Fine

Role conclusiva di Rutja (Taki, Zanna, altro)

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    41.1 IL FINE



    Negli ultimi mesi me ne ero accorto in maniera sempre più chiara, sempre più evidente. Il mio corpo e la mia anima avevano raggiunto il loro limite, il mio tempo stava per giungere al termine. Perdevo colpi, facevo fatica a rimanere in forma nonostante i numerosissimi allenamenti, non riuscivo ad apprendere alcunché di nuovo. E oltretutto, rispetto a prima, neanche il cambio di controllo riusciva a porre rimedio alla cosa. Nella battaglia insieme a Natsuki e agli altri Maki era riuscita a sfruttare decentemente il mio corpo, ma ora neanche la Preghiera del Carcerato riusciva a mettere una pezza ai miei problemi. Il Professore non disse nulla a riguardo, non ce n’era bisogno. Io a mia volta non gli chiesi niente, non serviva. Se persino io ero riuscito a capirlo voleva dire che la cosa era fin troppo palese. Sapere che mi rimanevano due piuttosto che tre mesi non avrebbe cambiato nulla, era ben poco quello che potevo fare ancora per il mio padrone. Cercai di andare avanti, di reggere il più possibile, però sapevo che presto sarebbe arrivato il momento di lasciare questo mondo e far rinascere a nuova vita il Professore e tutti gli altri.
    Un giorno, mentre tornavo da un’altra missione svolta nel Paese della Zanna, mi misi a passeggiare per uno dei paeselli turistici della zona. Era un posto tranquillo, nonostante pullulasse di gente. Per quello che avevo in mente io però non andava per niente bene, troppe persone, troppi possibili testimoni. Avevo bisogno di un luogo isolato, cosa che trovai in una grotta ad una trentina di chilometri da quel ridente centro abitato. Era discretamente simile al luogo che avevo trovato tempo addietro nel Paese degli Uccelli, ma rispetto ad esso aveva il grande vantaggio di non costringermi ad attraversare territorio nemico per raggiungerlo. Non era una caratteristica da poco, quella location balzò in un attimo in cima alla lista delle possibili soluzioni. E vi rimase fino alla fine, anche se non nella maniera che avevo inizialmente pensato io.
    Restavano alcuni altri problemi tecnici da risolvere. Per prima cosa dovevo stabilire il quando. Dovevo prendere un permesso per il giorno prescelto e farlo in maniera che non fosse sospetta. Dovevo stare attento, l’ultima cosa che volevo era rischiare che qualcuno potesse intromettersi all’ultimo minuto, vanificando tutti gli enormi sforzi compiuti nel corso di quegli ultimi anni. Dovevo essere cauto, dovevo essere perfetto. Il mio padrone mi avrebbe aiutato, mi avrebbe guidato, ma una parte consistente toccava a me.
    Un altro aspetto pratico di vitale importanza era decidere chi sarebbe potuto resuscitare e chi no. Era una cosa che avevo compreso anch’io, alcuni membri di quella sorta di “squadra” che era diventato il mio corpo non erano adeguatamente fededegni. Una volta rinati il Professore e gli altri si sarebbero trovati in una situazione di vulnerabilità estrema, dovevo fare in modo che i rischi di possibili rivolte o incidenti fossero pari allo zero assoluto. Quando esposi questo mio pensiero al padrone lui si mostrò alquanto sorpreso.

    P: Non pensavo ci sarebbe arrivato da solo. Ha fatto passi da gigante, sono fiero di lei. Maki-dono è la persona che di sicuro merita di più la nostra fiducia. Non sono sicuro che voglia seguirmi nel proseguimento della mia missione, ma sono sicuro che anche in caso contrario non si opporrà a me, non mi intralcerà e non mi denuncerà. Lei è il mio braccio destro. E voglio affrontare questo discorso con lei al mio fianco, sentire il suo pensiero. Questa sera convocheremo una Riunione di Condominio, io, lei e Maki-dono. In quel momento decideremo tutto quanto. Ora torni al lavoro e non si preoccupi di questo.

    Obbedii, come sempre. Appena il sole calò mi misi tranquillo sul letto e attivai la tecnica prevista, evocando gli spiriti del Professore e della mia ex moglie. Il padrone spiegò a quest’ultima tutto quanto in poche parole, elegante ed efficace come solo lui sapeva essere. Lei capì e si fece seria in viso, come poche altre volte l’avevo vista essere. Niente commenti maliziosi, niente insulti, niente scurrilità inutili.

    P: Boris no. Di lui non ci si può fidare. Su questo punto siamo d’accordo?

