Phantom Destiny | Livello D

Partecipanti: Katsuo Uzumaki, Akane Harada | Qm: GIIJlio

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    Takayuki Noritaka, quindicenne e genin da ben due giorni, ha deciso di diventare mukenin perché gli sembrava molto figo. Si è inventato uno pseudonimo pacchiano ed è fuggito dal villaggio, lasciando una lettera di addio particolarmente insensata. I genitori hanno deciso di mettere una taglia sulla sua testa perché sia riportato a casa vivo e in poco tempo, possibilmente con le cattive.
    Livello di difficoltà: D
    Taglia: 100 ryo


    CITAZIONE
    Periferia di Kusa, prima pomeriggio. Un uomo sulla quarantina sta appendendo dei manifesti con aria nervosa. Sopra di essi l'immagine di un ragazzo biondo e una cifra: 100 ryo. Assolutamente vivo, c'è scritto, così deve essere riportato a casa il giovane. Il nome è segnato lì, Takayuki Noritaka. Se volete chiedere informazioni all'uomo questo è il momento giusto.
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    Descrivetemi perché siete lì e se siete già insieme o vi incontrate sul posto. Nel caso abbiate bisogno di più di un post a testa per iniziare ditemelo, a me va benissimo, nel momento in cui interagite con il tizio intervengo io. Buona fortuna ^^
     
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    Kusagakure. Un paese strano, completamente diverso da Kiri sia nel clima che nei colori, ma soprattutto nell'atteggiamento della gente. Abituato alla nebbia perenne del suo Villaggio natale, al freddo e all'umidità, per Katsuo Uzumaki era parecchio strano trovarsi in un luogo così solare, verdeggiante, con persone tanto gentili e disponibili. C'era qualcuno che aveva lanciato qualche occhiata storta al coprifronte legato attorno alla sua testa, ma nessuno lo aveva commentato a voce, né aveva cambiato il suo atteggiamento nei confronti del ragazzone.
    Katsuo si sentiva piuttosto strano. Non era abituato a ricevere tanta gentilezza se non da sua madre, e solo da lei. Per non parlare del caldo. Aveva davvero troppo caldo. Era vestito con dei pantaloni scuri e stretti e da una canotta sportiva, senza maniche. Si era portato dietro un impermeabile rosso, ma aveva rinunciato ad indossarlo già da quando era sbarcato a Suna alla ricerca del suo obiettivo. Era tornato a indossarlo per il breve periodo passato ad Ame e ora aveva deciso di toglierlo definitivamente per non sciogliersi come un clone acquatico. Lo aveva ripiegato su sé stesso e legato alla vita per le maniche insieme alla sua sacca da viaggio, contenente qualche abito di ricambio, qualche razione e i suoi risparmi.
    Era da giorni che andava alla ricerca di un un fabbro girovago particolarmente famoso a cui intendeva commissionare la sua prima spada. Voleva che fosse speciale, in qualche modo, non come quelle che era in grado di forgiare lui, fin troppo normali. Voleva una spada che racchiudesse un po' tutto quello che rappresentava il ruolo di ninja per lui. Aveva seguito le tracce di questo fantomatico fabbro fino a Kusa, ma finora non era riuscito a ritrovarlo.
    Era ormai da qualche ora che girava senza successo in giro per il Villaggio, con una mappa delle strade in mano. I muscoli delle braccia erano lucidi per il sudore, così come il suo collo e il suo volto. Odiava l'idea di sporcare il tessuto scarlatto del suo coprifronte, ma non se lo sarebbe mai tolto, era una questione di principio.
    In qualche modo era finito in una zona di periferia e aveva appena finito di approfittare della gentilezza di un barista della zona, da cui aveva almeno avuto la decenza di comprare una bevanda fredda e zuccherata prima di fargli le sue domande. All'ennesima risposta negativa, si era un po' rassegnato ed era uscito dal bar con la sua bevanda tra le mani. Razionandola con l'aiuto della cannuccia, si era messo a passeggiare, cercando di farsi venire in mente qualche altra idea su dove cercare il fabbro. Più o meno in quel momento aveva notato una figura apparentemente in difficoltà. Un uomo stava vagando appendendo dei manifesti raffiguranti un ragazzo piuttosto giovane. Si avvicinò a uno di essi per osservarli, incuriosito e notando che si trattava di una vera e propria taglia. Perplesso ma interessato a dare una mano, aveva avvicinato l'uomo.
    «Chiedo scusa. Posso aiutarvi, signore?» si sarebbe annunciato, prima di offrirsi di aiutarlo, reggendo eventualmente il manifesto con la mano libera così che l'uomo potesse appenderlo con più facilità.
    «Cos'è successo, se posso avere l'ardire di chiedere? Di quali crimini può essersi macchiato un ragazzo così giovane?» avrebbe aggiunto, formale quasi in maniera inverosimile.
     
