genin!! In guerra non sono stato per niente utile, ho messo a repentaglio la vita di tutti coloro che dovevo proteggere. Light è morto come un cane e l'altra ragazza dai capelli arancioni si è salvata solo perché c'era quel dannato Walter, altrimenti sarebbe morta anche lei. E se tu sei viva non è certo per merito mio, ma tuo e di quel Kenshi! Anzi, senza di me magari avreste avuto un caposquadra più decente e ve la sareste cavata meglio...-


    Non riusciva a crederci, ma quanti problemi si faceva quell'uomo? Insomma l'aveva fatta esplodere certo, ma perché stavano combattendo! E poi che diamine aveva fatto a Walter? Che cosa intendeva con "torturato per più di un'ora"? L'aveva forse stuprato? Dai toni che aveva usato sembrava che l'avesse ferito oltre ogni limite. E poi cosa intendeva con "mettere a repentaglio la vita tutti coloro che dovevo proteggere"? Insomma era una guerra! La vita di tutti era a rischio, a prescindere!
    E poi perché struggersi per Light? Mai non provava il benchè più minimo rimorso per quel bastardo infame che, mentre lei e Walter fronteggiavano gli zombi, preferiva farsi i seghini con i suoi insetti del cazzo! A pensare a quegli orrendi esserini su tutto il suo corpo gli venne quasi un conato di vomito. Era colpa sua se Mai aveva contratto il parassita porcomondo!
    E come non era merito suo? E tutte quelle esplosioni roboanti che squarciavano lo spazio? Praticamente era stato Saruwatari a distruggere la metà dei nemici, da solo. Come accidenti faceva a non capire le cose ovvie?

    Io... io sono veramente disorientata... ma quale cazzo è il tuo problema?

    Da quanto era concentrata, a tentare di dare un senso a quel discorso che non stava nè in cielo nè in terra. Saruwatari disse un'altra cosa, ma lei non ci badò.


    -Ma in una cosa non fallirò!! Non ti rovinerò la vita, non ti trascinerò giù con me! Non lascerò che succeda, a qualsiasi costo! Io ti aiuterò con tutto quello che ho, te lo prometto, farò di tutto per te! Ti aiuterò a trovare l'uomo adatto a te, giuro che lo farò! Sia esso quel fottutissimo Walter Heryul o un eroe venuto da chissà dove, io lo troverò! Troverò la persona che merita di stare al tuo fianco e te la porterò! Quello non è il mio posto, non ne sono degno. Ti farei solo del male, avvelenerei la tua vita. Non sarebbe giusto, hai già sofferto abbastanza. Io voglio che tu sia felice! E con me non potrai mai esserlo...-


    Mai non aveva parole. Non avrebbe saputo trovarle nemmeno se ci avesse pensato su per un mese. In quel momento aveva più o meno l'espressione di una persona trafitta, da parte a parte, alla schiena a tradimento.

    Non... è... possibile...

    Era una situaziona a dir poco paradossale, stava provando un dolore a dir poco indicibile, stava soffrendo come non mai, ma il dolore era così immane che il suo cervello, dalla fatica nel comprenderlo e nell'elaborarlo, era come dire ingolfato, inceppato, incapace di fargli capire la reale entità di quello che stava passando. Avrebbe avuto un quadro più chiaro e completo più tardi, ma in quel momento buona parte del suo raziocinio era momentaneamente andato.

    ... non... doveva... finire... così...

    Era a dir poco stordita dal dolore. Nemmeno dopo il combattimento contro Izanagi, quando il suo parassita e quello di Light si erano dati battaglia dentro il suo corpo facendogli provare le pene dell'inferno aveva agonizzato tanto. Non c'era proprio limite al peggio.
    Aveva proprio ragione quell'infingardo bastardo autore di quelle orrende leggi. Glie ne venne in mente una, quella che diceva "se qualcosa può andare bene o male, andrà nel peggiore dei modi".

    Oh...

    Rise, quasi istericamente, fragorosamente, il suo corpo sembrava in preda alle convulsioni, le mani tremavano, e si erano inoltre manifestati degli inquietanti tic nervosi a lato di bocca e occhio. Non sapeva perché stava ridendo, le veniva naturale.
    Quel dolore l'aveva mandata fuori di testa, non riusciva a crederci. Saruwatari stesso l'aveva appena ferita nel posto più sensibile e delicato di tutti, dove nessun altro avrebbe potuto fare più male, in assoluto.
    E continuava a ridere, di gusto, ma era palese che non si stava divertendo. Persino un ubriaco l'avrebbe capito.
    Non sembrava più felice, addolorata, neutra o altro, sembrava qualcos'altro. Quegli occhi tradivano le sue vere intenzioni.
    Sembrava una bomba pronta ad esplodere.

    Grazie sei stato chiarissimo!

    Cercò di imitare poi la voce di Saruwatari parlando con tono roco e gutturale.

    Non è colpa tua, è colpa mia! Ti amo così tanto che, piuttosto che stare con te, trovererei un altro più degno per te! Farei qualsiasi cosa ma col cazzo che ti sto vicino!

    Rise di nuovo, ma in maniera ancora più inquietante. Nel frattempo, senza rendersene conto, aveva afferrato un cucchiaio dal tavolo e l'aveva storto con una mano, non sapeva per quanto si sarebbe potuta controllare, ma in fondo non glie ne fregava niente. Nella sua testa turbinavano mille idee, e nessuna di esse era buona per l'incolumità personale di Saruwatari.

    Comunque sappi che questo significa molto per me!

    Sto provando l'intenso desiderio di pugnalarti dritto nelle palle!

    Calò un silenzio a dir poco soprannaturale, ma dopo due secondi Mai rise di nuovo, di gusto.

    Scusa! Ho pensato quello che dovevo dire e ho detto quello che dovevo pensare! Ma non fa niente! Dopotutto siamo qui per dirci la verita! Continuiamo con la verità allora!

    Fece un ampio movimento con le braccia e girò su sè stessa.

    Sai, da quanto ti voglio ringraziare sono disposta a darti una mano! Desidero aiutarti con la pulizia di questo letamaio che chiami casa!

    Alzò una mano al soffitto e prese a parlare, con espressione vagamente sognante e assorta.

    Sai, c'era una volta un potentissimo guerriero che, siccome non aveva una beneamata minchia da fare fece delle mirabolanti imprese! Una in particolare si addice a questo contesto. Un contadino gli aveva detto di pulire delle stalle così gigantesche e lercie che una squadra di cento uomini ci avrebbe messo un mese! E questo guerriero tutto muscoli doveva farlo subito! E allora sai cosa fece?

    Saltò sul tavolo, allargando le braccia vistosamente, come per mimamare un qualcosa di imponente in arrivo.

    Deviò un corso d'acqua nelle stalle e ripulì tutto lo schifo! Potremmo fare lo stesso qui! Fammi dare un'occhiata se ci sono corsi d'acqua nelle immediate vicinanze!

