Passaggio a sud-ovest | Livello D

Partecipanti: Karril
Qm: GIIJlio

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    Demone incendiario

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    Il sogno di una terra lontana, il desiderio di vedere un posto così diverso da tutto quello che hai sempre conosciuto. Se il tuo petto è pieno di questi sentimenti forti, il tuo stomaco è vuoto e malridotto. Probabilmente hai fatto troppa festa la sera scorsa o forse il peggiorare improvviso del tempo ha costretto il tuo corpo a uno sforzo maggiore del previsto, fatto sta che hai passato tutta la notte a vomitare e il malessere non sembra volersi fermare. Per fortuna al momento non senti conati eccessivi e il tutto si limita ad una gran nausea costante.
    Karril, sicura di sentirtela di scendere? Noi dobbiamo ripartire tra due ore, non possiamo accompagnarti oltre. Se vuoi puoi continuare con noi, ci muoveremo verso il Paese dei Fagioli Rossi, ma anche lì ci fermeremo poco o niente. E per arrivarci ci vogliono altri tre giorni di mare. Dimmi tu.
    Mastro Gibbs sembra sinceramente preoccupato per te, ma dopo avergli comunicato le tue intenzioni è comunque costretto ad andare via, per iniziare le operazioni di scarico delle merci importate dall'Oriente. Hai poco tempo per decidere e, eventualmente, per salutare tutta la ciurma. Se scegli di scendere ti trovi presto sola, sulla banchina del porto di Kaiyo, a guardare la nave che ti ha permesso di cambiare continente andarsene per continuare il suo viaggio. Cosa fare ora?

    Ruola pure il saluto a Gambadilegno e alla sua ciurma come preferisci. Sempre che tu non decida di sfidare il mal di mare e continuare il viaggio xD.
     
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    Forse ho esagerato coi festeggiamenti.
    Lo stomaco borbottava ad intervalli regolari, sentivo dei liquidi agitarsi nel mio corpo e talvolta sembrava che stessero per risalire la gola. A volte dicevo che l'unico male che odiassi davvero era il mal di testa: mi veniva così frequentemente ed era così debilitante che sembravo un morto vivente, e l'unico desiderio era quello di buttarsi in un angolo a sperare che il mondo sparisse, e sopratutto si aspettava che la testa esplodesse in modo da porre fine a quella tortura.
    Ecco, quel giorno dovevo ritrattare: odiavo anche la nausea.
    La notte è stata semplicemente infernale, stavo constantemente affacciata sul mare a far fuoriuscire l'incredibile quantità di liquidi che avevo nel corpo mentre faticavo a tenermi semplicemente in equilibrio visto il mal tempo che si era scatenato.
    Quando le cose dovevano andare male, andavano tutte insieme a braccetto.
    La mattina mi trovai sul ponte della nave, seduta a terra con la schiena appoggiata sul duro legno albero maestro e con la brezza marina che rinfrescava quel corpo decisamente poco collaborativo. Non ne potevo più di stare sotto coperta, l'aria stantia non faceva altro che far inalterare ancora di più lo stomaco, e magari l'aria fresca avrebbe migliorato leggermente la situazione.
    Almeno non sentivo di dover vomitare, quindi un passo in avanti l'avevo fatto.
    Chiusi gli occhi e tentai di non pensare a nulla in particolare, anche se era impossibile non focalizzarsi sulle onde del mare o sullo scricchiolare del legno a causa dell'equipaggio, le corde di canapa che si tendevano all'inverosimile, le vele che catturavano anche il più piccolo spiffero di vento. Era un peccato perdersi quel pezzo di viaggio in questo modo, in solitudine, ma fare qualsiasi altra cosa che non sia "stare fermi" probabilmente mi avrebbe fatto sentire peggio. Passai la lingua sulle labbra per bagnarle un pochino, contemporaneamente mi ricordai anche di bere un poco, e mamma mi diceva sempre di bere molto quando stavo male.
    Dovevo rimettermi in sesto il prima possibile, poi avrei potuto continuare il viaggio, per questo chiesi al capitano di farmi sbarcare al prossimo attracco.
    «Karril, sicura di sentirtela di scendere? Noi dobbiamo ripartire tra due ore, non possiamo accompagnarti oltre. Se vuoi puoi continuare con noi, ci muoveremo verso il Paese dei Fagioli Rossi, ma anche lì ci fermeremo poco o niente. E per arrivarci ci vogliono altri tre giorni di mare. Dimmi tu.»
    La voce del vecchio mastro mi fece aprire gli occhi, anche se fui accecata a causa del sole. Portai la mano destra per ripararmi il volto e tesi la sinistra verso l'ufficiale di bordo.
    «Gibbs, continuare in queste condizioni sarebbe come pugnalarmi lo stomaco ad ogni onda che si infrange sulla nave. Se proprio devo suicidarmi, preferisco farlo sulla terra ferma e con un colpo secco.» tornata in piedi con l'aiuto del gentiluomo, barcollai un attimo e persi l'equilibrio, mi aggrappai alla spalla di Gibbs per evitare di rotolare a terra per poi finire fuori bordo.
    Fu molto gentile a preoccuparsi per me, tutto l'equipaggio lo era, ma l'approdo era vicino ed erano tutti super impegnatissimi per preparare le operazioni di scarico, e mi sentii totalmente fuoriluogo nel vederli andare avanti e indietro mentre io... beh, ero impegnata a tenere le mani sullo stomaco.
    Però, nonostante tutto il male e tutto quello che era successo, camminare sulla passerella e poggiare, per la prima volta, i piedi in un porto straniero... Era come se la nausea si fosse trasformata temporaneamente in qualcos'altro, una sorta di energia che mi fece venire i brividi e la pelle d'oca, mi trovavo veramente dall'altra parte dell'oceano. Rimasi a guardarmi intorno con la bocca aperta, era vero che bene o male ogni porto si assomiglia, ma c'erano anche molte differenze, ed era tutto decisamente ordinato.
    Quantomeno rispetto ai porti a cui ero abituata.
    Ero ancora incantata, ma non potevo non ringraziare coloro che mi avevano portato lì, quelle persone gentili con le quali avevo affrontato un lungo e pesante viaggio, con tutti i suoi lati divertenti e con i tutti i suoi lati difficili.
    «Ragazzi!» mi voltai urlando, il tempo di rendermi conto che già stavano levando gli ormeggi. Alzai il braccio per richiamare meglio la loro attenzione «La prossima volta che ci becchiamo vi offro da mangiare!» in quell'istante, un brontolio mi tolse quella carica improvvisa e mi ricordò che non stavo esattamente nella condizione migliore per pensare al mangiare. Forzai un sorriso «E state attenti alle tempeste!»
    Rimasi lì a guardarli mentre andavano, ero fiduciosa che un giorno li avrei rivisti, e non vedevo l'ora di poter raccontargli tante altre storie. Ma il futuro era un mistero, il passato era un ricordo e il presente era un dono, e i doni non vanno sprecati.
    Respirai a pieni polmoni la brezza marina per l'ultima volta, ignorai il crampo di protesta dello stomaco e mi voltai: la prima cosa da fare era guardarsi intorno e chiedere informazioni, sperando di incontrare qualcun altro che parlasse il barbaro. Avevo bisogno di un piccolo lavoretto per racimolare denaro in modo da poter mangiare e comprare delle erbe medicinali per la nausea.
    Queste erano le priorità, ma avevo anche il desiderio di esplorare semplicemente quel posto camminando in giro, scoprire nuove cose su questi stranieri.
    Uscendo dalla banchina di attracco ed entrano nel porto vero e proprio, mi avvicinai alle prime persone per chiedere, innanzitutto, se parlavano la mia lingua.
    «Buongiorno! Mi capite?» chiesi inizialmente, se il responso fosse stato negativo, avrei prima indicato la mia bocca e poi avrei alzato la mano, aprendo e chiudendo le dita andando a simulare il movimento delle labbra quando si parla.
     
