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    Demone velatore

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    Ame
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    Un po' da qui e un po' da là

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    Il sole caloroso baciava la pelle di tutti i presenti, abbracciandoli in una carezza quasi materna. Soltanto un paio dei partecipanti, forse, avrebbe potuto trovare sgradevole il clima che avvolgeva il piccolo centro in rovina. L'intero clan Sabakuyoru si era spostato presso le rovine erette sopra le loro catacombe sotterranee, in un esodo che avrebbe impressionato chiunque vi avesse posato lo sguardo. Per un intera mattinata di cammino, partiti all'alba, uno sciame di nomadi aveva ondeggiato tristemente tra le dune, echeggiando con voci profonde nell'aria pesante e afosa del mare di sabbia. Era un canto antico, quello dei Sabakuyoru, abbastanza da essere perso nella memoria dei più, ma ci sono cose che una famiglia non dimentica. Il popolo vagabondo del deserto non scordava il dolore, né l'amore. Nessuno all'interno del clan cadeva nell'oblio, per quanto breve fosse stato il tempo trascorso con loro. C'è molto più del sangue, nella famiglia Sabakuyoru. Quel giorno, il clan celebrava la funesta dipartita del secondo dei suoi cari che, in poco tempo, non aveva potuto ricevere una sepoltura insieme ai suoi simili. Kurea Sabakuyoru, madre, medico e kunoichi era stata sepolta ad Ame perché la situazione in cui era deceduta aveva richiesto una decisione affrettata, senza ampie possibilità di scelta. Il calore del deserto che portava nel cuore avrebbe scaldato e illuminato le giornate piovose di Ame. Per la seconda persona, paradossalmente, si era trattato del contrario. I tempi erano stati lunghi ed era impossibile trovare un colpevole della sua assenza fisica in quella giornata di lutto. Il Villaggio della Pioggia aveva avuto i suoi motivi per trattenerne il cadavere e l'unica persona che avrebbe avuto diritto di reclamarne la proprietà aveva vagato troppo a lungo nel buio e nella disperazione per poter esprimere un desiderio. Quando Rin si era finalmente deciso a volerne richiedere la salma, era troppo tardi. Gli fu confessato in via del tutto confidenziale, forse proprio per il ruolo che lui stesso aveva giocato a Takumi, forse perché era riuscito, in qualche modo, a impietosire Kosame Shitataru. Kiryan Sabakuyoru era stato nominato Anbu ad honorem in seguito all'attentato e, dopo tutto quel tempo, era stato ormai seppellito nel cimitero della Squadra Speciale della Pioggia. Rin non seppe cosa provare, quando ne venne informato. Una parte di sé si era spezzata al pensiero che non avrebbe potuto avere una tomba su cui piangere il suo amato, un luogo concreto in cui andarlo a trovare; l'altra parte di sé gioiva sapendo che Kiryan era stato riconosciuto nel suo valore dal Villaggio verso cui aveva provato tanto affetto, giungendo a considerarlo la sua casa. Poi, gli avevano consegnato i suoi effetti personali: una specie di eredità, come se Nayra non fosse già stata un dono più che sufficiente. Un coprifronte, quello di Ame, una coppia di fazzoletti ricamati... e Kiserai. Quando gliela poggiarono sui palmi, Rin fu sorpreso di scoprire quanto fosse pesante. Non ricordava una simile gravezza. Posare lo sguardo sull'airone inciso sull'elsa gli fece capire esattamente cosa fare.
    La stessa spada conduceva la processione, portata in alto, con orgoglio, sollevata in alto così che potesse brillare sotto la luce del sole. Simbolo di un corpo che non sarebbe mai stato presente, doveva brillare con la stessa intensità con cui il suo padrone aveva fatto in vita, donando la sua bellezza a qualunque persona avesse toccato con il suo sguardo, le sue parole, le sue mani. Con il suo semplice esistere. Rin non avrebbe permesso che nulla potesse oscurare la celebrazione del suo fratello, amico e compagno di vita.
