How you met my mother

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    Demone incendiario

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    La guerra finì per tutti, per quanto per alcuni sembrò durare di più che ad altri. Gli strascichi di ciò che lì era accaduto si ripercossero sull'anima di ognuno di coloro che vi aveva partecipato e io stesso non potevo dirmi del tutto immune dalle conseguenze psicologiche di un evento così traumatico, per quanto potessi essere avvezzo a situazioni del genere. Il mese di vacanza che mi fu concesso fu utile anche a recuperare le energie mentali dissipate lungo il conflitto, anche se non rinunciai neanche in questo periodo a sessioni di allenamento dai ritmi man mano crescenti. Non potevo perdere troppo tempo e oltretutto rafforzarmi migliorava anche quello strano percorso di ritorno alla normalità, sebbene questa parola disegnasse molto a fatica la mia vita quotidiana.
    Il ritorno al lavoro fu caratterizzato da una serie di missioni molto semplici, più di quelle che mi venivano assegnate in precedenza. La quinta di esse mi portò in un piccolo villaggio portuale, nel nord del nostro paese. Un posto molto tranquillo, che però era stato sconvolto da un improvviso tsunami, che aveva colto tutti gli abitanti impreparati. Tre morti e una decina di feriti, questo sarebbe stato il bilancio finale, senza contare i danni ingenti ai già non eccelsi immobili. Il mio compito era proprio quello di prestare soccorso e aiutare le prime opere veloci di ricostruzione. Avrei accompagnato un ninja medico di alto livello, insieme ad un paio di altri genin. Arrivati sul posto, su comando del nostro superiore ci dividemmo le capanne ridotte peggio, mentre egli si occupava di prestare le prime cure ai feriti più gravi. Io capitai in una baracca a due piani, il cui primo piano era collassato praticamente sopra quello inferiore, schiacciando un po' tutto ciò che vi era lì dentro. Avventurarmi sopra le scale sarebbe stato decisamente fuori luogo, avrei rischiato di far crollare quel poco che ancora reggeva, quindi mi mossi sul pianterreno, cercando persone o cose ancora integre. Dopo poco trovai il cadavere di un uomo abbastanza anziano. Aveva una grossa trave piazzata sopra la sua schiena e vicino alla nuca c'era una gigantesca pozza di sangue. La tempesta risaliva a solo tre ore prima ed egli dava l'idea di essere morto immediatamente. Probabilmente non aveva neanche sofferto troppo, mi ritrovai a pensare. Avrei dovuto portare il corpo fuori dalle macerie, ma prima volli accertarmi che non ci fossero altri abitanti in quella casa. Avanzai in ciò che restava delle piccole stanze, finché non trovai uno strano rotolo illustrato, che immaginai in precedenza fungesse da decorazione di una parete. Incuriosito, mi avvicinai per dare un'occhiata migliore. Non lo avessi mai fatto! Sulla carta erano raffigurati l'uomo e quella che sembrava essere sua moglie, entrambi nel fiore della gioventù. Lui non aveva nulla di strano, ma lei... lei era mia madre. Non capivo come questo fosse possibile, ma la donna che avevo davanti ai miei occhi non poteva essere altri che quella che mi aveva messo al mondo. L'avrei riconosciuta tra mille altre, talmente tanto era l'odio che provavo per lei. Provai il forte impulso di distruggere tutto, ma ebbi vita facile a controllarmi. Però volevo capire di più, anche perché, osservando meglio, il sorriso disteso che la donna del dipinto sfoggiava era qualcosa di inedito per mia madre, neanche nelle foto del suo matrimonio aveva un'espressione del genere. Che avessi appena scoperto un aspetto segreto di una delle persone che più mi aveva rovinato la vita? L'idea di esporre un peccato inconfessabile di quella donna mi stuzzicava non poco, sarebbe potuta essere una piccola vendetta anche post-mortem, avrebbe potuto voler dire rovinare la sua memoria come del resto meritava che fosse fatto. Chiesi il permesso al Professore di prendere il sangue del defunto, in seguito avrei potuto decidere più lucidamente se fosse il caso o meno di richiamare in questo mondo l'uomo che pensavo potesse sapere qualcosa di compromettente per la pace eterna di quella puttana di mia madre.