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    Le persone più vicine sono due scaricatori grandi e grossi, che ti fissano straniti, sia quando parli che quando fai gesti.
    Non abbiamo cibo da darti, ragazzina.
    Non credo sia quello, vorrà parlare con qualcuno, ma non conosco la lingua. No hablo tu idioma, niña, vai a chiedere in capitaneria.
    Il secondo uomo, biondo cenere, ti indica un piccolo edificio in legno non troppo distante, prima di essere trascinato via dal suo compagno moro. I due continuano a parlare tra loro mentre si allontanano con delle grosse casse in mano, ma non sei in grado di capire una singola parola. Incroci alcuni altri lavoratori sulla banchina, ma non riesci a ricavare più informazioni di così. E la brezza marina sembra sempre più insistente. Ti accorgi di stare iniziando a tremare, che ti stia venendo una qualche sorta di malanno?
     
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    Ovviamente la fortuna non era dalla mia parte, non che mi aspettassi di parlare con qualcuno che capisse alla perfezione la mia lingua, ma un minimo?
    Nonostante tutto, guardai speranzosa il secondo uomo, che sembrava decisamente più paziente del primo. Non capii nulla, ovviamente, ed era chiaro anche a quello scaricatore visto che, ad un certo punto, aveva iniziato a parlare un'altra lingua ancora.
    No, non conoscevo nemmeno quella.
    In ogni caso quella conversazione sembrava fosse finita lì, anche perché il compagno del biondo lo trascinò letteralmente via e rimettersi al lavoro, davvero scortese da parte loro, potevano quantomeno salutare.
    «Takk.» li ringraziai comunque, mi avevano comunque dato una indicazione per proseguire, iniziai quindi ad incamminarmi a passo svelto quando il malore iniziò a peggiorare.
    L'odore del male si fece più persistente e incominciò a darmi un bel po' di fastidio, e la brezza che normalmente consideravo piacevole ora mi faceva tremare. Forse avrei dovuto rimettere? Spesso è meglio cacciare tutto quello che si ha in corpo, però non sapevo di preciso cosa mi stava tormentando, quindi sarebbe stato decisamente meglio evitare di prendere decisioni avventate.
    Portai le mani sulle braccia ed iniziai a strofinarmi la pelle, sperando che il calore potesse limitare quel fastidioso tremolio che provavo sul tutto il corpo, potevo chiaramente sentire che iniziavo ad avere la pelle d'oca.
    Potessi guardarmi in uno specchio, avrei controllato se fossi pallida o meno, ma l'unica superfice riflettente nelle vicinanze era il mare, e non avevo alcuna intenzione di respirare quell'aria per un secondo di più.
     
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    Strofinarti la pelle lenisce il freddo per un istante soltanto, poi inizi a sentirti pure peggio. Tremi sempre più forte e senti una certa qual fatica a camminare. Arrivi all'edificio in legno che sei esausta e anche solo bussare sembra un'impresa titanica. Ci mettono pochi secondi ad aprirti, si tratta di un uomo sulla quarantina, barba incolta e sguardo burbero. Ti porge un paio di domande, ma non capisci una parola di quello che dice. Sembra farsi rapidamente preoccupato, ma non sa cosa fare. La testa inizia a girarti vorticosamente per qualche istante, poi ti senti mancare. Che sia la fine del tuo viaggio?
     