    Saltò giù dal tavolo, si diresse alla porta, la aprì, uscì e fece un giro dell'edificio, saltellando allegramente come una bambina. E ad ogni angolo aggiornava Saruwatari, all'interno della casa, sull'esito della ricerca, e sembrava anche stranamente felice a giudicare dalla sua voce allegra e squillante. Infine, dopo aver fatto il giro della casa, si trovò nuovamente dinnanzi alla porta.

    Oh, niente fiumi, niente laghi, niente corsi d'acqua artificiali o naturali nelle immediate vicinanze, che peccato!! Ma io voglio sinceramente aiutarti!

    Poi in volto si fece strada l'euforia allo stato purò, Mai sorrisè mostrando tutti i denti, oltre ad un'abbondante dose di pazzia.

    Idea! Sono una ninja! Posso crearlo!!

    Fece due passi, entrando così nuovamente dentro l'abitazione, e avviò un piano a dir poco folle.
    Ovvero creare, dentro la piccola casa del dinamitardo, un vero e proprio lago. Sicuramente la massa d'acqua, con la sua violenza, avrebbe travolto ogni cosa, sfondando ogni porta e finestra dell'abitazione e sfigurando completamente quell'ambiente. Ma l'avrebbe pulito eccome!!

    CITAZIONE
    Arte dell'Acqua: Onda Esplosiva (Suiton: Bakusui Shouha)
    Tipo: Ninjutsu
    Potenziamento della sorgente acquatica ideata probabilmente da un folle utilizzatore di suiton a cui non bastava avere una piccola sorgente per attivare le sue tecniche.
    L'utilizzatore riesce a creare una grande massa d'acqua che vomita dalla bocca riproducendo un ammasso di onde che in seguito si avvallano sul terreno formando un vero e proprio lago che si dissolverà dopo diverso tempo. Il getto non è offensivo, ma serve solo a ricoprire la zona di acqua.
    [Il lago è di 500 litri]
    [Il lago si dissolve dopo 6 turni]
    [Sigilli: 8]
    Consumo: 80
    [Richiede "Arte dell'Acqua: Tecnica della Cascata" in scheda]
     
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    Era passato diverso tempo dall'ultima volta che avevo parlato con Saruwatari, eravamo rimasti che ci saremmo risentiti presto non appena avessi trovato un ninja medico o quando avessi imparato qualcosa in più sui sigilli necessari per intrappolare un demone ed avevo interessanti novità su entrambe le cose al momento.

    Dovrei partire verso Takumi per informarlo al più presto, sono sicuro che anche lui abbia i suoi piani e i suoi impegni quindi è meglio informarlo in tempo prima che... no un momento.

    Mi fermai sull'uscio, ero a casa mia e stavo per uscire subito dopo aver preso uno zainetto da viaggio.

    Proprio perché ha da fare non dovrei piombargli in casa così, forse è impegnato o forse non è nemmeno a casa. O magari non gradisce la mia presenza al momento, per evitare figure del cavolo come feci con Mai forse mi conviene avvisarlo stavolta. Speriamo solo che abbia il medaglione a portata di mano!

    Tornai in casa chiudendo la porta e poggiando lo zaino lì vicino, poi mi recai in soggiorno e presi il medaglione dalla tasca appoggiandolo sul tavolo a faccia in giù in modo che il retro liscio riflettesse la mia immagine.
    Mi diedi una breve sistemata per apparire presentabile durante la comunicazione, chiedendomi anche perché stessi cercando di rendermi presentabile; dovevo parlare con Saruwatari, mica uscirci a cena!
    Comunque, presi il medaglione e lo tenni ad una certa distanza da me, in modo da riflettermi in esso; poi vi concentrai dentro il chakra e attivai la tecnica per comunicare.

    CITAZIONE
    Oracolo di Delfi (Derufai no shintaku)

    Ninjutsu
    Liv. C

    Per attivare questa tecnica non sono necessari sigilli, però occorre impugnare il medaglione dell'Apeiron e tenerlo davanti a sé. Concentrando il chakra nel medaglione, l'utilizzatore è in grado di replicare l'immagine che esso riflette e i suoni presenti nei dintorni sul medaglione di un'altra persona, permettendo così una conversazione a distanza anche se a senso unico. In caso anche l'altro ninja conosca questa tecnica, può attivarla per rispondere al ninja che lo ha contattato permettendo così una conversazione a doppio senso. Pagando una quantità di chakra superiore è possibile contattare più persone contemporaneamente; quando contattata, la persona sentirà il proprio medaglione vibrare.

    Consumo: 30 + 10 (chiamata singola) / 50 + 20 (chiamata multipla)

    Attivai la tecnica e in quello stesso istante mi resi conto che Saruwatari non avrebbe potuto rispondermi dato che non la conosceva a sua volta, la "chiamata" sarebbe stata a senso unico ma ormai l'avevo avviata e sarebbe stato maleducato interromperla bruscamente.

    Ehm, Saru sono Walt; spero che non sia un brutto momento per parlare... avevo qualche novità riguardo l'argomento di cui abbiamo parlato l'ultima volta e volevo passare di persona per parlarne. Però mi sono ricordato troppo tardi che questa tecnica permette di comunicare solo a me... in ogni caso fammi sapere, mi accontento anche di una lettera; dimmi tu ora e luogo dove incontrarci. Ciao e scusa di nuovo per il disturbo!


    Scusate "l'intromissione" :asd:
     
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    Mai rimase muta per qualche attimo, mi guardava con uno sguardo che non riuscivo a interpretare. Sentivo che in esso c'era dolore, tanto dolore e non capii come potesse essere possibile. Era proprio per evitarlo che avevo detto quelle cose. Avevo sbagliato? Avevo fatto qualcosa che non dovevo fare? Non riuscivo a capire, lo avrei fatto solo dopo.

    -Oh... -

    Quel piccolo verso precedette uno scoppio di risa isteriche da parte della ragazza. Tremava tutta... Povera, povera Mai! Cosa le avevo fatto?! Non riuscivo a capire, ma stavo iniziando a intuire la portata del dolore che le avevo procurato. Il suo viso si deformò in una espressione che non riuscii a decifrare, ma che mi fece una paura tremenda. Paura di avere fatto qualcosa di irreparabile. Ero talmente terrorizzato da cadere all'indietro e da non essere in grado di rialzarmi. Tutto il mondo stava girando vorticosamente e io non stavo capendo più niente. Iniziai a singhiozzare, confuso e spaventato. Cosa avevo fatto?

    -Grazie sei stato chiarissimo! -

    La folle risata fu interrotta per un attimo, per riferire quella frase introduttiva. Poi lei assunse un tono che doveva essere simile al mio, una specie di imitazione. Come poco prima, con Kenshi, ma questa volta non c'era niente da ridere.