    Con un semplice gesto di assenso segnammo il destino di un uomo, senza rimorsi. Maki odiava quell’uomo, era morta per colpa sua, per me invece era diverso. I miei sentimenti nei suoi confronti erano complicati. Lui mi aveva salvato da morte certa, ma era colui che mi aveva costretto a fare una scelta che definire dolorosa era poco. Per colpa sua avevo dovuto abbandonare e uccidere mio fratello, la persona che all’epoca amavo più di chiunque altro. Lo sapevo che non avevo avuto altra scelta, che sarebbe morto comunque, probabilmente in maniera più dolorosa, ma l’aver dovuto tagliare la gola al sangue del mio sangue era comunque qualcosa che ti segna per tutta la vita. Potevo perdonarmi, grazie alla ragazzina chiamata Kiria in parte ci ero anche riuscito, ma non potevo dimenticare. Il suo respiro, poi il suo sangue, poi il suo peso morto. Forse era proprio per il peso delle mia azioni che ero arrivato a giurare implicitamente fedeltà assoluta a Boris. E avevo mantenuto il mio voto, nonostante lui ci avesse traditi senza remore. Avevo fatto anche qualcosa di più, lo avevo fatto tornare in vita dopo averlo in qualche modo sconfitto. Una scelta che in molti avrebbero definito priva di buon senso, ma che si era rivelata tutto sommato positiva. Ero sicuro però che reiterare oltre quella decisione non avrebbe portato niente di buono. Boris era un traditore e orgoglioso di esserlo. Non poteva vivere senza macchinare alle spalle e sulla pelle degli altri. Non potevamo lasciarlo vivere, dunque, non era capace di alcuna fedeltà a nessuno. La sua esistenza era pericolosa, doveva morire.

    P: Poi c’è Yamato… lui è più difficile. È un uomo vuoto, ce lo ha confessato lui stesso e non stava mentendo. Ha bisogno di me, anche se non mi ama. Anzi, lui mi odia, ma non può opporsi a me. E non credo che lo farà, io tendo a fidarmi di lui. Rutja-dono, lei cosa dice?

    Il pensiero espresso dal Professore era in effetti perfetto. Yamato era affetto da codipendenza, non poteva fare a meno della persona a cui sceglieva di legarsi. Era quasi come me, ma con una sfumatura diversa. Non era mosso da ammirazione o altri sentimenti affini, il suo era un bisogno quasi fisico. Non ci avrebbe tradito, a maggior ragione visto che il suo precedente padrone, Boris, non sarebbe più stato in vita. In qualche modo ero contento che lui, l’allievo del mio defunto padre, potesse vivere ancora. Per quanto non fosse stato in grado di perseguire gli ideali e l’eredità che furono di mio padre, così come non ne ero stato in grado io, mi sollevava che almeno la sua memoria rimanesse viva ancora per un po’.
    Meno contenta di tutto ciò fu Maki, dato che era stata proprio la genialità del Nara a costarle la vita. Però non si oppose in alcun modo alle parole del Professore e anche alle mie. Fece solo una smorfia di disappunto, ma capì. Il singolo deve saper zittire le proprie idiosincrasie per il bene del collettivo e lei quando voleva sapeva farlo alla perfezione, nonostante le sue tante turbe mentali.

    P: Kleptes… non vedo motivi per tenerlo in vita.

    Io rimasi in silenzio, ero del tutto d’accordo con il Professore. Quell’uomo non aveva fatto mai niente per noi, non ci era mai stato utile, non aveva mai dato prova della propria fedeltà. Non mi aveva dato nessuna ragione per non ucciderlo. Però lo aveva fatto con Maki, la quale infatti prese a sorpresa la parola.

    M: Quando ho fatto a botte con la sgnacchera rossa che poi è diventata kage lui mi ha aiutato. E io avevo promesso che lo avrei ripagato in qualche modo. Non ha mai chiesto nulla per tutto questo tempo, non posso far finta di non avere questo cazzo di debito. Glielo devo, purtroppo. Ci parlo io poi. Gli metterò la questione sul piatto e ovviamente lui sceglierà di sopravvivere come ricompensa. Un po’ spropositata, ma ‘sticazzi, una promessa è una promessa, no? Tanto non sa niente, non gli abbiamo mai detto niente e non pare tipo da poter collaborare con qualsiasi forma di giustizia umana. Me lo concedete questo, capo?

    Il Professore rimase qualche secondo a pensare, poi rispose di sì. Mi chiese di partecipare alla riunione che Maki richiedeva, per questione di semplice comodità.

    P: Quindi di lui riparleremo più avanti. Ora è il momento di un altro punto dubbio. Aya. Ci ha giurato fedeltà da non molto ed era credibile. Però lo ha fatto solo per il bene di Rutja-dono e lui non ci sarà più. Non solo, lui si sarà sacrificato per il bene della causa. Saprà rimanere fedele anche con la consapevolezza di tutto ciò? Voi cosa ne pensate?

    Mi trovai senza parole. Non riuscivo a capire la mente e ciò che muoveva Aya, per quanto mi sforzassi non ci riuscivo proprio. Però riconoscevo che lei ci aveva aiutato davvero molto fin da quando si era unita a noi e che in qualche modo si era meritata la nostra fiducia.

    M: Io dico di parlare anche con lei. Anzi, di far parlarle la testa di cazzo laggiù, di fare che lui le chieda di impegnarsi anche dopo la sua morte per noi. Da lì potremmo vedere le sue reazioni e capire quanto è affidabile. In ogni caso non andrebbe mai contro di noi, io la lascerei vivere comunque, al massimo la si lascia andare, anche lei non sa niente di compromettente e non si metterebbe mai contro di noi. Non so, mi fa un po’ pena, ha buttato al cesso la sua vita per uno così...