    P: Faccia come crede, Rutja-dono. Le siringhe non sono una merce così rara. Si premuri solo di non farsi scoprire, poi discuteremo con Yamato-dono e vedremo se ha qualche nozione riguardo a ciò.

    Ringraziai il mio padrone per la comprensione e mi affrettai a raccogliere un po' del sangue uscito dalla testa dell'anziano. Era ancora in buono stato, per fortuna. Dopo aver sistemato la siringa piena in uno dei rotoli da braccio, ripartii a eseguire la missione che mi era stata assegnata. Portato fuori il cadavere, il medico mi chiese come mai ci avessi messo così tanto. Stavo per farmi prendere dal panico, quando il Professore riuscì a trovare il modo di aggirare la domanda e allo stesso tempo di ottenere nuove informazioni. Infatti mi fece dire che, avendo visto un dipinto con la moglie dell'uomo in questione, avevo provato a cercare costei, nella speranza di trovarla viva. Senza successo, ovviamente. A quest'ultima affermazione rispose un villico, con una piccola risata e una frase allusiva. La moglie “se n'era andata” più di venticinque anni prima, ma l'uomo non era riuscito mai ad accettare la cosa, secondo lui. Mi misi subito a elaborare questi nuovi dati, arrivando a descrivere una teoria secondo la quale mia madre fosse vissuta fino ad un certo punto, poi avesse deciso di andare o di tornare ad Ame, dove finì per sposare mio padre e dare vita a quel disastro che fu la nostra famiglia. Non tornavano tutte le cose, però sembrava sensato.

    P: Resti concentrato sulla missione, avrà tempo più avanti per tutto questo.

    Obbedii e passai il resto della giornata a lavorare alacremente, radunando i sopravvissuti e i corpi dei meno fortunati, rattoppando le abitazioni che ancora si reggevano in piedi e accompagnando a Taki i pochi che non avevano più una dimora. Qui avrebbero trovato l'ospitalità di una qualche comunità religiosa che si era messa a disposizione del villaggio, ma non mi interessai molto della questione. Ero troppo curioso a riguardo della sconvolgente scoperta di mattina per curarmi di qualsiasi altra cosa.
    Dopo aver fatto rapporto, ebbi tempo di agire, visto che la missione successiva sarebbe stata il pomeriggio seguente. La sera ottenni il permesso dal Professore di parlare con Yamato, che mi disse di non conoscere alcunché della vita di mia madre prima del matrimonio con mio padre, anzi di non conoscere praticamente niente sulla mia famiglia in generale, dato che non era mai stato interessato ai pettegolezzi e che il suo sensei non parlava mai della propria vita privata sul lavoro. Contrariato dal non aver guadagnato nessuna informazione, aspettai la mattina seguente per dirigermi appena fuori dal villaggio, in un piccolo ambulatorio semi-clandestino, che si trovava in un minuscolo villaggio. Qui chiesi delle analisi complete sul campione di sangue fornito, chiedendo se esso contenesse o meno tracce di malattie contagiose. Ottenni una risposta negativa in poco tempo e potei occuparmi di chiedere per l'ultima volta il consenso del Professore, questa volta all'utilizzo del Matrimonio dell'Horna su quell'uomo. Egli disse che riteneva poco probabile che ottenessi le informazioni che andavo cercando, ma anche che un alleato in più sarebbe potuto tornare utile in ogni caso. Fui sollevato nel sentire che la mia digressione egoistica non solo non stava intralciando troppo i piani del mio padrone, ma avrebbe avuto persino qualche chance di rivelare una propria utilità per essi.
    Mi diressi quindi di gran carriera verso casa. Lì svolsi in fretta gli ultimi preparativi, il cambio di gruppo sanguigno e infine l'iniezione, dando il via per l'ennesima volta a quella tecnica geniale.

    JULIUS
    Per la seconda volta in poco tempo mi svegliai di soprassalto. Se la prima occasione era stata colpa di un maltempo estremamente violento, ora era una voce che mi rimbombava nelle cervella a disturbare il mio sonno. Mi chiedeva se c'ero, se il “rituale” era riuscito e insisteva a ripetere che voleva sapere qualcosa su sua madre, accompagnando questo titolo con epiteti poco rispettosi di tale donna sconosciuta.

    J: Dove sono? Cosa... cosa diavolo è successo? Io...