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    Era ormai cosa nota al palazzo dello Tsuchikage, che Akane Harada avrebbe accettato qualunque missione ad occhi chiusi, finché si svolgesse fuori da Iwa e rientrasse tra le mansioni che le era permesso svolgere. Non importava quanto banale. Non avrebbe mai detto di no alla possibilità di esplorare luoghi diversi dalla regione rocciosa e perlopiù inospitale nella quale aveva vissuto per tutta la sua vita, avrebbe fatto di tutto per accumulare una varietà di scenari più ampia possibile.
    Il paese dell’erba, Kusagakure, al momento aveva conquistato il primo posto nella sua personalissima classifica di panorami mozzafiato, senza neanche sforzarsi molto. Akane non aveva mai visto tutto quel verde in una volta: non solo fuori, ma anche e soprattutto all’interno del villaggio principale. Il modo in cui architettura e natura si fondevano così spontaneamente le ricordava una serie di racconti per bambini che le madri della Comunità recitavano ai loro bambini, favole della buonanotte che Akane aveva sempre immaginato fossero completamente frutto della loro immaginazione. Anni dopo, le venne da chiedersi se forse chi avesse scritto quei racconti non avesse vissuto a Kusa per parte della sua vita.
    Dopo aver consegnato i documenti che le erano stati assegnati all’ufficio del Kage, Akane aveva voluto approfittare del tempo libero che le era rimasto per esplorare il villaggio, anche solo superficialmente, come avrebbe potuto fare un semplice turista. Era da poco passato lo zenit, e le strade erano particolarmente affollate. Nessuno le prestò particolare attenzione, o almeno le sembrò così. Avrebbe potuto benissimo perdersi qualche occhiata mirata a lei o al suo coprifronte fissato al braccio, che la etichettava facilmente come straniera, fin troppo intenta a perdersi nell’esplorazione. Non le venne neanche fame, non all’inizio, e neanche il caldo riuscì a distrarla. Si trattava di un calore diverso da quello che avviluppava Iwa, più umido che secco, quindi in teoria molto più fastidioso. Fortunatamente per Akane, era allenata ad ignorare quel genere di fastidi. Era stata costretta ad abituarsi, da quando aveva deciso di unirsi alla gente comune e di trovare lavoro in un campo dove i rischi fisici erano all’ordine del giorno. Niente di meglio del nero per nascondere ai più il colore particolarissimo delle sue ferite. Pantaloni aderenti, casacca stretta in vita e larga sulle maniche, lunghe fino ai polsi dove un elastico impediva alla stoffa di sventolare eccessivamente. Una necessità, più che una scelta di stile. Non sarebbe stata Akane, però, se non avesse trovato un modo per spezzare quella tela deprimente con qualcosa di acceso e vibrante: una fascia addominale con motivo floreale un giorno, una farfalla gialla e lilla tra i suoi capelli un altro. Spesso e volentieri, però, tra le pieghe della sua cinta svettava un fermaglio per capelli decorato con piccole perle rosse, di diverse dimensioni e gradazioni di colore, all’apparenza antico ma molto ben curato. Era esattamente ciò con cui Akane stava distrattamente giocando durante la sua passeggiata senza meta. Non aveva una mappa, sicura com’era che se avesse chiesto indicazioni a qualcuno per tornare alla locanda dove avrebbe dovuto ritirarsi per la notte qualcuno, sicuramente, l’avrebbe aiutata. Perché lei al posto loro avrebbe fatto lo stesso.
    Le due ore successive volarono, secondo il suo parere: i suoi piedi la portarono fino alla periferia del villaggio, dove i palazzi e le strade erano quasi del tutto immersi nella natura. Lì il viavai di persone era diminuito, permettendole di concentrarsi sui singoli individui visto il modo in cui risaltavano rispetto al verde rigoglioso intorno a loro. Tra essi, Akane non fece fatica a notare un secondo ninja, adornato di rosso alla vita e dal fisico torreggiante, soprattutto se confrontato con il suo. Vicino a lui, un signore che sembrava stringere tra le braccia dei fogli di carta: gli stessi che, voltandosi, Akane vide affissi al muro che stava costeggiando. La donna avvicinò una mano ad uno dei volantini, tracciando con le dita l’inchiostro secco che descriveva brevemente un ragazzino, Noritaka Takayuki, ricercato per ben 100 ryo. Akane esaminò il ritratto del ragazzo con la fronte aggrottata per qualche secondo, ponderando sul da farsi. Non aveva altro da fare fino al pomeriggio del giorno successivo, e soprattutto quell’uomo sembrava aver bisogno d’aiuto. Come genin, e in secondo luogo come guardiana e protettrice dell’intera umanità, figlia di Jashin, sarebbe venuta meno ai suoi doveri se non avesse almeno provato a farsi avanti.
    Strappò uno dei volantini dal muro cosparso di rampicanti, e si mosse verso i due uomini sicura della sua decisione. Cercò di non interrompere nessuno dei due, limitandosi ad ascoltare nel caso in cui il civile avesse iniziato a spiegare al suo… ‘collega’ i dettagli del caso.
    – Perdonatemi, –, iniziò non appena trovò un buon momento per intromettersi, – ma non ho potuto fare a meno di notare questo volantino. –, si rivolse principalmente al secondo uomo, mostrandogli il foglio che aveva portato con sé.
    – Di che si tratta? Ha… –, si bloccò, spostando lo sguardo sul ninja di Kiri, abbozzando un lieve sorriso di scuse. Avete, –, si corresse quindi, schiarendosi la voce, e alternando occhiate rivolte a entrambi, – bisogno di una mano? –
     
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    L'uomo guarda prima Katsuo, poi passa su Akane, individuando subito i coprifronte di entrambi. Inizia quindi a parlare, rivolto a entrambi. Il suo tono è nervoso, ma anche emozionato, in qualche maniera.
    Questo idiota è mio figlio. Ed è un idiota. Era diventato genin da due giorni, ma ha deciso di andarsene perché secondo lui fare il mukenin è più figo. Il villaggio ancora non lo sa e da quanto ho sentito è concesso un tempo di circa una settimana prima di essere considerati disertori per davvero, quindi mi serve che qualcuno lo ritrovi e riporti il suo culo quaggiù prima che si becchi una taglia reale sulla testa. Questa che ho messo non è una roba ufficiale, ma credo che dovrebbe bastare a convincere qualcuno a passare a recuperarlo in fretta. Non è molto, ma è un lavoro onesto, no? Voi siete ninja, giusto? Ve la sentireste di fare questo favore ad un padre preoccupato?
     