    Il Professore fece un semplice cenno con la testa, accettando la proposta e la visione della donna. Non ci fu altro da dire, quindi potemmo passare alla persona successiva, Julius. Madaraki disse che conveniva che parlassi io a quest’uomo, visto che era mio zio e che aveva deciso di collaborare solo per aiutare me. Lui disse anche che dubitava che avrebbe accettato, a suo dire Julius pareva non aver più bisogno e voglia di vivere oltre a quello che aveva già vissuto. Non capii cosa intendesse, ma mi fidai e promisi di compiere quanto richiesto.

    P: E ora gli ultimi arrivati. Le due sorelle vanno resuscitate anche se non collaboreranno di certo con noi. Abbiamo dato loro la nostra parola. Non sanno niente di noi, non possono contrastarci in alcun modo e Aika-dono si è data da fare a dovere. Merita che le venga mantenuta la promessa. Stesso discorso per Yamazoido. Vista l’età a cui rinasceremo tutti è altamente probabile che la sua malattia non ricomparirà subito. Ma è altrettanto probabile che lo faccia dopo un certo ammontare di tempo, cosa che intendo evitare assolutamente. Io non accetto le sconfitte, non senza provarci, quindi mi occuperò io di lui, dovessi metterci anni. Qualcosa in contrario?

    Nessuno dei due si oppose. Questo ultimo atto concluse la discussione, non c’erano altri da dover valutare. La Riunione fu quindi sospesa, ma avendo speso poco chakra nel suo mantenimento, decidemmo che potevamo occuparci già subito delle questioni rimaste in sospeso. Decidemmo di andare in ordine di complessità, partendo prima da Kleptis. Creai un’altra Riunione, facendoci partecipare io, lui e Maki. Fece tutto la donna, che spiegò il suo ragionamento al ladro. Il suo tono era profondamente infastidito, non riusciva a trattenere la rabbia, si sentiva come se l’uomo l’avesse ingannata con una facilità disarmante.

    K: Seppure ovvio io ribadisco volentieri. Questo accordo mi par perfetto e lo accetto senza riserve. E non si crucci, milady, sono solo troppo abile a contrattare.

    La mia ex moglie ringhiò all’uomo, dicendogli di non tirare troppo la corda, al che lui si zittì. Intervenni solo allora, dicendo che se non c’era nulla da aggiungere potevamo terminare lì. Non avevo tempo e chakra da perdere. I due accettarono e dunque spensi la tecnica. Eseguii un rapido Turn Over, per scambiare l’anima che avevo attiva in quel momento con quella di Aya. Le spiegai tutto quanto per filo e per segno, stando ben attento a non essere fraintendibile.

    Ay: Io... io non voglio... non so decidere, non-

    Nonostante la forma limitante che offriva la sistemazione del Matrimonio, riuscii a capire che la ragazza era sull’orlo di una crisi di pianto. O meglio, se avesse potuto avrebbe già iniziato a inondare di lacrimoni il suo volto.

    Dovrai farlo. Succederà, non può essere cambiato.

    A: Non voglio, non voglio, non voglio! Io...

    Ne seguì un silenzio di qualche secondo, che fu riempito soltanto dai miei pensieri, più chiari che mai e forse proprio per questo crudeli per lei. O riusciva a giurare di essere in grado di aiutare il Professore per davvero o sarebbe morta con me.

    Ay: Io... io voglio pensarci ancora un po’. Quanto tempo ho per decidere?

    Qualche mese, immagino. Non credo di poter reggere di più. Per allora dovrai essere pronta o deciderà il Professore per te. E credo tu sappia cosa deciderebbe, in quel caso.

    La ragazza si zittì di nuovo per qualche attimo, poi chiese di essere evocata sotto forma di copia. Io eseguii un altro Turn Over e, mentre ancora ero intontito da questo secondo cambio, creai un Clone dello Sposo con lei dentro. Aya si rifugiò quasi subito nel bagno, dicendo all’anima attiva con il Matrimonio, Julius, che aveva bisogno di riflettere da sola. La sentimmo singhiozzare, quindi probabilmente il suo bisogno prioritario era sfogarsi.

    J: Comunque hai detto che devi parlarmi. Di che si tratta?

    Spiegai ancora una volta la situazione, con tanto di particolari delle analisi del Professore su cosa si aspettava da mio zio.

    J: Ahahah, quel Madaraki ha un occhio dannatamente fino. Sì, non ho alcuna intenzione di avere a che fare con lui e no, non ho più particolare desiderio di vivere. Ho già avuto il mio, non mi farei assolutamente niente di altri cinquant’anni. Voglio tornare dalla mia amata, finalmente.

    Il discorso era stato rapido e chiaro, ero contento che non ci fossero state altre complicazioni come nel caso della ragazza.

    J: Ma sei sicuro che questo sia davvero quello che vuoi? Andare fino in fondo in quella maniera... pensi che sia davvero quello che ti renderà felice?