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    In un primo momento sembrava che stessi migliorando, le braccia si scaldarono per alcuni istanti ma poi, come per ripicca, tornarono a tremare come non mai, più di prima.
    «Fanculo.» bisbigliai, i denti sbattevano quasi senza controllo e, quasi senza accorgermene, iniziai a non percepire alcune parti del mio corpo. Era come se stessero svanendo una ad una, prima le estremità come i piedi, poi tutto il resto. Era una sorta di piaga che si faceva largo nella mia carne, un animale così tenace da non volersi togliere di dosso. Possibile che fosse una semplice mal di mare? O forse era intossicazione alimentare?
    La mia mente iniziava a vagare senza meta verso pensieri sparsi e separati, in un attimo passavo dal "chissà cosa ho" al "Per gli Déi speriamo che passa presto", nel mezzo potevi trovare altri pensieri intelligenti come "Forse avrei dovuto vestirmi più pesante, che i pantaloncini e il corpetto non coprono tantissimo" e "Le assi della banchina sono storte e non omogenee, che carpentieri incapaci".
    Ad un certo punto, alzare i piedi da terra iniziò ad essere decisamente faticoso tant'è che incominciai a farli strisciare pesantemente, almeno finché non arrivai all'edificio che i due scaricatori mi avevano indicato.
    Ma era l'edificio giusto? Non è che avevo perso l'orientamento e avevo sbagliato?
    Sbuffai, anche se fosse non sarebbe importato, così decisi di bussare debolmente alla porta di legno e aspettai, dopo qualche secondo tornai a sbattere il pugno per paura che non mi avessero sentito la prima volta. Poi lo scricchiolio di quella vecchia catappecchia mi ridiede un minimo di energie, una speranza che qualcuno potesse aiutarmi.
    «Þökk sé Alföðurnum. Ho bisogno di aiuto.»
    Tentai di dire mentre mettevo a fuoco per osservare meglio l'uomo che mi si palesò davanti, sembrava un tipo un po' anzianotto, con una barba incolta ed uno sguardo decisamente poco rassicurante. Mi fece alcune domande che, purtroppo, non capii, i suoni iniziarono ad essere ovattati e a sovrapporsi, la testa iniziava a girare con forza e, ben presto, persi del tutto l'uso del corpo.
     
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    Ti risvegli in un posto decisamente diverso da quello in cui avevi perso i sensi. Sei appoggiata su qualcosa di morbido, che riconosci essere una sorta di letto, bianchissimo. Sei al calduccio e ti senti tutto sommato bene, nonostante una stanchezza enorme che pervade ogni fibra del tuo corpo. Dopo qualche attimo qualcuno si accorge di te: si tratta di una infermiera di mezz'età, che si avvicina subito con un sorriso bonario. Ti controlla la fronte con la mano e osserva la tua faccia. Parla ancora in lingua Comune, quindi non capisci una parola. Ti fa segno di stare tranquilla, questo lo intuisci, poi sparisce per qualche attimo. Al suo ritorno viene accompagnata da un'altra donna, che ti pare avere circa la tua età. Capelli rosso fuoco e occhi ambrati, indossa una blusa azzurrina e una gonna fino alle ginocchia di una sfumatura leggermente più scura. Ha una pancia appena pronunciata, che sembra stonare con la magrezza che noti dalle sue braccia e gambe. Ti rivolge un sorriso tranquillo e gentile. Materno.
    Benvenuta nel Paese del Mare. Parli la mia lingua? Come ti senti?
     
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    L'ambiente grigio e pietroso mi fece sbuffare istintamente, non ero particolarmente contenta di visitare Mimir così presto dall'inizio del viaggio.
    «Bentornata piccola Karril, sei tornata presto» la voce dell'enorme gigante mi risuonò fin dentro, alzai lo sguardo e lo vidi intento a leggere una specie di manoscritto strano mentre sorseggiava qualcosa da un corno alto e largo almeno un paio di persone.
    «Oh, non me ne parlare, Mimir.» iniziai a raccontare mentre mi avvicinai a lui per poi dargli una pacca sul ginocchio «Sembra che bere alcolici su una nave non faccia così bene alla salute.»
    «Chi l'avrebbe mai detto.»
    «Sai, non siamo tutti onniscienti come te. Non mi era mai successo prima e poi... che cavolo, ho visto tante persone bere in balia delle onde.» erano tutte parole piene di fastidio che dovevo tirare fuori in qualche modo, mi voltai per appoggiare la schiena sul vecchio gigante ed incrociai le braccia sul petto.
    «Piccola Karril, hai sempre visto persone che vivono sulle acque la maggior parte della propria esistenza: paragonarti a qualcuno che non conosci a fondo può portarti a spiacevoli risultati.» la voce dell'anziano mi tranquilizzarono, nonostante il forte timbro aveva un suono ed una intonazione rilassante. Oltretutto, avere qualcuno con cui sfogarsi era semplicemente magnifico.
    Sospirai chinando la testa, sapevo che aveva ragione e che dovevo essere più attenta: mi trovavo in una terra straniera, nessuna capiva la mia lingua e avrebbero potuto fregarmi in qualsiasi momento.
    Pure adesso, in questo preciso istante.
    «Hai ragione, come al solito.» mi staccai da lui slanciandomi in avanti, mi stiracchiai la schiena mentre Mimir mugugnò di nuovo, come per sottolineare il fatto che avesse effettivamente ragione.
    Ma un giorno ti fregerò e avrò ragione io su qualche cosa.
    Gli scappò un risolino.
    «Certo, ridacchia pure, poi vedremo come andrà a finire... Doh, credo che stia per rinvenire.» era una sfida che avevo lanciato molto tempo fa, ma non era il momento giusto per occuparsi di una cosa del genere: stavo per tornare nel mondo reale, ero eccitata e preoccupata di sapere in quale casino mi fossi cacciato.
    «Fai attenzione, piccola Karril.» mi voltai e salutai Mimir alzando il braccio verso il cielo, con un sorrisetto sulle labbra.
    Potevo sempre contare su di lui.





