Il ritorno della vendetta di Rokuro: oltre la vita, oltre la morte

Mini-evento: La notte degli spiriti!

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    Demone incendiario

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    Quel posto era esattamente come lo ricordavo. L'insenatura era strettissima e abbastanza corta. La imboccai senza neanche pensarci troppo, del resto dove altro potevo andare? Era strano come sogno. Da tempo i miei incubi vertevano tutti sul Paese del Tè e sugli orrori di cui ero stata testimone, non pensavo sarei tornata indietro a quando il mostro da cui dovevo difendermi era così umano. Sbucai nella radura dove tutto si era concluso, dove avevamo avuto la nostra battaglia finale. Era identica a quel giorno. Rividi l'erba su cui avevo strisciato per non farmi notare. Rividi quel piccolo ruscello e le tante ranocchie presenti. Gracidavano tranquille, come non fosse successo niente. Rividi infine l'ingresso della piccola caverna. Lì, in quell'esatto punto, avevo ucciso un uomo, Toji Mukachi, senza sapere bene chi fosse o perché fosse lì. Purtroppo non avevo avuto scelta e non era un vero rimpianto. In certi casi le alternative non esistono, se non avessi ucciso quella guardia non sarei mai riuscita ad attaccare con efficacia. E senza quello non sarei riuscita a sopravvivere e a fare giustizia. Gli Dei avrebbero avuto pietà di quell'uomo se la sua anima non era malvagia, ma dentro la caverna c'era qualcuno che lo era fino al midollo e che io dovevo fermare.
    Mentre osservavo in silenzio l'uscio mi misi a riflettere. Non ero mai entrata lì dentro. Per quanto ci avessi combattuto una delle battaglie più importanti della mia vita lo avevo fatto soltanto da fuori, senza metterci piede. Incuriosita anche se intimorita, decisi di rimediare a quella mancanza. Mi incamminai verso il buio, non sapendo bene cosa aspettarmi. Ero già stata lì, sia sotto forma di clone che osservando attraverso una mia sfera di vampa. Ero già stata lì, ma era comunque tutto nuovo. Mi chiesi se avrei trovato il cadavere del mio nemico per eccellenza, ma così non fu. Lo trovai in vita, seduto su una sedia come quando lo avevo ucciso.
    L'assassino torna sempre sul luogo del delitto, vedo.
    Lo fissai con terrore e odio. Non poteva essere lì, non poteva essere ancora in vita. Avevo perso di vista il fatto di essere in un sogno, era tutto talmente reale che mi confuse e mi provocò un'angoscia fortissima, vivida.
    Su, non fare quella faccia, sei mancata anche tu a me. Non potevo certo lasciarti così, non credi?
    Non risposi, non riuscivo a trovare le parole. Davanti a me c'era Rokuro Kaitani, l'uomo contro cui avevo lottato tante, troppe volte. Una volta l'avevo sorpreso a rubare e catturato insieme a Yuya e Kichi, nel Paese degli Uccelli. La seconda si era infiltrato in un tempio e aveva cercato di incastrarmi in un crimine blasfemo, per il solo gusto di rovinarmi la vita. La terza battaglia era stata quella decisiva ed era stata orribile. Una lunga guerra di logoramento, che aveva portato dolore a più di una persona, conclusasi con una resa dei conti rapida e spietata.
    Io ti ho ucciso.
    L'uomo rise di gusto, con la sua solita faccia da schiaffi. Non ero riuscita a intimidirlo e in qualche maniera era successo il contrario. Si alzò dalla sua sedia e con passo lento si avvicinò a me.
    Me lo ricordo fin troppo bene. Voglio dire, non è che abbia capito di preciso quale stregoneria tu abbia fatto, ma ho sentito un dolore fortissimo alla testa e poi più niente. Dire che mi hai ucciso è riduttivo, tu mi hai fatto saltare in aria la testa.
    Il modo in cui parlava era il solito, putrido e allusivo. Ogni sua parola era una goccia di veleno con cui cercava di di intossicare la mia vita.
    Tu hai fatto saltare in aria il tempio. Hai ferito persone probe. Hai minacciato la mia donna. Hai minacciato me. Mi hai fatta rapire. Avevi cercato di farmi arrestare ingiustamente. Devo proseguire?