    Rimasi un attimo stupito da quella domanda, che inquadrava la cosa da una prospettiva diversa da quella con cui guardavo le cose di solito. Quello che IO desideravo? Quello che avrebbe reso felice ME? Era da molto che non consideravo sul serio quegli aspetti, perso nel tentare di servire al meglio il Professore. Però io ero fatto così, solo dando tutto me stesso per il mio padrone sarei stato appagato, mi venne da pensare. Sarei stato felice, solo nel momento in cui avrei avuto la consapevolezza di aver soddisfatto le sue aspettative.

    J: Capisco. E credi che lui lo sarà?

    La domanda arrivò come una pugnalata al cuore. Sapevo benissimo che non lo era, che io ero stato un fallimento dall’inizio alla fine, che lui si era pentito di avermi scelto più volte. Io avevo dato il massimo e per fortuna le cose erano ancora in ballo. Avrebbe trovato presto qualche servitore più adatto di me, quella era la mia speranza maggiore. Io la parte mia avevo provato a farla, ma più di così non ero riuscito.

    J: Quindi ti sei arreso già. Non è da te. Non è finita finché non è finita, sai? Se vuoi non avere nessun rimpianto questo è l’unico modo di procedere!

    E cosa suggerisci, di grazia?!

    Ero arrabbiato, quasi disperato. Essere messi di fronte alla propria impotenza non è mai piacevole. Julius invece era calmo, razionale. Mi chiese quale fosse l’obiettivo finale del Professore, si professò confuso a riguardo anche se avevo i miei dubbi fosse davvero così.

    La gloria. Il riconoscimento che merita per il suo genio. Quello è l’obiettivo. I mezzi con cui-

    J: Dimentica i mezzi, pensa all’obiettivo e basta. A volte agli uomini, anche ai più geniali, capita di non vedere qualcosa di ovvio. Prova a pensare con la tua testa, una volta tanto. Come potresti aiutare Madaraki con quello che hai?

    Non lo so. Non lo so. Non lo so.

    Ero bloccato e lo rimasi per un bel po’. Non sapevo come fare, senza una guida era tutto così difficile per me. Far conoscere agli altri la grandezza del mio padrone, farla capire a tutti.... non potevo mica semplicemente dirlo, doveva esserci qualche altro modo.

    J: E perché no? Perché non dirlo, urlarlo ad alta voce affinché non possano chiudere le orecchie. Hai un messaggio importante, hai anche un modo per diffonderlo?

    Un libro? Un... un qualcosa del genere? No, non ha senso, il Professore ci avrà già pensato.

    J: E invece un suo senso ce lo può avere. Cosa scriveresti in quel libro o quello che sarà? Di cosa parleresti per presentare Madaraki a tutto il mondo?

    Delle sue conquiste. Delle sue tecniche, del Matrimonio, di tutte queste cose. Di ciò che lo rende un genio. Della sua storia. Della mia.

    J: Però dove lo troveresti qualcuno che ti pubblica una cosa del genere?

    Non lo troverei, è per questo che è una pessima idea.

    J: Non ho detto questo. Però se non è qualcosa che puoi affidare ad altri dovrai farla da solo. Hai gli strumenti?

    La risposta ovviamente era no, ma ero convinto che, una volta fatto un piano, le cose si sarebbero potute recuperare senza troppe difficoltà.

    J: Se vuoi fare un libro vero e proprio dubito, ma se ti basta qualche foglio sparso… parliamone con Madaraki, secondo me è meglio. Controlla che la ragazzina stia bene e nel caso poi attiva una Riunione. Voglio sentire cosa ne pensa.

    Eseguii gli ordini. Aya era ancora in bagno a piangere in silenzio, quando le chiesi se fosse tutto a posto disse di sì con tono che sembrava voler essere convinto ma non lo era più di tanto. Mi sedetti di nuovo sul letto, dunque, e ripresi la concentrazione adatta a convocare una Riunione di Condominio tra me, Julius e il Professore. Mio zio si prese l’incarico di spiegare l’idea dettagliatamente, provocando l’interesse ma anche la diffidenza del Professore. Gli chiese come mai avesse voluto tirare fuori una cosa del genere proprio in quel momento.

    J: L’ho fatto solo per aiutare Rutja. Lui non è sereno, si sente troppo poco utile per lei e volevo che cambiasse questa sua idea. Volevo che morisse in pace con se stesso. Sono anni che mi preparo a morire, so quanto questo sia importante.

    Il Professore fece ancora alcune domande inquisitorie, poi sembrò soddisfatto. Il piano non gli dispiaceva, era una base migliorabile ma di sicuro una buona partenza.
     