    Mi risvegliai pian piano, inizialmente vedevo tutto sfocato e ci misi diversi minuti prima di riuscire a mettere a fuoco l'ambiente circostante. Ero sicuramente su un letto morbido e candido, quasi ci sprofondavo dentro che era come se mi stesse massaggiando dappertutto... stupendo.
    Ok, oltre al lusso di questo bellissimo letto, notai che effettivamente stavo bene, non avevo più freddo, nè mal di testa: niente. Però ero profondamente stanca, riuscivo quasi a muovere le braccia, era come se fosse proprio il corpo che non voleva muoversi.
    Per me andava bene, per il momento.
    Riuscii giusto a voltarmi di lato, notai di una donna di mezz'età che mi si avvicinò subito, mi mise prima la mano sulla fronte per poi controllare varie cose sul mio volto. Decisi di non opporre nessuna resistenza e anzi, di godermi le cure della signora, sembrava gentile e di buon cuore, anche se iniziò a parlare la lingua del posto.
    Ovviamente non capii nulla, aggrottai le sopracciglia per farle intendere che poteva parlare quanto voleva, ma che purtroppo non potevo risponderle.
    La signora mi fece un gesto per tranquillizzarmi, poi uscì dalla stanza. Rimasi da sola per un po', sospirai stancamente pensando a quanto tempo sarei dovuta rimanere a riposo prima di riprendere il viaggio, ma era una cosa che non potevo sapere, quindi feci per sprofondare ancora di più nel cuscino.
    Passarono alcuni minuti prima che la porta si riaprì di nuovo. Mi girai stancamente per vedere chi fosse entrato, e c'era l'infermiera di prima e un'altra donna dai capelli rossi e gli occhi ambrati.
    Era... familiare, sopratutto il sorriso che mi rivolse.
    «Benvenuta nel Paese del Mare. Parli la mia lingua? Come ti senti?»
    E PARLAVA LA MIA LINGUA.
    «Oooh grazie agli Dèi, qualcuno che mi capisce!» tentai di alzarmi un pochino dal letto, presa dall'entusiasmo della situazione, ma caddi stancamente distesa nemmeno un secondo dopo «Ti ringrazio del benvenuto e... scusate per il disturbo, bere alcolici mentre si è su una nave non è stata una scelta molto intelligente...» feci una piccola risata colpevole mentre mi grattavo la guancia con un dito «Beh, ora sto bene, sono solo infinitamente stanca.» come per accentuare le mie parole, alzai le braccia verso il soffitto per poi farle ricadere morte sul letto.
    «Comunque mi chiamo Karril, piacere di conoscerti!»
     
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    Karril? Quei capelli... sei davvero Karril figlia di Bronn? Non ci credo...
    Mette per un istante solo le mani davanti alla bocca, per nascondere lo stupore. I suoi occhi si fanno un po' lucidi, ma non cede al pianto.
    Io sono Draig. Figlia di Eryr. Spero bene che tu non ti sia dimenticata di me. - un sorriso malizioso accompagna quest'ultima frase - Saranno vent'anni che non ci vediamo... sembra assurdo rincontrarci quaggiù. Vedo che sei rimasta la solita piantagrane. Sei stata fortunata, una mia amica lavora come infermiera quaggiù e mi ha raccontato di questa ragazza straniera che non parlava niente della lingua comune. Non pensavo potesse essere davvero dei Vegetali, ma mi son detta che tanto valeva provare, del resto non avevo impegni particolari. Tra l'altro sei arrivata ieri, sei rimasta svenuta più di un giorno. Non era solo una sbronza, anche se adesso credo tu sia guarita. Poi dobbiamo aspettare il medico, però. Que te folle un pez, come caspita sei venuta qui? Hai un contatto, qualcuno a cui chiedere una mano?
    Il suo tono è tranquillo e cordiale, anche se sembra trattenere la commozione. Non hai idea di cosa abbia sussurrato in lingua straniera, ma le domande finali sembrano più importanti.
     
