Piove morte, non puoi rimanere asciutto!!

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    Demone incendiario

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    Attesi molto tempo per poter avere un'occasione di andare ad Ame. Lì avrei potuto visitare il magazzino del professore. Erano passati ormai quasi sei mesi dalla sua dipartita, ma i passi avanti che avevo compiuto erano stati fin troppo pochi. Tra missioni e allenamenti il tempo volava senza che io compissi quei miglioramenti che erano attesi. Era più che evidente che da solo non ero in grado di fare molto, avevo bisogno delle istruzioni del professore, perfino dall'oltretomba.
    La missione del giorno era piuttosto insulsa, aiutare nella ricostruzione di un piccolo villaggio a pochi chilometri dalla capitale del Paese della Pioggia, colpito da una tempesta più forte delle altre. Venimmo mandati in due genin e completammo senza difficoltà il compito in appena mezza giornata. Ci dirigemmo quindi in tutta fretta ad Ame e facemmo un rapido giro della città. Passai con nonchalance anche di fronte al magazzino del professore, ma non era ancora il momento di visitarlo per bene, quindi tirai dritto. Raggiunto il palazzo del kage, facemmo rapporto ad un suo sottoposto e poi venimmo pagati. A questo punto il mio compagno tornò a Taki, mentre io rimasi in terra straniera. Mi ero preso due settimane di permesso, per la prima volta in tutta la mia carriera, se si escludono quei pochi giorni che avevo preso per il Torneo Estivo del Paese del Tè. Quel weekend era estremamente importante per me, almeno a livello teorico. Infatti si sarebbe coronata la lunga storia d'amore che mi legava con la donna che avevo salvato dalle grinfie del professore, la kunoichi del villaggio chiamata Maki Uehara. Questa era solo la facciata, fatta per garantirci la possibilità di collaborare tra di noi senza destare sospetti. E per prendere due piccioni con una fava, avevamo aspettato che uno dei due avesse missione ad Ame per approfittare della situazione ed indagare il magazzino con i risultati delle ricerche del nostro capo.
    Una volta che fui fuori dal palazzo del kage, mi diressi nell'osteria che si trovava proprio di fronte all'edificio. Quello era il luogo di ritrovo con la ragazza. Lo aveva scelto lei, visto che era quella che era stata nella città più recentemente. La trovai lì seduta ad un tavolo, a sorseggiare Bourbon.

    M: Sei in ritardo... Comunque ho già quasi concluso tutti i dettagli, la cerimonia sarà alle venti in un grosso locale in periferia, dove pernotteremo almeno per la prima settimana. Abbiamo quattro ore per rimetterti in sesto...

    Il tono era colloquiale, a differenza di quello rude abituale, e inoltre non era condito con schiaffetti, pacche e pizzicotti, come ella era solita fare, spesso senza dosare a sufficienza le energie. Però quel giorno ci saremmo sposati, mantenere delle apparenze un filo più normali non faceva affatto male. Dopo che lei ebbe finito di bere il suo liquore, lasciammo il locale e ci dirigemmo in una specie di sartoria, dove un tizio palesemente gay mi sistemò un vestito elegante. Vista la particolarità del mio corpo, ci mise parecchio a completare l'opera. Guardandomi allo specchio, mi resi conto di quanto fossi ridicolo in giacca e cravatta. L'effetto era talmente orrido che mi venne la tentazione di portarle sempre, anche se capivo bene di non poterlo fare, visto che un abbigliamento del genere sarebbe stato solo d'impiccio durante le missioni. Nel mentre che io ero occupato in questa impresa, Maki era andata a verificare gli ultimi preparativi pratici per la cerimonia e poi dopo a vestirsi anche lei. Una volta uscito dalla sartoria, mi diressi da solo verso la locanda che la mia fidanzata aveva scelto, raggiungendola una quarantina di minuti in anticipo rispetto all'orario prescelto. Chiesi alla reception e mi fu indicato la via per la sala delle cerimonie. Era un'enorme stanza, tutta bardata di rosso e piena di sedie. Ad occhio ce n'erano almeno un centinaio e mi chiesi chi mai potesse riempire tutti quei posti con i propri invitati. Noi ne avevamo appena una ventina, quasi tutti portati da lei. Gli unici tre che avevo invitato io erano un paio di secondini che più mi odiavano e un mio vicino di casa, che consideravo un tipo quasi piacevole. Per adesso non era ancora arrivato nessuno, quindi tornai dalla reception, per aspettare lì.

    Fu il suono dell'organo che si trovava al fondo della sala rossa ad avvertirmi dell'inizio della cerimonia. Mi avvicinai ad una delle inservienti del locale, che mi disse che mi avrebbe chiamato lei, cosa che fece appena due minuti più tardi. Fu allora che feci il mio ingresso trionfale. Tutti gli invitati avevano preso posto, a parte il padre di Maki, che aveva il compito di portarla all'altare. Salutai con finto piacere i secondini e il vicino, poi raggiunsi il punto in cui avrei atteso la ragazza. Di fronte a me c'era un tizio che lavorava al palazzo del Takikage, venuto ad Ame apposta per celebrare il matrimonio. Dietro di lui si trovava il suonatore d'organo, che in quel momento stava facendo una pausa prima del prossimo brano. Mi voltai a guardare i vari ospiti. A parte la madre in prima fila, Maki aveva invitato un paio di colleghi, ma soprattutto una dozzina di sue “amiche”, che se la stavano ridendo sotto i baffi. Probabilmente credevano di sapere qualcosa che io invece ignoravo, ma si sbagliavano. Sapevo benissimo che Maki era lesbica, quindi alla fin fine me la ridevo anch'io. Del resto dell'amore me ne infischiavo assai, erano altre le mie priorità, servire il mio defunto padrone su tutte.
    D'improvviso l'organo ripartì a suonare sotto le abili mosse del musicista. Era questo l'annuncio dell'imminente arrivo della sposa. Pochi secondi dopo la vidi entrare, a braccetto del padre, con un vestito bianco che lasciava tutte le sue forme in bella mostra. I due passarono tra le due schiere di invitati, fino a raggiungere l'altare. Una volta lì, il padre mi porse la ragazza, che io presi per mano, e poi si andò a sedere vicino a sua moglie. A questo punto il burocrate takiano prese la parola ed iniziò la vera e propria cerimonia. Il discorso che fece fu lungo e ricco di idiozie buoniste, tra cui un parallelismo tra l'amore eterno e il patriottismo. Era tutto così pietoso che faticai un po' a non sbellicarmi dalle risate, era da parecchio che non sentivo così tante cazzate in una volta sola. Il tizio rimase a pontificare per fin troppo tempo, poi arrivò finalmente al momento saliente. Chiese alla ragazza se ella avrebbe accettato di onorami e servirmi per l'eternità e lei rispose di sì. Fece la stessa domanda a me e ne ricavò la medesima risposta. Ci concesse di scambiarci gli anelli e così noi facemmo.

    B: Per l'autorità conferitami dal Takikage vi dichiaro marito e moglie. Puoi ora baciare la sposa!

    Eseguii il suggerimento, fingendo passionalità più che potei. Non era la prima volta che la baciavo, visto che stavamo inscenando da un paio di mesi una relazione. Era stata lei a proporre quell'inganno e a insegnarmi come simulare adeguatamente. Uno scroscio di applausi accompagnò il nostro spettacolino e durò per quasi mezzo minuto. Al termine di ciò il mio novello suocero si alzò in piedi e prese la parola.

    T: La festa continua di là! Ci sarà un piccolo rinfresco...

    Strano personaggio, il padre di Maki, Takayuki Uehara. Era stato a lungo un ninja del villaggio, si era ritirato solo da un paio d'anni. Era una persona particolarmente rigorosa, ma allo stesso tempo un po' sempliciotta. Però dava tutta l'idea di amare la propria patria, così come la figlia. Si riusciva persino a parlare con costui, cosa che all'inizio non ritenevo possibile. Lui e sua moglie Mari erano una coppia molto affiatata, spesso un po' rude nei modi, ma sotto sotto molto gentile e premurosa. Maki aveva ereditato solo la prima parte del carattere dei genitori, mentre manteneva un lato cortese e serio solo in apparenza, quando si trattava di relazionarsi con le autorità del villaggio.
    Mentre tutti si dirigevano verso il salone in cui era servita la cena, mi avvicinai al signor Takayuki. Sapeva benissimo delle preferenze di Maki, ma aveva accettato volentieri quel matrimonio-farsa lo stesso. Del resto l'omosessualità femminile era un tabù sociale molto forte, questo gesto avrebbe zittito del tutto le malelingue. E, visto che conosceva la mia situazione particolare, aveva accettato la mia scusa del voler essere accettato maggiormente dalla gente del villaggio. Per questo aveva pagato gran parte delle spese della cerimonia. L'uomo rispose ai miei ringraziamenti con una semplice pacca, però portata con tale forza che quasi persi l'equilibrio. Iniziammo a parlare insieme, discutendo del fatto che sua figlia sarebbe venuta a vivere da me e lui mi elencò tutte le abitudini particolari che conosceva della figlia. Mi sforzai di essere un pochino più loquace del solito, anche solo come simbolo della mia buona volontà, a lui ventilata. Un po' mi spiaceva prendere per il naso una persona del genere, sembrava tutto sommato un brav'uomo. Ma anche quello era necessario, quindi non esitai.
    Il rinfresco era molto ricco, mangiai con gusto tutta una serie di pietanze che con ogni probabilità non avrei mai più avuto modo di incontrare in vita mia. Tutti gli invitati sembravano divertirsi, in un modo o nell'altro. Il tutto durò un paio di orette. Feci fatica a sopportare quel trambusto e quella disdicevole vita sociale, ma era tutto fondamentale per il bene del piano. Una volta terminato quel tedioso rituale, finalmente potemmo ritirarci nella stanza che avevamo prenotato. Sembrava quasi una suite, era abbastanza grande e ben arredata.

    Che dici, è ora di consumare?

    Alla mia proposta la mia novella sposina rispose dicendo che il solo tentativo mi sarebbe costato la rottura di ogni singola ossa del corpo. Non stava scherzando, sapevo che l'avrebbe fatto. Risi della cosa, anche perché non mi interessava per niente ciò che richiedevo.