    -Non è colpa tua, è colpa mia! Ti amo così tanto che, piuttosto che stare con te, trovererei un altro più degno per te! Farei qualsiasi cosa ma col cazzo che ti sto vicino! -

    Lasciai partire un verso privo di significato, nel momento in cui sentii le ultime parole della sua frase. Non era quello che volevo dire, non era così! Il resto era giusto, era proprio quello che intendevo, ma quello no. Io volevo starle vicino, io volevo farlo! Era da tempo che stavo cercando di capire in che modo, di calcolare la distanza giusta da lei che mi permettesse di proteggerla ma non di rovinarle la vita. Mi ci stavo scervellando da tempo, proprio perché per me era così importante. Ma lei non lo aveva capito. E come poteva farlo, d'altronde non l'avevo detto. E anche se l'avessi detto, probabilmente non avrebbe capito lo stesso. Forse perché non aveva senso? Alla fine ci arrivai, mi sembrò di capire il tutto. Dal suo punto di vista nulla di tutto ciò aveva senso. E io? Ne ero ancora convinto? Non lo sapevo, ero solo dannatamente confuso. La vedevo ridere in maniera così estrema e vedevo la sua espressione priva di alcun controllo. La vidi distruggere un cucchiaio di ferro con rabbia, ormai non era più lei. E intanto io piangevo, piangevo come un bambino che aveva fatto una stupidaggine a cui non sapeva come riparare. Piangevo perché mi sembrava che il mondo mi fosse crollato addosso, per colpa mia per giunta. Nessun futuro davanti a me, solo la disperazione che avevo procurato. A me, ma soprattutto a lei. Per tutto questo piangevo.

    -Sto provando l'intenso desiderio di pugnalarti dritto nelle palle! -

    Pregai intensamente che lo facesse. Mi avrebbe fatto sentire minore il peso del mio crimine. Mi ero ripromesso di fare in modo che Mai non dovesse soffrire più e invece l'avevo ferita nella maniera più crudele possibile. Meritavo tutto il male del mondo! Ma lei non fece nulla e, dopo qualche attimo di silenzio, riprese a parlare.

    -Scusa! Ho pensato quello che dovevo dire e ho detto quello che dovevo pensare! Ma non fa niente! Dopotutto siamo qui per dirci la verita! Continuiamo con la verità allora! -

    Feci un altro verso inumano, non ero per niente in grado di comunicare qualcosa. Non sapevo neanche cosa poter dire, non c'era niente che fosse in grado di cancellare quello che avevo fatto, niente. Caddi con la testa al suolo, e continuai a singhiozzare con la bocca ricoperta di polvere e bava, non riuscendo più a cogliere nulla di ciò che stava succedendo. La vidi ruotare su se stessa e alzare un braccio al cielo, ma non riuscivo a capire se ciò avesse un qualche senso. La vidi riprendere a parlare, ma le sue parole non mi dicevano nulla. Le sentivo, ma mi sembravano vuote. Come vuoto mi sentivo anch'io, incapace di provare qualsiasi sentimento diverso da dolore e senso di colpa.

    -Sai, c'era una volta un potentissimo guerriero che, siccome non aveva una beneamata minchia da fare fece delle mirabolanti imprese! Una in particolare si addice a questo contesto. Un contadino gli aveva detto di pulire delle stalle così gigantesche e lercie che una squadra di cento uomini ci avrebbe messo un mese! E questo guerriero tutto muscoli doveva farlo subito! E allora sai cosa fece? -

    Mentre lei parlava, io riuscii a smettere di piangere, anche se rimasi ad ansimare, devastato. Poi poggiai entrambe le mani a terra e cercai di fare leva con esse. Ci misi tutta la forza di cui ero capace, non molta in quel momento, ma riuscii nell'impresa. Lei intanto balzò con agilità sul tavolo, mimando qualcosa di sconosciuto.

    -Deviò un corso d'acqua nelle stalle e ripulì tutto lo schifo! Potremmo fare lo stesso qui! Fammi dare un'occhiata se ci sono corsi d'acqua nelle immediate vicinanze! -

    La parola “schifo” mi colpì, mi sentii chiamato in causa. Ero io lo schifo, ero io che andavo spazzato via. Lei scese con un salto notevole e schizzò fuori dalla casa, mentre io barcollai lentamente dietro di lei. La sentii gridare che non c'erano fiumi e laghi nei dintorni. La sua voce poteva sembrare divertita, ma io riconoscevo che non era la stessa di prima. Non capivo cosa fosse successo, ma quella persona che urlava disperatamente non era la Mai Yamanaka che conoscevo. L'avevo fatta impazzire, anche se non capivo come ciò era potuto accadere. Anche se gridava altro, a me sembrò una vera e propria richiesta d'aiuto. Ero io responsabile di tutto quel dramma, ero io a doverlo risolvere. Dovevo riportarla alla calma, alla sua vera se stessa. E poi sottopormi al suo giudizio freddo, implacabile e lucido. Mi sarei piegato a qualsiasi punizione lei volesse darmi, qualsiasi! Ma non potevo permetterle di continuare in quella maniera. Non volevo che facesse qualcosa di cui si potesse pentire. Lei era meglio di così, non potevo permetterle di ridursi al mio livello. Non era giusto...
    Lei gridò altre tre volte la stessa cosa, indicando ogni volta l'assenza di corsi d'acqua, con una gioia terribilmente sbagliata. Nel mentre iniziai a fare sigilli, ne avevo bisogno solo di tre. Li completai nello stesso momento in cui lei ricomparve davanti alla porta, con un sorriso folle sul volto. Era una visione che mi faceva male all'anima. Ancora più dell'idea di ferire Mai ancora una volta. Però dovevo fermarla, dovevo farlo per lei.

    CITAZIONE
    Katon: Kiko-o no Hana - Tenjin no Seigi (Arte del Fuoco: Fiore del Re Fenice - Giustizia del Dio del cielo)
    Tipo: Genjutsu
    Livello C
    Nell'istante dell'attivazione della tecnica, il ninja colpito vedrà l'utilizzatore prendere fuoco. In circa un paio di secondi il corpo dell'utilizzatore sarà arso dalle fiamme e inizierà a trasformarsi in una fenice infuocata grande più o meno cinque metri, processo lungo meno di cinque secondi. Durante la tecnica il ninja colpito non sarà in grado di muoversi, né nel mondo reale, né in quello illusorio. Appena terminata la trasformazione, la fenice attaccherà il ninja colpito, con modalità a discrezione dell'utilizzatore, ma rimanendo comunque un unico assalto quasi istantaneo. Al termine dell'attacco, terminerà anche l'illusione, lasciando il nemico in stato confusionale per qualche attimo. Nel caso in cui la differenza di forze fra l'utilizzatore e il suo nemico sia netta, quest'ultimo sverrà.
    [sigilli: 3]
    Costo: 35
    Mondo: Illusorio
    Bersaglio: Unico
    Immobilità: Necessaria

    Se fossi riuscito a mettere a segno la tecnica, la ragazza avrebbe iniziato a vedermi prendere fuoco, a partire dai piedi. Le fiamme sarebbero salite in fretta fino al volto, ancora bagnato dalle lacrime che avevo versato in quegli ultimi, terribili minuti. Occhi alluvionati, tristi, pentiti. Che dopo pochissimo sarebbero diventati fuoco anch'essi.