    Raggiunsero le rovine sulle catacombe quando l'accecante sfera infuocata era al culmine del suo arco. La folla si disperse in maniera ordinata, formando un cerchio con uno spazio al centro abbastanza grande da far risaltare chiunque si sarebbe trovato al suo centro. Iniziò un nuovo canto, lugubre ma al tempo stesso dolce, toccante. Il funerale tradizionale dei Sabakuyoru era un momento di rammarico, ma anche di festa: nessuno di loro avrebbe mai lasciato la famiglia: prima o poi, tutti sarebbero tornati ad essere granelli di sabbia sparsi per il deserto e, con il favore dei venti, sarebbero tornati a casa, anche solo una minuscola parte di loro, continuando a viaggiare insieme ai cari ancora in vita, continuando ad essere parte del grande esodo del clan. Le voci si univano in un ritmo calmo, vibrante, la cui acuità e intensità andava cambiando con il testo pronunciato da un piccolo coro. Una litania rivolta al loro Dio, Shukaku, padre del deserto e protettore di tutti i Sabakuyoru, una preghiera di protezione per chi non c'era più, una richiesta di accoglienza e benevolenza per la persona che aveva lasciato questo mondo, ma non i cuori di chi l'aveva amato. Le parole erano così antiche da essere perlopiù incomprensibili, ma se ne poteva cogliere facilmente la potenza e la mestizia. Rin aveva chiesto a Touka di poter modificare leggermente la cerimonia, in virtù della particolare situazione di Kiryan e della presenza di persone straniere che, forse, avrebbero giovato di un piccolo avvicinamento ad un funerale più tradizionale. Il capoclan aveva acconsentito, ed era stato così creato un piccolo spazio di condivisione. Rin camminò lentamente verso il centro dello spazio circolare e, tenendo Kiserai ben visibile sui palmi distesi, lasciò che il canto si estinguesse per avere il permesso di prendere parola. Esitò un momento, prima di parlare. Non credeva che avrebbe avuto tanta difficoltà a far uscire la voce. La gola era secca, tremante, e poteva sentire la testa come in una bolla. Il suo sguardo si posò su Touka, seria e fiera, su sua nonna, che malcelava un velo di lacrime sugli occhi, su suo padre Baaran che invece veniva consolato dai vicini, abbandonato a un fiume di pianto e dolore, e su tutte le altre persone che sapeva essere state profondamente vicine a suo fratello nel corso del tempo. Prese un respiro profondo, che si trasformò quasi in un singhiozzo, e umettò le labbra asciutte.
    Kiryan non sapeva nemmeno da dove venisse. Era un'anima persa, disorientata, e quando l'ho conosciuto sembrava essersi chiuso e allontanato dal mondo come un cane randagio. Rabbioso, aggressivo, pronto a mordere. Quel che ho scoperto con il tempo è che non si trattava di odio, ma di paura. Kiryan era stato ferito, in modi che nemmeno possiamo immaginare, e tutto ciò che gli rimaneva era un piccolo tesoro che era pronto a proteggere a tutti i costi.
    Spostò gli occhi su Nayra, che fluttuava in prima fila di fronte a lui, e si stava asciugando lacrime evanescenti con più forza e coraggio di quanto avrebbe potuto pretendere da lei; le sorrise teneramente.
    Credo che tutti noi conosciamo il dolore del rifiuto, della fuga, della solitudine. Kiryan era talmente coperto da questa nube oscura e tumultuosa che credeva che la luce non esistesse più. Eppure era forte abbastanza da non abbandonarsi a una disperazione che, per quanto seducente, sapeva avrebbe segnato la condanna sua e dell'unica cosa che ancora gli stava a cuore. Ha lottato molto, contro diversi tipi di sofferenza, e voglio credere che ne sia uscito vincitore. Nonostante cercasse continuamente di dimostrarsi di non essere degno dell'amore degli altri, è riuscito a smentirsi e tutti noi qui presenti oggi siamo la prova che è riuscito a vincere contro il terrore che lo soggiogava. Ha toccato il cuore di molte persone e sono certo che anche la sua anima sia stata toccata da noi. Sono fiero di lui, di ciò che è stato e di ciò che continuerà ad essere nella nostra memoria. Ho trovato in Kiryan molto più di quanto mi sarei potuto aspettare da un semplice essere umano. Un amico, un fratello, un amore incondizionato e un salvatore. Lui, che si credeva così poco, è riuscito ad acquisire un valore incommensurabile che nessun altro, mai, potrà sostituire. Io qui voglio dichiarare, dinnanzi a questa spada che rappresenta la sua presenza, che non verrà mai più dimenticato, abbandonato, e che invece sarà per sempre amato. Perché, finalmente, ha trovato un posto da chiamare casa.
    Sorrise nel modo più sincero e aperto che avesse fatto dalla morte di Kiryan e i suoi occhi si imperlarono di lucide lacrime che era riuscito a stento a trattenere fino a quel momento. Sollevò al cielo la lama di Kiserai, lasciando che venisse avvolta dalla luce abbagliante del sole, e la riabbassò poi senza dire altro, concedendo uno spazio per chiunque avesse voluto aggiungere qualche parola alla memoria del giovane. Inaspettatamente fu Nayra, dopo un breve momento di silenzio, a farsi avanti. Assunse le normali dimensioni di bambina e si mosse con i piedi sulla sabbia rovente senza lasciare traccia del suo passaggio. Si fermò di fronte all'unico fratello rimastole e, con sguardo pieno di tristezza, tirò su con il naso e indicò la spada.