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    41.2 LA FINE



    Mi ero preso due settimane di permesso, avevo comprato una macchina da scrivere, avevo venduto una parte delle mie armi e con i soldi avevo comprato inchiostro e fogli bianchi in abbondanza. Il Professore aveva composto il testo che dovevamo scrivere, ci aveva lavorato a lungo e con calma, fino a che non aveva raggiunto una versione che lo soddisfaceva. Non era sicuro scrivere mentre eravamo al villaggio, se qualcuno ci avesse scoperto tutti i nostri sforzi sarebbero stati vani. Dovevamo fare tutto in una volta, per ridurre il più possibile prossime a zero le possibilità che qualcosa andasse storto.
    L’ultimo giorno di lavoro fu “particolare”, durante una missione nel Paese degli Uccelli incontrai in rapida successione prima Saruwatari Kamizurui, uno dei tizi con cui avevo condiviso la prigione a Taki, poi Walter Heryul, un ragazzo di Suna con cui mi ero sfidato pochi mesi dopo essere diventato ninja. Con quest’ultimo parlammo poco, per fortuna, ma quando fu ora di andare mi augurò di proseguire ancora a lungo la mia carriera e di avere una salute migliore, visto che mi vide un po’ giù. Magari era anche un bravo ragazzo, ma di certo aveva un tempismo pessimo.
    La mattina seguente partii di buona lena dal villaggio e mi diressi con passo veloce verso il Paese della Zanna. Per poco non mi stavo per perdere a metà strada, però per fortuna fui in grado di rimettermi nel sentiero giusto grazie anche alle indicazioni di una ragazza dai capelli corti di nome Aiko e di uno spilungone di nome Bort. In un paio di giorni di marcia forzata fui lì e potei prenotare quattro stanze in una locanda da quattro soldi. Una volta raggiunto il luogo adatto non perdemmo altro tempo e iniziò il gioco di cloni. Estrassi dal rotolo la macchina da scrivere, poi con essa in grembo eseguii i tre sigilli necessari alla creazione di Cloni del Figlio. Ne evocai quattro, utilizzando quasi tutto il chakra che rimaneva al mio corpo reale dopo la creazione. Il Professore, Maki, Julius e Aika, queste furono le anime prescelte, ognuna occupò una delle stanze a nostra disposizione. Creai infine un Clone dello Sposo senza chakra con Yamato, che al momento debito si sarebbe occupato di fare ronde intorno alla locanda, per assicurarsi che tutto andasse come doveva andare. Una volta creato il primo livello di cloni si passò al secondo, ovvero ciascuno dei Bunshin usò la tecnica della Moltiplicazione Fulminea Inferiore, creando il massimo di copie ottenibili, ovvero quindici ciascuno. Alla fine di quella folle fiera eravamo in più di sessanta me stessi in quelle stanze, circa sedici in ognuna di esse, ammassati uno vicino all’altro tutti con una macchina da scrivere in braccio. Partì di seguito la distribuzione dell’inchiostro e della carta, Yamato portò ad ognuno il suo, che iniziarono a preparare l’apparecchio meccanico. Per i cloni superiori era abbastanza difficile controllare così tanti cloni solo fisici, ma mi ero allenato a riguardo e sapevo che potevano farcela. Alla fine Yamato uscì dall’edificio e il lavoro di battitura poté finalmente iniziare. Ognuno dei quattro cloni superiori aveva un canovaccio impostato dal Professore stesso, che avrebbe dovuto far ricopiare in bella copia ai suoi Rai Bunshin. Un carattere alla volta, in maniera ordinata e ripetitiva, ma rapida visto il numero di copie prodotte in contemporanea.
    “Queste tecniche, riportate qua sotto, sono nate dalla ricerca e dall’esperienza di Madara Nara, studioso e mukenin ultracentenario conosciuto da tempo come Professor Madaraki. Egli ha sconfitto la morte e vive ancora. Io, Rutja Saijin, suo allievo e contenitore temporaneo, le trasmetto al mondo intero affinché chiunque possa conoscere il suo genio, ammirarlo e temerlo, rispettarlo e usarne i frutti. Da ora in poi il mondo non sarà più lo stesso.”
    Dopo questa piccola intestazione il testo proseguiva con la descrizione del Matrimonio dell’Horna, per l’occasione ribattezzato Matrimonio di Madaraki in maniera da dare al nome molto più senso. Venivano dati tutti i dettagli necessari alla realizzazione della tecnica, con metodicità e rigore. Quel jutsu, un tempo considerato dal Professore non certo il suo fiore all’occhiello, ora veniva esposto come il suo maggiore successo. Altre tecniche arrivavano ad ottenere vantaggi maggiori, quello era vero, ma nessuno aveva così tante certezze nella resurrezione e altrettante potenzialità nel combattimento.
    Una volta spiegato in maniera dettagliata il rituale di ottenimento delle anime e le modalità di gestione tra loro, veniva trattata una tecnica non necessariamente collegata al Matrimonio, ma utile perché esso potesse funzionare senza rischi per la salute dell’utilizzatore, ovvero la tecnica di Verifica e Modifica del Gruppo Sanguigno. Di seguito si passava alle tecniche più basilari che utilizzavano il Matrimonio, ovvero la Preghiera del Carcerato, la Riunione di Condominio, il Turn Over, il Soul Killer e la Dote Nuziale. Essendo jutsu non troppo difficili da apprendere non era dato tanto spazio ad essi. Il pezzo successivo era dedicato ai Cloni dello Sposo, tecnica complicata ma dall’enorme potenzialità, e in seguito alla sua versione perfezionata e potenziata, i Cloni del Figlio. Grande attenzione era posta a quest’ultima tecnica, che tanta importanza aveva avuto nell’ultimo paio di anni della mia vita. Veniva poi descritta rapidamente la tecnica del Buon Sangue Non Mente, prima di passare infine al Liberi Tutti, la tecnica definitiva che completava la resurrezione delle anime, seppure ad un prezzo alto. Il Professore aveva ammesso che includere questa tecnica lo metteva parzialmente a rischio, ma per non restringere il range di età in cui lui poteva essere risorto aveva deciso di non inserire quel dato specifico. In questo modo eventuali nemici non avrebbero potuto capirlo e le cose sarebbero dovute filare lisce. Con quella tecnica terminava il lungo testo. I cloni ci avevano messo quasi venti ore filate. Diversi fogli, legati insieme con una pinzatrice che i cloni si passarono uno ad uno. Alla fine, al termine di quella impresa titanica, i bunshin si fecero sparire, lasciandomi da solo. Creai un altro Clone del Figlio, con il Professore dentro, che si occupò della difesa del luogo, così potei dormire per quattro ore intere.
    Quando mi svegliai ero quasi in piena forma, pronto per fare il grande passo. Prima di tutto dovevo occuparmi di coloro che non avrei dovuto resuscitare. Iniziai da Julius. Mio zio non disse molto, mi chiese soltanto se ero ancora convinto di volermi sacrificare per il mio padrone e se ero soddisfatto di come sarebbero andate le cose. Risposi a entrambe le domande con un sì. Lui mi domandò se mi sentivo pronto e ancora una volta ottenne responso positivo.