    M: Che poi, anche volendo, non riusciresti a fare un bel niente. Più che linguasecca dovrebbero chiamarti minchiasecca...

    Risi ancor di più alla battuta della donna. Del resto aveva ragione, il mio apparato sessuale era stato messo fuori gioco fin dai tempi dell'operazione. Apparentemente avevo tutto l'equipaggiamento standard dei maschi adulti, solo che non funzionava in nessun modo. E quando avevo chiesto al professore se ciò fosse un effetto collaterale dell'operazione, lui aveva risposto che invece si era trattato di una propria scelta consapevole. In questo modo, secondo lui, avrei evitato inutili distrazioni. A suo tempo ricordo di averlo ringraziato con sincerità per la cosa. Odiavo gli idioti che correvano dietro le sottane, l'idea di essere un giorno ridotto così dall'esuberanza degli ormoni mi disturbava parecchio. Molto meglio essere sterile, considerai all'epoca. E lo pensavo ancora allora. Proprio per questo non mi arrabbiai per quel nomignolo affibbiatomi, anzi mi sembrò proprio azzeccato, mi ci riconoscevo. Lei rimase delusa dalla mia mancata ira e sbottò piccata qualche parola sull'orario in cui sarebbe tornata davvero al nostro talamo nuziale. Sorpreso, chiesi dove pensava di andare a quell'ora. Maki rispose elencando quattro nomi femminili. Capii subito cosa intendeva la ragazza, si trattava delle sue “amiche” che erano venute da Taki. Era evidente quali fossero le sue intenzioni, voleva intrattenersi con queste sue concubine, magari con tutte insieme, appassionatamente. Lei mi spiegò che avrebbe atteso un paio d'ore, di modo da sfruttare il buio per evitare di essere scoperta. Difatti si adagiò temporaneamente sul letto matrimoniale a leggere un libro. Io mi coricai affianco a lei senza addormentarmi.

    M: Vuoi venire a fare lo spettatore?

    Declinai l'offerta, preferii rimanere a dormire tranquillo. Ci trovavamo al secondo piano della locanda, ma, quando fu il momento di partire, Maki non si fece problemi a uscire dalla finestra e si precipitò per le strade della città, oscure vista l'ora tarda. Indossava ancora il candido vestito da sposa, ma la cosa non sembrò impacciarle troppo i movimenti. Le sue “amiche” la aspettavano in un'altra locanda. Dopo diverse ore di intenso diletto, mia moglie si fece infine rivedere nella nostra stanza. Aprì la finestra con un perentorio calcio, rompendo in vari punti il vetro e anche per questo svegliandomi. Era ubriaca fradicia, barcollava in maniera fin troppo evidente e rideva come un'ossessa. Quando accesi il lume potei notare che non indossava gli stessi indumenti dell'andata. Portava solo un grosso impermeabile aperto, che però non la copriva più di tanto, lasciando buona parte del suo corpo esposto. Incurante di questo, la ragazza si avvicinò con passo stentato al letto e si buttò a peso morto al mio fianco. Le chiesi se andava tutto bene, al che lei iniziò un dettagliato resoconto della sua serata di bagordi. Più o meno sapevo già l'argomento del racconto, ma ci furono un paio di particolari che mi stupirono, su tutti la presenza di litri e litri alcool, di qualche droga e soprattutto di un gran numero di prostitute. Mi venne naturale chiedere se fossero così tutte le loro serate di svago. L'alcool la rese sincera e lei mi confidò che era la prima volta che provava quasi tutte quelle cose che aveva fatto quella notte, visto che di solito era perfettamente monogamica. E soprattutto disse che, quando era stato il momento di progettare la festa, aveva incontrato grandi resistenze delle sue compagne. Del resto per quasi qualsiasi donna quel tipo di divertimento era oltre i limiti della moralità. Ma, dopo aver assicurato di reggere tutto il costo dell'operazione e dopo aver insistito a lungo, si era guadagnata la partecipazione di un piccolo capannello di compagne.
    A metà della storia, lei si addormentò di colpo, lasciandomi desideroso di conoscere il seguito. Era un racconto davvero appassionante. Mi divertiva il fatto che Maki, ragazza così ligia nel lavoro e che progettava di dare vita ad un piano nefasto come quello del professore, nella sua vita privata si dedicasse con così tanto ardore ai vizi più disparati. Però capivo la situazione. Con ogni probabilità si trattava per lei quasi di un addio a trastulli vari ed eventuali. Nei giorni seguenti avremmo visitato il magazzino del professore e avremmo raccolto sul serio la sua eredità. Da quel momento non si sarebbe più potuto scherzare in nessun modo, né perdere tempo. Consapevole di questo, compresi il desiderio di un ultimo, epico svago, prima di immergersi nel dovere. Le rimboccai le coperte e poi spensi la luce.
    La mattina seguente fu un odore acre a svegliarmi. Riaprii gli occhi e potei osservare come la ragazza avesse vomitato su tutto il letto, colpendo in pieno anche me. Mi alzai e mi andai a fare una doccia, di modo da riparare il danno. Una volta finito, provai a scuotere la ragazza per svegliarla. Lei reagì alla cosa tirandomi un pugno in pieno volto, talmente forte che per poco non mi spaccò un labbro, facendomi perdere comunque un bel po' di sangue. Ritentai una seconda volta, schivando però la reazione violenta della bella addormentata. Il terzo tentativo fu quello buono. Lei era parecchio frastornata, ma ci mise poco a capire cosa era successo. Si fece una doccia e si mise addosso i suoi vestiti normali, poi mi ordinò di andare alla reception. Lì spiegai l'accaduto, imputando il conato della sposina ad un malore improvviso, dovuto allo stress del giorno prima. Il proprietario diede istruzioni ad un paio di lavoratori perché essi mettessero a posto la camera. Poi si rivolse a me, dicendo che a breve avrebbero servito la colazione e che volendo avrebbero potuto servire una tisana rinfrancante per Maki. Accettai l'invito e andai a chiamare la ragazza. Mangiammo in silenzio, finché ad un certo punto lei mi chiese se avessi avuto con me la chiave-pugnale. Risposi di sì e chiesi se aveva intenzione di andare al magazzino già in quella mattinata.

    M: Chi ha tempo non perda tempo...

    Il fatto che lei rispondesse con un proverbio e non con un insulto era emblematico di quanto fosse a disagio per i postumi della baldoria della notte precedente. Non per questo discussi la decisione della ragazza. In fondo non sapevamo di fronte a cosa ci saremmo trovati, fare almeno un sopralluogo sembrava un'ottima idea. Finimmo rapidamente il pasto e poi uscimmo per strada.

    Fuori pioveva, come faceva sempre in quella stupida città. Facemmo quattro passi in tranquillità, che a lei servirono anche per migliorare il suo dopo-sbronza. Dopo un paio di giri a vuoto, decidemmo di raggiungere il posto giusto. Entrammo nell'edificio che mi aveva mostrato il professore tramite la sua illusione. Era molto più fatiscente di quanto ricordasse il mio maestro, ma in fondo era passato all'incirca mezzo secolo dalla sua visita. Una volta dentro ci trovammo di fronte ad una guardiola. Il custode si rivolse a noi, chiedendo cosa avessimo mai da fare in quel posto. Si trattava di un vecchio sulla sessantina, magrissimo e dalla voce aspra e stridula. Era parecchio seccato. Stava fumando in pace e di conseguenza non aveva voglia di dedicarsi a nessun visitatore. Meglio così, pensai. Spiegai all'uomo il motivo per il quale eravamo lì, raccontai di come mio nonno avesse acquistato il magazzino che si trovava al piano inferiore e di come alla sua morte mi avesse consegnato la chiave. La mostrai alla guardia, che esaminò a lungo sia l'oggetto che il suo possessore. Dopo un po' sospirò, quasi si stesse arrendendo.

    Cu: Il posto è di là, basta scendere quella scala e aprire la porta che trovate al fondo. Ma non vi aspettate granché, sono solo cianfrusaglie...