    Rin, mi aiuti?
    Lui le sorrise teneramente e fece cenno di sì con la testa. Si posizionò alle sue spalle, appoggiando un ginocchio a terra, e adeguando le sue braccia alla posa della bambina fece in modo di dare l'illusione che anche lei stesse tenendo in mano Kiserai come lui stesso aveva fatto durante il suo discorso.
    Io...
    Provò a parlare, ma sembrò particolarmente turbata dal non poter realmente toccare la spada. Seguì la linea del metallo in tutta la sua lunghezza quasi immaginando quanto dovesse essere pesante, e dopo un piccolo sospiro si fece più determinata.
    Kiryan e io siamo stati sempre insieme per tanto tempo. Lui era sempre un po' triste ma faceva di tutto per farmi divertire, giocare, e farmi stare sempre con il sorriso. Quando abbiamo incontrato Rin ha cominciato a ridere anche lui e allora io sì che sono stata felice! Voleva solo qualcuno a cui voler bene e che ricambiasse il sentimento e ha trovato una mamma, un papà, una famiglia e tanti amici per entrambi. Lui è il mio eroe e sarà sempre qui con me. Gli vorrò bene, sempre, e io... io non mi dimenticherò di lui, mai! Lo prometto! Staremo sempre sempre insieme, anche se non potrò vederlo più.
    Probabilmente la bambina avrebbe voluto dire molto altro, ma non c'era nessuno che soffrisse più di lei in quel momento, nemmeno Rin, e il suo cuore così puro era facilmente ferito da quel tipo di dolore. Ricominciò a piangere, e suo fratello con lei, anche se nel modo più discreto e silenzioso possibile. La aiutò a mimare il gesto di alzare Kiserai, dopodiché permise a chiunque altro di prendere il loro posto. Lui l'avrebbe portata per mano verso il perimetro del cerchio, rimanendo in prima fila tra la folla, con il suo viso immerso nel pianto dei suoi vestiti, accarezzandole delicatamente i capelli e ascoltando i discorsi a venire. Ringraziandoli, con il labiale, uno ad uno per i loro interventi.
    Una volta che nessun altro avesse avuto qualcosa da aggiungere, Rin avrebbe ripreso il suo posto al centro del cerchio e con un cenno del capo avrebbe dato il via ad un nuovo coro, più solenne e grave nei toni, e si sarebbe avviato insieme alla processione all'ingresso delle catacombe. Una volta lì sarebbe entrato solo, seguito unicamente da Nayra e Touka, in quanto capoclan, inoltrandosi nell'oscurità sempre più fitta mentre il canto diventava un'eco lontana, un riverbero tra le pareti di pietra dei sotterranei. Avevano deciso che, non essendoci un corpo da seppellire, a Kiryan non sarebbe stata assegnata nessuna tomba. Piuttosto, avevano fatto costruire un piedistallo piuttosto elaborato che raffigurava due sottili filoni di sabbia che ascendevano a spirale fino ad un'altezza di poco superiore a quella di un normale essere umano, terminando in due mani su cui sarebbe stata adagiata Kiserai, dando l'impressione che la sorreggessero con determinazione e delicatezza. Un po' com'era stato Kiryan: fragile come una farfalla, ma incrollabile come la pietra. Fu Rin, sotto l'attenta supervisione di una Nayra fluttuante, a posare la spada sul piedistallo con una certa cura, lasciando un'ultima occhiata a quello che, come diceva la targa posta alla base, era il luogo di riposo di "Kiryan Sabakuyoru, nato nella pioggia, figlio del deserto, custode dell'amore".
    Non credo ci fosse luogo migliore di questo. Tutti i capiclan del passato veglieranno sul suo simbolo. Sarà per sempre in mezzo ai Sabakuyoru.
    Commentò Touka. Rin, senza distogliere lo sguardo, abbozzò un sorriso rivolto a lei.