    J: Ottimo, lo sono anch’io. Procedi pure, ragazzo!

    Una volta spento il Matrimonio bastò attivare il chakra per il Soul Killer e il giocò fu fatto. Provai ad attivare di nuovo la sua anima con il Matrimonio, ma non ci riuscii, segno che la tecnica aveva avuto successo. A questo punto toccava a Boris. Lo richiamai e gli spiegai brevemente la situazione.

    B: E quindi? Lo sapevamo entrambi da tempo, perché ti sei disturbato a chiamarmi? Non avrei mai aiutato Madaraki, ha fatto bene a non fidarsi di me. Forza, fallo! Mi avete già ucciso una volta, non cambia niente farlo una seconda. Almeno mi ha fatto fare quattro ghignate alle tue spalle in questi ultimi anni, tutto sommato poteva andare peggio.

    Non sapevo bene cosa rispondere, quindi disattivai semplicemente la sua anima e poi la uccisi. Non riuscivo a capire come avrei dovuto sentirmi a riguardo, quindi decisi di ignorare la questione e di passare al passaggio successivo. Uscii dalla locanda, con un paio di cloni creati al volo a tenere la roba necessaria. Mi allontanai il più possibile da ogni forma di centro abitato, in un luogo deserto e sconsolato. Alla fine raggiunsi una piccola grotta a strapiombo sul mare, un luogo in cui nessuno ci avrebbe dato mai fastidio alcuno. Il luogo perfetto per fare quello che dovevo fare. Feci poggiare a terra tutto quanto e poi poggiai al suolo anche quanto rimaneva del mio equipaggiamento. Poi mi sedetti e spensi tutte le tecniche attive, compreso il Matrimonio. All’improvviso mi trovai totalmente da solo, come non ero stato da molto tempo. Nessuna voce in testa, nessun clone da cui prendere ordini, niente. Solo io e il mio compito. Nessuna esitazione, chiusi gli occhi e iniziai a concentrare il chakra, tutto quanto. Iniziai a lasciarlo circolare, a muoverlo, a fare in modo che raggiungesse ogni singola cellula del mio corpo. Una volta fatto ciò impastai l’energia e il processo non poté più essere fermato. Sentii pian piano varie parti del corpo reagire, polverizzarsi. I recettori del dolore reagirono a questo fatto e trasmisero impulsi di intensità notevole. Era qualcosa di tremendo, ma ero abituato a soffrire. Sentire parti di sé scomparire nel nulla era terrificante e in un paio di momenti temetti di svenire. Mantenni alta la concentrazione, dovevo rimanere vigile fino all’ultimo istante possibile, per essere sicuro che la procedura si completasse con successo. Più volte mi ero ritrovato con tutte le ossa rotte o quasi, ma questo era qualcosa di più. Sentii svanire dei pezzi, prima mani e piedi, poi gambe e braccia, poi sentii che anche il sedere e il busto se ne stavano andando. Il tutto lentamente e senza concedere alcuno sconto di dolore. Tutte quante le mie cellule si distruggevano, si polverizzavano e quando finalmente arrivò anche il turno della mia testa capii che il mio tempo su questo mondo era giunto al termine. I testi erano davanti a me e presto ci sarebbero stati anche i corpi del Professore e degli altri. Non potevo chiedere di più. Quando il nulla mi prese io lo accolsi, accettai la morte con vera serenità in quanto essa stava dando senso a quel disastro unico che era stata la mia vita. E poi più niente.