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    Proprio mentre si offriva di aiutare l'uomo, si avvicinò una seconda figura sconosciuta. Una giovane ragazza che si offrì a sua volta di aiutare. Una rapida occhiata alla sua figura bastò a identificare il coprifronte in bella vista sul suo braccio, col simbolo di Iwa che la identificava non solo come una kunoichi, ma come una alleata. Le avrebbe rivolto un inchino rispettoso non appena avesse liberato la mano dal manifesto - sempre che l'uomo avesse accettato il suo aiuto, in caso contrario sarebbe già stata libera - ma avrebbe comunque distolto rapidamente lo sguardo. Non era davvero abituato a interagire con le persone e in particolare non aveva idea di come comportarsi con le ragazze.
    Rimase in silenzio ad ascoltare la spiegazione dell'uomo. Un metaforico punto esclamativo rosso comparve sulla sua testa al sentire la parola 'mukenin' con tanto di suono simil-sirena.
    «Più... figo?» ripeté stupidamente. Non riusciva in nessun modo a concepire come qualcuno potesse considerare "figo" diventare un mukenin, abbandonando il proprio onore e diventando un traditore. Era un concetto totalmente estraneo per uno come Katsuo. Per lui il concetto di figaggine suprema era dare la propria vita per difendere la Mizukage. Si fece sempre più rigido mentre l'uomo spiegava meglio la situazione. C'erano diverse cose che non gli andavano giù in quella faccenda: una taglia non ufficiale e aiutare un possibile mukenin erano faccende che non gli piacevano più di tanto. Nonostante questo, non se la sentiva di abbandonare un uomo in difficoltà. Sua nonna avrebbe fatto seppuku se avesse scoperto di avere un mukenin in famiglia. L'uomo non sembrava raggiungere certi estremismi, ma sicuramente era un disonore per lui, per non parlare della preoccupazione per la salute del figlio. Per quanto riguardava Katsuo, avrebbe volentieri sbattuto in prigione il ragazzino impertinente, ma chissà, forse per una volta poteva essere meno rigido e cercare di far capire al disgraziato il suo errore prima che fosse troppo tardi. Poteva valerne la pena. In ogni caso sarebbe stato un mukenin in meno in giro per il mondo.
    Dopo questa lunghissima riflessione, quindi, raddrizzò la schiena e si portò la mano destra chiusa davanti al petto, all'altezza del cuore.
    «Io, Katsuo Uzumaki, giuro sul mio onore e sul mio nome che farò il possibile per riportare vostro figlio a casa, signore. In cambio della promessa di una strigliata come si deve quando sarà di nuovo a casa, così che non possa attentare nuovamente al vostro onore in futuro.» promise, come al solito rigido tanto quanto il bastone che molti lo accusavano di avere piantato dove non batte il sole.
    Portò lo sguardo su Akane, attendendo la sua reazione. La ragazza sembrava interessata a dare una mano quindi preferì non monopolizzare troppo la scena. L'avrebbe lasciata parlare tranquillamente, e solo dopo avrebbe chiesto qualche nuovo dettaglio all'uomo, partendo da quelle base: se fosse a conoscenza del nascondiglio, quale fosse l'ultima volta che l'aveva visto e in che direzione stava andando, se fosse a conoscenza di eventuali alleati del ragazzo e in generale qualche informazione sulle sue capacità combattive. Non voleva partire totalmente impreparato.
     
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    Akane ricambiò l’inchino del ninja di Kiri, cingendo le mani in grembo, e rivolgendogli un piccolo sorriso cortese dopo essere tornata diritta. Appianò distrattamente le pieghe nel volantino che aveva tra le mani, dopo essersi accorta di averlo tristemente stropicciato durante l’inchino, con una lieve smorfia contrita; ma non appena l’uomo iniziò a parlare concentrò tutti i suoi sensi su di lui. Rimase ad ascoltare in silenzio, immagazzinando le poche informazioni che il padre del fuggitivo riuscì a dare loro. Quelle che non mancavano erano le parole dure, e i rimproveri, nei confronti del figlio: ad Akane sembrò comunque di percepire della genuina preoccupazione, che la spinse ad accettare in cuor suo ancora prima che l’uomo chiedesse ufficialmente loro di aiutarlo.
    – Certo, assolutamente. Può contare sul mio aiuto. –, lo rassicurò non appena ebbe la possibilità di aprire bocca. Poco importava che il compenso non fosse eccellente e che, in poche parole, si sarebbe trattato di una missione più ufficiosa che ufficiale. Non vedeva nulla di male nell’aiutare quel pover’uomo, soprattutto se farlo significava risparmiare a un ragazzino giovane e immaturo un finale ben più triste.
    Il ninja di Kiri, Katsuo, fece lo stesso. Anche se con un fare e un dire ben più formale dei suoi. Akane gli lanciò un’occhiata, grata di poter contare sul suo supporto, nonostante si trattasse ancora di uno sconosciuto per lei. E viceversa. Sperò comunque in una collaborazione proficua, quantomeno per il bene del loro ‘cliente’.
    Annuì alle sue parole, accodandosi di riflesso al sentimento che avevano trasmesso, accennando un secondo cenno rispettoso con il capo in direzione del civile. Le sembrò un buon momento come un altro per presentarsi.
    – Io sono Akane. Akane Harada. Non si preoccupi, lasci fare a noi. Riporteremo a casa suo figlio sano e salvo. –, sorrise, nel tentativo di suonare rassicurante. Non era solita fare quel genere di promesse, ma il fatto di non doversene occupare da sola aveva dato una seria spinta alla sua confidenza. Abbassò per un attimo il capo, rileggendo alcune parole chiave del volantino, prima di tornare sul padre disperato.
    – Le ha lasciato una lettera, un messaggio? Ha accennato alla direzione che avrebbe preso una volta fuori dal villaggio? Qualunque informazione possa ricordare ci sarebbe di grande aiuto. –, iniziò quindi, facendosi seria, annuendo e appoggiando le successive domande di Katsuo, cercando di spronare gentilmente l’uomo a concentrarsi e rispondere.
     