    Usciti dalle catacombe, ormai nel pomeriggio, avrebbero dichiarato l'ultima parte del funerale tradizionale dei Sabakuyoru. C'era un momento per il dolore, in quella cerimonia, e uno per la vera e propria celebrazione, per la festa. L'intero rito iniziava dall'alba e seguiva il percorso del sole per rimarcare la nascita, la vita e infine il tramonto dell'esistenza del defunto. Se inizialmente, quindi, veniva espresso il dolore per un tragitto che era ormai volto al termine, nell'avvicinarsi a quella che era la condizione attuale della persona che veniva ricordata si diffondeva nell'aria gioia e risate. Nel momento in cui i due mondi erano più vicini, il tramonto, quello che doveva passare dall'altra parte era la felicità di aver potuto condividere il cammino della vita con lui, o lei. E Rin apprezzava particolarmente quell'ultima porzione della cerimonia perché, ovunque fosse Kiryan, avrebbe potuto vedere che ciò che si era lasciato alle spalle non era solo tristezza e dolore, ma anche un sincero amore e una famiglia sorridente.
     
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    Demone incendiario

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    Takumi
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    Il giorno era venuto e io ero contenta di poter essere lì. Ero fiera di poter onorare la memoria di una persona così speciale come Kiryan. Purtroppo Draig non era riuscita a partecipare alla cerimonia vera e propria, avevamo chiesto se fosse il caso visto il suo stato interessante e ci era stato suggerito di no. Col senno di poi era stato più che giusto, sarebbe stato troppo rischioso per lei. In questo modo riuscì anche a stare con Ryuko, a occuparsi della nostra cucciola. Era particolarmente attiva da quando eravamo tornate, aveva anche mosso i suoi primi incerti passi, accompagnata sempre dalle mani delle sue mamme. Non era ancora tempo di camminare da sola, ma non mancava molto. Era ancora priva di equilibrio, ma stranamente sulla sabbia sembrava avere una certa stabilità in più. Ovviamente non sapeva ancora usare l'abilità innata, ma mi sembrava evidente ormai che lei fosse Benedetta dal Deserto. La nostra piccola draghetta stava acquisendo una sua identità individuale e la cosa mi faceva strano, ma mi rendeva estremamente felice.
    Quando la cerimonia partì Natsuki era con me e la cosa mi aiutò a gestire le forti emozioni della giornata. La sua presenza lì mi aiutava a non scoppiare in lacrime ogni due secondi e speravo che lo stesso potesse valere per lei. Anche in quel momento riuscì a sembrare in pieno controllo di se stessa, ma era rigida, ancora più del solito. Dietro la sua compostezza si capiva che doveva provare un dolore senza pari. Lei, così forte e fragile allo stesso tempo. In qualche maniera mi sembrava assomigliare proprio a Kiryan in questo. Forse proprio per tale motivo mi ero ripromessa di voler stare al suo fianco più spesso, di volerla aiutare di più, come sentivo di non essere riuscita a fare fino in fondo per il ragazzo. Nella sua lettera di addio mi aveva ringraziata per quello che avevo fatto, ma io avrei voluto fare di più. E avevo giurato che non mi sarei ritrovata con gli stessi rimpianti con Natsuki.
    La cerimonia iniziò con una lunga processione nel deserto. Lunga e faticosa, soprattutto per chi come noi non era abituata a vivere in quel clima. Io usai la tecnica del Condizionatore Umano e offrii lo stesso a Natsuki e a chiunque si fosse dimostrato in difficoltà. In tal modo il viaggio fu più gestibile. Ad aiutare fu anche la cantilena che intonammo tutti insieme. Parole antiche e di cui non capivo il significato, ma che imparai a memoria con molto interesse. Avevo chiesto di poter cantare anch'io, di venire edotta su quel brano e di poter fare anch'io quella parte. Mi sembrava il modo migliore di onorare la sua memoria. Mi era stato concesso e avevo ringraziato tutti per la gentilezza e la pazienza. Sempre più li sentivo come una seconda famiglia.
    In testa alla processione c'era Rin, che portava una spada che in vita era stata di Kiryan. La sollevava in alto, facendola brillare al sole. Lo osservavo con cura, quasi con il timore che dovesse rompersi da un momento all'altro, quasi per paura che non potesse farcela. Lui era forte, lo sapevo bene, ma il timore restava, quasi irrazionale. Del resto conoscevo bene l'entità del suo dolore e da quanto tempo lo stesse coltivando. Forse proprio quello di cui aveva bisogno era una giornata come quella. Un punto finale.
    Dopo ore di cammino raggiungemmo delle rovine molto antiche, a quanto mi era stato detto era dove si trovavano le catacombe del clan. Ci disponemmo tutti a semicerchio, lasciando spazio all'interno. Una volta che il canto scemò Rin prese la parola, sfruttando quella posizione privilegiata. Non riuscivo a leggere bene la sua espressione, ma tutto sommato immaginai non ce ne fosse bisogno. Sapevo quello che provava e quando iniziò a parlare le sue emozioni uscirono tutte insieme.