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    «Karril? Quei capelli... sei davvero Karril figlia di Bronn? Non ci credo...» la donna era sorpresa, anche se non capivo il motivo, mi venne però naturale sorriderle per poi auto-indicarmi col pollice «Esatto, la figlia di...» aspetta un secondo, come faceva a conoscere il nome di mio padre? E perché aveva gli occhi lucidi?
    «Io sono Draig. Figlia di Eryr. Spero bene che tu non ti sia dimenticata di me.» rimasi paralizzata sul letto con la bocca semiaperta, il sorriso che avevo prima si smorzò per alcuni istanti mentre le mie orecchie ripetevano al cervello quello che avevano appena ascoltato.
    Draig. Davanti a me.
    La osservavo impietrita mentre l'immagine della Draig bambina si andava a sovrapporre sulla presunta Draig adulta, e non c'erano proprio dubbi che fosse lei: occhi dorati, capelli color carotino, quel sorrisetto che cacciava spesso... Era proprio lei.
    La lasciai parlare ascoltando una parola sì e dieci no, troppo impegnata a ripensare ai ricordi passato, a tutte le supposizioni che mi feci riguardo alla sua scomparsa. Ancora non ci credevo, eppure era proprio lei.
    Quando Draig finì di parlare mi sbloccai, tentandomi di alzare dal letto fregandomene al cento per certo della fottuta stanchezza, e se non fossi riuscita ad avvicinarmi alla mia amica, avrei fatto segno a lei di avvicinarsi.
    «DRAIG! VIENI E ABBRACCIAMI, STUPIDA PEL DI CAROTA, NON COSTRINGERMI A STRISCIARE FUORI DAL LETTO!» avrei ottenuto quell'abbraccio, in un modo o in un altro, anche a costo di cascare giù sul pavimento. Mi mancava, tutta la nostalgia che avevo represso per tutti quegli anni esplose all'improvviso e non potei fare a meno di far uscire lacrime dagli occhi. Giocavamo insieme, ci divertivamo a tirare con l'arco di tanto in tanto, ci facevamo gli scherzi l'un l'altra, ed erano passati vent'anni dall'ultima volta che la vidi.
    Venti anni, settemila trecento giorni, precisamente da quando presi parte al rituale, e ora eccola qui, cresciuta come una donna fighissima e CHE ASPETTAVA UN BAMBIMO, o forse era semplicemente ingrassata: meglio indagare con prudenza, non sono sopravvissuta a questa misteriosa malattia per essere ammazzata brutalmente da lei
    Avevo un sacco di cose da dirle e raccontarle, quasi non sapevo nemmeno da dove incominciare.
    «Anche tu non sei cambiata per niente! Accidenti, mi sarei aspettata di tutto e invece eccoti qui, in carne e ossa.» avrei provato a mettermi seduta sul letto, non avevo proprio nessuna intenzione di restare stesa per un secondo di più «Magari è stata una combo "sbronza+mal di mare"? Non saprei proprio, tutto l'equipaggio di Gambadilegno stava bene, mi ha offerto lui un passaggio. Gratis.» dissi abbastanza soddisfatta, non era da tutti trovare un passaggio per il continente senza sborsare dei soldi, anche se mi ripromisi di ripagarlo appena ne avrei avuta l'occasione.
    «Contatti? Assolutamente nessuno, e sono perfino al verde!» pensai istintivamente al colore dei miei capelli, ridacchiai da sola mentre spostavo un paio di ciocche che erano cadute davanti al mio volto «Ma ho incontrato te! Tranquilla, non ho intenzione di rimanere a scrocco! Ti sei sistemata qui con tutta la famiglia? Che mi dici di zio Eryr?»
     
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    Quando urli e ti provi ad alzare fai una fatica terribile e non riesci appieno. Vedi l'infermiera agitarsi e parlare in lingua sconosciuta, mentre Draig sorride divertita e le risponde senza farsi capire da te. Poi ti abbraccia calorosamente. La sua voce ha che di calmante.
    Su, su, non ti sforzare. Hai bisogno di riposo. Adesso stai meglio, ma lei ha detto che sei ancora a rischio ricadute.
    Draig si stacca poco dopo. Senti che le due parlottano ancora un po' tra di loro e non riesci a capire, poi l'infermiera abbandona la stanza.
    Ha detto che ci lascia parlare un attimo e che andrà a chiamare il medico. Dovrebbe arrivare tra un po'.
    Ti osserva mentre ti metti seduta e ascolta quello che hai da dire. Ridacchia alla tua battuta e poi il suo volto viene illuminato da un piccolo sorriso malizioso. Sta per lanciare una bella frecciatina.
    Vedo che il tuo cervello è rimasto quello di quando eravamo bambine, eh? Hai corso un rischio enorme, ma hai anche avuto una bella botta di fortuna. Se pensi che possa lasciarti da sola in balia di questo mondo così diverso dalla nostra terra ti sbagli di grosso, niña. Appena ti fanno uscire da questo posto tu vieni a casa mia. Purtroppo mio padre non c'è più, è morto ormai sei anni fa. Mi manca tanto, ma ora ho una nuova famiglia e non vedo l'ora di fartela conoscere. Mi sono sposata una donna di qui, abbiamo una bimbetta piccola piccola e un altro è infornato. - si tocca la pancia con espressione beata, in corrispondenza di quella frase - Non chiedere dettagli tecnici, situazione complicata quella. La gente di queste terre è fuori di testa, imparerai a conoscerla. Ci sono tantissime brave persone, anche se ci sono pure quelli che non lo sono non importa. Se pensi di voler restare a vivere qua a Occidente posso ospitarti qualche mese e darti una mano a integrarti. Aiko sarà sicuramente d'accordo. Che ne dici? Tu cosa vorresti fare qui?
     