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    L'uomo guarda un po' stranito Katsuo, come se non capisse cosa intendi con la frase sull'onore, mentre fa un inchino di ringraziamento ad Akane.
    Non so niente di cose militari, non siamo una famiglia di ninja e io sono solo un semplice macellaio. Non ho idea di come combatta, ma sapendo che è diventato genin da così poco dubito sappia fare granché. Però essendo un idiota temo possa fare qualcosa di avventato, temo possa tentare roba al di fuori della sua portata. Nella lettera che ha lasciato ha scritto che vuole fare la differenza davvero, quindi penso stia cercando di fare cose buone, non criminalate varie, però... ah, per il posto invece non saprei bene. Non ha scritto nulla, ma so che ha degli amici nel villaggio Komi, a un paio di chilometri Nord da qui. Potrebbe aver chiesto ospitalità da loro, potrebbe essere una buona pista per iniziare. Oppure potreste cercare se ci sono taglie strane o robe da ninja così, potrebbe essersi messo in testa di risolvere da solo le questioni. Più di così non saprei bene come aiutarvi, ma per qualsiasi cosa chiedete pure. E grazie ancora.
     
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    Akane ascoltò in silenzio le risposte fornite dall’uomo, cercando di non farsi demoralizzare dai pochi dettagli che si aggiunsero allo scarno puzzle che fino a quel momento rappresentava la loro missione. Si concentrò, quasi automaticamente, sugli amici del genio che il padre aveva appena citato, non trovando tanto strano che un ragazzino con in testa idee di grandezza e giustizia provasse a condividerle con persone di cui si fidava. Anche solo per sfogarsi, parlarne con qualcuno insomma, o magari vantarsene. Magari ancora provare a convincerli a seguirlo sotto lo stesso stemma onorevole che, a quanto pare, non voleva condividere con le regolari forze ninja del suo villaggio. Le sembrò una pista valida, al momento anche l’unica che avevano, quindi provò a chiedere qualche altro dettaglio.
    – Per caso saprebbe dirci i nomi di questi suoi amici? –, domandò, con fare paziente, non ritenendo fosse il caso di chiedere anche indicazioni più precise per raggiungere il villaggio che aveva citato, Komi. Avevano già una direzione, che di solito bastava anche a qualcuno di discretamente impedito ad orientarsi come lei. In quel frangente non era da sola, quindi a meno che Katsuo fosse messo peggio di lei non avrebbero dovuto avere problemi a raggiungere il posto.

    A proposito di Katsuo, la sua domanda successiva fu per lui. L’avrebbe posta dopo essersi congedati dall’uomo, sia che fosse stato quest’ultimo ad allontanarsi, sia che avessero deciso loro di spostarsi subito per iniziare le ricerche.
    – Da dove crede sia meglio iniziare? –, chiese, affiancandolo e osservandolo da oltre la sottile montatura dei suoi occhiali. Lei aveva una sua opinione, e una motivazione plausibile a reggerla, ma in un lavoro di squadra era necessario prestare attenzione anche alle opinioni dell’altro. E Akane era curiosa di conoscerle.
    – Non mi suonerebbe strano se avesse deciso di cercare anche supporto, a Komi. Condividere la sua causa con qualcuno. Io mi dirigerei direttamente lì. –, propose, m lasciò volutamente la questione aperta nel caso in cui il kiriano la pensasse diversamente. Neanche controllare prima le missioni che circolavano per il villaggio al momento sarebbe stata una totale perdita di tempo, in fondo. D’altronde erano già sul posto.

    Breve storia tragicomica: io questo post l'avevo scritto tipo 3 giorni fa. Ma mi sono dimenticata di incollarlo e postarlo, quindi questa è la versione 2.0 che giustamente fa al 57.3% più schifo della prima : D Perdono.
     
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    Katsuo non fece troppo caso allo sguardo dell'uomo. La sua semplice mente non poteva concepire cosa ci fosse di complicato nel suo discorso, quindi non notò neanche la perplessità del suo interlocutore. L'uomo spiegò come in realtà non ci fossero molti indizi su dove potesse essere andato, oltre ad aggiungere delle frasi che fecero venire un leggero tic all'occhio destro di Katsuo. Come poteva dire che il ragazzo non stesse facendo "criminalate" varie quando aveva tutta l'intenzione di diventare un mukenin? Tradire il proprio villaggio era il crimine peggiore che lo zelante Uzumaki potesse immaginare. Senza contare che a quanto pareva il giovane genin voleva "fare la differenza" e per farlo voleva allontanarsi dal villaggio. Era semplicemente illogico, per lui. Si chiese come potesse essersi messo in testa qualcosa del genere un ninja così giovane.
    «Sicuramente deve essere stato irretito da qualche entità caotica e malvagia. Non preoccupatevi, signore, ve lo riporteremo a casa.» commentò ad alta voce, affrettandosi a rassicurare il pover'uomo.
    Lasciò che Akane interrogasse ulteriormente l'uomo riguardo ai suoi amici senza aggiungere altro. Anche lui non ritenne necessario chiedere ulteriori indicazioni per il villaggio, avendo già tutto il necessario per arrivarci da soli.
    Avrebbe quindi salutato con un inchino l'uomo, lasciando che si allontanasse. Rivolse uno sguardo ad Akane - Akane era un nome che per qualche motivo gli ispirava particolare simpatia- ma lo distolse in fretta. Ora che erano da soli si sentiva leggermente impacciato, non sapendo bene come comportarsi. Era stato cresciuto da solo e non aveva praticamente mai avuto alcuna conoscenza al di fuori della propria famiglia e persino dopo essere diventato genin aveva preferito agire sempre da solo. Rimase in un silenzio imbarazzato finché lei non gli rivolse la parola. Katsuo le rivolse la propria attenzione, anche se non rispose subito, limitandosi a riflettere in silenzio finché lei non aggiunse la sua opinione. Annuì, prima di schiarirsi la voce e rispondere a sua volta.
    «Mi sembra molto logico. Anche io mi sarei diretto lì, anche se con un ragionamento meno... completo.» ammise. «Mi sembra davvero probabile che sia stato traviato da qualcuno. Ogni ragazzo sogna di diventare un ninja, e non appena lo diventa cambia subito idea? Deve essere successo qualcosa. Forse è stato proprio uno dei suoi amici a influenzarlo.» propose. Per quanto lo riguardava, senza conoscere nulla del carattere del ragazzo, controllare le missioni disponibili gli sembrava una tirata di corda non indifferente. Come avrebbero fatto a capire quale avrebbe scelto? Preferiva prima controllare la pista più sicura. A meno che Akane cambiasse idea, quindi, avrebbe imboccato la strada che portava verso nord, affidandosi ai cartelli stradali - o eventualmente a indicazioni chieste a qualcuno per strada - per non sbagliare la direzione.
    «Nel caso dovessimo arrivare a combattere, che tipo di supporto posso offrirvi, signorina Harada? Sono un combattente da mischia con l'impronta elementale Suiton.» spiegò, anche se preferì non scendere troppo nei dettagli. Un minimo di informazioni poteva anche dargliele, era la cosa migliore contando che dovevano agire insieme, ma rivelare troppe informazioni ad una kunoichi tutto sommato sconosciuta era decisamente sconsigliato.
     
