Il Torneo degli Strambi

Il Torneo degli Strambi era un evento locale poco conosciuto dalla massa ma assai interessante e utile, soprattutto per accrescere le proprie capacità e intascare qualche moneta. Si tratta di un piccolo torneo in cui i partecipanti sono costretti a combattere indossando un costume a scelta e, come se non bastasse, il tutto si svolge nel cuore della notte. La prima impressione potrebbe essere di perplessità, perché mai una persona seria come me dovrebbe ridursi a una carnevalata simile? Per iniziare non avevo bisogno di mettere nessun costume ridicolo, i miei vestiti abituali erano già un costume agli occhi degli organizzatori e questo eliminava l'ostacolo più grosso. In secondo luogo era un'occasione facile per vincere il premio in Ryo, dato che la maggior parte dei miei avversari erano normali civili che si sentivano pericolosi a sventolare un'arma. Quando invece erano più ostici avevo pure la possibilità di migliorarmi.
Con queste premesse dovrebbe essere ormai chiaro come mai fosse il mio genere di torneo preferito, era anche uno dei pochi a svolgersi in un orario decente per me.
Il caso volle che per quel Martedì mattina, alle undici di sera, il Torneo degli Strambi avesse indetto l'inizio della nuova stagione primaverile con un torneo-lampo a iscrizioni limitate. La mia presenza era una costante da diversi anni e avevo intenzione di partecipare anche quell'anno.
Portai con me arco e frecce e uscii dalla magione Shin'ichiro, serpenteggiando come un'ombra nell'oscurità di Oto.
Le strade erano quasi del tutto deserte ma si respirava un'aria agitata, come se qualcosa dovesse scoppiare da un secondo all'altro. Le tensioni della guerra non erano ancora calate del tutto. Non badai troppo a quei dettagli e proseguii verso la mia meta senza mai voltarmi. Al mio arrivo c'erano già dei partecipanti oltre il bancone d'iscrizione e qualche persona sparsa popolava le piccole tribune. Mi presentai al banco e mi iscrissi usando il mio alter ego per quelle occasioni.
"Nero." dissi tra i denti all'omaccione incaricato di raccogliere i dati. La mia voce risultò ovattata dallo scaldacollo alzato sopra il naso. "Sono travestito da assassino." Il fatto che fossi vestito in quel modo ogni giorno e che fosse effettivamente il mio mestiere era un altro discorso. Dopo aver registrato anche le armi a mia disposizione mi lasciò entrare.
Gli altri partecipanti erano vestiti da moschettiere uno e da pirata l'altro. Come ogni anno c'era sempre qualcuno che indossava i panni del pirata, la gente non aveva più inventiva.
A quel punto non dovetti fare altro che attendere gli altri concorrenti. Mi isolai dagli altri due e mi appoggiai a una parete tenendo le braccia conserte, sperando che fosse abbastanza per suggerire loro che non ero in vena di conversare.

Nel mentre che le tribune si affollavano e i partecipanti aumentavano nessuno si avvicinò per parlare, di questo fui molto riconoscente agli Dei. Non che fossi chissà quanto credente.
Un'altra benedizione si aggiunse quando vennero annunciati gli accoppiamenti e scoprii di essere il primo a salire sul ring. Inspirai profondamente attraverso lo scaldacollo che mi copriva il viso e mi avvicinai all'arena circolare. Era più grande di quanto la ricordassi, dovevano per forza averne ampliato il raggio di diversi metri, a occhio e croce toccava i venti. L'illuminazione invece era sempre la solita, una schiera innumerevole di candele alte mezzo metro era disposta su tutto il perimetro del ring, oltre che in molti altri punti del luogo. Nonostante non fosse un'illuminazione elettrica c'era una buona luce. Un po' soffusa, forse, ma rendeva abbastanza visibile il proprio avversario, il quale entrò insieme a me e si posizionò piuttosto lontano, a circa dieci metri. Era un uomo enorme, molto alto e massiccio. Era travestito da ragazzina, indossava un top arancione con bratelle rosse e dei pantaloncini di jeans. Lo squadrai con perplessità inarcando un sopracciglio, ma non gli diedi importanza e presto smise di fregarmene qualcosa.
Si presentò, mi esortò al combattimento e disse che sapeva picchiare forte, ma quello non poteva deciderlo da solo.
"Calma omone. Aspetta il gong." Pensai, scrutando il mio avversario.
Avvicinai la mano destra alle tasche della mia uniforme ed estrassi due senbon, ne impugnai uno per mano e attesi l'inizio del match.
Quando udii l'inconfondibile segnale procedetti a saggiare le abilità del mio avversario gigante, feci scattare la mano sinistra e scagliai la prima arma mirando al ginocchio destro. Un'arma così sottile non avrebbe recato danni gravi a meno di mirare di proposito in punti vitali facilmente raggiungibili, ma proprio per le sue piccole dimensioni speravo che fosse in grado di passare inosservata, aiutata dall'illuminazione non perfetta. L'esito del lancio mi avrebbe aiutato a capire meglio le abilità di Bort senza rischiare di ferirlo seriamente. Una volta fatto ciò mi sarei messo in guardia, pronto a sgusciare in qualsiasi situazione, arretrare o lanciare anche l'altro senbon.