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    Quando toccai Draig fu come se il tempo si fosse fermato, un calore che avevo dimenticato invase il mio corpo partendo dalle braccia fino ad arrivare al mio cuore. Eravamo tornate bambine entrambe, spensierate e unite da un legame che ha viaggiato nel tempo. La mia testa era comodamente appoggiata sulla spalla della mia amica, chiusi gli occhi sperando di fermare un po' le lacrime che stavano scendendo con timidezza sulle guance.
    Erano passati quasi venti anni, tutto questo tempo senza un suo abbraccio.
    Sarei rimasta giornate intere in quel modo, ma Draig era evidentemente di un altro parere e si allontanò abbastanza da liberarsi dalle mie braccia. Non opposi resistenza, avrei potuto legarla e averla per me anche più tardi, quindi mi asciugai gli occhi e il viso con il braccio e continuai a sorridere, e guardando l'intera stanza notai che l'infermiera non c'era più.
    «Ha detto che ci lascia parlare un attimo e che andrà a chiamare il medico. Dovrebbe arrivare tra un po'. » iniziò Draig, come se mi avesse appena letto nella mente. Non ero particolarmente entusiasta di fare altre visite mediche, sopratutto se ero stata ferma per giorni, ma se rischiavo delle ricadute era meglio non rischiare.
    Ridacchiai quando la mia ritrovata amica constatò la mia stupidità, mi sentii un po' in colpa per averla fatta preoccupare ma non potevo farci nulla, ero sempre stata così. Mi portai le mani dietro la testa con fatica e tentai di stiracchiarmi «Beh, chi nasce tondo non può mica morir quadrato, no?» poi continuai ad ascoltare in silenzio, anche perché Draig non mi lasciò più voce in capitolo, tutto sommato si può dire che mi stava per sequestrare a casa sua.
    Il mio sorriso si smorzò quando la rossa accennò alla morte di suo padre «Oh...» esclamai, abbassando lo sguardo mentre ricordavo i miei ultimi momenti con zio Eryr, mi sarebbe piaciuto poterlo salutare prima che partisse per il suo nuovo viaggio.
    Ma ero sicura che stava bene, un'anima nobile come la sua non poteva certo finire insieme agli ignobili «Sono sicura che starà continuando a tenenrti d'occhio.» sorrisi di nuovo, doveva essere così.
    Quando poi si parlò della sua nuova famiglia, rimasi abbastanza stranita dal sapere che si era sposata una donna, ma fintanto che erano felici loro... stavo per congratularmi con lei con una debole pacca sulla spalla quando poi disse che era nuovamente incinta. Aprii gli occhi al massimo e abbassai il volto sul "pancione" «CHE BELLO, POSSO TOC...» aspetta un secondo.
    Si era sposata con una donna e avevano una figlia, immaginavo che fosse adottata, come...
    «Non chiedere dettagli tecnici, situazione complicata quella.»
    «In che senso, scusa?» ero visibilmente confusa, aggrottai la fronte e strinsi gli occhi alzando e abbassando lo sguardo dalla pancia al volto di Draig più volte «Come...»
    Ma passammo subito ad un altro argomento, mi confermava che c'erano davvero cose stranissime in quelle terre, con tante brave persone e probabilmente pure con tanti stronzi. Beh, ne avevo affrontati alcuni quando ero ancora a casa, immaginavo già che fossero un po' dappertutto.
    «Quindi si chiama Aiko la tua consorte? Già il nome sembra promettente!» iniziai con un sorrisetto, e visto com'era Draig mi aspettavo che pure questa famosa "Aiko" fosse una gran bella donna. I belli attirano altri belli.
    «Beh, comunque ho intenzione di esplorare un po' tutto il Nuovo Continente, non solo questo Paese. Vorrei visitare luoghi strani, conoscere la natura, magari cacciare qualche animale insolito, incontrare persone... Oh, ho sentito che qui ci sono alcuni che sputano fiamme e che camminano sull'acqua! È vero?! Ho sentito che ci sono alcuni guerrieri che usano una strana magia! Un piccolo combattimento con loro sarebbe divertente!» dissi tutta soddisfatta, poi mi fermai un istante e portai l'indice poco sotto la mascella «Mh, se sputano fuoco però rischierei di rimanere praticamente nuda durante lo scontro... Hey, non dirmi che è un continente pieno di pervertiti! Già quelli del nostro villaggio erano scoccianti!»

    Edited by Templare_Bren - 12/3/2020, 12:06
     
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    Lei ride e scherza alle tue battute, vi sentite a vostro agio l'un l'altra, come se il tempo non fosse passato e foste di nuovo bambine.
    Di magia ne troverai fin che vuoi, quaggiù. Mia moglie è una di quelle che sputa palle di fuoco per qualsiasi cosa. Secondo me ti piacerà, è un sacco strana.
    Rimanete a parlare ancora un po', poi arriva il medico. Lei ti fa da traduttrice, ma non ci sono grosse novità. Passerai ancora la notte in osservazione, poi potrai essere dimessa. Draig rimane con te ancora un po', poi però deve tornare a casa. Ritorna in ospedale già in mattinata, questa volta portandosi dietro un piccolo fagottino.
    Ti presento Ryuko. Nella lingua degli occidentali vuol dire "figlia dei draghi". Dì ciao alla zia Karril, Ryuko!
    La bimba sembra di buon umore. Ha appena avuto la sua pappa ed è particolarmente vivace.
    Comunque ho iniziato a chiedere un po' in giro, a qualche amico. Potrei avere delle soluzioni per te. Ci sarebbe un gruppo di pescatori che potresti aiutare, fa base poco distante da qui e ha bisogno di una mano. Questo forse rientra nelle tue corde, no? Altrimenti ci sarebbe un grande gruppo di taglialegna, loro assumono sempre gente, anche solo per poco tempo. E poi ci sarebbe il posto dove lavoravo io, una sorta di locanda. Dovresti fare la cameriera. Molto frenetico come lavoro, però non è pagato male. Ah, però prima ti converrebbe imparare la lingua, altrimenti non capisci nessuno e nessuno ti capisce. A quello potrei pensarci io, sono una brava insegnante, mi hanno detto. Ormai questa lingua la conosco alla perfezione. Anzi, come avrai notato ho persino un po' più difficoltà con la mia lingua madre, ormai penso di aver preso l'accento di queste terre. Te la senti di provare a imparare? Senza farlo rischi di non andare da nessuna parte quaggiù...
     