    La frase del vecchio lasciò intendere che lui aveva frugato già ben bene nella stanza. Ringraziai la solita scrupolosità eccessiva del professore nel nascondere i suoi veri tesori. Scendemmo i gradini indicatici e ci trovammo di fronte ad un portone di metallo rinforzato. Non era stato scassinato, segno che probabilmente il custode possedeva un paio di chiavi di sicurezza o se l'era fatto creare apposta.
    Una volta entrati nel magazzino, lo spettacolo fu desolante. Il ciarpame che doveva essere lì ospitato era sparso per la camera in maniera disordinata. Sembrava essere passato un uragano. Evidentemente il vecchio non si era arreso dopo una prima ricerca e aveva tentato la pesca miracolosa più volte, in maniera sempre più nervosa e approfondita. Preoccupati, ci dirigemmo a due degli angoli della stanza, là dove dovevano essere riposti i frutti della ricerca del professore. Facemmo molta fatica a trovare le botole in cui erano riposti, ma una volta aperte constatammo che niente era sparito. I rotoli che recuperammo erano intatti, un po' ingialliti dal tempo passato, però erano stati egregiamente protetti da un qualche strano rivestimento impermeabile. Non erano quasi per niente deperiti, quindi sarebbero stati perfettamente leggibili. Ripetemmo il procedimento con gli ultimi due angoli, radunando poi al centro della camera tutti i frutti della nostra caccia al tesoro. Erano ventisei rotoli e tredici pergamene. Iniziammo a leggere uno dei rotoli, preso a casaccio. Era lunghissimo, sembrava non voler finire più. Conteneva tutta una serie di resoconti di ricerche. La prima parte del testo descriveva il processo di creazione e le funzioni di una serie di enzimi artificiali. Questi andavano a lavorare sulle attività cellulari di tutto l'organismo, promuovendo e accelerando il processo di mitosi e prevenendo inoltre gli errori di copiatura del codice genico, quindi evitando l'invecchiamento, tra le altre cose. Subito dopo i benefici, venivano però elencati i difetti dell'uso di questi enzimi artefatti. Si trattava di effetti collaterali a lungo e medio termine, però erano quasi tutti letali. Non era certo uno scambio vantaggioso, il guadagno di pochi anni di vita e di una giovinezza persistente erano bilanciati dalla certezza quasi assoluta di una morte orribile, lenta e dolorosissima. Capii solo quest'ultima parte, il resto era come arabo per me. Anche Maki riuscì a decifrare ben poco di quello che c'era scritto. Ci voleva l'occhio di un uomo di scienza, concordammo. Ne avremmo trovato uno nei giorni seguenti e lo avremmo coinvolto in tutta quella storia, era l'unica soluzione.
    Andando avanti a leggere a sprazzi, constatammo che durante tutto il rotolo si manteneva costante l'argomento. Convinta che questo si ripetesse in tutti i manoscritti, Maki decise allora di occuparsi di dividere i testi a seconda del contenuto. Diciotto rotoli andarono a finire nella categoria che Maki rinominò “robaccia medica”, insieme a tutte e tredici le pergamene. Dei rotoli rimanenti, sei vennero posti sotto l'etichetta “ninjate”, mentre gli ultimi due sotto la generica “altro”. Quando chiesi di cosa trattassero questi ultimi, lei mi spiegò che essi funzionavano in maniera differente. Erano in sostanza un sistema che permetteva di collocare armi e oggetti vari in un'altra dimensione o qualcosa del genere. Detto questo, si occupò di tirare fuori tutto ciò che c'era dentro a questi ultimi, di modo da fare una cernita. Tre siringhe piene di sangue, tre katane arrugginite, un paio di piccoli macchinari di cui non si capiva il significato e una discreta collezione di animali morti, perfettamente impagliati. C'erano topi, grossi ragni, qualche pesce di diversa natura, perfino un cane. Per chiudere c'era un oggetto avvolto in una serie di bende sanguinolente, dalla forma sembrava un braccio umano. Vedendo tutta quella roba strana, mi venne da dire che per capirci qualcosa avremmo dovuto chiedere direttamente al professore, anche se purtroppo non potevamo più. In risposta alle mie parole la ragazza smise di fare quello che stava facendo e iniziò a guardarmi con gli occhi sgranati. Sapevo bene che uno sguardo del genere non avrebbe portato a nulla di buono, quindi cercai di limitare i danni chiedendo cosa avessi detto di male. Non bastò. Lei si avvicinò e mi tirò un sonoro schiaffo, tanto da lasciarmi un segno duraturo sulla guancia. Poi si rivolse a me con aria divertita.

    M: Di cosa si occupava il professore nelle sue ricerche?

    Rimasi un attimo tentennante, forse anche per il colpo subito. Poi risposi, utilizzando la parola che meglio descriveva l'argomento di studio del professore, stando a quanto egli mi aveva detto. “Immortalità”. Una volta che la pronunciai, la ragazza continuò a fissarmi, quasi come se si aspettasse che io traessi una semplice conclusione da quel fatto. Invece non sapevo davvero cosa potesse essere quella cosa che lei voleva sentirsi dire. Dopo quasi un minuto di imbarazzante silenzio, lei stampò le sue dita sull'altra guancia, però questa volta a pugno chiuso.

    M: Sei proprio una grandissima testa di cazzo, a volte... Dovresti conoscerlo il capo, ormai. Non è uno che si fa prendere alla sprovvista dagli eventi, ha sempre un piano di riserva... Se ha accettato di morire, se ci ha parlato di qui, lo ha fatto solo perché aveva ancora qualche asso nella manica da giocarsi. Mi ci gioco le palle che lui conosce un modo per tornare e se scaviamo qui lo troviamo anche noi. Dunque vedi di levarti il prosciutto dagli occhi e di accendere quel fottuto cervello ammuffito, per una volta. Altrimenti ti spappolo il cranio contro il muro e trasformo il tuo cadavere in un divertente puzzle...

    Una volta compreso a cosa si riferisse la ragazza, mi resi conto anch'io di quanto fosse stato stupido da parte mia non arrivarci da solo. Tentai di risollevarmi subito, affermando che avremmo dovuto magari iniziare dagli argomenti su cui potevamo lavorare da soli, ovvero quelli riguardanti tecniche e altre abilità proprie degli shinobi. Lei accettò. Non aveva voglia di mettersi subito alla ricerca di un dottorastro, lo avrebbe fatto un generico “più avanti”, disse. Prendemmo uno dei manoscritti e lo leggemmo insieme. Trattava di una serie di tecniche personali Katon, elemento che non possedevamo né io né Maki. Accertatici che non ci fosse altro all'interno del testo, passammo ad un altro. Questo conteneva una lunga sfilza di tecniche Raiton d'alto livello. Non era roba per me di certo, mentre la ragazza avrebbe potuto di certo trarre qualche bell'insegnamento da quella lettura. Lo accantonò, dicendo che ora mancava solo il lavoro per me. Già in quello successivo trovammo quello che cercavamo. All'interno del rotolo erano presenti tecniche di tutti i tipi, non accomunate né per elemento, né per livello. Bastò una lettura veloce per trovare qualcosa che valesse la pena di imparare e che avessi qualche chance di apprendere in tempi brevi. Il nome della tecnica era poco fantasioso, ma molto chiaro. Si chiamava “Armatura Raiton parziale”. Era in pratica una versione minore della tecnica che avevano usato sia il professore che Maki durante il loro scontro. Un jutsu apparentemente semplice, ma devastante nei suoi effetti. E di certo di non facile apprendimento. Ci avevo anche provato un paio di volte, da solo, finendo in entrambi i casi folgorato in maniera lieve e quindi paralizzato da solo a casa per qualche ora. Ma questa versione semplificata sembrava fattibile anche per uno come me, anzi con ogni probabilità era pensata anche per ninja alle prime armi.

    Bene, iniziamo...


    Cercai di seguire le indicazioni del testo. Concentrai il chakra elementare Raiton e lo feci fluire in tutto il corpo. Per le prime volte era meglio fare le cose senza fretta, stando a quanto aveva scritto il professore. Lasciai che l'energia scorresse impetuosa in ogni angolo del mio organismo per quasi un minuto intero, poi iniziai a incanalarlo nella zona prescelta, per la prima volta optai per le gambe. Lasciai che il chakra inondasse ogni singola cellula. La quantità totale che utilizzai era circa il triplo di quella necessaria per un bunshin semplice, proprio come era scritto nel rotolo. Fu un fallimento, non riuscii a mantenere attiva la tecnica più di un nanosecondo. Senza tergiversare ripetei la pratica e tentai subito di superare il problema. Aumentai il tempo in cui lasciavo fluire il chakra nel corpo, ma questo non cambiò il risultato. Testardo, mi convinsi che fosse solo questione di pratica. Provai ancora una volta e poi una volta ancora. Nessun risultato. Rilessi allora un'altra volta il testo, cercando di trovare il punto in cui sbagliavo. Alla fine capii qual'era il problema. Non dovevo semplicemente lasciare che il chakra si stabilizzasse nella zona interessata, ma dovevo continuare a farlo muovere velocemente. Era questo il segreto che permetteva l'aumentò di prestazioni che la tecnica garantiva. Provai dunque una quarta volta, riscontrando il primo successo. Stavo riuscendo infine a mantenere la tecnica. Provai a fare un passo e la mia gamba si mosse con molta più prontezza di quella che mi aspettavo. Era troppo veloce, non riuscii a controllare il movimento. Il piede avanzò più del dovuto e non riuscì dunque a poggiare per terra. Di conseguenza persi l'equilibrio e caddi all'indietro come un clown da quattro soldi. Mi rialzai subito, ma l'impatto mi aveva fatto perdere il controllo della tecnica, che quindi si era annullata. Non mi persi d'animo e riprovai ancora. Il risultato fu lo stesso, anche solo camminare era fuori portata, per il momento. Tentai un'altra volta ancora e caddi di nuovo subito. Però questa volta riuscii a non far spegnere l'armatura parziale. Mi misi in piedi e provai a fare un altro passo. Fui di nuovo a terra in meno di un secondo. Non riuscivo proprio a trovare il giusto equilibrio. Per la terza volta di fila provai a camminare, questa volta concentrandomi molto sul diminuire di proposito la velocità della gamba, per guadagnarne in termini di controllo. Riuscii nell'intento, però in questo modo ero diventato persino più lento di quanto fossi normalmente. Non mi spaventai della cosa, ritenendola non troppo strana. Continuai a camminare, cercando di aumentare con gradualità la velocità del passo. Lo feci con molta calma e pazienza, sapevo che non sarebbe potuto venire tutto subito. Ci misi quasi dieci minuti a raggiungere una velocità maggiore della norma senza crollare al suolo. Continuai a fare giri in tondo nella piccola stanzetta, finché non raggiunsi quello che mi sembrò il limite massimo della rapidità di camminata. Ero già parecchio stanco, quindi non ero sicuro di riuscire a padroneggiare completamente la tecnica prima di dovermi prendere una pausa. Quindi provai a forzare la mano e provai a fare un passo di corsa. Invece di piantarsi sul pavimento, il piede destro venne spinto con velocità forte all'indietro, lasciandomi privo di appoggi. Di conseguenza caddi e tirai una facciata poderosa. Il naso iniziò a sanguinare copiosamente e fui quasi vicino a perdere i sensi. Attratta dai miei rantoli, Maki venne a soccorrermi. Mi tirò un leggero calcio alla schiena, chiedendomi se andava tutto bene. Risposi di sì, anche se era evidente a tutti e due che mentivo.

    M: Prenditi una pausa. Adesso mando una copia a prendere qualcosa da mangiare e poi riprendi dopo pranzo...

    Con il suo piede mi rovesciò in modo che stessi prono, poi evocò con un po' di sigilli un clone d'acqua. Questi fu inviato in avanscoperta fuori, dopo aver prelevato dal corpo reale una manciata di monete. Ritornò dopo pochi minuti, con un paio di ramen in mano, ancora fumanti. Li mangiammo con calma, poi facemmo ancora una mezz'oretta di pausa, senza che nessuno dicesse qualcosa. Prima di rimettersi al lavoro, la ragazza inviò la sua copia acquatica a ritirare le valigie dall'ostello e a pagare la stanza. Forse si vergognava ancora per la sua tinteggiatura del letto e preferiva dormire direttamente nel magazzino. Per evitare di essere colpito di nuovo, tenni per me questo parere.