    Mi stupii nel rendermi conto di non possedere più un corpo, di essere una sorta di entità eterea, sospesa in uno strano limbo ma comunque in grado di parlare e pensare come facevo prima. Dunque mi rivolsi alla voce, per ottenere le risposte che cercavo.

    Sei morto. Condoglianze. Io ti ho resuscitato e ora sei ospite nel mio cervello. Ci sono altre persone che sono come te, poi te le presenterò. Io sono Rutja e la persona che ha permesso la tua resurrezione è il Professor Madaraki, poi conoscerai anche lui. Ti ho richiamato perché ho visto il dipinto in casa tua e sembra che tu sia stato sposato con quella puttana di mia madre, quindi voglio sapere se è vero. Prima mi dici questo, poi sentiremo gli altri e vedremo come potrai renderti utile!

    Ci misi un attimo ad assimilare il primo dato, non capita tutti i giorni di morire. Però non fu difficile riportare alla mente il momento in cui l'onda anomala si era abbattuta su casa mia. Avevo tentato di fuggire fuori, ma i ricordi che avevo finivano lì, di conseguenza dovevo aver fallito nel trarmi in salvo. Non proprio il tipo di morte che mi sarei immaginato per me, mi ritrovai a pensare.
    Riguardo alla seconda parte di informazione, sembrava uno scherzo male elaborato. “Ospite nel cervello altrui”, anche questa non era una cosa molto usuale. Però i pochi indizi a mia disposizione sembravano comprovare quell'assurda tesi, tra i sensi ancora presenti ma non del tutto miei e la capacità di ascoltare senza problemi il flusso costante di pensieri di quel Rutja. Una situazione a dir poco straniante.
    La parte meno interessante di quel discorso iniziale era in realtà quella che probabilmente importava di più al mio interlocutore. Fu da questa che riuscii a farmi un'idea più precisa della sua personalità, con risultati non proprio lusinghieri per egli. Mi sembrava stupido, oltre che egoista e sgarbato. Di conseguenza non mi feci troppi problemi a rispondergli in maniera brusca e diretta.

    J: Mia moglie è morta ventisette anni fa. Dalla tua voce direi che non dovresti avere più di vent'anni o giù di lì. Puoi capire anche tu che non è possibile in nessun modo.

    Ma morta morta? Ne sei sicuro? Perché uno dei tizi del villaggio aveva detto che “se n'è andata”...

    J: Ma sei scemo?! Sono sinonimi in questi casi, ignorante! Ti assicuro che è morta prima che tu nascessi. Credo che anche tu ne saresti sicuro se vedessi la donna della tua vita smettere di respirare dopo una lunga e penosa malattia. Dopo aver perso l'unica cosa importante della tua vita e esserti ritrovato del tutto vuoto!

    Io... m-mi dispiace, non sapevo. Io non posso amare gli esseri umani, ma credo di aver capito cosa voglia dire perdere tutto.

    J: Cosa caspita vai blaterando?! Mah, lasciamo perdere, va... che poi in ogni caso non avrebbe avuto senso. Non eravamo neanche di questo paese, noi. Eravamo di Ame, anche se eravamo fuggiti da quel posto...

    Anch'io sono di Ame e anche mia madre. Ti giuro che lei era uguale alla donna sul dipinto. Non è che erano parenti? Lei si chiamava Suzuka Okajima...

    J: Sul serio?! Quella grandissima stronza?!

    Esatto, quella grandissima stronza. La conosci, dunque?

    J: Era la sorella di mia moglie. Ci ha rovinato la vita e, prendendola molto larga, si può dire che sia il motivo per cui lei è morta così presto. Che fine ha fatto?

    L'ho uccisa io. Per sbaglio e senza volerlo, ma l'ho uccisa io. Quanto non rimpiango che sia successo!

    Il giovane, che si era rivelato essere mio nipote, iniziò a raccontarmi gli abusi che la donna eseguiva di routine contro la sua prole, dopo la morte di suo marito. A quanto pareva aveva sbroccato definitivamente dopo la nostra partenza. Un po' mi dispiacque per il ragazzo, anche se al momento non conoscevo il resto della storia. Di sicuro fui contento che lei invece fosse crepata in maniera inutile e dolorosa.

    E invece a voi come ha rovinato la vita?