    Kiryan non sapeva nemmeno da dove venisse. Era un'anima persa, disorientata, e quando l'ho conosciuto sembrava essersi chiuso e allontanato dal mondo come un cane randagio. Rabbioso, aggressivo, pronto a mordere. Quel che ho scoperto con il tempo è che non si trattava di odio, ma di paura. Kiryan era stato ferito, in modi che nemmeno possiamo immaginare, e tutto ciò che gli rimaneva era un piccolo tesoro che era pronto a proteggere a tutti i costi.
    Le parole furono come picconate sugli argini che tenevano le lacrime dentro di me, in poco tempo ebbero la meglio su qualsiasi resistenza. Finiva sempre così, ma questa volta era giusto che lo facesse. Il dolore era troppo forte, ma lo era anche la gratitudine. Ero così contenta di aver conosciuto Kiryan, anche se non era più con noi, anche se non avevamo potuto dirci addio a dovere.
    Credo che tutti noi conosciamo il dolore del rifiuto, della fuga, della solitudine. Kiryan era talmente coperto da questa nube oscura e tumultuosa che credeva che la luce non esistesse più. Eppure era forte abbastanza da non abbandonarsi a una disperazione che, per quanto seducente, sapeva avrebbe segnato la condanna sua e dell'unica cosa che ancora gli stava a cuore. Ha lottato molto, contro diversi tipi di sofferenza, e voglio credere che ne sia uscito vincitore. Nonostante cercasse continuamente di dimostrarsi di non essere degno dell'amore degli altri, è riuscito a smentirsi e tutti noi qui presenti oggi siamo la prova che è riuscito a vincere contro il terrore che lo soggiogava. Ha toccato il cuore di molte persone e sono certo che anche la sua anima sia stata toccata da noi. Sono fiero di lui, di ciò che è stato e di ciò che continuerà ad essere nella nostra memoria. Ho trovato in Kiryan molto più di quanto mi sarei potuto aspettare da un semplice essere umano. Un amico, un fratello, un amore incondizionato e un salvatore. Lui, che si credeva così poco, è riuscito ad acquisire un valore incommensurabile che nessun altro, mai, potrà sostituire. Io qui voglio dichiarare, dinnanzi a questa spada che rappresenta la sua presenza, che non verrà mai più dimenticato, abbandonato, e che invece sarà per sempre amato. Perché, finalmente, ha trovato un posto da chiamare casa.
    Avrei sottoscritto tutte quelle parole, una per una. Non avevo avuto modo di incontrarlo molte volte, ma ormai lo conoscevo. Era una delle persone più dolci e forti che avessi incontrato. Mi unii alla promessa di Rin, non sarebbe mai stato dimenticato. Mi vennero i brividi nell'osservare il suo sorriso. Da quanto era che non lo vedevo così? Anche nei momenti di tranquillità aveva sempre un'espressione incompleta, mentre in quel momento, nonostante le lacrime che rigavano il suo volto, sembrava finalmente libero. In pace. Già, era proprio quello che gli serviva.
    Dopo qualche istante di silenzio Nayra si fece avanti. Ingrandì la sua figura, cosa che non ricordavo potesse fare, prendendo le sembianze di una bambina normale. Si fece aiutare da Rin, che reggeva la spada in modo che sembrasse che fosse lei a tenerla. E parlò, con una forza che mi sorprese e mi fece piangere ancora di più.
    Kiryan e io siamo stati sempre insieme per tanto tempo. Lui era sempre un po' triste ma faceva di tutto per farmi divertire, giocare, e farmi stare sempre con il sorriso. Quando abbiamo incontrato Rin ha cominciato a ridere anche lui e allora io sì che sono stata felice! Voleva solo qualcuno a cui voler bene e che ricambiasse il sentimento e ha trovato una mamma, un papà, una famiglia e tanti amici per entrambi. Lui è il mio eroe e sarà sempre qui con me. Gli vorrò bene, sempre, e io... io non mi dimenticherò di lui, mai! Lo prometto! Staremo sempre sempre insieme, anche se non potrò vederlo più.
    Piansi con loro, annuendo a quelle parole, così sentite e così sincere. Natsuki stava resistendo con tutta se stessa, anche se mi sembrava sempre sull'orlo di cedere. Piansi per entrambe. Arrivò poi il momento degli interventi di tutti gli altri. Fui combattuta a lungo, ma alla fine mi convinsi a parlare, anche se non avevo molto da dire era il modo giusto di salutarlo. Mi asciugai il viso con la mia innata e aspettai il mio turno. Mi rivolsi a lui, come se fosse lì, come se potesse sentirmi.