    -Scusa...-

    Dopo aver pronunciato quell'unica parola, la mia immagine illusoria si sarebbe tramutata del tutto in una enorme fenice. Questa si sarebbe lanciata subito all'attacco, colpendo con il becco la povera Yamanaka. Se lei non fosse riuscita a liberarsi dall'illusione, probabilmente a questo punto sarebbe svenuta. Lasciandomi da solo a cercare di capire quello che era successo.

    CITAZIONE
    Sì, Sarucoso ha di nuovo deciso da solo cosa è meglio per Mai. Sì, è proprio un uomo di merda, sì.

    @Walt: Siccome per MP mi hai più o meno dato il permesso di decidere quando far partire il messaggio, lo farò partire tra uno o due turni, anche perché altrimenti verrebbe ignorato da tutti e due...

    Chakra: 805/825
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    404 error: Mai not found



    Mai era sempre stata un'autentica chiavica con i genjutsu, sia nell'impararli quanto nell'eseguirli. Ma sopratutto nella resistenza ad essi.
    Infatti ci vollero pochi secondi al provetto illusionista Saruwatari, benché molto provato dalla situazione corrente, per mettere al tappeto Mai. In maniera assoluta oltre ogni ragionevole dubbio.
    Lei cadde al suolo, apparentemente priva di vita, come una bella bambolina di pezza dagli occhi vacui.

    CITAZIONE
    Che diamine posso fare per oppormi contro Saru-coso XD??? Non ne ho la più pallida idea :perp:
    Visto che l'ha stoppata prima conto come non utilizzata la tecnica per creare l'acqua :asd:


    Edited by doublejack - 26/2/2015, 21:05
     
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    46.6 I DID IT AGAIN II



    Mai non tentò la benché minima difesa, non si oppose in nessun modo e non reagì neanche particolarmente alla mia illusione. Cadde a terra, con un tonfo sordo, e il silenzio ritornò di nuovo nei dintorni. Dopo la tempesta tornò la calma, anche se dentro di me tutto era ancora in movimento. Non sapevo cosa fare, non sapevo neanche indicare di preciso dove avessi sbagliato. Mi guardai intorno, nessuno sembrava essere in vista, grazie anche all'orario un po' tardo. Per fortuna le urla della ragazza non avevano attirato nessun passante, altrimenti avrei rischiato di dover dare molte spiegazioni. Magari qualcuno aveva anche visto la scena, da lontano, ma fintanto che non fosse venuto a fare storie tutto sarebbe andato bene, almeno da quel punto di vista.

    CITAZIONE
    Clone di terra (Doton Bunshin no Jutsu)
    Tipo: Ninjutsu
    La solidità della terra ha permesso agli shinobi di sviluppare facilmente tutto ciò di cui avevano bisogno, comprese anche delle repliche di se stessi.
    L'utilizzatore, tramite la terra nei paraggi o espellendola dalla bocca, crea un clone fatto di terra. Il clone ha una consistenza fisica e può quindi attaccare l'avversario, ma non avendo chakra non può eseguire nessuna tecnica. Quando riceve una ferita moderata la copia ritorna a essere terra.
    [La copia non scompare in seguito a ferite lievi]
    [La copia possiede le stesse armi dell'utilizzatore, resistenti come la terra]
    [Possono essere generate copie fino a una distanza massima di 5 metri]
    Consumo: 10 (20 in caso di terra artificiale)

    Creai in fretta un clone di terra, a cui demandai il compito di raccogliere la povera Mai inerme. Non me la sentivo di toccarla di nuovo con le mie mani, mi sentivo troppo colpevole per poterlo fare. Anche se, a pensarci bene, le mani del clone erano comunque le mie. Lui prese in braccio la povera ragazza e si diresse verso casa. Io seguii la scena con aria sgomenta, non potevo credere di averlo fatto davvero, di averla fatta soffrire così tanto. Mi faceva terribilmente male il solo pensarci. Il suo viso ora era rasserenato, anche se non nel modo che volevo io. Sembrava un cadavere, la sua vitalità era scomparsa nel nulla. La Mai solitamente sempre allegra e gentile, ora era spenta, annullata. Ricominciai a piangere, terrorizzato da quella visione. Era già successo, ben altre due volte, ma mi faceva comunque effetto come se fosse la prima. Appena lei e il clone furono dentro, chiusi la porta. Il bunshin la accompagnò sul letto, dove la posò con estrema cura. Le rimboccò le coperte, poi lasciai che lui scomparisse. Se non altro lei si sarebbe potuta riposare un bel po', visto che sembrava così stanca quando era entrata. Magra consolazione, pensai.
    Non sapevo bene cosa fare mentre lei si riprendeva. Avrei voluto rimanere a osservare la sua espressione pacifica, ma non me lo meritavo. Mi avrebbe fatto sentire più in colpa, ma avrebbe anche saziato in parte il mio bisogno di lei. Ma questo pensiero era sbagliato, quindi lo lasciai perdere. Meglio continuare a rodermi il fegato e a riflettere su quale potesse essere la natura dell'errore che avevo compiuto. Però avevo bisogno di qualcuno che la tenesse d'occhio, perché non avesse alcun problema e potesse riposare davvero. Inizialmente pensai ad un clone, poi immaginai che ciò sarebbe stato un po' inquietante per lei. Meglio chiedere aiuto ad un esterno.

    CITAZIONE
    Chitachi

    Una piccola donnola, senza particolari abilità combattive. Si orienta perfettamente in mezzo ai boschi, trovando con facilità ripari in cui nascondersi e parla il linguaggio umano.

    Livello: 2
    Consumo: 20

    CITAZIONE
    STATISTICHE ANIMALE
    LIVELLO 2
    Chakra: 20 Unità
    Forza: 3
    Resistenza: 5
    Velocità: 8
    Agilità: 5
    Precisione: 3
    Riflessi: 8


    TECNICHE
    No

    Non appena la piccola donnola fece la sua comparsa, le chiesi di rimanere vicina alla ragazza e di avvertirmi nel caso in cui lei si svegliasse. L'animale mi guardò fisso, cercando di capire bene la situazione in cui si era trovata. Una donna priva di sensi e un omaccione con il volto coperto di lacrime, una combinazione che non prometteva nulla di buono. Mi chiese se stava bene e risposi che era solo svenuta. Mi chiese se fossi stato io a ridurla così e risposi semplicemente di sì, senza aggiungere altro. La donnola rimase a guardarmi per qualche attimo, forse cercando di scandagliare la mia anima. Pur essendo una semplice evocazione, doveva avere un senso di giustizia molto forte. Era un bene sapere di potere contare su alleati di questo tipo.