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    L'uomo non conosce i nomi degli amici di suo figlio, ma sa che si tratta di un paio di ragazzi dai capelli grigi, da quello che ha capito due fratelli. Purtroppo non ha molti altri dati e quando lo congedate vi ringrazia e torna ad appendere manifesti.
    Il cammino verso Komi è semplice e tranquillo, in poco tempo siete lì. Quando arrivate trovate un villaggio molto piccolo e quieto, però se fate molta attenzione potete notare dei segni di una battaglia appena passata. La parete di una casa bruciacchiata e dei segni rosso sangue su dei muri. Chiedendo in giro potete scoprire cosa è successo, ovvero che un gruppo di briganti che stava spadroneggiando in zona negli ultimi giorni ha lanciato un assalto frontale poche ore prima. I villici avevano richiesto una missione ufficiale al villaggio, ma non era ancora partita. Riuscite anche a incontrare i due giovani dai capelli grigi di cui vi è stato detto. Sembrano particolarmente shockati e preoccupati e poco dopo capite perché.
    Hanno preso Phantom! Lo hanno catturato e se lo sono portati via! Oh, Dei, cosa vorranno fargli? Lo proverete a salvare, ninja?

    Mi sono tenuto abbastanza sul vago, come sempre se ci sono dati che vi servono o cose poco chiare chiedete pure ^^
     
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    In parte percependo, o almeno le sembrò, l’imbarazzo dell’altro, e in parte perché abituata a mantenere le distanze secondo ciò che le era stato insegnato, Akane si limitò a camminargli a fianco, spezzando il silenzio che si era formato tra lei e Katsuo per necessità. Normalmente avrebbe aspettato che fosse l’altro ad aprire bocca, per dargli il tempo che gli serviva, ma con un compito da svolgere non potevano permettersi privilegi del genere. No?
    Annuì, sollevata, quando anche il compagno si ritrovò d’accordo con lei. Non era sicura che diventare ninja fosse il sogno di ogni ragazzino di quell’età, più per mancanza di esperienza al riguardo che per vero e proprio scetticismo, quindi in quel frangente si fidò della sua parola e non indagò ulteriormente. L’idea che, però, il loro genio potesse essere stato traviato da qualcuno meritava un approfondimento.
    – Non è da escludere… Purtroppo non avremo certezze finché non lo troveremo. Speriamo sia possibile convincerlo con le buone. Non amo particolarmente ricorrere alla violenza quando non è necessario… –, commentò, corrugando la fronte, turbata alla possibilità. Era un ragazzino, immaturo e incosciente al peggio, ma di buon cuore a detta del padre. Voleva confidare nelle proprie abilità persuasive, in quel caso più che in ogni altro.
    Eventualmente, lungo il percorso, l’argomento saltò comunque fuori. Akane sospirò, alzando gli occhi al cielo per una manciata di secondi, e riflettendo su come meglio rispondere alla domanda di Katsuo. Emise un verso pensieroso, prima di fare un tentativo.
    – Doton, per me, e… non credo di aver abbastanza esperienza alle spalle per aver formato un mio stile personale. Non reggerei per molto in un corpo a corpo, soprattutto senza armi… –, portò una mano alla sacca alla sua cinta, picchiettandola distrattamente. – Me la cavo con le armi da lancio, principalmente. Ma posso crearne anche di altre. –, tornò con lo sguardo di fronte a lei, non prima di aver lanciato all’altro un’occhiata quasi colpevole per le informazioni sicuramente non confortevoli che gli stava dando. – Se dovessi dare un nome a ciò che faccio, probabilmente direi ‘toccata e fuga’. –, abbozzò un sorrisetto, fermandosi lì a meno che Katsuo non le avesse fatto altre domande.

    Arrivarono alla meta relativamente in fretta, in linea con le parole dell’uomo. Akane però non ebbe il tempo di rallegrarsene, immediatamente attirata dai segni di violenza sparsi per l’intero villaggio. Gli abitanti, scossi, dissero loro di un attacco da parte di briganti, a giudicare dalla freschezza dei segni appena passato. Si sentì impallidire, e come al solito la vista improvvisa di sangue le procurò una spiacevole sensazione di nausea. Sentì la bocca dello stomaco chiudersi, e dovette inspirare ed espirare lentamente per calmarsi. Muovendosi verso i vari cittadini, Akane cercò al meglio di rassicurarli, a parole o con piccoli gesti, tocchi confortevoli, pur consapevole che sarebbe servito a poco. Stava agendo in modalità pilota automatico, facendo ciò che le era stato insegnato in casi di panico ed emergenze, attingendo da anni e anni di studi sia in comunità che in accademia. Teorici e sul campo. Non si fermò a pensare perché non se lo poteva permettere.
    Chiese se ci fossero feriti gravi, e in quel caso di occuparsi di loro mentre lei e il suo compagno si sarebbero messi in moto, eventualmente chiamato anche rinforzi. Sperò di non stare prendendo troppo l’iniziativa, e che quello fosse il desiderio anche di Katsuo. Cercò di incontrare il suo sguardo, per assicurarsene o, in caso contrario, provare ad aggiustare la mira per la prossima volta.
    La sua domanda successiva, invece, trovò risposta proprio nei fratelli dai capelli grigi che l’uomo aveva descritto loro. Gli amici di Takayuki Noritaka, aka ‘Phantom’. Akane si avvicinò a loro e provò, con delicatezza, a poggiare una mano sulla spalla di ognuno, per cercare di confortarli.
    – Faremo del nostro meglio, ma abbiamo bisogno del vostro aiuto. Avete visto da che parte sono andati? Sapete dove si riuniscono? –, chiese, cercando di non mettere loro troppa fretta ma lasciando trasparire dal tono di voce una certa urgenza. Giustificata, a suo parere. Il fatto che abbiano preso degli ostaggi dopo aver razziato il villaggio non faceva pensare a nulla di buono.
     