    M: Adesso esco, devo fare una cosa. Tornerò tra un po'. Ti lascio un'altra copia d'acqua come guardia, tu continua a provarci. Mentre tu stavi a pulire il pavimento con la faccia io ho già imparato un paio di tecniche. C'è roba davvero fighissima dentro 'sti rotoli. Vedi di completare almeno 'sta tecnica prima di domani, coglione, è una delle cose più facili da imparare che io abbia mai visto...

    Incoraggiato dagli insulti della ragazza, ripresi da dove mi ero interrotto. Ovvero dal cadere al suolo ogni volta che tentavo di corricchiare un po' con la tecnica attiva. Era davvero difficile per me mantenere il controllo dei movimenti ad una velocità così innaturale. La cosa assurda era che c'ero già riuscito una volta, durante il Torneo Estivo del Paese del Tè. Però quella volta il successo della cosa era dovuta ad uno strano sigillo che imponevano a tutti i partecipanti. Mentre combattevo non avevo notato niente, me l'avevano spiegato con calma dopo. Ricordatomi dunque questo particolare, mi resi conto che un'opzione praticabile era quella di cercare di rammentarmi come avessi fatto, come ci si sentisse a correre ad un'altissima velocità. Improvvisamente fui convinto di potercela fare in poco tempo. Bastava concentrarsi nel creare nella propria mente il giusto movimento delle gambe e riprenderlo nella pratica solo dopo un'accurata progettazione teorica. Rimasi quindi qualche minuto immobile a compiere con cura quegli importanti passi. Fu un processo lungo, ma il risultato lo ripagò in pieno. Infatti riuscii a muovere correttamente i miei arti inferiori. Riuscivo sia a correre che a camminare, riuscivo ad andare lento o veloce, anche se ero sicuro di non aver ancora raggiunto il massimo che quella tecnica permetteva. Quindi mi misi sotto con perseveranza, cercando di aumentare la velocità. Ci misi un po', ma alla fine raggiunsi quello che mi pareva plausibilmente il limite, almeno per il momento. Spensi la tecnica, poi mi ricordai che c'era anche un altro modo per utilizzarla, ovvero avvolgere le braccia invece che le gambe. Feci invadere la coppia di arti più in alto di chakra Raiton. Appena fatto, tirai un pugno all'aria, giusto per quantificare la differenza tra il prima e il dopo. Ero velocissimo, ma avevo anche ben poco controllo della precisione. Mi misi dunque ad allenarmi per migliorare la capacità di compiere movimenti con perizia. Lo feci per un po', ma la stanchezza dovuta al troppo uso di chakra si fece sentire presto. Inizialmente non volevo smettere ancora, però all'improvviso mia moglie comparve alla porta, sbraitando scocciata.

    M: Vedi di far pausa, pollo... Ho portato un souvenir!!



    OT
    Questo post ha decisamente un tono diverso dal resto del topic, già dal secondo prenderà una piega degna del titolo xD.
    Ho cercato di velare il più possibile le parti “hot” (Boccaccio style xD), spero non siano un problema :asd: .
    Ho iniziato a scrivere questa ruolata in pieno giugno e pensavo di non metterci più di un paio di mesi :asd: . Di conseguenza l'allenamento è ambientato in piena estate (tipo agosto) e ovviamente con Rutja ancora a livello 5...
    Avevo fatto un lavorone con le musiche, facendo in modo che fossero lunghe abbastanza per coprire tutto il tempo della lettura :asd: . Però forumfree non vuole che usi più di tre video a post, quindi ho dovuto ridurre :asd: :asd: .


    LEGENDA
    M: Maki Uehara
    B: Burocrate di Taki
    T: Takayuki Uehara
    Cu: Custode


    OST
    Royal Family – Taas Kerran
    Hitoshi Sakimoto – The Salikawood (Final Fantasy XII OST)
    Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov – Il volo del calabrone


    Edited by GIIJlio - 12/3/2014, 00:40
     
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    10.2 IL RITORNO DEL PROFESSORE




    La ragazza entrò trionfalmente nella stanza. Non avevo dubbi su quale fosse il “souvenir”, infatti a fianco di mia moglie si trovava un tizio basso e grassottello. Aveva la faccia impaurita, una grossa gobba sulla schiena e indossava un camice bianco. Di sicuro era un dottore o affini. Lo osservai un attimo, cercando di capire che tipo di persona fosse. Sembrava un pusillanime, un debole, un uomo privo di alcuna dignità. Una volta stabilità la probabile assenza di carattere del nostro nuovo strumento, mi rivolsi a Maki, dicendole che iniziavo ad avere fame. In fondo era ormai calata la sera, era normale. Lei ordinò al suo clone d'acqua di recuperare la cena, così come aveva fatto con il pranzo.

    J: Avevi detto che mi avresti liberato, una volta arrivato qui...

    Mentre la copia idrica se ne andava, l'uomo aprì per la prima volta la bocca. La sua voce era stridula e fastidiosa. Mi venne la tentazione di colpirlo con violenza, ma la mia alleata lo fece prima che potessi farlo io. Inoltre lo zittì a maleparole. In quel momento notai dei piccoli fili di chakra, quasi impercettibili, che circondavano il corpo del malcapitato, all'altezza del bacino. A questo punto Maki rilasciò la tecnica, quindi il tizio fu effettivamente libero. Con un colpo la ragazza invitò l'uomo a presentarsi. Egli disse di chiamarsi Jiro Kawaguchi e non aggiunse altro. Io non aprii bocca, aspettando che fosse mia moglie a decidere il da farsi. Con un piccolo calcio lei spinse l'uomo verso il centro della stanza e io seguii i due. Ci accovacciammo in gruppo attorno ai rotoli contenenti materiale medico.

    M: Devi aiutarci a capire il contenuto dei rotoli. Adesso tu inizierai a leggerli ad alta voce e se c'è qualcosa che non capiamo devi chiarirci tutti i dubbi. Se mi accorgo che cerchi di fregarci la tua morte sarà lenta e dolorosa, oltre ogni tua immaginazione... Cerca di non farmi arrabbiare...

    L'uomo fece cenno di aver capito, poi gettò uno sguardo a me, che nel mentre me la ridacchiavo tranquillo. Si lamentò dunque di non sapere chi diavolo fossimo noi e cosa volessimo da lui. A quanto pareva Maki l'aveva rapito da qualche parte senza dirgli nulla. Lei scelse di continuare su questa strada, calciandolo ancora una volta per intimargli di muoversi a iniziare il suo lavoro. Ci guardò ancora una volta spaurito, però non ottenne altro che un'altra botta. Non era tutta 'sta cima, pensai, chissà se ci sarebbe davvero stato utile come dottore...
    Capendo di non avere altra scelta, Jiro aprì uno dei rotoli e iniziò a leggere ad alta voce il contenuto. In una decina di minuti lesse la prima parte, che parlava di enzimi che acceleravano la rigenerazione di tessuti lesionati. Dopo aver ascoltato il pezzo iniziale, Maki domandò se anche il resto del rotolo trattava di argomenti affini. L'uomo leggiucchiò il resto del testo, poi disse di sì, parlava tutto della riparazione a livello cellulare delle ferite. Allora la ragazza gli strappò dalle mani il rotolo, che appoggiò da un lato, per poi dargliene un altro in mano, ordinandogli di ripartire a leggere. Jiro era a dir poco stranito, ma eseguì, temendo di prenderne ancora. Parlava di un rituale strano, che non si capiva bene a cosa mirasse. Dopo poco un'idea me l'ero fatta e immaginai che anche per Maki fosse così.

    J: S-sul serio?!

    L'uomo si interruppe all'improvviso e pronunciò quella frase sbigottita. Ci guardò sconvolto, pallido in volto come se avesse visto un fantasma. Mia moglie adottò come risposta la solita, quella che aveva usato di fronte a tutti i comportamenti precedenti del dottorastro. Un pugno alla nuca, un calcio al polpaccio e una gomitata al costato. Limitò come al solito la sua forza, anche perché il contrario sarebbe stato pericoloso. Non ne ero sicuro, ma immaginavo che lei fosse in grado di ammazzare un civile senza problemi solo con un pugno o un calcio ben assestato. In ogni caso il messaggio del triplice colpo era chiaro. Non doveva rompere e doveva continuare a leggere. In effetti era comprensibile il motivo dello stupore dell'uomo. Infatti il testo parlava in maniera diretta della resurrezione di anime di persone defunte. Io e Maki ci scambiammo uno sguardo esultante, avevamo trovato in poco tempo ciò che cercavamo. Purtroppo ben presto dovemmo ricrederci. Infatti la prima parte parlava della preparazione, complessa e lunghissima, mentre la seconda spiegava come l'anima si andava a innestare in un corpo artificiale creato ad hoc. Proprio in questo secondo passaggio erano contenuti i difetti che rendevano tutta la pratica pressoché inutilizzabile, come affermava lo stesso professore nell'ultima frase. Infatti dopo uno spazio di tempo piuttosto breve, si parlava di un paio di mesi o poco più, il corpo in questione diveniva non più in grado di mantenere la propria forma. Stando alle parole scritte nel rotolo l'uomo artificiale iniziava letteralmente a sciogliersi, uccidendo quindi l'anima da poco risorta.

    M: Questa non va bene, vai avanti...

    Jiro fissò come inebetito la ragazza, che rispose con il solito colpo fortissimo. Era proprio stupido quel tipo, neanche le molte botte subite lo avevano reso un po' più sveglio. Servì un secondo pugno perché egli riprendesse a leggere. Anche questa volta si trattava di un tentativo di arrivare ad una pratica di resurrezione delle anime, anche questa volta fallimentare. Però a differenza del primo caso, qui gli effetti collaterali erano molto meno evidenti, ma invece parecchio specifici. Non ci restava che chiedere spiegazioni dettagliate al dottore che avevamo lì. In fondo se l'avevamo rapito era proprio per quello. E finalmente, alla prima occasione vera e propria, l'uomo mostrò di essere preparato nella sua materia, se non altro. Ci descrisse con parole semplici le varie malattie a cui il corpo ricreatosi in questo modo andava incontro. Per premio si beccò una piccola pacca, molto più leggera delle precedenti.