    -Va bene, la terrò sotto controllo!-

    L'animale si diresse al letto, sdraiandosi sopra la coperta vicino ai piedi della ragazza svenuta. Una volta sistemato questo problema, potei scegliere dove trascorrere l'attesa del suo risveglio. Alla fine decisi per il tavolo, l'unico luogo dove sarei potuto rimanere comodo a pensare. Quando mi sedetti, sentii una voce suadente chiamarmi, da poco distante. Era la bottiglia, mi diceva che era di lei che avevo bisogno. L'avevo conservata come memento, per dimostrare a me stesso di essere più forte della dipendenza. Qualche volta avevo pure bevuto un paio di sorsi, perché alla fin fine l'alcool mi piaceva ancora. Mi ero riuscito a limitare a un bicchiere a serata, una volta ogni morte di papa. Ma quella volta era diverso, il richiamo era più forte e temevo che se avessi ceduto non avrei potuto più fermarmi. Non dopo tutto quello che era successo. Cercai quindi di zittire la bottiglia, cercando qualcosa che mi distraesse. La vidi poco distante, su uno scaffale particolarmente polveroso. Era il medaglione che mi aveva dato quel pazzo di un Walter Heryul, l'ultima volta che ci eravamo visti. Lo presi, poi mi risedetti. Iniziai a fissarlo, nella speranza che rispondesse ai miei dubbi. Quanto avrei voluto parlare con quel dannato suniano! Non avevamo mai fatto discorsi di un certo tipo e non conosceva tutte le mie debolezze, ma sentivo che forse lui mi avrebbe potuto aiutare. Però era lontano, non sapevo come comunicare con lui. Forse in un futuro prossimo gli avrei potuto inviare una lettera, ma ciò non avrebbe aiutato nella questione più imminente e importante. Rimasi almeno una decina di minuti a tentare di risolvere da solo il dilemma che mi tormentava, senza successo. Poi un rumore improvviso irruppe nella stanza, facendomi prendere un colpo. Accompagnato dal suono della sua voce, comparve a partire dal medaglione anche l'immagine del vecchio Walt, che si mise a parlare direttamente con me, come se fosse lì. Non sapevo come facesse a fare una cosa del genere, quel maledetto era sempre pieno di sorprese.

    -Ehm, Saru sono Walt; spero che non sia un brutto momento per parlare... avevo qualche novità riguardo l'argomento di cui abbiamo parlato l'ultima volta e volevo passare di persona per parlarne. Però mi sono ricordato troppo tardi che questa tecnica permette di comunicare solo a me... in ogni caso fammi sapere, mi accontento anche di una lettera; dimmi tu ora e luogo dove incontrarci. Ciao e scusa di nuovo per il disturbo!-

    Non seppi bene come reagire, era stata una cosa troppo improvvisa. Per fortuna era una comunicazione a senso unico, altrimenti il suniano mi avrebbe visto in una versione di sicuro inedita per lui. Dopo che il comunicato fu interrotto, rimasi qualche secondo fermo, cercando di capire cosa fare, poi mi alzai e andai a prendere un pezzo di carte e una penna. Scrissi un piccolo promemoria, “inviare lettera a Walt”, che lasciai in un angolo del tavolo. Quindi potei tornare alle mie non piacevoli riflessioni, interrotte da quella discussione unilaterale.

    -“Unilaterale”... Forse ho capito...-

    Riascoltando mentalmente quella parola mi sembrò davvero di avere compreso il senso di quello che era successo prima. Mi sembrò di avere individuato quale fosse stato l'errore che avevo commesso, un errore grave, se era vero ciò che avevo intuito. Ero stato unilaterale, non l'avevo lasciata parlare. Avevo deciso cosa era meglio per lei senza neanche ascoltarla, l'avevo trattata come se la sua opinione non avesse valore alcuno. Era come se non l'avessi considerata neanche un essere umano. Lei, Mai Yamanaka, una delle persone migliori che avessi mai conosciuto. Lei, trattata come un oggetto, senza volontà né dignità... Ero davvero una persona orribile! Non potei non pensarlo, perché era così. Non avevo accettato il dialogo, che pure lei stava proponendo, e avevo cercato lo scontro, seppur solo verbale. Sempre il solito discorso, non ero in grado di rapportarmi agli altri se non con l'astio e la competizione. Davo sempre per scontato di avere ragione, quindi non ascoltavo mai gli altri. Era stato così anche per Walt, la prima volta che mi aveva proposto di unirmi a lui, era stato così per Daisuke e per tutti gli altri, ogni singolo giorno della mia vita. Era per questo che tutti i miei rapporti umani si erano sbriciolati nel nulla, lasciandomi solo. Gli unici a non averlo capito ancora erano Walt e Mai, ma a quest'ultima avevo appena dato un indizio enorme. Mi avrebbe odiato anche lei o, se non fosse arrivata a tanto, avrebbe mantenuto un po' più le distanze da me, come già avevano iniziato a fare tanti altri.

    -E forse è meglio così... Sarebbe stato irresponsabile lasciarla nella tana di un mostro senza dirle nulla. Certo, ho sbagliato, ma il risultato dovrebbe essere positivo per lei... Lo spero con tutto il cuore...-

    Rimasi ancora a lungo – non saperi dire quanto – a riflettere e ad avvilirmi. A ripetermi i miei peccati, i miei demoni, a cercare sempre nuovi motivi per odiarmi. Quanto era facile trovarne... Sarei potuto rimanere giorni interi lì, fermo, e avrei avuto ogni istante qualcosa di differente con cui innaffiare la già rigogliosa pianta dell'auto-disprezzo. Un fallito? No, non ero solo quello, la mia anima era marcia, il mio cervello malato. Ero riuscito a distruggere l'unica cosa che volevo assolutamente proteggere, ero di sicuro il peggior essere umano sulla faccia della Terra.

    -Si sta svegliando...-

    Le parole della donnola mi fecero uscire da quel loop di pensieri immondi in cui ero intrappolato e mi rigettarono con forza nella realtà. Mi alzai di scatto, con un gesto istintivo e insignificante, che fu talmente brusco da rischiare di far cadere la sedia che prima mi ospitava. Lo sguardo, che fino a quel momento era rimasto perso nel vuoto, adesso si diresse verso la ragazza, a sondarne ogni reazione, ogni espressione. Non sapevo più cosa desiderare, non sapevo più cosa provare, quindi per il momento decisi di non desiderare e non provare nulla. Rimasi soltanto in attesa, in attesa di una parola, di un indizio che mi facesse capire come dovevo sentirmi. In attesa di una punizione per il mio peccato, per i miei peccati...

    CITAZIONE
    Il titolo è sia un'auto-citazione a questo post, sia una citazione a How I Met Your Mother (era una frase ripetuta più volte da Marshall nella puntata di Beercules :asd: ).

    Chakra: 778/828
    (-20: Kiko'o no Hana)
    -10: Clone di terra
    -20: Evocazione Chitachi
     
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    -Si sta svegliando...-

    Una vocina nel nulla.