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    Continuammo a parlare un po' di tutto, anche se alcune domande rimasero senza una effettiva risposta ma andava bene così: ora che si erano ritrovate, avevano tutto il tempo del mondo.
    «Di magia ne troverai fin che vuoi, quaggiù. Mia moglie è una di quelle che sputa palle di fuoco per qualsiasi cosa. Secondo me ti piacerà, è un sacco strana.»
    «Davvero? E non ha mai distrutto nulla in casa vostra? Usate un legno che non prende fuoco?» se davvero usava il fuoco per qualsiasi cosa doveva essere strana forte, ma dal tono di Draig capii che probabilmente era una semplice esagerazione, però sarebbe stata sicuramente divertente conoscerla.
    Dopo qualche minuto arrivò il tanto famoso medico che mi aveva preso in cura, fortunatamente Draig rimase per fare da interprete perchè altrimenti avrei avuto ben più di una difficoltà nel comunicare. Lo ringraziai per prima cosa - non era da tutti accogliere una straniera e prendersene cura per un giorno - poi gli chiesi il nome, un giorno avrei ripagato anche lui per tutto quello che stava facendo.
    Certo, l'entusiasmo di tutti quegli eventi che mi stavano capitando si smorzò tantissimo quando mi dissero che sarei dovuta rimanere un'altra notte in osservazione, non tanto per il riposo che mi sarei sicuramente goduta quanto il fatto che avrei voluto già andare con Draig a casa sua, iniziare a vedere cose nuove e vedere questa "magia" di cui sentivo così tanto parlare. Alla fine scrollai le spalle, non c'era modo per cambiare le cose, tanto valeva non scervellarsi: salutai la mia amica con nostalgia prima di cascare nuovamente sul cuscino.


    «Bentornata, piccola Karril»
    «Ohi, Mimir! Mimir! Sai chi ho incontrato?» quasi corsi ai piedi del gigante, piena di energia, volevo assolutamente parlarne con lui e con qualsiasi altra persona mi sarebbe capitato di incontrare.
    Anche se li c'era solo lui, effettivamente, scossi la testa per scacciare questo pensiero inutile.
    «Mh, chi hai incontrato?» la voce del gigante aveva poche inflessioni, sempre grave e potente, per cui era difficile capire un po' cosa stesse provando, però era così LAMPANTE che stesse fingendo di essere sorpreso. Incrociai le braccia sul petto, alzai il sopracciglio destro e iniziai a picchiettare il terreno con il piede «Ah-ah. Certo. Non lo sai mica, nono.» lui alzò le spalle, evidentemente colpevole, ma comunque avevo cose più urgenti di cui parlare.
    «Draig! Ci credi? Io la credevo scomparsa chissà dove e chi è la prima persona che incontro sul nuovo continente? Lei! Deve essere stato un incontro scritto dal destino!» incominciai a camminare avanti e indietro vicino al gigante, portai entrambe le mani nei capelli per l'enorme quantità di cose che avrei voluto dire contemporaneamente, quelle poche cose che uscivano dalla mia bocca probabilmente sarebbero risultate sconnesse, ma giuro che avevano un senso!
    «E... è diversissima da quando l'ho lasciata, ma al tempo stesso è praticamente la stessa. Non so come spiegarlo! E ha una bimba, Mimir! Una famiglia e un altro piccoletto in grembo! Certo, non ho ben capito le meccaniche della cosa, è sposata con una donna ma non ha accennato a nessun uomo, ha detto che era roba complicata.» mi bloccai sul posto grattandomi la sommità dei capelli e inclinando il capo in un lato, tentando di risolvere quel mistero sul posto, ma era evidente che non avevo speranze.
    «In ogni caso!» battei le mani per ritornare sull'argomento principale, camminando di nuovo «Domani chissà se mi farà conoscere la figlia? E la moglie? Ti rendi conto che spara palle di fuoco? Chissà se riuscirò a farlo anche io, un giorno...» stavo già sognando a occhi aperti i possibili risultati se fossi stato in grado di usare quel tipo di magia, le Rune erano sicuramente divertenti da usare ma... hey, sparare fuoco era sicuramente tutt'altra cosa!
    Mimir rise tutto soddisfatto «Sembra che stia andando tutto bene allora! Cos'hai imparato da questa giornata, piccola Karril?» il vecchio gigante si abbassò per mettersi faccia a faccia con me, fissai i suoi occhi di ghiaccio con tanta, tanta ammirazione e affetto.
    «È nella sventura che è possibile incontrare i tesori più grandi. Non farti mai gettare nel baratro della disperazione.» quasi non mi resi conto di avere la bocca aperta, ma ben rpesto lo trasformai in un sorriso prima di battere un debole pugno sul frontone del mio secondo padre.
    «Ricevuto! Anche se dovresti conoscermi, ormai!» non ero certo il tipo di persona che aveva questo problema, anzi. Purtroppo, comunque, sembrava che fosse giunto il momento di tornare nel mondo reale, gli occhi stavano incominciando a chiudersi da soli mentre le forze mi abbandonavano.
    «Goditi questo viaggio, piccola Karril: sarà sicuramente ricco di tesori, sia nuovi che vecchi.» le ultime parole di Mimir erano quasi ovattate, riuscii giusto a capire che mi stesse prendendo prima che cadessi a terra.