    M: Ma bravo... Prosegui!!

    L'omuncolo passò quindi a leggere il terzo paragrafo, non molto dissimile dai primi due. Sembrava il resoconto dei vari fallimenti a cui il professore era andato incontro nei suoi studi. Mi chiesi se fosse tutto così. Alla fin fine che senso aveva annotarsi tutte queste cose inutili? Quando più avanti lo chiesi davvero al diretto interessato, poco dopo che egli ritornò in questo mondo, la sua risposta fu che era indispensabile annotarsi anche i passi falsi, per non ripetere gli stessi errori due volte.
    La serie di insuccessi continuò imperterrita, inframezzata solo dalla nostra cena. Alla fine del rotolo si trovava una frase emblematica, che chiudeva in maniera chiara quel capitolo. “Proprio a seguito di questo ennesimo fallimento rinuncio a proseguire su questa strada, che risulta del tutto impraticabile.” Stupiti e delusi, mettemmo da parte il rotolo e ne prendemmo un altro. Senza fare alcuna pausa, Jiro iniziò di nuovo a leggere ad alta voce. Il terzo esemplare era quello che avevamo già iniziato a leggere io e Maki quando avevamo iniziato a smistare i testi. Conteneva dunque informazioni su come creare ad arte ormoni, enzimi e altri composti chimici di vario tipo, tutti con l'obiettivo di arrestare o rallentare l'invecchiamento di un organismo umano. I più efficaci avevano grossi effetti collaterali, mentre degli altri la gran parte era poco utile, al massimo poteva allungare di pochi anni la vita di un uomo. L'ultimo paragrafo conteneva la preparazione di un succo particolare, quello che ingeriva regolarmente il professore. Esso era ricco di gran parte dei microrganismi descritti nelle parti precedenti, mescolati in maniera che il loro lavoro fosse ancora più efficace. L'unico vero e proprio effetto collaterale era un calo vertiginoso delle capacità fisiche del corpo del possessore, che aumentava esponenzialmente ogni anno. Per rendere l'idea nel testo veniva usato l'esempio di un genin appena uscito dall'accademia. Lì diceva che un individuo del genere sarebbe tornato a livello di capacità fisiche di un bambino piccolo nel giro di cinque o sei anni, mentre avrebbe perso del tutto la capacità di muoversi entro il settimo anno di utilizzo del preparato. Mi chiesi quale mostro di potenza potesse mai essere il professore, per essere riuscito a reggere oltre settant'anni di utilizzo.
    Mentre io ero perso nei miei pensieri, Jiro era già partito a leggere da un nuovo rotolo. Il primo pezzo parlava di trasmigrazione delle anime all'interno di corpi inanimati. Era un processo incompleto e con molti svantaggi, quindi passammo oltre. La seconda e la terza parte erano simili alla prima, mentre la quarta era un passo avanti rispetto ad essa. Infatti con un procedimento molto complesso, si era in grado di ospitare all'interno del corpo di un uomo in vita l'anima di un defunto. Purtroppo era possibile farlo per un periodo di tempo molto breve e con altre limitazione molto importanti. Non andava ancora bene, ma bastò leggere il pezzo dopo per avere qualcosa di completo. Si trattava di un qualcosa di molto simile a ciò che era descritto nella parte precedente, però riprodotto come se fosse una tecnica ninja. Grazie all'utilizzo di chakra venivano meno molte delle difficoltà che si presentavano in precedenza e soprattutto rendevano la cosa perenne e irreversibile.

    M: Questa potrebbe non essere troppo male, la teniamo presente. Però prima di fare una cosa così importante direi di leggere per bene tutti i rotoli, anche perché spero che ci sia anche qualcosa di meglio. Adesso però è tardi, lo facciamo domani...

    Maki aveva chiesto in precedenza al custode di poter dormire nel nostro magazzino, richiesta che ci fu concessa più che altro per l'ignavia del vecchio. Lei ed io ci dividemmo i turni di guardia, mentre l'omuncolo che avevamo rapito fu legato con una resistente corda di nylon che aveva portato lei. In questo modo la notte passò tranquilla. Dormii le prime tre ore e mezza, poi fui costretto a vegliare per un lasso di tempo simile. Non accadde nulla di strano, per fortuna. Poco dopo l'alba eravamo dunque tutti in piedi, pronti per un'altra giornata intensa. Avendo lasciato che quella precedente scomparisse, Maki creò una nuova copia d'acqua, in modo che essa potesse compiere una serie di compiti pratici, tra cui il primo fu andare a prendere la nostra colazione. Aspettammo di aver mangiato e poi ripartimmo subito con la lettura critica degli appunti lasciatici dal professore. Il rotolo successivo conteneva altri spunti interessanti su come prolungare la vita di un umano adulto, questa volta grazie a tecniche che impiegavano chakra. Si trattava per esempio di pratiche che permettevano una rigenerazione cellulare superiore al livello normale, almeno stando a quanto diceva Jiro. Erano ben sette le tecniche di questo tipo, tutte con lo stesso obiettivo ma ognuno con prezzi leggermente diversi. Di seguito ce n'erano altre che permettevano il ripristino integrale di organi interni danneggiati in maniera anche grave, questo con l'uso però dello stesso organo preso da un'altra persona che avesse lo stesso gruppo sanguigno. Tramite un processo simile si era in grado di ripristinare quasi totalmente il proprio cervello e i propri neuroni, questa volta utilizzando ben tre cervelli altrui. Maki confermò quello che venne in mente anche a me, ovvero che era probabile che il professore avesse ripetuto questa operazione più di una volta. In fondo aveva vissuto circa centoventi anni e, nonostante la sua capacità di bloccare l'invecchiamento del corpo, almeno per quanto riguardava le cellule cerebrali egli non poteva fare a meno di alcuni innesti, visto che le cellule morte non erano sostituite da altre nuove. In ogni caso tutta questa roba per il momento era poco utile, quindi la ragazza ordinò a Jiro di passare al rotolo successivo. L'argomento era ancora una volta simile, la rigenerazione cellulare. La cosa differente era che in questo caso non si trattava di un processo limitato nel tempo, ma bensì di una tecnica continua, che impiegava chakra in continuazione, impedendo all'utilizzatore qualsiasi altro tipo di jutsu. Come al solito venivano mostrate prima le versioni incomplete della tecnica, quasi a raccontare la sua genesi. L'ultima parte mostrava tutti i pro e i contro di questa pratica. Da un lato si poteva arginare notevolmente l'effetto dell'avanzare del tempo, dall'altro si doveva rinunciare all'uso del chakra per qualsiasi altro scopo e, cosa assai peggiore, bisognava limitare le proprie ore di sonno a una o due a notte, una cosa quasi impossibile per qualsiasi essere umano. Senonché di seguito era presentata la ricetta di una pillola che, stando al testo, riproduceva in maniera perfetta gli effetti fisici e mentali di una dormita di mezza giornata, pagando in precedenza però lo scotto di dolori fortissimi alla testa. In questo particolare vedevo proprio la mano del professore, ne riconoscevo la sua previdenza e la sua testardaggine nel perseguire i propri obiettivi senza cedere, anche di fronte a elementi che molti considererebbero di forza maggiore.
    Ancora una volta concludemmo in fretta questo capitolo, di modo da poter passare in fretta a quello successivo. Proseguimmo veloci, leggendo in meno di un'ora e mezza ben due rotoli, entrambi dedicati alla trasmigrazione dell'anima di una persona viva in un altro corpo, nel primo caso in uno vivo, nell'altro in uno inanimato. Erano entrambe ottime per sostituire un organismo vecchio e malato con uno nuovo, magari artificiale, a costo di poche controindicazioni, tra cui la più pesante era però la perdita quasi totale della memoria dell'anima trasmigrante. Capimmo di conseguenza la riluttanza del professore. In ogni caso, non interessandoci in maniera diretta sul momento, decidemmo di passare oltre senza soffermarci troppo. Nonostante fosse un processo molto noioso per tutti noi, continuammo ad andare avanti spediti. Avevamo visionato solo sette rotoli, non eravamo neanche a metà. Fu nell'ottavo che trovammo quella che sembrava la scelta perfetta per il nostro caso. Grazie all'impiego di chakra era possibile per una persona sacrificarsi e lasciare che un defunto prendesse possesso del proprio corpo. Mi sarei offerto senza alcun ripensamento, se non fosse che non avevo le caratteristiche necessarie per attuare questa tecnica. Infatti era necessario che i due interessati fossero parenti. Purtroppo però il professore non aveva più alcun parente, ce lo aveva rivelato lui stesso tempo addietro.
    Andando avanti nello stesso rotolo trovammo però un'altra tecnica che sembrava superare in maniera eccelsa i problemi incontrati in precedenza. Infatti il sacrificio umano non doveva essere per forza consenziente, in quanto persona diversa dall'utilizzatore della tecnica. Inoltre non c'era bisogno di legami di sangue tra il rinato e il suo “contenitore”. Era quasi perfetta come soluzione, però c'era una frase che ci fece desistere dal nostro progetto. Infatti, stando al testo, un'eventuale differenza sostanziale tra le capacità fisiche o intellettuali dei due individui poteva portare a danni ingenti rispettivamente ai tessuti muscolari o a quelli nervosi. Chiedemmo a Jiro se questo rendeva impraticabile l'applicazione della tecnica al nostro caso ed egli rispose di sì. Dai nostri discorsi l'omuncolo aveva intuito che il soggetto che volevamo far rinascere era l'autore di quelle prodigiose ricerche. Di conseguenza non era per niente facile trovare persone altrettanto intelligenti nel Paese della Pioggia e tutti questi individui erano estremamente protetti, in quanto dottori di alto livello stipendiati dal villaggio. Il ragionamento non faceva una grinza e si applicava anche a ciò che conoscevo io per la nostra nazione. Peccato, pensai, in quel caso avremmo potuto prendere due piccioni con una fava e utilizzare Jiro come sacrificio, tappandogli la bocca per sempre nel mentre. Stizzita, Maki colpì con estrema violenza il povero dottorastro. Dopo aver imprecato e bestemmiato a lungo, la ragazza ordinò di continuare la nostra opera. Mancavano ancora dieci rotoli da controllare. Andammo avanti fino alla tarda serata, facendo solo una pausa per il pranzo e una per la cena. Però, nonostante il nostro impegno, non riuscimmo a trovare nulla di interessante. Gli altri testi erano tutti dedicati ad argomenti del tutto estranei alla questione immortalità. Tra di essi c'era persino la descrizione del processo tramite cui creare degli ibridi umani-animali. La prima parte era discorso generale, mentre poi il testo si addentrava nei vari casi particolari. Il primo esempio era quello di un uomo-topo, piuttosto rudimentale e poco evoluto. Poi si passava a mammiferi più grandi, poi a pesci di specie diversissime tra loro. In teoria uno degli obiettivi originali era costruire esemplari che avessero caratteristiche tipiche degli insetti, gli esseri che il professore considerava più vicini a soluzioni prossime all'immortalità. L'ultima parte era quella relativa ai ragni, a cui era dedicato uno spazio molto più ampio. Mi divertii molto a leggere del procedimento che il professore aveva utilizzato per ottenere il mio corpo. In sostanza mi aveva distrutto e ricostruito quasi da zero. Era una cosa inquietante ed esilarante allo stesso tempo. In pratica quella dell'ibrido umano-aracnideo era l'unico progetto di questo tipo ad avere avuto davvero successo.