    Ma dove sono?

    Aprì gli occhi e vide un soffitto. Realizzò solo dopo di trovarsi supina, stesa sul letto di qualcuno, accuratamente coperta fino al collo. Si stava bene lì, era caldo e comodo, solo sentiva che qualcosa non tornava. Com'era finita lì?

    L'ultima cosa che ricordo è una fenice di fuoco che mi assale con una beccata al petto...

    Sussultò, si alzò di scatto mentre era ancora nel letto e si sbottonò un po' la veste facendo però attenzione a non mostrare più del necessario, controllandosi il petto con una certa apprensione. Sembrava stesse cercando qualcosa di urgente, proprio in mezzo al seno, il chè aveva un qualcosa di veramente strano data la situazione.

    Eppure ricordo di essere stata beccata proprio qui, ricordo nitidamente le fiamme, a meno che...

    Si fermò in quella strana ricerca, capendo finalmente l'inghippo. Si ricoprì a dovere e sospirò un paio di volte con il volto tra le mani, i gomiti appoggiati sulle gambe e il tronco piegato in avanti. Purtroppo per quanto i capelli in disordine e le mani potessero frapporsi tra lei e Saruwatari il suo settimo senso funzionava benissimo e quindi era come essere ancora scoperti.

    Non. Dire. Niente. Per. Favore.

    Non esclamò quelle brevi parole, ma le disse con estrema fermezza, sottolineandole con un movimento secco del dito indice ad ogni sillaba finale. Si alzò poi dal letto con una lentezza misurata avvicinandosi poi a Saruwatari, a due metri circa, e lì si comportò in modo parecchio strano.

    ...

    Mai assunse un'espressione, mosse le mani, si mise in una certa postura del tronco e aprì la bocca, ma non disse nulla. Si vede che il discorso che aveva in mente non era stato ritenuto adatto e quindi si era messa a pensarne un altro. Tornò poi neutra nella posizione di partenza e ripartì con un altro tentativo di comunicazione: diversa espressione, diverse mani, diversa postura, diversa impostazione di linguaggio non verbale ma stesso silenzio. La scena si ripetè una ventina di volte, Mai esplorò tante diverse combinazioni possibili di linguaggio non verbale per esprimere quello che doveva essere un contenuto piuttosto controverso, oppure difficile da dire. Non sembrava arrabbiata, o triste, o altro; solo sembrava sempre più irritata per la sua incapacità di trovare nell'immediato il modo perfetto per dire quello che la stava evidentemente rodendo dentro e stava sgomitando per uscire con una certa irruenza.

    oooooooohhh....

    Sospiro rumorosamente agitando le mani al cielo e guardando il soffitto con aria esasperata, sembrava quasi chiedesse aiuto anche ai Kami da quanto era in difficoltà per quello che stava per fare.

    eeeeeeehhh....

    Guardò poi Saruwatari, incrociando le braccia, e scuotendo il capo. Era abbastanza in difficoltà, proprio non sapeva come fare. Poi, a un certo punto, ebbe l'illuminazione, tutto il suo viso si rischiarò come se fosse stata folgorata da un'idea. E partì all'attacco.
    Afferrò la testa di Saruwatari fra le sue mani e avvicinò il volto al suo a una trentina di centimetri. E gli urlò in faccia, ma non con rabbia, lo fece con determinazione, senza astio o rancore.

    IO. TI. AMO. Ma non ti posso avere, e per questo ti odio ma non sopporterei l'idea di perderti. Me la sono presa perché mi sono sentita rifiutata in modo becero, quasi presa in giro dal tuo "troverò quello giusto per te". E poi con "non sono degno di stare vicino a te" intendi che non lo vuoi o hai paura di far soffrire me o soffrire te? E onestamente penso che tu ti comporti come un emerito imbecille a svilirti continuamente e ad affliggerti per cose successe millenni fà. Smetti di fare il coglione che pensa al passato e comincia a vivere nel presente o perderai il futuro! Sto urlando nella speranza che le mie parole ti penetrino dritto nel cervello attraverso quel testone duro che ti ritrovi e riescano a farti capire il discorso che speravo tu comprendessi ben prima visto che le maniere gentili non riescono a penetrare quel muro di cieca cocciutaggine che ti sei costruito!

    NOn appena ebbe finito si allontanò da lui per riprendere fiato, aveva fatto quel discorso mantenendo un ritmo serrato, quasi senza pause, era addirittura affaticata, le sembrava di aver corso. Poi però, inaspettatamente, tornò la solita Mai spensierata e solare di sempre.

    Aspetta, mi sono dimenticata di un'ultima cosa!

    Gli avrebbe dato un poderoso ceffone, sfruttando tutta la sua forza, utilizzando una vigorosa torsione di spalle e tronco, non bastava darlo di braccio, voleva rendere bene l'idea di quanto fosse incazzata.

    E comunque un vero uomo la affronta a testa alta una donna arrabiata! Non la narcotizza a suon di genjutsu! Si insomma stavo per allagarti casa... ma non si stordisce la gente solo perchè è un po' alterata!!

    Di nuovo sospirò, e si mise a respirare profondamente, braccia incrociate e volto coperto per metà da una mano.

    Ok, sono calma, sono calma.



    Si riavvicinò a Saruwatari, porgendogli una mano nel caso fosse caduto a terra per il ceffone. Improvvisamente Mai si fece molto stanca, la tensione si era decisamente allentata. Aveva detto tutto.

    Ti prego di perdonarmi, ho perso la calma, che stupida che sono, ma adesso sto bene. Comunque si è fatto tardi, è ora che vada, ti chiedo ancora scusa per questa mia visita inaspettata, ti avrà sicuramente messo a disagio, sono mortificata. Tolgo subito il disturbo.

    Finalmente era tornata in sè, finalmente aveva buttato fuori quell'immenso peso che la opprimeva, che le impediva addirittura di pensare. Prima si sentiva quasi ubriaca, come se non riuscisse ad avere pensieri coerenti in successione ma soltanto immagini casuali e caotiche che si alternavano con fretta obnubilando ogni tentativo di raziocinio e buon senso. Finalmente vedeva tutta la situazione con occhio abbastanza analitico. Quell'uomo aveva tanti problemi, come chiunque, e ci avrebbe dovuto lavorare sù. Lei non era una santa, gli aveva teso la mano e lui aveva rifiutato, anzi non aveva capito nemmeno che razza di risposta gli avesse dato. Voleva solo andarsene a mangiare e poi infilarsi nel letto, fare un ultimo pensiero su quella pazza giornata e poi risvegliarsi il giorno dopo, sperando che la notte portasse consiglio e sollievo alla stanchezza accumulata.
    Se lui non avesse fatto nulla lei avrebbe preso le sue cose, molto tranquillamente e senza fretta, e sarebbe uscita dall'abitazione, dirigendosi verso il dormitorio.
    Era molto perplessa, gli aveva appena confessato tutto. E' vero normalmente una persona sana di mente dovrebbe lottare per ciò che vuole, ma la reazione di lui l'aveva confusa così tanto, che cosa voleva dire? che cosa pensava nel profondo? Proprio non riusciva a spiegarselo. Solo percepiva una profonda stanchezza, sentiva che solo lei provava ad avvicinarsi, mentre l'altra parte non faceva altro che allontanarsi, era frustrante.
    Mentre se ne andava Mai avrebbe sperato, con tutto il cuore, in una reazione da parte di Saruwatari, un segno che gli importasse qualcosa.