    Visto che me lo aveva chiesto direttamente e che in fondo non avevo nulla da nascondere, raccontai al ragazzo un po' della storia della mia vita. Nessuno la conosceva per intero, mi ero sempre fatto problemi a far sapere agli altri dei miei trascorsi poco lusinghieri, però ormai ero morto, niente poteva andare più storto di così.

    J: Il mio nome è Julius Kiryuin, figlio di una vecchia famiglia nobile in decadenza, dotata di un'antica abilità innata.

    Raccontai di come i miei genitori volessero usarmi per far riprendere quota al nostro lignaggio, promuovendo un matrimonio di pura convenienza con una famiglia non aristocratica, ma che da anni occupava importanti ruoli istituzionali nell'amministrazione centrale del Daimyo del Paese della Pioggia. Io ero il prescelto e mi sarei dovuto sposare con la più grande delle figlie degli Okajima, Satsuki. I matrimoni combinati sono una prassi ancora molto in voga nel mondo dei nobili e solo una volta su un miliardo di casi essi sono accompagnati da una qualche forma di amore, anche lieve. Io ero proprio quel caso, più unico che raro. Io e la mia promessa ci innamorammo in fretta e mi trasferii nella loro dimora familiare per i mesi precedenti alla cerimonia. Qui vivemmo felici, finché Suzuka non cercò di mettersi in mezzo. Si infiltrò nottetempo nella mia camera e si presentò del tutto ignuda davanti ai miei occhi. Per quanto fosse molto molto simile di aspetto a sua sorella maggiore, la riconobbi subito e la scacciai a male parole. Lei reagì nel peggiore dei modi, ovvero gridò ad alta voce, accusandomi di tentato stupro. Capii subito cosa voleva dire tutto ciò, quella ragazzina viziata voleva semplicemente rovinare la gioia mia e di sua sorella. Se non ci fosse riuscita facendomi tradire la mia amata, ci sarebbe riuscita impedendo il matrimonio. Non glielo avrei permesso. Prima che potesse accorrere chiunque, fuggii dalla stanza e mi diressi verso quella di Satsuki. Lì chiesi alla giovane donna di fidarsi di me e di scappare, raccontandogli in breve dell'agguato della sorella minore e della sua accusa. Lei non dubitò neanche un istante di ciò che le dissi, anche perché Suzuka le aveva promesso vendetta tempo addietro per un qualche futile motivo che dimenticai presto, tanta era la sua inutilità. In ogni caso scappammo in fretta e furia fuori dalla città e poi dal Paese, praticamente senza portarci niente dietro, talmente era stata improvvisa la decisione. Dopo un po' di giri, piombammo nel villaggio dove Rutja mi aveva trovato. Sgobbammo con tenacia assoluta per guadagnarci da vivere e, dopo un anno dalla nostra fuga, finalmente riuscimmo a sposarci. Era una vita felice, anche se faticosa, ma durò molto poco. La miseria porta spesso malattie e una colpì in maniera letale Satsuki. Dopo la sua morte, incapace di reggere il dolore, riuscii in modo rocambolesco a imbarcarmi su una scalcagnata nave di pirati e mi diedi alla vita da fuorilegge. Libertà assoluta, violenza, alcool. Tutto sommato non era male, anche se mi mancava terribilmente Satsuki e tutto quello che avevo perso con lei. Tra un'avventura e l'altra passarono in qualche maniera più di vent'anni e il fisico cominciò a non reggere più le fatiche della pirateria. Appena potei ritornai quindi alla vita stanziale, riapprodando nel villaggio da cui mi ero imbarcato. Ripresi la mia attività precedente, la pesca, e così vissi alla giornata, in attesa che la morte mi cogliesse.

    J: Di certo non mi aspettavo di rinascere subito, in questa maniera. Questo è tutto, più o meno...

    Il ragazzo fu molto interessato a tutto il mio racconto. Non potevo guardarlo in faccia, ma i suoi pensieri, in parte durante e soprattutto dopo la narrazione, lo resero esplicito. Insistette perché gli raccontassi, prima o poi, alcune delle mie avventure marinare.

    J: Come vuoi, nipote. Però prima non devo conoscere 'ste altre persone che sono nella mia stessa condizione? E devi spiegarmi un po' meglio tutta quanta la situazione, non è che ci abbia capito poi molto, sai...