    M: 'Fanculo... Purtroppo sembra che non abbiamo altra scelta che utilizzare quella cazzo di tecnica che avevamo visto ieri sera. Visto che è così, credo che la soluzione migliore sia occuparcene domani. Adesso fatti legare, bastardo, così andiamo tutti quanti a nanna...

    Obiettai alla ragazza che non mi ero allenato alcunché quel giorno, quindi ottenni il permesso dalla ragazza di tentare un paio di volte ad eseguire il Chidori, una tecnica su cui mi stavo esercitando da parecchio tempo ma che ancora non mi riusciva bene. Andai avanti per appena mezz'ora, poi il chakra iniziò a esser carente e fui costretto a ritirarmi a dormire sul pavimento del magazzino.

    Fui svegliato dopo un po' di ore, per dare il cambio alla guardia a mia moglie. Ancora una volta non ci furono problemi di sorta e potemmo ripartire presto. Ci aspettava ancora una volta una giornata intensa, quindi non perdemmo tempo. Dopo aver slegato il dottorastro, procedemmo ad una rilettura intensiva di tutto il rotolo in questione, concentrandoci particolarmente sulla parte che ci interessava nello specifico. Tra le prime caratteristiche a saltare all'occhio era il fatto che il momento preliminare alla tecnica era un'iniezione di sangue del defunto. Quello ce lo avevamo, lo avremmo trovato di sicuro in una delle siringhe di cui disponevamo. Il problema era un altro, lo manifestò Maki insieme ad un suo dubbio. Infatti la ragazza chiese al dottorastro di spiegarle “quella cazzo di questione” dei gruppi sanguigni. Costui rimase un attimo stupito dalla domanda, però poi si mise a rispondere approfonditamente, spiegando con cura cosa fossero sia gli antigeni A e B, sia i gruppi RH negativo e positivo. In particolare si concentrò sulle conseguenze che questi fatti avevano sulle trasfusioni di sangue.

    M: Bene, questo spiega tutto...

    Alla mia perplessità la ragazza rispose prima con un pugno, poi mi spiegò che il fatto che il professore avesse scelto proprio me era dovuto anche al fatto che avevo sangue AB positivo, ovvero che ero un ricettore universale. Ancora una volta mi trovai a lodare la previdenza del mio padrone, ringraziando la Sorte per avermi concesso quella particolare caratteristica fisica.
    Il passo successivo consisteva nella composizione di una lunga serie di sigilli e nell'attesa della risposta dell'anima del defunto. Il tempo di questa parte era variabile, dipendeva da diversi fattori. Quello più importante era la presenza del cadavere del soggetto in questione, elemento che rendeva molto rapido questo passaggio. In quel caso infatti si sarebbe trattato al massimo di pochi minuti, mentre nel caso contrario il tempo sarebbe stato circa dieci volte tanto. Dopo questo primo momento, l'utilizzatore della tecnica si sarebbe dovuto impegnare nel far circolare in maniera continua il proprio chakra in tutto il corpo, permettendo quindi ad esso di andarsi a mischiare con quello rimasto impregnato nel sangue del defunto iniettatosi in precedenza. Grazie a questo procedimento si otteneva la stabilizzazione dell'anima ospite in circa una ventina di minuti. Nell'istante in cui il chakra veniva impastato, avveniva infine la rinascita sotto forma puramente psichica. Il testo proseguiva poi descrivendo come funzionava la tecnica una volta attivata, ma era comunque tutto abbastanza semplice. Leggemmo la prima parte almeno una ventina di volte finché non la memorizzai del tutto.

    Sono pronto!!

    Mia moglie mi tirò un paio di pugni e un paio di calci, sia come incoraggiamento, sia come invito a non fallire. La conseguenza in quel caso sarebbe stata tremenda. Mentre mi preparavo psicologicamente vidi la ragazza legare e imbavagliare Jiro. Era importante non venire distratti in nessun modo durante tutto il rituale.
    Andai a prelevare la siringa, chiedendomi se dopo tutto quel tempo il sangue non si fosse seccato. D'altro canto però ero sicuro che il professore non potesse aver commesso un errore così grave e semplice, supposizione che si dimostrò esatta. Infatti, come mi fu detto di persona dal diretto interessato poco dopo, egli aveva utilizzato un potente liquido emo-qualcosa di sua invenzione, che aveva permesso al sangue di conservarsi alla perfezione.

    Posso andare?

    La domanda era rivolta a Maki, la quale in quel momento stava maledicendo e malmenando senza motivo il pover'uomo da noi rapito. Era anche e soprattutto una richiesta di silenzio. Lei capì, dandomi dunque l'assenso. Feci un respiro profondo, poi conficcai la punta dell'ago nella mia carne di uno dei polsi, facendo attenzione a prendere la vena. Ci riuscii al secondo tentativo, dopodiché il processo fu irrimediabilmente innescato. Sentii il mio corpo invaso da una strana sensazione di calore. Passai quindi i minuti successivi a respirare, immobile e in silenzio, assorto nella ricerca della concentrazione perfetta. Dovevo cercare con la mia mente anche solo il più piccolo indizio di presenza aliena al mio organismo. Non mi perdetti d'animo nemmeno di fronte all'apparente posizione di stallo in cui mi trovavo. Sapevo che il segnale poteva arrivare da un momento all'altro, come invece impiegare più di mezz'ora a palesarsi. Non temevo il dover aspettare molto, l'importante era riuscire a rimanere sull'attenti. Questa parte del rituale durò parecchio, poco più di trentacinque minuti stando a ciò che mi raccontò dopo Maki. Però alla fine sentii forte e chiara la sensazione tanto attesa. Non esultai, non persi neanche un secondo la concentrazione. Quando più ne avevo bisogno potevo contare su questo mio pregio, ormai l'avevo capito. Iniziai subito a far circolare con cura il chakra in tutti gli angoli del mio organismo. Non dovevo avere fretta, dovevo procedere con estrema perizia. Era tutta questione di tempo, l'anima del professore aveva bisogno di stabilizzarsi nella sua nuova sede. Iniziavo a sentire sempre più forte una nuova presenza dentro di me, cresceva sempre più, si ingrandiva a ritmo serrato, finché questa sua espansione non si arrestò di colpo. Questo era il segno che il processo aveva raggiunto il suo culmine. Questa volta avevo invece fretta, non potevo aspettare più di tanto. Utilizzai tutto il chakra che stavo lasciando fluire nelle vene e lo impastai per dare vita alla tecnica, coniugando la cosa con un'altra serie di sigilli. Fu uno sforzo notevole per il mio corpo, poco abituato a dispendi simili in un'unica volta. Però il premio fu quello maggiormente sperato.

    Professore?

    Dovetti chiamare un paio di altre volte, prima di ottenere una risposta. Una voce familiare si palesò all'improvviso direttamente nel mio cranio. Quando la riconobbi non potei far altro che provare un'immensa gioia e sospetto anche di avere versato qualche lacrima, nella concitazione.

    P: Ho capito, ho capito, sono qui. Chi sei che mi chiami? Cosa ci faccio dentro al tuo corpo?

    Mi stupii che egli mi desse del tu, ma cercai di non lasciarmi sviare e pensai subito la mia presentazione. Oltre a nome e cognome aggiunsi un solo epiteto, “il suo servitore”. Mi chiesi se il professore avesse ancora la propria memoria, se si ricordasse di me. Lui sentì questi miei pensieri e vi rispose in maniera diretta.

    P: Sì, sì, ricordo tutto. Mi ricordo anche di te, in fondo sei l'uomo che mi ha ucciso...

    Rimasi scosso dalla frase del mio padrone. Non si fidava di me? Aveva male interpretato le mie azioni? In tal caso perché lasciare che le cose andassero così? Che si fosse lasciato convincere controvoglia? Che si fosse fidato solo di Maki? Ad interrompere quel notevole flusso di disagio e dubbi arrivò una risata sguaiata. Quel suono aveva un che di nostalgico per me, anche se in più di un caso non mi aveva portato troppo bene.

    P: Tranquillo, tranquillo, ti stavo solo mettendo alla prova. Il bello di questa tecnica è che non sei in grado di nascondermi assolutamente niente. Ciò è un bene quando si tratta di persone ambigue come noi, no? Comunque avevo già sciolto gran parte dei miei dubbi su di te, ho voluto solo fare un controllo in più, non si sa mai...