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    La ragazza sembrava piuttosto convinta della sua idea di riuscire a convincere il ragazzo a tornare con le buone. Katsuo non si trovava particolarmente d'accordo, ma non espose i suoi dubbi. Era sicuro che una persona in grado di tradire il proprio Villaggio fosse una persona con cui non si poteva ragionare. Ma tentare, in quel caso, non nuoceva a nessuno, anzi, con un po' di fortuna avrebbero fatto un favore al gentile signore di Kusa non riportandogli un ragazzino pesto e sanguinante. In caso non funzionasse c'era sempre il piano B.
    Akane, tra l'altro, presentò le proprie capacità in maniera un po' più approfondita di lui, definendosi - più o meno - come una combattente a distanza con poca esperienza nel corpo a corpo. Katsuo annuì.
    «Cercherò di tenervi eventuali nemici il più lontani possibile.» le assicurò, piuttosto contento di poter svolgere il suo ruolo ideale, quello di difensore. Rimase in silenzio per il resto della strada, un po' della tensione smorzata grazie alla distrazione del riflettere sul cosa fare, anche se era distratto dal pensiero di essere ancora totalmente disarmato. Akane aveva detto che non sarebbe stata in grado di reggere un confronto ravvicinato senz'armi, ma lui non era poi messo tanto meglio. Non era particolarmente contento di chiamarsi aspirante Spadaccino della Nebbia quando non aveva ancora neanche una spada propria. Da quando aveva abbandonato il moncherino distrutto di quella di suo padre aveva impugnato solo bokken di allenamento, ma non poteva certo portarsi quelli in vere battaglie. Con un sospiro, cercò di scacciare quei pensieri e di concentrarsi solo sulla missione.

    Quando arrivarono alla meta, lo spettacolo non era dei migliori. C'erano dei segni chiaramente riconducibili ad un qualche tipo di scontro avvenuto da poco, da molto poco. Gli abitanti parlarono di un attacco di briganti.
    «Quanta viltà.» commentò tra sé e sé, digrignando i denti mentre il sangue gli andava alla testa. Che onore poteva esserci nell'attaccare gente disarmata e apparentemente neanche particolarmente ricca? Era inconcepibile. Evitò di soffermarsi sulle macchie di sangue in giro, mentre seguiva Akane. Nonostante fosse di stomaco forte, era la prima volta che effettivamente si trovava di fronte a spettacoli cruenti. Cercò di non pensare al destino dei poveri abitanti del villaggio che avevano subito quel gramo destino e mantenne un atteggiamento il più freddo possibile. Schiena dritta, petto in fuori, come sempre.
    Aprì molto poco la bocca, limitandosi a seguire Akane in giro come un'ombra particolarmente sproporzionata. La ragazza sembrava particolarmente interessata al rassicurare gli abitanti del villaggio. Katsuo non era in disaccordo col suo operato, ma non poteva fare a meno di pensare che non avevano troppo tempo da perdere, quindi continuò a guardarsi intorno come se si aspettasse di vedersi spuntare il ragazzino ricercato da dietro un angolo.
    Smise di distrarsi solo quando sentì Akane fare una promessa anche da parte sua, quella di mettersi in moto per occuparsi dei briganti. Lui non era d'accordo, in effetti, ma non era particolarmente bravo a comunicare non verbalmente. Il suo volto inespressivo al momento trasmetteva solo una rabbia distaccata nei confronti dei banditi, e Katsuo non aveva mai imparato a controllare la propria espressione. Non disse nulla, in ogni caso, perché non voleva parlarne davanti a dei civili rischiando di far perdere loro quel poco di conforto che Akane stava cercando di offrire. Rimase in silenzio, con l'intenzione di palesare il proprio pensiero non appena fossero rimasti da soli. Non che non gli importasse del loro destino, chiaramente, ma gli abitanti avevano menzionato la richiesta di una missione ufficiale. Anche se ancora non era partita, Katsuo non aveva la minima intenzione di intromettersi in qualcosa di ufficiale, soprattutto perché si trovava in un paese straniero. Dubitava che una questione di briganti potesse provocare chissà che incidente diplomatico, ma preferiva evitare e limitarsi al gestire solo la propria missione.
    Non ebbe mai l'opportunità di spiegarsi, comunque. Vennero distratti dalla presenza di due ragazzini dal colore di capelli peculiare, che menzionarono un certo "Phantom" preso in ostaggio.
    «... Phantom?» chiese, perplesso, cercando anche lo sguardo di Akane. Era molto probabile che parlassero del loro ricercato, anche se il nome non corrispondeva. D'altro canto, quanti ragazzini coi capelli grigi potevano esserci in un villaggio così piccolo? Doveva per forza trattarsi di coloro che stavano cercando. In quel caso cambiava tutto. La loro non era una missione ufficiale, ma era pur sempre una missione. E un minore in ostaggio richiedeva un intervento tempestivo, le autorità di Kusa avrebbero sicuramente capito la necessità di agire immediatamente. Si decise finalmente a dare una mano con quell'indagine, e dato che Akane chiese solo indicazioni sulla direzione dove muoversi, Katsuo preferì prepararsi alla battaglia. C'era un dettaglio che non gli era sfuggito, ma fino a quel momento non se n'era interessato. Ora aveva una scusa per farlo.
    «Sapete quanti erano, e come combattevano? Armi, o anche chakra? Quel muro l'hanno bruciato con una tecnica o delle torce?» chiese. A giudicare dalle storie dei suoi racconti, i briganti mettevano spesso a fuoco i villaggi dove passavano, ma non sembravano averlo fatto in quel caso. Era solo una parete leggermente bruciacchiata e nonostante Katsuo non fosse particolarmente brillante, gli venne da pensare che potesse trattarsi di una traccia relativa ad una tecnica Katon. In quel caso sarebbe stato avvantaggiato, sempre se il rifugio dei briganti si trovasse abbastanza vicino ad una fonte d'acqua.
     