    Avrei voluto conoscerti di più, stare di più con te, con voi. Grazie per tutto quanto, per esserci stato. Eri davvero speciale. Che gli Dei ti abbiano in gloria...
    Non ero riuscita a dire altro che banalità, ma fui contenta di aver parlato. Era stato importante per me. Tornai dunque al mio posto e ascoltai tutti gli altri. Poi, quando finirono gli interventi, Rin tornò al centro e diede il la ad un nuovo coro, a cui mi unii seppur con la voce rotta dal pianto. Di seguito lui, Nayra e Touka sarebbero entrati nelle rovine. Al loro ritorno la cerimonia sarebbero proseguita, con un tono meno cupo e più festoso. Apprezzavo questo tipo di celebrazione, mi sembrava il modo giusto di ricordare le persone scomparse, c'era bisogno di uno scioglimento del genere. Fui contenta che potessero partecipare almeno a questa seconda parte anche Draig e Ryuko, visto che eravamo tornati al villaggio. E fu proprio lì che mia moglie mi sussurrò una semplice frase all'orecchio.
    Kiryan Netsushi... non suona male, che dici? Se fosse maschio... potrebbe essere un'idea...
    Ormai mancavano pochi mesi e stavamo iniziando a pensare seriamente al nome. Annuii convinta, anche se non era ancora deciso l'idea mi piaceva davvero, sarebbe stato il modo migliore di conservare la memoria di quel mio amico così prezioso.
     
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    Kumo
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    Il viaggio solitario verso il Paese del Vento era stato tra i più dolorosi della vita di Natsuki. Aveva apprezzato il fatto di essere da sola, se doveva essere sincera. Ad Eli sarebbe piaciuto andare a dare l’ultimo saluto a Kiryan e rivedere Nayra, ma non poteva rischiare facendola inoltrare in un altro Paese che non conosceva bene. Non aveva ancora detto nulla a sua madre, non sapeva che effetto avrebbe potuto avere si gemelli. Si era sentita una vigliacca a nasconderle così tante cose, ma non si aspettava di essere perdonata. Non voleva nemmeno giustificarsi. Il dolore che stava provando, che stava volontariamente evitando di condividere con gli altri, era la punizione che si meritava. L’avrebbe sopportata migliaia di volte se sarebbe stato necessario a fare stare bene sua madre, suo padre, Michiru, Ichirou e persino suo nonno. Aveva riflettuto molto, chiedendosi quale fosse la cosa migliore da dire. Come comportarsi con gli altri. Come avrebbe potuto guardare Rin negli occhi? Come avrebbe potuto aiutarlo? Aveva ripetuto varie volte dei discorsi nella propria testa e si era chiesta se avrebbe pianto.
    Aveva continuato ad interrogarsi della cosa anche durante la lenta processione attraverso il deserto, che era parte della cerimonia per rendere omaggio al giovane di… Ame. Era così difficile da pensare per lei. Sentiva ancora il dolore del tradimento bruciare nel petto, tuttavia finiva sempre per essere sommerso da quello per la perdita. Del resto aveva imparato ad associare le acque oscure e profonde presenti dentro di sé, con i sentimenti più forti e travolgenti. Quello che provava per la morte del ragazzo era questo. Quella guerra tra Paesi era riuscita a rovinare anche questo sentimento così puro. Non poteva solo essere triste per Kiryan e Rin, non sarebbe mai potuto essere solo questo a tormentarla. Era così crudele, eppure quella era la vita che avevano scelto. Aveva lanciato un’occhiata prima al ragazzo che guidava la processione, soffermandosi quasi con dolcezza sul suo portamento, poi aveva lasciato che il proprio sguardo ricadesse su Aiko. Nonostante non fosse una ninja, la donna stava soffrendo terribilmente. Aveva gli occhi gonfi e le sembrava un miracolo che fosse riuscita a smettere di piangere.