    La rabbia montante che mi prese era più che evidente sia dal tono che dalle parole. Non ero pronta a quel confronto, non pensavo sarebbe mai avvenuto. Lui invece rise, spocchioso e fastidioso come sempre.
    Sì, sì, mi ricordo bene. E tu non hai idea di quello che ho fatto. Questa guerra che di sicuro è scoppiata poco fa è merito mio. Tu non lo sai, ma è colpa tua se il mondo è in fiamme. E pensare che se mi aveste lasciato fare avrei continuato con i miei furtarelli tutta la vita. Uno spreco, vero?
    Non riuscirai a farmi sentire in colpa, Rokuro! Eri un criminale e andavi fermato. La giustizia lo imponeva.
    Per un istante vidi la sua armatura di supponenza scricchiolare. Mi fissò con disprezzo, prima di riprendere la sua espressione irridente.
    La giustizia è una puttana. Proprio come te. Sempre pronta a scodinzolare come una cagna davanti ai potenti e a farselo mettere nel culo per qualche spicciolo in più.
    Lo fulminai con gli occhi. Quella lingua così tagliente era in grado di sputare odio e malignità come non avevo visto fare a nessun altro.
    Tu non mi conosci, Rokuro!
    Lui rise, ancora una volta. Avrei voluto fare qualcosa, ma non volevo cedere alla violenza, non ora che stavamo parlando.
    Io non ti conosco? Io so tutto di te, Aiko Netsushi. Non ti ricordi? Ho distrutto il tuo tempio e minacciato la tua donna, l’hai detto tu stessa. Per sconfiggerti ho imparato tutto quanto. So da dove vieni e so la fine che ha fatto il villaggio dove sei nata. Quanti altri lo sanno? So che sei stata anni in carcere e mi fa strano che tu non capisca il mio bisogno di libertà. La tua donna lo sa, per caso? So che sei stata letteralmente una puttana, nel Paese del Tè, e che hai preso più cazzi di-
    Lo interruppi con uno schiaffo. Non forte, ma rumoroso. Risuonò con un’eco in tutta la sala. Lui sorrise
    Ahhh, la violenza. La risposta a tutti i tuoi problemi, vero?
    La sua frase mi fece pentire di quello che avevo fatto, come se gli stessi implicitamente dando ragione. Feci un passo indietro.
    Quando non sai come comportarti, quando sei in difficoltà, subito bruci e distruggi tutto quanto. Tu sei come me!
    Per un attimo sentii il peso di quelle parole, poi razionalizzai. Non potevo farmi avvelenare l’anima dalle sue menzogne.
    Io non sono come te, me lo hai fatto capire tu stesso fin troppo bene. Altrimenti non avresti cercato di negarmi più e più volte. Ne hai fatto un punto di onore, mi hai scelta come tua nemica prediletta. Io non sono come te, non cercare di ingannarmi.
    Ancora una volta la sua reazione fu una risata scomposta. Si prendeva gioco di me, non c’era dubbio.
    Vero, siamo diversi. Tu sei più violenta, più seria e più ipocrita. Ma lasciamo perdere, insultarti mi dà sempre meno soddisfazioni di quanto vorrei. Sei l’unica che riesce a leggere le mie parole, a scoprire quando mento. È frustrante.
    Sembrava esserci una punta di onestà in quelle parole, ma io non gli credevo.
    È semplice, te lo assicuro. Se stai parlando allora stai mentendo, mi basta questo come metodo.
    Non era una battuta, ero serissima e lo feci capire dallo sguardo. Lui sbuffò e lanciò un sorriso malizioso.
    Sai, ogni tanto ho il vizio di considerarti una donna intelligente, poi mi tiri fuori cose del genere e capisco che sei solo una bambocciona che crede di sapere tutto.
    Mi guardò con sufficienza e ricambiai lo sdegno silenziosamente. Rimanemmo qualche secondo senza dirci nulla, poi decisi che non ne potevo più di quel posto.
    Se abbiamo finito io me ne-
    I tuoi Dei non esistono. Tutte quelle menate che hai studiato e in cui credi... sono morto, sono stato dall’altro lato. Niente di tutto quello è vero, sono solo baggianate che voi trogloditi vi raccontate per giustificare le vostre prepotenze.
    Non diedi peso a ciò che diceva, non poteva certo sperare di cancellare la mia fede con quattro sentenze buttate lì.
    Le tue parole non mi tangono. La punizione divina è calata su di te e io sono stata solo il tramite.
    Risposi con tono tranquillo. Non lo sarei rimasta a lungo.
    Sei solo una povera sciocca.
    E tu sei solo un cadavere ormai putrefatto.