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    I locali sembrano un po' risollevati dalla vostra presenza e si lasciano consolare volentieri. Ci sono stati soltanto alcuni feriti e nessun morto, quindi la situazione non è così grave.
    Phantom Destiny... è il nome da mukenin che Taka-chan ha scelto e ci ha detto di chiamarlo solo così, anche se a me fa strano.
    I tizi erano tre, mi pare. Però solo uno ha fatto quasi tutte le cose, gli altri stavano dietro. Avevano armi strane, tipo delle falci, ma non sembravano avere idea di cosa fare. Il capo secondo me usava le vostre cose da ninja, si muoveva veloce e tirava pugni forti, non dev'essere un tizio qualunque, anche se già Taka-chan da solo lo ha messo molto in difficoltà. Il fuoco veniva da una tecnica, credo. Ha mosso le mani in modo strano come fa Taka-chan e poi ha sputato fiamme...
    Non sembravano poi tanto forti, però hanno preso in pieno Taka-chan e lo hanno bruciato un bel po'. Poi gli altri lo hanno menato finché non è svenuto, tipo. Il capo ha rubato alcune cose che ha trovato lì vicino, poi ha detto ai suoi di prendere Taka-chan, visto che aveva il coprifronte e si era opposto a lui. Non so cosa vogliono fargli e ho paura sia qualcosa di brutto. Salvatelo, vi prego!
    Sono andati via laggiù, si dice che il loro covo sia una caverna non molto distante, ma non so se è vero.
    I ragazzi vi indicano un sentiero che va a nord. Se non avete altre domande vi conviene partire. Procedendo per la strada descritta vi trovate a passare attraverso una foresta enorme. Cinque minuti dopo individuate poco distante dal sentiero vero e proprio una piccola collina rocciosa e se vi avvicinate potete notare che c'è davvero una caverna, laggiù. Volete provare un assalto frontale o avete qualche altra idea?
     
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    I ragazzi fornirono loro molte informazioni, molto più di quanto Katsuo avesse sperato. A cominciare dalla spiegazione di Phantom Destiny, a quanto pare un nome d'arte di un certo "Taka-chan".
    «Taka-chan, ossia Takayuki Noritaka, giusto?» chiese ma con tono non troppo imponente, non volendo bloccare il flusso di informazioni che stava ricevendo dai due. Il secondo, in effetti, spiegò come era avvenuto l'attacco. Tre banditi, a quanto pareva, di cui due solamente armati e il terzo capace di impastare il chakra e generare quantomeno delle fiammate. L'uomo non sembrava essere particolarmente forte, almeno ad affidarsi al racconto dei due ragazzini. Già solo il neo-Genin era riuscito a dargli del filo da torcere, anche se poi era stato sopraffatto dal numero.
    «Perfetto. Se il fuoco è il suo unico asso nella manica non sarà un problema.» commentò, gonfiando leggermente il petto con fare orgoglioso e lanciando un'occhiata d'intesa verso Akane.
    Gli altri due descritti dai ragazzini sembravano essere particolarmente deboli. Forse Akane da sola avrebbe potuto eliminarli senza troppi problemi, ma Katsuo, da bravo aspirante cavaliere, non aveva la minima intenzione di lasciare la ragazza da sola. Poteva gestire qualunque fiammata restando vicino a lei. La sua unica preoccupazione era il fatto che potessero usare il ragazzo come ostaggio, ma non ne parlò davanti ai suoi amici.
    I due ragazzi, infine, indicarono loro una direzione da prendere, un sentiero verso nord e la voce che i banditi si nascondessero in una caverna. Rifugio perfetto per le infide bestie che si erano rivelate essere.
    Per quanto riguardava lui, aveva finito le domande. In altre circostanze avrebbe indagato sulla decisione di "Phantom Destiny" di diventare mukenin - era pur sempre quella la loro missione - ma non c'era tempo. Avrebbero potuto farlo al ritorno, o parlando col ragazzo stesso. Magari mostrargli come combatte un vero ninja sarebbe bastato a convincerlo a non abbandonare il giusto sentiero.
    Si sarebbe incamminato quindi, quando Akane avesse finito la sua parte dell'interrogatorio.
    «Pensate di poter colpire delle corde per liberare il ragazzo, se l'hanno legato? Potrebbe essere un alleato prezioso se le storie dei suoi amici sono veritiere. Sempre se è in grado di combattere, o quantomeno di fuggire.» avrebbe proposto alla ragazza, una volta allontanatisi dal villaggio.
    Katsuo non aveva particolari capacità per seguire le tracce dei banditi, quindi si sarebbe affidato ancora una volta alla ragazza, in caso ce ne fosse stato bisogno. In qualche modo, comunque, avrebbero trovato la caverna effettivamente non troppo distante dal sentiero immerso in una foresta rigogliosa tipica del Paese. Katsuo quasi se ne stupì. Se persino uno come lui riusciva a trovare il noto covo di questi banditi, perché il Villaggio non se ne era ancora occupato? Questa inefficienza era insopportabile.
    «Avrei quasi voglia di allagare la caverna e stanarli come i topi che sono, ma non credo sia una buona idea. Non so quanto si estende e se riesco a reggere il consumo di chakra. E l'ostaggio rende il tutto più pericoloso. Voi avete forse un piano, o preferite che io entri e provi ad attirare la loro attenzione?» chiese. Era ovvio che, da solo, l'assalto frontale sarebbe stata la sua unica opzione. Era quel tipo di persona, d'altronde. Era proprio da lui entrare suonando un gong e sfidare qualunque cosa gli si parasse davanti. Una vera e propria 'Katsuata', insomma. Ma magari Akane preferiva un approccio diverso.
     