    Era stata la sua presenza a rendere più forte Natsuki, come sempre in quei casi. L’idea di dover proteggere la sua migliore amica, di poter essere un punto fermo per lei, le aveva dato la forza di resistere. Era stato solo grazie a questo che era riuscita a non piangere. Non era lei quella che stava soffrendo di più, non aveva il diritto di versare quelle gocce di tristezza e sfogarsi. Avrebbe potuto farlo in privato se fosse stato necessario. Era stata tentata di stringere il polso di Aiko più volte, in modo da darle forza, tuttavia non era mai riuscita a toccare la sua pelle nonostante la mano si fosse avvicinata al suo braccio. Voleva farlo per lei o per se stessa? Era difficile capirlo. Il canto di dolore e gioia dei Sabakuyoru la confondeva. Non era mai stata un’amante della musica e dei rumori forti, quindi quel canto sembrava quasi toglierle tutte le energie. Tuttavia mai una volta aveva pensato di provare a smettere di ascoltarlo. Quello era il funerale di Kiryan, doveva godersi ogni singolo istante. Doveva portare rispetto ai morti come ai vivi. Non cantava, sia per rispetto che per paura di rovinare qualcosa di così importante con la propria voce.
    Ogni tanto fissava il cielo, così diverso da quello di Kumo ed immaginava di Ame, poi tornava sulla figura di Rin. Sembrava instancabile mentre portava quella spada in alto. Così era come se la volontà del ragazzo defunto fosse davvero con loro. Aveva stretto l’elsa della Salvatrice ogni volta che aveva fatto quel pensiero. Sentire la sua familiare morbidezza contro il palmo, l’aveva aiutata a contenersi anche quando un paio di volte gli occhi avevano preso a bruciare. Era un loro dono e la sua vita era cambiata per via di quella spada e del simbolo che rappresentava. Non sapeva quanto tempo fosse passato prima di raggiungere una struttura diversa dal deserto che avevano attraversato fino a quel momento. Sembravano delle catacombe e probabilmente era ancora la loro meta finale.
    Aveva seguito i movimenti dei Sabakuyoru in silenzio, osservando Rin al centro con la spada in mano. Era giunto il momento? Il suo sguardo era vagato per il resto dell’adunata, soffermandosi sulla nonna e su Touka, prima di tornare su Rin. Come faceva ad essere ancora in piedi dopo una cosa del genere? Provava un profondo rispetto nei suoi confronti. Sapeva le violenze che aveva subito in passato e ora era costretto a dover svolgere il funerale del suo amato, senza neppure un corpo. Era fin troppo ingiusto. Aveva chiuso gli occhi, mentre il ragazzo iniziava a parlare in modo quasi doloroso. Erano parole dolci e ricche d’amore, riusciva a capirlo anche una come lei. Il modo in cui era riuscito a descrivere la fragilità di Kiryan era ammirabile. Era riuscita ad associare gran parte delle sue frasi ai vari momenti che aveva trascorso con lui, custodendoli gelosamente dentro di sé. Avrebbe ricordato per sempre la sua espressione distrutta, quando credeva di aver perso Rin. Oppure quella di quando lo aveva ritrovato. La gratitudine nel suo sguardo quando l’aveva osservata stringere la Salvatrice per la prima volta. Aveva di nuovo quella fastidiosa voglia di piangere, ma ancora si era trattenuta per rispetto dei Sabakuyoru, di se stessa e di Aiko. Aveva riaperto gli occhi solo quando era stata sicura che Rin avesse finito di parlare. Stava piangendo ovviamente, ma sembrava che quella cerimonia lo stesse aiutando ad andare avanti ed accettare quanto accaduto. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui. Forse per Rin non era lo stesso, ma per lei era una persona davvero importante per la propria crescita. I loro sentieri si erano incontrati così tante volte nel corso degli anni ed aveva sempre imparato qualcosa da lui o dal loro incontro. Voleva almeno essere in grado di fare la metà di quello che lui riusciva a darle.
    Nel momento stesso in cui Nayra decise di prendere parola, ingrandendo la propria figura, Natsuki seppe che sarebbe stato quasi impossibile resistere al richiamo delle lacrime. Aveva stretto i pugni, con forza, irrigidendosi ancora di più di prima. Aveva dovuto deglutire con forza e fare un grosso sospiro per riuscire a mantenersi composta. Aiko invece non era riuscita a fare a meno di scoppiare in un pianto silenzioso. Le aveva rivolto uno sguardo preoccupato e triste, chiedendosi come poterla aiutare. Proprio come per Rin, non sapeva come avrebbe potuto alleviare quel dolore. La verità era che non sapeva come fare nemmeno per se stessa, quindi sarebbe stato impossibile realizzare quell’impresa per gli altri. Silenziosamente aveva di nuovo rivolto lo sguardo a quella spada che stava ora passando di mano in mano. Era il modo di salutare Kiryan per sempre. Natsuki si era resa conto del fatto che fosse il proprio turno, fino a quando non era giunta da lei ed Aiko. Aveva ascoltato le sue parole con il capo chino e quando era stato il suo turno era rimasta bloccata per un istante, prima di afferrarla con tocco sapiente e gentile di chi ama le spade da quando è nato. Paradossalmente l’idea che a rappresentare Kiryan fosse qualcosa di così familiare, l’aveva aiutata. Aveva provato a parlare, salvo poi bloccarsi di nuovo. Infine aveva alzato il capo con fare fiero e rispettoso ed aveva cercato di ricordare il suo volto. Eli una volta scherzando aveva detto che sarebbero potuti essere fratelli a causa della loro somiglianza e modo di fare. Era vero. Per lei era una sorta di fratello.