    Tagliai corto, consapevole che un discorso del genere non sarebbe andato da nessuna parte. Lui sembrò subire il colpo per un istante, poi decise di affrontarmi di nuovo. Avvicinò la sua testa alla mia, con aria di sfida.
    Quindi ammetti la tua colpa?
    Ucciderti è stato un merito, non una colpa. Ho fatto molti errori in vita mia, ucciderti non è fra questi. Andavi fermato e quello era l’unico modo che avevo di farlo.
    Non indietreggiai, non volevo dargliela vinta. Non aveva argomenti, stava cercando in tutti i modi di innervosirmi.
    Sei ancora più ipocrita di quanto pensassi.
    E tu sei solo un morto che parla fin troppo.
    Questo scambio acceso si concluse con un pugno. Rokuro mi colpì al volto improvvisamente. Eravamo talmente vicini che non riuscii a schivare, ma con un balzo all’indietro mi preparai a combattere.
    Sei ripetitivo, Rokuro. Non importa quante volte proverai a vendicarti, non riuscirai mai a vincere.
    Lui mi lanciò uno sguardo carico di odio e ringhiò parole di sfida.
    Mettimi alla prova, puttanella.
    Mentre diceva queste parole trasformò parte del terreno in lava e me la lanciò addosso. Schivai senza problemi e gli fui addosso, colpendolo con uno Sbuffo di Vapore Assassino che gli rinsecchì un braccio. Una smorfia di dolore accompagnò ciò, ma non gli impedì di contrattaccare. Mi riuscì a prendere con quella sorta di magma, ustionandomi il braccio destro per fortuna non in maniera troppo pesante. Io comunque misi a segno un altro colpo, mettendogli fuori gioco entrambe le gambe con una sfera di Vampa di terzo livello. Lui cadde a terra e gli fui addosso in un secondo, mettendogli un ginocchio sullo sterno e un gomito sul collo, mentre iniziavo a caricare gli Occhi della Passione.
    Nel nome dei Sette Dei ti condanno alla dannazione eterna, Rokuro Kaitani.
    Lui non riuscì a fare più niente, fu in grado solo di biascicare un “puttana” detto a mezza bocca. Poi i raggi partirono e la sua testa esplose di nuovo. Non ebbi tempo però di vedere gli effetti del mio attacco, per fortuna. Mi risvegliai, tornando nel nostro mondo.
    Aiko! Aiko!
    Draig era su di me, stava scuotendo il mio capo, preoccupatissima. Quando le chiesi cosa stesse succedendo mi disse che mi agitavo in maniera stranissima, durante il sonno, e che erano comparse delle ustioni sul mio braccio destro. Mi sentivo stanca da morire, come se avessi usato un sacco di chakra. E in effetti le mie riserve erano molto svuotate, me ne accorsi un attimo dopo. Quelle ferite, quella stanchezza, era come se... come se io e Rokuro avessimo combattuto davvero. Mi ero svegliata, avevo scoperto che era stato tutto un sogno, ma allo stesso tempo ora iniziai a pensare che non lo fosse stato.
    Cosa è successo?
    Una volta capito che non ero in pericolo, che stavo bene, Draig si calmò un pochino, ma era comunque spaventatissima. A me faceva malissimo il braccio ed ero confusa, ma cercai di restare lucida.
    Scusami. È stato Rokuro. Non so come ma è riuscito a raggiungermi anche da morto.
    A sentire quel nome la mia amata sbiancò, memore di quello che era successo mesi prima. Come non capirla, quell’uomo ci aveva terrorizzate e messe in pericolo, il fatto che potesse farlo ancora una volta, persino da morto, era un’idea assurda. La abbracciai, per tranquillizzarla ma anche per calmare me stessa. Non capivo bene cosa o come era successo, ma in ogni caso era finita.
    Non preoccuparti, tesoro. L’ho ucciso di nuovo, questa volta per sempre. Non lascerò che Rokuro ci faccia male di nuovo. Lui non vincerà mai.
     
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    Da uno dei peggiori gironi dell'inferno!

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    Che fosse un sogno o meno la tua lotta contro Rokuro ha lasciato i suoi segni e non tutti sono dolorosi quanto un braccio ustionato. Ottieni 42 exp
     
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1 replies since 18/11/2018, 18:04   91 views
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