    Liberi Tutti
    Tipo: Ninjutsu
    Livello S
    Tecnica derivata dal Matrimonio dell'Horna, che permette la resurrezione completa delle anime rinchiuse nel corpo dell'utilizzatore, a prezzo della sua vita. Dopo aver attivato la tecnica, il corpo e l'anima dell'utilizzatore vengono sminuzzati a livello atomico, causando la sua irrevocabile e dolorosissima morte. Quando questo processo viene completato, si attiverà un processo di ricomposizione del corpo delle anime raccolte con la tecnica del Matrimonio dell'Horna. L'età fisica di questi corpi sarà pari alla metà dell'età dell'utilizzatore, ma a parte questo aspetto i corpi saranno uguali a quelli che le anime avevano in vita. La memoria invece viene mantenuta intatta, compresi i ricordi maturati nel periodo di reclusione nel corpo dell'utilizzatore. I corpi ricostruiti in questa maniera saranno sempre di livello 1, privi della conoscenza di alcuna tecnica o abilità, ma con le potenzialità genetiche di riacquistare le proprie innate tramite allenamento.
    [Il processo dura 20 minuti e può essere effettuato solo in stato di calma assoluta]
    Consumo: tutto il chakra

     
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    41.3 UN NUOVO INIZIO



    PROFESSORE
    Quando riaprii gli occhi ero di nuovo in un corpo tutto mio. Il corpo di un bambino, di soli dieci anni, ma era comunque mio. Mi tastai e accertai che ero effettivamente rinato, la tecnica aveva funzionato. Nel punto in cui avevo lasciato Rutja non c’era niente se non i suoi vestiti. Quel ragazzo aveva compiuto davvero quel passo, ero molto fiero di lui. Ci avevo visto giusto, lui era quello di cui avevo bisogno. Gettai uno sguardo nei dintorni e controllai che ci fossimo tutti e così era. Otto bambini nudi nel bel mezzo di una grotta, non uno spettacolo usuale, ma quello era l’ultimo dei nostri problemi.

    P: Bentornati nel regno dei vivi, signori. Credo che tutti ricordiate i vostri compiti, no? Vogliamo iniziare?


    KLEPTES
    Dopo l’iniziale sgomento fui avvolto dalla delizia di esser di nuovo in vita e quando l’artefice di quel prodigio ci chiamò a raccolta fui il primo a giungere. Mi dissi pronto, al che egli mi indicò la mia parte. Per prima cosa mi vestii. A letto, con una donna al mio fianco, quello era l’unico momento in cui mi trovavo a mio agio ad essere ignudo. Una volta superato quel problema prelevai il mio compenso e il mio compito, dopodiché salutai la comitiva che aveva condiviso con me quella sistemazione provvisoria e mi preparai a ripartire con la mia nuova esistenza. Controllai che nel rotolo da polso che mi era stato consegnato ci fosse davvero la Forchetta della Verità e così era. Avrei dovuto fare la mia parte, dunque, ma ciò non mi crucciava più di tanto. Mi presi il mio tempo, prima di tutto nascosi il mio tesoro, poi grazie ai grimaldelli che mi erano stati concessi mi occupai di recuperare le basi delle abilità che un tempo erano state del mio corpo. Re-imparai anche la Trasformazione e altre tecniche che mi erano necessarie, oltre a ristorare una piccola parte delle mie passate qualità fisiche. Sopravvissi grazie a qualche furtarello, me la cavai egregiamente come era usuale per me. Per quanto fossi ripartito da zero le esperienze di tutti quegli anni di illegalità non potevano essere dimenticate e avevano lasciato un marchio indelebile sui miei modus operandi. In un mese fui pronto per dare il via al mio compito. Avevo preso l’impegno con Madaraki di coprire tutti i mercati neri di cui ero a conoscenza e di vendere laggiù i testi che il ragno si era premurato di far stampare. Ci avrei messo mesi e mesi a completare un’opera di tale portata, ma iniziai subito a darmi da fare per diffondere la parola di quei pazzi. Odiavo lavorare e i soldi che ne ricavavo di volta in volta erano pochi, ma il mio onore di ladro mi imponeva di non lasciare non pagato un debito del genere. Del resto avevo ottenuto la mia resurrezione e un tesoro di inestimabile valore, dovevo fare la mia parte. E l’avrei fatta.

    AIKA
    Io ero pronta a rinascere. Aki no. Era sconvolta, afflitta. Provai a calmarla. Ero emozionata dal vederci di nuovo bambine. Mi sembrò di poterla salvare, come non ero riuscita a fare all’epoca.

    Ai: Tranquilla, sorellina. Ci penso io. Fidati di me.

    Con una carezza e un abbraccio la calmai. Poi, quando il ladro fu andato, mi avvicinai da Madaraki. Presi i vestiti, presi un foglio e infine mi allontanai di nuovo. Al riparo da occhi indiscreti io e Aki ci vestimmo. Poi, senza dire una parola di più, fummo fuori da quella grotta. In pochi giorni di cammino arrivammo all’Abbazia del Monte di Mikeru il Santo. Consegnai il foglio all’abate superiore e lui lo lesse. Gli spiegai la situazione e lui non mi credette. Gli raccontai di cose che solo io e Aki avremmo potuto conoscere e lui iniziò a credermi. Nonostante questo decise di mantenere il segreto con tutto il resto dei confratelli e consorelle. Non avrebbero capito, disse. Ne parlai con Aki e scegliemmo due nuovi nomi. Lei fu contenta di poter ritornare alla sua vita di meditazione e devozione. E io fui contenta di vederla contenta. Era solo per quello che ero rinata.