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    Nonostante la paura, o forse proprio grazie ad essa, i due ragazzini riuscirono a fornire a lei e Katsuo una serie di informazioni molto preziose, a partire dal numero degli aggressori, tre, e finendo con le loro individuali abilità. Sembrava che solo uno avesse una certa affinità con le arti ninja, e si trattava di quello che aveva procurato più danni al villaggio. Quasi sicuramente il capo, e il più pericoloso dei tre. Katsuo non si mostrò molto preoccupato, soprattutto alla menzione del fuoco, e Akane annuì nella sua direzione, rivolgendo poi un sorriso rassicurante ai due fratelli, principalmente per il bene di quest’ultimi. La sua speciale condizione fisica non l’aveva per fortuna ancora portata ad adagiarsi sugli allori, a sottovalutare le minacce che le si potevano presentare davanti, e in quel frangente lei non fu da meno. Non se la sentì di festeggiare ancora prima di vincere, proprio perché la vittoria non era ancora assicurata. Forse la sua sopravvivenza, sì, ma lo scenario al quale puntava raffigurava non solo lei, ma anche Katsuo e Noritaka vivi e vegeti, la missione compiuta, la minaccia al piccolo villaggio estinta, il suo segreto al sicuro, e magari un buon bicchiere di vino a fine giornata. Per ottenere tutto ciò avrebbe dovuto fare attenzione, e nel suo vocabolario “fare attenzione” equivaleva ad analizzare ogni possibile angolo. Trovare un’ipotetica soluzione a qualunque ostacolo potessero trovarsi di fronte.
    Per questo non interruppe il resoconto dei due, che in fin dei conti si rivelò abbastanza dettagliato da non farle sentire il bisogno di porre altre domande. Dato che Katsuo sembrava essere della stessa opinione, Akane si rivolse ai fratelli solamente per congedarsi, e provare a appianare le loro preoccupazioni.
    – Faremo di tutto per portarlo a casa sano e salvo. –, promise loro, alzando lo sguardo per guardarsi intorno prima di tornare su di loro. – Aiutate il vostro villaggio e non preoccupatevi, ok? –, abbozzò un sorriso, rivolgendo loro infine un cenno col capo prima di raggiungere Katsuo.
    Lungo la strada Akane lasciò vagare la propria mente, immaginando una serie di situazioni, “simulazioni” per così dire, diverse tra di loro anche per un solo dettaglio. In quasi tutte la sua priorità era l’ostaggio, per una serie di ovvi motivi. Il primo era la sua incolumità, il secondo era la possibilità che i briganti potessero usarlo contro di loro, per impedire loro di attaccarli, il terzo…
    La domanda di Katsuo la riscosse. Come se le stesse leggendo nel pensiero, le aveva chiesto proprio di Takatsuki. Si voltò a guardarlo, nascondendo la propria sorpresa, e annuendo velocemente.
    – Dipenderà dalla situazione, ma idealmente sì. Certo. –, rispose, sperando di non essersi mostrata troppo titubante. Se avesse avuto la visuale libera anche per una manciata di secondi avrebbe potuto fare il lancio con una certa precisione, sì, soprattutto se il ragazzo fosse stato fermo.
    – Potrei comunque raggiungerlo senza troppi problemi. –, aggiunse, tornando a controllare il sentiero, e i loro dintorni alla ricerca della caverna alla quale avevano accennato i due fratelli. Si palesò ai loro occhi dopo qualche minuto, scavata in una collinetta rocciosa che faceva proprio al caso suo. Dovettero allontanarsi dal sentiero per raggiungerla, ma era abbastanza vicina da non farla preoccupare. In effetti era stato decisamente troppo facile trovarla. Ai suoi occhi ciò indicava arroganza, o stupidità. Entrambi dei vantaggi per lei e Katsuo.
    Avvicinandosi all’entrata, ma non frontalmente, Akane si rese conto velocemente di avere i mezzi ma non le energie necessarie per esplorare tutta la caverna senza farsi notare. Lo spostamento sotterraneo si sarebbe rivelato utilissimo in quel frangente, ma non era sicura di poter sopportare la spesa di chakra, soprattutto non sapendo quanto di preciso fosse profondo e complicato il rifugio di quei briganti. Katsuo pose lo stesso problema, e Akane si ritrovò ad annuire con un sospiro.
    – Non credo ci rimanga altro da fare… –, rispose. – Però la seguo. Posso nascondermi e proseguire sotto terra quando sarò abbastanza vicina, per avere più possibilità di raggiungere Takatsuki. –, propose, stringendo le labbra prima di continuare. – … o per cogliere di sorpresa i briganti, nel caso il ragazzo non fosse a portata. –, concluse, vagliando le opzioni principali. Per sicurezza recuperò un kunai dalla sacca e lo appese alla cinta, così da averlo a portata di mano, muovendosi poi verso l’entrata della caverna una volta ricevuto l’ok di Katsuo. Cercò di assicurarsi che intorno non vi fossero trappole di qualche tipo, ma non avendo l’occhio allenato dubitò di poter notare marchingegni che non fossero proprio ovvi.
    Dato che il kiriano si era offerto come distrazione Akane si sarebbe piazzata dietro di lui, in modo tale da essere almeno parzialmente nascosta dalla sua sagoma inoltrandosi nella caverna. Era necessario che i briganti si accorgessero il più tardi possibile della sua presenza, o ancora meglio che non la notassero affatto finché non non si fosse nascosta sotto terra, protetta da occhi indiscreti. Solo in quel modo avrebbero potuto preservare l’effetto sorpresa.
     
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