    - Non sarei mai riuscita ad odiarti. Sei e sarai sempre mio amico.- aveva detto con voce tremante, riferendosi alle parole che aveva letto nella sua lettera. Non c’era bisogno di dire altro per lei. L’idea che il ragazzo fosse morto pensando di essere odiato da lei, l’aveva tormentata. Aveva sì provato una specie di rabbia nei suoi confronti, ma mai odio. C’era una sola persona alla quale era riservato quel sentimento, al momento, e di certo non si trattava di Kiryan. Aveva passato subito la spada al prossimo, abbassando il capo e stringendo le labbra. Ancora una volta era misteriosamente riuscita a contenere le lacrime, mentre cercava di imprimersi il sorriso timido di Kiryan più che poteva nel cervello. Era morto prima che potessero litigare, affrontarsi in uno scontro sincero che avrebbe permesso di esprimere i propri sentimenti ed i suoi. Non aveva potuto sentire le sue ragioni, non sapeva neanche bene cosa fosse successo. Non sapeva nulla, solo che l’aveva perso e che non avrebbe mai più potuto valicare l’abisso causato dalle cose non dette. Il rimpianto, era un sentimento così amaro e bruciante che rendeva il dolore della perdita particolarmente insopportabile.
    Alla fine della cerimonia Rin, Touka e Nayra si erano allontanati nelle catacombe. Al loro ritorno la spada non era con loro. Era finita dunque? Si era permessa un mezzo sorriso triste e per tutto il ritorno non aveva potuto fare a meno di pensare ai sentimenti che stava provando a causa delle cose non dette. Più di una volta aveva fissato la figura di Aiko accanto a sé, mentre dentro di lei maturava una decisione. Una volta tornati al villaggio le celebrazioni si erano fatte più gioiose, era un modo per ricordare tutti i momenti felici. Natsuki aveva cercato di farsi coinvolgere da quel modo di fare, ma non era comunque riuscita a lasciarsi andare. Aveva lasciato che Aiko finalmente si ricongiungesse a Draig, ma prima si era permessa di rivolgerle una frase.
    - Avrei bisogno di parlarti di una cosa.- le aveva detto tutto d’un fiato, fissandola con uno sguardo sfuggente e colpevole. – Quando starai meglio, va bene?- aveva aggiunto, cercando di nuovo di mostrarsi forte e premurosa. Doveva esserlo per lei e Rin. Certo, Rin. Aveva lasciato che la donna potesse godere la vicinanza con la propria famiglia, cercando invece di raggiungere il ragazzo. Avrebbe aspettato anche tutta la sera o tutta la notte, pur di potergli rivolgere la parola. Prima di farlo si sarebbe inchinata, sguainando poi la spada che le aveva regalato.
    - Rin… ti ringrazio per avermi permesso di essere qui a porgere l’ultimo saluto a Kiryan. Voglio che tu sappia che ci sarò sempre, gliel’ho promesso. Anche se non lo vorrai, la mia lama sarà sempre a tua disposizione. Lo giuro su questa spada che rappresenta il nostro legame. Sulla spada che mi ha salvato la vita più e più volte e mi ha resa quella che sono ora.- era forse un discorso fin troppo formale e apparentemente distaccato, ma Natsuki credeva in ogni singola parola che aveva pronunciato. Sarebbe stata al fianco di Rin, come le aveva chiesto di fare Kiryan. Si sarebbe dunque congedata da Rin non appena avesse notato che la sua presenza non fosse stata gradita ed avrebbe cercato di vivere fino alla fine quella cerimonia. L’aveva deciso sin dall’inizio, no? Non si sarebbe persa il funerale di Kiryan per nulla al mondo e questo valeva anche per le celebrazioni. Sarebbe potuta tornare ad essere egoista il giorno dopo, ma quella notte era tutta per lui. Per i ricordi dolorosi e quelli felici. Non l’avrebbe dimenticato mai e così nessuno dei presenti, ne era sicura.
     
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