    Fui sollevato della cosa, avere la fiducia del mio padrone era una delle cose che più mi interessava al mondo, il timore di non averla per davvero mi aveva perseguitato in questi lunghi mesi. Di seguito pensai però che c'era qualcosa che non andava in un piccolo particolare, ovvero nel fatto che lui mi stava dando del tu. Non era giusto, mi faceva strano e non era per niente adatto al nostro rapporto di padrone-subordinato. Preferivo il tono che usava in vita, mi piaceva di più.

    P: Va bene, come preferisce, Rutja-dono... Adesso però vada a chiamare Maki-dono e le riferisca quello che ho da dirle! Devo parlare a tutti e due...

    Eseguii gli ordini ed andai a richiamare la ragazza, che in quel momento aveva chiuso gli occhi e stava riposando. La svegliai, stando ben attento a non venir spedito in orbita dalla sua reazione violenta. Non appena riprese del tutto i sensi scattò rapidamente in piedi, chiedendomi se il rituale avesse avuto successo. Risposi con calma di sì, che stavo parlando proprio in quel momento con il professore.

    M: Vedremo... Quali parole ha usato per convincermi quella volta, due anni fa? Le voglio tutte...

    Mi chiesi cosa sospettasse mai. Forse temeva che la stessi prendendo in giro o che cercassi di fregarla. O addirittura che avessi sbagliato e mi stessi facendo infinocchiare da un impostore. Fui zittito in questi miei dubbi dal professore stesso, che anzi lodò la presenza di spirito della ragazza nel non dare per scontato niente. Mi impose infine di ripetere parola per parola quella frase che, a sua detta, ricordava ancora alla perfezione, come non fosse passato neanche un giorno. Per rendermi più chiara la scena, il professore mi rivelò che quelle erano state le prime parole che le aveva detto, non appena lei era arrivata alla clinica, come finta infermiera inviata da Taki.

    Abita al villaggio, giusto Izawa-san? Strano modo di pensare il loro. Uno chiede di poter aiutarli e loro lo spiano. Come dargli torto, tutto si può dire di me, ma non che io sia mosso da intenzioni BUONE. L'avrei fatto anch'io, al loro posto, però... Farlo in maniera così chiara... Non è molto, come dire... Furbo... Ma noi siamo diversi, vero Izawa-san? Lo leggo nei suoi occhi, sa? Che lei non avrebbe mai fatto una mossa così stupida. Del resto ero stato io a chiedere un'aiutante. Una sola, singola infermiera. Potevano arrivarci che era una trappola, era fin troppo evidente. Non ci speravo neanche troppo e invece... Come potevano pensare che non mi accorgessi di niente? Folli... Una kunoichi si riconosce dallo sguardo, altroché... L'ho vista subito... La sua forza... Il suo bisogno di violenza... La sua fame di gloria... Giù al villaggio la limitano, ne son sicuro. La costringono a missioni stupide come questa. La imbrigliano in un sistema che non fa altro che tarpare le ali a chiunque e le impongono una vita noiosa e già scritta. Ma noi siamo diversi, vero? Non la vogliamo una vita del genere... Perché scegliere la via più facile, quando è evidentemente una truffa? Perché percorrere un vicolo cieco, solo perché è sicuro, quando si può scalare il monte che porta alla fama eterna? Perché accettare di morire quando si può vivere davvero?!! Ci pensi, Izawa-san, non le sembra allettante? Abbandonare tutto... Il villaggio, la sua morale fittizia, la debolezza dietro cui si nascondono tutti quanti. Mi segua... Si dimentichi del ruolo di pedone, si dimentichi di tutte quelle costruzioni, tutte quelle costrizioni, tutta quell'inutilità che le spacciano per vita. Diventi la prima, fondamentale pedina del mio esercito, diventi la mia regina. Insieme raggiungeremo il posto che ci compete, arriveremo in alto. Questo è quello che le propongo, si unisca a me. Io sono Madara Nara, lei chi è?

    Appena finii tutta quella pappardella potei finalmente prendere fiato. Non avevo mai parlato così a lungo in vita mia. Tutto quel discorso mi era piaciuto un sacco, era proprio il professore all'ennesima potenza. Già mi immaginavo la reazione della ragazza, una battuta squallida o qualcosa di simile, ma mi sbagliavo. Infatti si inginocchiò e chinò il capo.

    M: Maki Uehara al suo servizio, signore... La seguirò fino alla morte...

    Fui sorpreso dall'estrema serietà della scena. Il professore di contro si mise a ridacchiare. Disse che l'altra volta ci aveva messo molto più tempo prima di rispondere e mi chiese di darle io quel messaggio. Mi sembrava naturale, del resto, ma comunque riferii la frase. Lei non aggiunse altro, si rimise solo in piedi aspettando nuove informazioni.

    P: Probabilmente la scena era rivolta proprio a lei, Rutja-dono. Una specie di monito o di dichiarazione di fiducia, non saprei dire di preciso. Ma ora vediamo di passare a cose più pratiche...

    Rimasi colpito dalla supposizione del professore, ma non ebbi tempo per starci a pensare molto, visto che egli iniziò a parlare di un nuovo argomento. Come prima, toccò a me riferire. Il discorso era rivolto ad entrambi, ci chiedeva come mai avessimo usato proprio quella tecnica lì. Fu Maki a rispondere, dicendo di non aver individuato alternative. A questo punto il professore divenne più insistente, citando una delle tecniche di resurrezione, quella che permetteva di usare un sacrificio umano per riportare in vita un'altra persona. Era quella che lui voleva che usassimo e ci chiese in maniera diretta il perché non lo avessimo fatto. La ragazza era visibilmente confusa, proprio come lo ero io. Lei non disse nulla, neanch'io lo feci, però pensai la risposta e ciò bastò. Non l'avevamo usata perché temevamo le conseguenze. Un cervello inadeguato avrebbe ucciso il professore tra mille tormenti, o almeno così avevamo capito.

    P: Non sono un alieno, bastava una persona abbastanza intelligente ed ero a posto. Se poi si veniva a generare una necrosi dei tessuti nervosi, allora bastava andare a operare in maniera diretta. E se la cosa diveniva eccessiva, bastava lasciarmi morire e ripetere una volta ancora il processo. Morire e rinascere in successione non mi pareva un problema eccessivo. Meglio che trovarmi imprigionato in un corpo non mio, no?

    Riferii le parole dell'uomo alla mia novella moglie, che rimase a capo chino, proferendo solo delle scuse a bassa voce. Io fui ancora spiazzato dalle frasi dell'uomo. Capivo non essere preoccupato di uccidere fiumi di sacrifici umani, non ero uno che si formalizzava per un eccidio o due, ma l'idea di andare incontro consapevolmente a dolore, sofferenze e morti a ripetizione non mi sembrava granché come piano.

    P: Dolore e morte sono prezzi fin troppo leggeri per la fama eterna. Se lo ricordi, Rutja-dono, un giorno potrebbe toccare a lei. Comunque ormai non importa più, i giochi son fatti. Anche così ce la posso fare. Adesso mi faccia vedere un po' il tizio che vi aiutato...


    Portai le parole di semi-conforto del professore alla donna, poi andai diretto verso Jiro, che aveva assistito a tutte quelle scene senza dire nulla. Era lì, fermo legato, ma non sembrava fare neanche un movimento. Arrivati lì davanti, il mio padrone mi fece far osservare il povero disgraziato. Gli bastarono pochi sguardi per definire inutile quel tizio, quindi mi fu ordinato di ucciderlo subito. Non mi feci troppe domande, eseguii e basta. Estrassi la mia katana e la infilai senza remore nella gola dello sventurato. Un secondo dopo era già con gli occhi rivolti all'indietro, senza vita. Non aveva fatto un grido, non aveva detto una parola, aveva atteso impassibile il suo destino. Che essere indecente!!

    P: Ora dica pure a Maki-dono di occuparsi del cadavere, lei sa come... Lei invece vedrà di farmi un dettagliato rapporto di tutto ciò che è successo in mia assenza...

    Riferii l'ordine del professore, al che la ragazza si avvinò al cadavere e lo ispezionò per bene. Dopo avermi rimproverato la mancanza di stile nell'omicidio, iniziò una lunga serie di sigilli. Dopo aver finito quel processo, posò le mani sul corpo morto, che iniziò a rimpicciolirsi in pochissimo tempo. Neanche due secondi e Jiro fu ridotto alla grandezza di tre centimetri o poco più. Quando chiesi come potesse essere possibile una tecnica del genere, mi fu risposto dal professore che si trattava di un jutsu molto particolare, del quale non mi sarei dovuto interessare al momento. L'unico dato che mi fu detto era che la tecnica durava al massimo un paio d'ore e il cadavere non poteva essere allontanato più di tanto dalla ragazza. Capii dunque che se ne sarebbe dovuta occupare lei di persona, l'avrebbe potuto scaricare in un fosso o da qualche altra parte dove non fosse trovato per un bel po' di tempo. La pioggia avrebbe cancellato qualsiasi eventuale traccia.

    M: Lascio qui per ogni evenienza un clone... Ho sentito uno strano segnale di chakra provenire dal cadavere per un attimo, ma penso non sia nulla. Questo coglione non era in grado di impastare un cazzo, quindi probabilmente nel momento in cui è morto gli è partito per sbaglio o qualcosa del genere.

    Come detto, evocò una copia d'acqua, che lasciò di guardia. Poi si mise in tasca il minuscolo corpo di Jiro e se ne andò via. Il professore si disse preoccupato della questione del chakra e io resi partecipe di questa cosa anche il clone di mia moglie. Questa disse ancora una volta di essere sicura che il dottorastro non era in grado di utilizzare il chakra, aveva scelto proprio lui anche per quello. Ogni tanto capitava che anche i civili riuscissero per sbaglio a utilizzare quell'energia interiore, in punto di morte. Il professore disse che comunque non si sentiva tranquillo e ci richiese espressamente di spostarci da quel posto, ormai non più sicuro. Però prima dovevamo mettere a posto i rotoli con le ricerche. Dividemmo il mucchio in quattro parti uguali e li riponemmo con cura nel posto da cui li avevamo presi. Era un'operazione piuttosto lunga, viste tutte le precauzioni di cui si era munito il professore. Una volta chiuse tutte e quattro le botole, ci ritrovammo al centro della stanza. Chiesi al mio padrone dove avesse in mente di andare e lui iniziò a proporre alcuni posti. Eravamo nel pieno del discorso quando fummo interrotti dalla copia di Maki, che richiamò la nostra attenzione a gran voce.