    Legenda
    P: Professor Madaraki
    J: Julian Kiryuin

    OT
    Tecnica utilizzata:

    Horna no Nyuuseki (Il Matrimonio dell'Horna) (Tecnica personale)
    Livello A
    Tipo: Ninjutsu
    Tecnica che permette il dialogo con i defunti, inventata dal professor Madaraki. Per poter attivare la tecnica è necessario disporre di una discreta quantità di sangue del defunto (almeno 200 ml), impregnato del chakra di costui. Dopo essersi iniettato in vena il sangue, l'utilizzatore dovrà iniziare una lunga cerimonia pratica, che dura all'incirca un'ora se il corpo del defunto non si trova nei paraggi, la metà se il corpo è a meno di cento metri di distanza. Al termine del processo si potrà dunque ospitare l'anima del defunto all'interno del proprio corpo, in maniera permanente, fino alla morte dell'utilizzatore. In questo modo, su comando dell'utilizzatore, egli sarà in grado di conversare con il defunto, il quale avrà le stesse capacità intellettive, le stesse conoscenze e lo stesso carattere che ebbe in vita. Di norma le anime ospiti sono dormienti e inermi, solo grazie all'utilizzatore possono temporaneamente tornare alla vita. In questo modo l'anima potrà parlare con l'utilizzatore e ricevere i medesimi impulsi sensoriali di costui. Inoltre egli sentirà ogni pensiero dell'utilizzatore e dialogherà con essi.
    Non è possibile evocare più di una anima alla volta. Il numero di anime che l'utilizzatore può ospitare è crescente, pari al suo livello. Non si potranno raggiungere però le anime di coloro che sono defunti da oltre un anno. Inoltre i defunti che hanno la propria anima ospite nel corpo dell'utilizzatore della tecnica, non saranno in grado di essere richiamati in vita con nessun altra tecnica di resurrezione, fino a quando l'utilizzatore di questa tecnica è in vita. Il costo della tecnica è diviso in due parti, uno per l'acquisizione dell'anima e uno per risvegliarla volta per volta.
    [Sigilli per il rituale: 10]
    [Sigilli per il richiamo: 5]
    Costo del rituale: 100
    Costo di richiamo: 20


    Anima che punto ad ottenere:

    Julius

    Anziano zio di Rutja, vissuto come pescatore e pirata per lungo tempo. Calmo e posato, i suoi sentimenti per la defunta moglie sono rimasti immutati nonostante il tempo trascorso. Per questo non ha obbiettivi o desideri dalla vita e si è posto di aiutare suo nipote con le poche forze a sua disposizione.

    Dati di quando era in vita

    Aspetto

    Voce

    Antonio Sanna

    Punto di forza

    Agilità

    Altezza

    181 cm

    Peso

    78 kg

    Theme personale

    Break of Reality - Helix



     
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  2. .|Ye|.
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    Letto a approvo. Ti segnalo alcune piccole cose:
    CITAZIONE
    Il mese di vacanza che mi fu concesso fu utile

    CITAZIONE
    insieme ad un paio di altri genin

    D eufonica che si poteva omettere.

    CITAZIONE
    Il ritorno al lavoro fu caratterizzato da una serie di missioni molto semplici, più di quelle che mi venivano assegnate in precedenza. La quinta di esse mi portò in un piccolo villaggio portuale, nel nord del nostro paese.

    Siccome hai iniziato una nuova frase avrei formulato diversamente, esempio "Il quinto incarico".

    CITAZIONE
    Provai il forte impulso di distruggere tutto, ma ebbi vita facile a controllarmi. Però volevo capire di più

    Ci sono due congiunzioni avversative a breve distanza e una è dopo il punto.

    CITAZIONE
    Portato fuori il cadavere, il medico mi chiese come mai ci avessi messo così tanto.

    Useless

    CITAZIONE
    Ero troppo curioso a riguardo della sconvolgente scoperta di mattina per curarmi di qualsiasi altra cosa.

    forse "mattutina"?

    CITAZIONE
    Qui chiesi delle analisi complete sul campione di sangue fornito, chiedendo se esso contenesse o meno tracce di malattie contagiose.

    serve?

    Non conosco bene Rutja però la storia l'ho capita ed è scritto tutto bene come nel tuo stile. Carino il fatto che l'hai gestita anche sotto il punto di vista dello zio :sisi:
     
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1 replies since 14/3/2016, 16:05   85 views
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