    AYA
    Il terzo turno fu il mio. Non dissi nulla a Madaraki e agli altri, ascoltai solo le indicazioni che mi furono date un’altra volta. Me ne andai abbozzando solo un timido saluto, ero troppo sconvolta. Avevo visto i vestiti di Rutja poggiati per terra, avevo capito che ormai lui non era più in questo mondo. Sapevo che sarebbe successo, ma fui colpita comunque, era davvero doloroso. Dovevo però seguire le sue ultime volontà, me lo ero imposto. Su di me gravava il compito più grande di tutti, non lo avrei deluso per nessuna ragione. Sfruttai i soldi che mi erano stati affidati e presi una marea di francobolli internazionali, che poi applicai meticolosamente su tutte le lettere da spedire. Dentro esse c’era la sua eredità, la storia della sua vita, gli sforzi di tutta la sua esistenza. Ero felice che, anche solo in qualche modo minore, gli sarebbe stato riconosciuto qualcosa. Rutja aveva dato tutto per Madaraki, era giusto che un po’ di onore andasse anche a lui. Le missive avevano destinatari importanti e precisi. Gli uffici dei dieci kage delle nazioni ninja e i direttori delle rispettive accademie. Altre lettere erano state inviate ad alcuni dei più celebri giornali e istituti scientifici del continente, anche di paesi senza eserciti di shinobi, tipo quello del Tè. Gli ultimi testi erano invece stati indirizzati a persone singole, ninja e non che Rutja e i suoi cloni avevano avuto modo di conoscere durante gli ultimi anni. Kiria Yami Uchiha, Walter Heryul, Saruwatari Kamizurui, Natsuki Kuga, Rin e Kiryan Sabakuyoru, Kuniyoshi Uchiha, Kenshi di Yuki e pochi altri. Nessuno di questi nomi mi diceva granché, ma non ero mai stata brava a ricordare le persone. Per essere sicura che le lettere non andassero perse o non fossero fermate in blocco, le spedii da luoghi diversi, ognuna in una singola cassetta differente. Ci misi diversi giorni, ma per fortuna avevo provviste e soldi per cavarmela. Avevo girato per Zanna e Artiglio, poi ero entrata nel territorio del Suono e prima di arrivare alla Neve avevo già smaltito il tutto. Mi diressi dunque verso il Paese della Cascata, verso casa, ma mi fermai prima di raggiungere il villaggio dove ero nata e vissuta. Mi fermai in un bosco come un altro, ma che era stato un posto speciale per Rutja, come mi aveva confessato lui stesso quando gli avevo chiesto dove avrebbe voluto essere seppellito. Lì aveva dovuto uccidere il suo fratellino malato, lì a sua detta aveva rinunciato a ciò che rimaneva della sua umanità ed era diventato quello che era diventato. Io lo avevo amato e lo amavo per tutto quello che lui era, per questo volli visitare il posto dove era nato “quel” Rutja. Una volta arrivata estrassi il kunai che mi era stato concesso di tenere per quello scopo e lo puntai alla mia gola. Con un gesto deciso recisi la carotide o quello che era, sgozzandomi. Morii così, per la seconda volta, nel posto in cui il mio amato avrebbe voluto morire. Chissà se qualcuno mi avrebbe trovata o se sarei stata mangiata da qualche bestia. Non mi importava del mio corpo, ciò che contava era la mia anima e quella, ancora una volta, era con Rutja.

    PROFESSORE
    Quando furono partiti tutti quanti rimanemmo solo più io, Maki, Yamato e Yamazoido, quello era il gruppo da cui saremmo ripartiti. Dei primi due mi fidavo ciecamente, l’ultimo invece sapeva troppo poco ed aveva troppo da perdere per poter tentare comunque qualcosa di sciocco. Avrei provato a tutti costi a trovare una cura alla sua malattia, poi lo avrei lasciato andare perché vivesse la sua vita.

    P: Riassunto del piano. Ci prendiamo due giorni di allenamento qui, poi ognuno per la sua via. Io e Yamazoido andremo a Oto, Yamato a Konoha, Maki a Kiri. Ci muoveremo a scaglioni, noi per primi, voi aspetterete rispettivamente due settimane e un mese circa. Io proverò a carcare lavoro in ambito medico, devo recuperare tutte le abilità perdute, voi invece dovrete aggiustarvi con quello che trovate. Maki, tu ovviamente farai l’esame genin, immagino. Mi fido della tua circospezione. Domande?

    I miei sottoposti non dissero una parola, annuirono soltanto. Maki aveva un ghigno divertito sul volto, mentre gli altri due erano molto più seri.

    P: Tra sei mesi esatti ci troveremo qui per fare il punto della situazione. Ricordate, la rivoluzione è appena iniziata!

     
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