Bort schivò le armi spostandosi verso destra, dando prova di riflessi pronti e buona rapidità. Quando vidi la mia azione sfumare presi in mano un altro senbon, sospettando che ne avrei avuto bisogno, e rimasi in posizione, aspettando il momento propizio.
L'omone continuò a correre avanzando verso di me a una velocità crescente. Materializzò dei piccoli oggetti che non riuscii a identificare con chiarezza e me li scagliò senza pensarci due volte. Qualunque cosa fossero sicuramente non mi avrebbero fatto bene, mi spostai dalla traiettoria rotolando verso sinistra, così da allontanarmi di due metri da Bort nel processo, per poi rialzarmi con la guardia alzata a otto metri circa da lui. Una volta in piedi concentrai il mio chakra per aumentare la precisione nei lanci e scagliai il senbon sinistro mirando nuovamente al ginocchio destro di Bort. Subito dopo lanciai anche l'arma nell'altra mano, mirando un metro alla sua destra all'altezza del ventre, solo allora avrei smesso di consumare chakra. Avevo tentato quel gioco d'anticipo data la direzione in cui Bort aveva schivato la prima volta. Ogni persona tende a ripetere dei movimenti piuttosto che altri, soprattutto quando si agisce di fretta e senza pensare. In quel caso Bort poteva avere una tendenza inconscia agli spostamenti verso destra, avrei cercato di sfruttare ciò a mio vantaggio. Se invece si era mosso in quella direzione dopo una veloce analisi della situazione avrebbe schivato anche questa minaccia spostandosi a sinistra, stavolta. Per poter avvalorare la mia ipotesi avrei dovuto esaminare più a lungo i suoi movimenti, ma preferivo risultare una minaccia costante piuttosto che mettermi in posizioni difficili per ottenere qualche informazione.

Un assassino, un omone vestito da donna e un ring. Cosa mai poteva andare storto? Quando avevo visto il mio avversario caricarmi di potenza a velocità sostenuta mi era sembrato di avere la risposta a questa domanda. Quella carica gli avrebbe permesso innanzitutto di accorciare le distanze, e, nella catastrofica eventualità che fosse riuscito a travolgermi, mi avrebbe anche fracassato lo sterno. In tutta la mia carriera non avevo mai assistito a una mossa del genere, forse perché i bersagli dei contratti a cui ero abituato erano civili o persone poco più in gamba di un comune umano; solo i membri piu anziani si confrontavano con persone dalla forza sovraumana.

Ero rimasto un istante a fissarlo con il fiato sospeso e gli occhi sgranati, nascosti solo in parte dagli strati di stoffa che celavano il mio viso, prima che riuscissi a spezzare il sortilegio e mi decidessi a scansarmi. Cercando di fare più in fretta che potessi avevo allora attivato una tecnica per facilitarmi la schivata, avevo poi eseguito un balzo per eludere con una piroetta l'uomo travestito ed ero atterrato più o meno elegantemente a un paio di metri alle sue spalle. Chiaramente non erano sufficienti e arretrai di altri cinque, ma prima avevo estratto gli ultimi due senbon e avevo cercato di colpire il retro di entrambe le ginocchia del mio avversario mentre era ancora girato. Ormai privo di armi leggere ero indietreggiato e avevo impugnato l'arco, incoccai preventivamente una freccia e mi preparai all'offensiva nemica. Non mi aspettavo di incontrare un simile avversario in quel torneo, dopotutto era un evento misero, che attirava pochi spettatori e ancor meno contendenti. Non mi ero neanche presentato e a momenti rischiavo di dimenticarmi il suo nome. Colpa della mia solita riservatezza, non potevo farci molto dato che è così che addestrano gli assassini del clan. Per un assassino le altre persone possono essere informatori, bersagli o clienti, difficilmente ricoprono il ruolo di interlocutori per una chiacchierata casuale. E a me stava bene così.

La prossima mossa spettava a Bort e non sapevo come avrebbe agito né come avrebbe preso la notizia che avevo intenzione di usare un arco, come si sarebbe adattato, mi chiedevo. Non lo volevo ammettere ma ero contento di confrontarmi con un simile avversario ed ero curioso di vedere come reagiva ai vari stimoli di una battaglia.

Una smorfia di disappunto mi si dipinse in volto quando un muro d'acqua bloccò le mie ultime armi leggere. Bort era stato bravo a intuire le mie intenzioni e non aveva sprecato tempo, il muro lo aveva protetto mentre si stava allontanando. A quel punto avevo accantonato l'idea di usare l'arco e lo avevo lasciato riposto dietro la schiena, mentre rimuginavo su qualche altra strategia. Avrei potuto sfruttare quel momento di visibilità interrotta per fondermi nel terreno e provare a prenderlo di sorpresa, o mi sarei potuto sostituire con una delle armi fermate dalla barriera acquatica e tentare un'offensiva più ravvicinata. Prima che potessi decidermi Bort aveva preso l'iniziativa e sporgendosi dall'alto del muro aveva eseguito un lancio, la cui traiettoria mi era completamente oscura a causa della lieve distrazione e della visibilità. Avevo allora provato a schivare alla cieca, spostandomi repentinamente a destra, ma un fitto dolore all'addome mi fece capire di aver sbagliato direzione.
«Cazzo!»
Potevo sentire il freddo dell'arma ben piantato in profondità nella carne e non osavo muovermi oltre.
Le gambe avevano iniziato a indebolirsi e la maschera si era bagnata del sangue sgorgante dalla bocca. Il ginocchio destro si inchiodò a terra, seguito poco dopo dall'altro. Ogni oscillazione del corpo mi causava scosse tremende di dolore, tanto che a stento trattenni altre imprecazioni quando caddi sulla schiena.
Ogni respiro era un'agonia, avrei voluto estrarre il pugnale ma avrei soltanto causato un'abbondante emorragia. Cercavo di mantenere il controllo sul dolore mentre venivo scortato in infermeria e Bort veniva proclamato vincitore.