    Ho ripreso il titolo del topic e l'ho riadattato al present post, ovvero "non timidamente"
     
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    46.7 NON TEMERE, NON TARDERÒ



    Richiamato dalle parole della donnola, puntai lo sguardo su Mai. Lei rimase ancora un attimo sotto le coperte, poi si alzò di scatto, in evidente confusione. Portò le mani al petto e si mise ad armeggiare rapidamente il primo bottone della sua camicetta, con l'intento di sbottonarlo. Io chiusi gli occhi, imbarazzato e impanicato. Non avevo diritto di osservare quello che lei mi stava – di propria volontà o più probabilmente senza di essa – per mostrare. Rimasi con gli occhi serrati, a non fare entrare nessuna di quelle immagini, che non meritavo di vedere.

    -Non. Dire. Niente. Per. Favore. -

    Non lo feci, non avevo niente da dire. Aspettai che lei si ricomponesse e, nel momento in cui sentii i rumori derivati dalla sua azione di alzarsi da letto, riaprii finalmente gli occhi. Lei si piazzò ad un paio di metri di distanza da me e iniziò a gesticolare in maniera strana. Non riuscivo a capire cosa voleva dire, probabilmente perché erano troppe le cose che voleva comunicarmi, tutte insieme. Cambiò posizione innumerevoli volte, cambiò approccio fisico e immaginai anche verbale, senza trovarne uno che ritenesse giusto. Mi faceva male vederla così, confusa e irritata. Non sapevo cosa fare, quindi rimasi semplicemente ad aspettare, senza fare né pensare alcunché. Finché lei non trovò la sua strada, fatto che fu anticipato da un rasserenarsi del suo viso. La paura si impossessò di me quando lei pose le sue mani ai lati del mio cranio, afferrandolo con decisione. Il momento dopo iniziò ad urlare, forte, con una tenacia senza pari.

    -IO. TI. AMO. Ma non ti posso avere, e per questo ti odio ma non sopporterei l'idea di perderti. Me la sono presa perché mi sono sentita rifiutata in modo becero, quasi presa in giro dal tuo "troverò quello giusto per te". E poi con "non sono degno di stare vicino a te" intendi che non lo vuoi o hai paura di far soffrire me o soffrire te? E onestamente penso che tu ti comporti come un emerito imbecille a svilirti continuamente e ad affliggerti per cose successe millenni fà. Smetti di fare il coglione che pensa al passato e comincia a vivere nel presente o perderai il futuro! Sto urlando nella speranza che le mie parole ti penetrino dritto nel cervello attraverso quel testone duro che ti ritrovi e riescano a farti capire il discorso che speravo tu comprendessi ben prima visto che le maniere gentili non riescono a penetrare quel muro di cieca cocciutaggine che ti sei costruito! -

    Il cuore iniziò a battere impazzito, tentando di tenere il passo con il cervello, che fuggiva ad una velocità impensabile. Troppe informazioni da elaborare, troppe e troppo importanti le cose che la ragazza mi aveva appena urlato, troppo forti le reazioni che esse avevano provocato in me. Lei mi amava, lei mi odiava, lei si era sentita presa in giro. E non era d'accordo con me, non pensava che ero da buttare via. Non capivo come potesse pensarlo, ma non importava. Non importava più, ormai era tutto finito. Lo pensai nel momento in cui le sue mani si allontanarono dal mio viso, spezzando quel contatto fisico a cui mi ero abituato e di cui sentivo improvvisamente il bisogno. Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, era davvero finita...

    -Aspetta, mi sono dimenticata di un'ultima cosa!-

    Dopo aver preso fiato un attimo, la ragazza mi tirò un sonoro schiaffo, lanciato con tutta la forza di cui era capace. Non mi ne fui sorpreso, aveva tutte le ragioni di volermi male. Anzi, un colpo del genere era troppo poco, il dolore che mi aveva provocato era fin troppo leggero e passeggero. Non era nulla a confronto di ciò che ribolliva al mio interno, della sofferenza spirituale che stavo provando.

    -E comunque un vero uomo la affronta a testa alta una donna arrabiata! Non la narcotizza a suon di genjutsu! Si insomma stavo per allagarti casa... ma non si stordisce la gente solo perchè è un po' alterata!!-

    Altre ferite interiori, altri motivi per odiarmi. Non ero un “vero uomo”, poco ma sicuro. Non lo ero mai stato, né mai lo sarei diventato. Ero un bastardo che andava in giro traumatizzando la gente con cui non riusciva a comunicare, questo ero io. Finalmente lo aveva capito anche lei, pensai.

    -Ti prego di perdonarmi, ho perso la calma, che stupida che sono, ma adesso sto bene. Comunque si è fatto tardi, è ora che vada, ti chiedo ancora scusa per questa mia visita inaspettata, ti avrà sicuramente messo a disagio, sono mortificata. Tolgo subito il disturbo.-

    Il suo volto si era fatto esausto, all'improvviso. Non ne poteva più di me, non aveva sofferto e lottato così tanto per dover poi badare ad un bambino capriccioso. Ogni singola parola era stata una ferita mortale alla mia anima, oltre quanto pensavo possibile. Ero proprio putrido, un essere umano infimo. E adesso che stavo per perdere ciò che intimamente più desideravo, caddi in preda ad un terrore mai sperimentato prima. Niente aveva più senso, niente lo avrebbe mai più avuto. Mai più. La vidi dirigersi verso le sue cose e sentii la fine vicina. Non ce la facevo più... non potevo reggere oltre. Era troppa la paura, troppo intensa. Avrei perso tutto, non sarei stato in grado di continuare a vivere un secondo di più se lei fosse uscita in questo modo dalla mia vita. Avrei fatto qualsiasi cosa per impedirlo.

    -No, aspetta!! A-aspetta, ti prego, aspetta... io... non devi chiedere scusa... non devi, sono io che ho sbagliato... ho sbagliato tutto... scusami... io...-

    Le parole non volevano uscire nel modo corretto, erano stentate e scollate tra di loro. La voce era talmente tremula che a stento la riconoscevo come mia. Non riuscii di sicuro a tenere lo sguardo alto, ero totalmente in confusione. Non sapevo cosa fare, cosa dire, era tutto al di là delle mie possibilità. Ma non potevo lasciare che le cose finissero in quella maniera, sarebbe equivalso ad una morte sostanziale. Dovevo parlarle, dovevo dirle quello che pensavo, cercare di comunicare qualcosa. Cercare di rispondere alla sue parole, così forte e dirette. Quindi fu proprio ad esse che cercai di allacciarmi, fu solo il loro ricordo a permettermi di iniziare un discorso. Sperai che lei lo ascoltasse, che avesse ancora la forza di credere un minimo in me, anche se io stesso non lo facevo.