    La mattina mi svegliai con una moltitudine di buone intenzioni, tentai automaticamente di uscire fuori dal letto ma la stanchezza del corpo me lo impedì. Sbuffai scocciata, possibile che non mi fossi ancora ripresa con tutto questo riposo? Qualsiasi cosa avessi preso, l'avevo presa decisamente per bene! Almeno sembrava che stessi ancora meglio di ieri.
    La giornata iniziò con i controlli medici, ovviamente non capii un accidente di quello che dicevano e loro non capivano un accidente di quel che gli dicevo, quindi optai per la massima collaborazione e il minimo rumore. Dopo i vari controlli, mi portarono anche una colazione abbastanza frugale, una bella zuppa di latte caldo e... un piccolo pezzo di pane morbido a forma rettangolare. Lo toccai diverse volte e mi meravigliavo di quanto fosse morbido, lo annusai e aveva una specie di odore fresco.
    «Mi hanno tenuto in cura fino ad adesso, dubito che mi facciano mangiare schifezze che possano farmi male.» e dopo un istante di incertezza, addentai quel coso strano. Masticai con attenzione, e più masticavo più andavo veloce visto quanto fosse buono: era pane dolce ripieno di una crema decisamente strana, ma che si sposava alla perfezione con l'involucro che la conteneva!
    Mi spazzolai il tutto abbastanza velocemente, giusto in tempo prima dell'entrata in scena di Draig e... di quella piccola bimbetta che aveva in braccio. Quasi scattai a sedere sul letto per sporgermi verso di loro.
    «Ti presento Ryuko. Nella lingua degli occidentali vuol dire "figlia dei draghi". Dì ciao alla zia Karril, Ryuko!» ovviamente, quando ci si incontra con dei piccolini la serietà va a farsi benedire, non che io ne avessi tantissima di per sè.
    «Macciao, piccolapiccolapiccolettabella!» e si iniziava con la voce strana e acuta, con le facce buffe, a fare il solletico alla bimba... «Io sono Karril! K-a-r-r-i-l. Zia Karril!» certo, come se avesse l'età per iniziare a parlare. In realtà non avevo alcuna idea di quanti anni avesse e di come crescevano i bimbi, non mi era ancora informata a riguardo perché... beh, non li avevo in programma.
    Draig iniziò poi a parlare del mio futuro prossimo, aveva chiesto un po' in giro per dei lavoretti e ne aveva trovati alcuni interessanti, ma sopratutto mise il punto ad un grande problema: la lingua, avevo assoluta necessità di conoscerla se avessi voluto diventare indipendente in questo posto.
    «Già, credo che imparare la lingua di questo posto sia la priorità: non posso mica usarti come interprete ogni volta, hai cose più importanti a cui pensare!» mentre parlavo, avevo afferrato le manine della piccola per muoverle e accarezzare dolcemente «Se me la insegnassi sarebbe perfetto! Oltretutto, dei lavori che hai menzionato, quello dei taglialegna sembra quello più adatto a me: ho anche un paio di...» mi bloccai improvvisamente sul posto, il cervello aveva appena ricordato una cosa importante che non avevo più visto da quando mi ero svegliata in questo letto.
    Dov'erano le mie asce?
    «Aspetta un momento, dove solo le mie accette?» ok, stavo iniziando ad avere un minimo di ansia, ovviamente pensai che me le avessero rubate mentre ero in convalescenza, ed ero stata io sciocca a non chiedere prima a Draig dove fossero. «Avevo due asce gemelle quando ero arrivata... sono qui, vero?» la voce aveva un pizzico di ansia, speravo davvero che me le avessero tenute da parte.
     
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    Non ti preoccupare, te le avranno di sicuro conservate da qualche parte. Vado a chiedere, tu resta qui calma.
    Scompare giusto per un minutino, poi torna e al suo fianco vedi un infermiere, che sbuffa di fatica mentre trascina una sacca con tutti i tuoi averi, tra cui le accette. Li senti parlottare qualche attimo, poi lei fa un cenno con la mano e accompagna con la parola "grazie".
    Quella è la parola per ringraziare. Ripeti con me.
    Ti fa ripetere la parola un paio di volte, prima di ritenersi soddisfatta.
    Ci sarà da lavorare, vedo. Comunque mi hanno detto che ti dimettono alle 11, quindi devi resistere ancora poche ore. Poi ti porto a casa. Mia moglie dovrebbe tornare da lavoro nel tardo pomeriggio, quindi hai tempo di ambientarti. Poi se vorrai iniziare già a lavorare pian piano ti darò i contatti, ma preferirei che prima imparassi un po' di lingua, almeno posso stare tranquilla a mandarti in giro.
    Sorride maliziosamente, mentre ti tratta un po' da bambina. Da lì in poi potrebbe essere uno dei suoi passatempi preferiti.

    Ok, qui ti lascio molto spazio. Credo che sia il caso di fare almeno un post di lingua, Draig difficilmente ti lascerebbe uscire di casa senza almeno il primo livello XD. Decidi tu quanto ci metti (basta che abbia senso). Ti lascio a disposizione il png, dovresti ormai conoscerlo, e ti lascio anche ruolare eventuali interazioni con Aiko, se non hai voglia di restare sul vago. Lei sta lavorando molto in questo periodo, quindi spesso rimane fuori casa gran parte della giornata. Ogni tanto vedi girare alcuni suoi cloni che fanno robe, soprattutto le faccende di casa. Draig, invece, quando non è occupata con Ryuko o con Karril, sta molto spesso a scrivere, a volte fa traduzioni, a volte direttamente racconti originali. Ovviamente per qualsiasi cosa chiedi pure.
     
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