    -Anch'io! Anch'io ti amo, Mai. Ti amai e la cosa non cambierà mai in futuro, Mai. Non ho scuse, quello è il mio modo di pensare... solo adesso mi sto rendendo conto di quanto sia sbagliato. Ma sono sincero! Non ho mai voluto prenderti in giro, pensavo seriamente quella cosa sul trovare l'uomo per te... e anche la cosa di non poter stare con te non era certo per sfuggire al dolore... stare lontano da te per me equivale a soffrire, lo sai... io non volevo ferirti più, temevo DAVVERO di rovinarti la vita. E invece ti ho ferito di nuovo, scusami, Mai! Non volevo, era... era proprio per evitarlo che... ma non è una soluzione, non una che funziona, almeno. Sono stato uno stupido a non capirlo prima. Stavo fuggendo dall'idea di poterti fare male, ma mentre lo facevo ciò già stava succedendo. Io voglio stare al tuo fianco, lo desidero con tutto me stesso, ma non ne sono degno. Io mi conosco, questo è il mio vero volto, però... però non sono in grado di rinunciare a te. Non riesco. Pensavo di riuscirci, ma mi sbagliavo anche su quello. Vederti andare via così mi ha quasi ucciso... ma mi ha fatto anche capire quale sia l'unica soluzione possibile. Io non sono degno di stare con te, ora, quindi l'unica cosa che posso fare è diventarlo. Superare i miei problemi, sconfiggerli. Diventare più forte, diventare un vero uomo, diventare la persona che tu meriti al tuo fianco! Io...-

    Mi fermai qualche istante, per prendere fiato e riordinare un minimo le idee. Avevo espulso a velocità massima tutti i miei pensieri, senza alcun freno. Lo avevo fatto senza che essi fossero stati esaminati, senza inserirci nulla di costruito. Dopo giusto un paio di secondi, necessari alle capacità fonatorie di perpetrarsi, ripresi, di nuovo a forte velocità.

    -Non ti sto chiedendo di aspettarmi o cosa... non sarebbe corretto. Non so quanto tempo ci metterò, non sono neanche sicuro di riuscirci. Se mentre io cercherò di risolvere i miei problemi, tu troverai qualcuno che ti rende felice, io ne sarò contento. Non lo dico per dire, né per darmi un tono, lo penso davvero. Vederti felice è tutto ciò che desidero e se qualcun altro saprà renderti tale io lo accetterò senza problema alcuno. Ti prego di credermi... io voglio stare con te, ma voglio solo il meglio per te! E al momento non lo sono...-

    Speravo che lei capisse quello che stavo dicendo, che cogliesse la sincerità con cui mi stavo approcciando a quella soluzione improvvisa e non prevista. Volevo che fosse tutto chiaro, che non ci fossero fraintendimenti. Glielo dovevo, era una questione di correttezza nei suoi confronti, prima di tutto.

    -Ma non voglio lasciare queste parole rimangano vane, voglio darti una prova delle mie intenzioni, della mia determinazione. Una prova diretta, un primo passo! Hai voglia di guardarlo con me?-

    Mi accertai che la ragazza avesse davvero voglia di fare questo per me. Aveva fatto già così tanto, ripagata in malo modo, ma quest'ultima cosa sarebbe stata la più importante. Se lei avesse deciso di rimanere a guardare, mi sarei diretto verso il piccolo tavolo. Lì erano rimasti i miei occhiali, lei stessa li aveva appoggiati lì dopo avermeli sfilati, prima di entrare in casa. Li presi in mano con calma. Erano una presenza così familiare, rassicurante, pieni di scheggiature, di tagli, di ricordi.

    -Questi li ho indossati quasi ogni istante della mia vita, da mattina a sera, da dieci anni a questa parte, circa. Li ho messi per la prima volta il giorno in cui ho smesso di essere uno schiavo, quando fui liberato. Fu mio padre adottivo a darmeli. Avrebbero... avrebbero dovuto essere il simbolo della mia libertà. E invece diventarono presto il simbolo di una nuova schiavitù, che mi affligge ancora adesso. Lo hai detto tu stessa, mi tormento per cose successe millenni fa. Sai, è un mio problema da sempre. L'ho sempre fatto, è qualcosa che mi macera l'anima e a cui non sono mai riuscito ad oppormi. E questi occhiali, che adoro e che considero quasi come parte integrante del mio corpo... questi stessi occhiali mi ricordavano ogni attimo del mio passato, di tutto ciò che era perso, dei rimpianti e delle sofferenze. È questa l'origine dei miei mali. Mai, tu sei la mia fonte di ispirazione! Non solo per quello che provo per te, ma anche per come hai affrontato i tuoi problemi. Hai trasformato il tuo peggior incubo in un qualcosa di positivo, hai risolto i tuoi problemi con determinazione e costanza. Io non ho mai preso di petto i miei demoni, non ho mai cercato davvero di sconfiggerli. Ma non posso più aspettare, grazie di avermelo fatto capire. Mi hai dato le chiavi per aprire la gabbia che mi sono costruito intorno al cuore, adesso tocca a me farlo! Scusa di tutto il male che ti ho fatto, spero un giorno di poter ripagare, in qualsiasi modo. Combatterò per esserne in grado. Intanto faccio il primo passo...-

    Mentre terminai l'ultima frase, impressi forza nelle tre dita che fino ad allora avevano retto l'occhiale. Indice e medio in una direzione, il pollice nell'altra. Un rumore secco indicò che il destino di quell'oggetto che tanto avevo amato si era appena compiuto. Lo spazio tra le lenti si ruppe e mi ritrovai con due metà dei miei occhiali. Per essere sicuro di fare le cose per bene separai con un gesto secco le stanghette dalle lenti. Non avrei mai più indossato quegli occhiali. Mi avrebbe aiutato ad andare avanti, a diventare una persona migliore. O almeno lo speravo con tutto il cuore.

    CITAZIONE
    Il titolo riprende le iniziali di quello del topic. Inizialmente avevo pensato ad un "non temere, non trionferai" o "non temere, non tornerà", però poi la cosa ha preso questa piega inaspettata anche per me e ho dovuto cambiare.
    Dopo questa ruolata non dovrò solo rifare da zero la descrizione psicologica di questo pg, ma anche modificare radicalmente la descrizione fisica. Pensavo di usare questa immagine.
    Spero si noti l'orribile gioco di parole, inserito in un momento serissimo, ci ho messo impegno per farlo così brutto :asd: .
     
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15 replies since 10/2/2015, 18:42   560 views
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