    CM: Stanno arrivando delle persone. Sono in tre, due sono molto scarsi, l'altro un po' meno. Sono entrati nell'edificio. Tienti pronto, ok? Non dovrebbero avercela con noi, ma non si sa mai.

    Per fortuna la versione personalizzata della tecnica della moltiplicazione dell'acqua, inventata dal professore e utilizzata anche da Maki, riusciva a far mantenere gran parte delle abilità dell'utilizzatore. In questo caso ci risultò utilissima la percezione del chakra, che ci permise di essere almeno in parte preparati a quello che stava per succedere. Il suono di passi per le scale ci diede altre indicazioni. Gli sconosciuti erano diretti davvero qua sotto e soprattutto non erano solo tre. In effetti il numero indicatici dalla copia era solo quello delle persone in grado di utilizzare il chakra. Dopo pochi attimi di estenuante attesa, finalmente fecero il loro ingresso nella stanza sette persone. Erano quasi tutti piuttosto ben piazzati e avevano più d'una cicatrice sul volto. I classici mafiosi da racconto noir, pensai, e non mi sbagliavo di molto. Uno di essi aveva in mano una testa mozzata, che riconoscetti essere quella del guardiano del palazzo. La teneva per i capelli, sfoggiando un sorriso divertito.

    IK: Dove avete messo l'uomo che avete ucciso, bastardi?! Non serve mentire con noi, ditecelo subito!!

    Il primo a prendere la parola fu quello che sembrava il capetto del gruppo, l'unico fra essi a non essere alto più di un metro e novanta. Indossava dei panni leggeri e raffinati, si capiva subito che non era sullo stesso piano dei suoi accompagnatori. Ma non fu quello a preoccuparmi di certo, viste le sue parole dirette. Come facevano a sapere tutto? Cosa avevano in mente di farci? Come avremmo dovuto comportarci?

    P: Non vogliono di certo fare conversazione, questo è sicuro. Sono qui per ucciderci tutti. Ma noi lo faremo prima con loro, capito? E non c'è bisogno che lei riferisca a Maki-dono, lei sa già cosa fare...

    Quei due si conoscevano fin troppo bene e infatti il capo aveva predetto alla perfezione il comportamento della sua subordinata. Lei non si degnò di dare una risposta di qualsivoglia tipo ai nuovi arrivati, ma partì a razzo all'improvviso. Non riuscii a seguire per niente i suoi movimenti, erano troppo rapidi. La vidi schizzare ad una velocità folle, per poi ricomparire addosso al tizio che aveva parlato, rifilandogli il calcio verso l'alto tipico dell'Alzata della Foglia. L'uomo fu scaraventato alla velocità della luce contro il soffitto e quando cadde al suolo potei notare quanto il suo collo fosse piegato in maniera anormale e quanto la sua testa fosse totalmente ricoperta di sangue. Era morto sul colpo di sicuro. Nonostante questa uccisione immediata, la ragazza non si fermò di certo, anzi ne riuscì a seccare altri due in un istante, grazie all'uso di una katana estratta in fretta. Però di improvviso la vidi bloccarsi senza motivo. Il professore mi diede subito una spiegazione a questo fatto, ovvero che Maki era stata vittima di una tecnica del Controllo dell'Ombra, l'abilità segreta del clan Nara. Mi seppe indicare anche al volo quale fosse la persona responsabile del jutsu, era proprio l'armadio su cui si stava per avventare Maki. Mi fu dato l'ordine di eliminarlo in fretta, prima che gli altri potessero far fuori il clone di mia moglie. Avevo già usato una buona dose di chakra per la resurrezione del professore, le mie riserve erano quasi dimezzate. Cercai di utilizzare dunque la tecnica che più sembrava utile, l'Armatura Raiton Parziale, rendendo in questo modo più rapidi i movimenti delle mie gambe. Cercai di piombare più veloce che potevo contro il mio nemico, ma fui fermato da uno degli altri compari, che mi rifilò un pugno abbastanza forte da stendermi senza appello. Fui proiettato al fondo della stanza e di lì non riuscii a muovermi. Nel mentre gli altri malviventi si affrettarono a rubare la spada dalle mani del clone e con essa lo infilzarono, facendolo ritornare ad essere semplice acqua. Io guardai la scena molto intimorito, non sembravano esserci molte chance di sopravvivenza. Potevo ancora lottare, ma ero messo troppo male per sopraffare tutti quegli energumeni, soprattutto visto che tra essi sembrava esserci un Nara. Era evidente a tutti in quella stanza la mia disfatta, quindi i miei assalitori iniziarono a parlare tra di loro della mia sorte. Il Nara propose di uccidermi senza pensarci due volte e di nascondere poi le prove di tutto. Un paio di loro sembrarono subito farsi trascinare da parole così dirette, ma poi qualcuno fece notare che era la donna ad essere la vera colpevole. Essendo un clone, non era morta per davvero. Era necessario uccidere lei, non poteva restare impunita. Il Nara tentò di ribattere, ma fu zittito subito. Osservai frastornato e impassibile la discussione, incapace di trovare una via di fuga valida.

    S: Dobbiamo portarlo al Capo, lui saprà cosa fare di lui. E poi gli sono sempre interessati mostri del genere. Ripuliamo la stanza e lasciamo un clone davanti alla casa. Potremmo anche usare questo tizio per attirare la donna al covo, che ne dite?

    Rimasi davvero sorpreso dalla dimostrazione di intelligenza di quelle montagne di muscoli. Mi aspettavo dei totali rincoglioniti, mentre invece si erano dimostrati capaci di ideare un piano di base discreto, anche se semplice. Mi sembrava del tutto inutile opporre resistenza, considerazione che il professore condivise con me. Maki sarebbe stata in grado di salvarci senza problemi, anche da sola contro cento. A noi non restava che recitare il ruolo della principessa rapita e attendere il salvataggio dell'intrepido cavaliere.
    Fui legato e abbandonato in un angolo ad attendere che gli uomini finissero di formulare il piano. Uno di essi fu lasciato a pulire la scena del crimine, avrebbe poi chiamato dei rinforzi nell'impresa lui stesso. Gli altri mi tirarono su e mi condussero fuori dal magazzino. Ci mettemmo a passeggiare per la strada come se niente fosse, in fondo non potevo fare molto da legato. C'erano pochi passanti in giro e nessuno sembrò fare caso a me e alla mia situazione particolare. Io, da parte mia, non cercai di attirare l'attenzione di nessuno, la cosa avrebbe indisposto i miei rapitori. Per lo stesso motivo ubbidii al loro ordine di tenere gli occhi chiusi durante il viaggio. In pochi minuti raggiungemmo un nuovo edificio, in cui fui costretto ad entrare con loro. Qui mi fu infilato un sacco di telo scuro in testa, di modo da facilitare la privazione della vista. Scendemmo delle scale e poi iniziammo a percorrere un lungo corridoio silenzioso. Chiesi lumi ai tizi, i quali mi risposero che si trattava di un'uscita alternativa dal villaggio per non passare dalle porte. Anche questa parte di viaggio durò poco, un paio di minuti al massimo, poi le gocce dell'incessante pioggia mi avvertirono che eravamo usciti all'aperto. Di lì al covo vero e proprio ci sarebbe voluta ancora poco più di un'ora. Poi avrei avuto modo di conoscere il capo di quegli idioti.

    P: Il bello deve ancora iniziare, si tenga pronto, Rutja-dono...


    OT
    Dal prossimo post in poi cambio leggermente l'impaginazione :asd: . I pezzi scritti in corsivo sono narrati dal punto di vista di altri personaggi. Per rendere più chiaro il tutto, prima del pezzo inserirò il nome del narratore, che è di conseguenza anche il protagonista. Mi hanno detto che una cosa vagamente simile è fatta per i libri del Trono di Spade (anche se non dovrebbe esserci la narrazione in prima persona, mi pare d'aver capito :asd: ), ma giuro che non era voluto, anche perché ho scritto quella parte ben prima di conoscere questo dettaglio xD.
    La tecnica che alla fine viene utilizzata è questa:
    Horna no Nyuuseki (Il Matrimonio dell'Horna) (Tecnica personale)
    Livello A
    Tipo: Ninjutsu
    Tecnica inutile in battaglia, ma che permette il dialogo con i defunti. Per poter attivare la tecnica è necessario disporre di una discreta quantità di sangue del defunto (almeno 200 ml), impregnato del chakra di costui. Dopo essersi iniettato in vena il sangue, l'utilizzatore dovrà iniziare una lunga cerimonia pratica, che dura all'incirca un'ora se il corpo del defunto non si trova nei paraggi, la metà se il corpo è a meno di cento metri di distanza. Al termine del processo si potrà dunque ospitare l'anima del defunto all'interno del proprio corpo, in maniera permanente, fino alla morte dell'utilizzatore. In questo modo, su comando dell'utilizzatore, egli sarà in grado di conversare con il defunto, il quale avrà le stesse capacità intellettive, le stesse conoscenze e lo stesso carattere che ebbe in vita. Di norma le anime ospiti sono dormienti e inermi, solo grazie all'utilizzatore possono temporaneamente tornare alla vita. In questo modo l'anima potrà parlare con l'utilizzatore e ricevere i medesimi impulsi sensoriali di costui. Inoltre egli sentirà ogni pensiero dell'utilizzatore e dialogherà con essi.
    Non è possibile evocare più di una anima alla volta. Il numero di anime che l'utilizzatore può ospitare è crescente, pari al suo livello. Non si potranno raggiungere però le anime di coloro che sono defunti da oltre un anno. Inoltre i defunti che hanno la propria anima ospite nel corpo dell'utilizzatore della tecnica, non saranno in grado di essere richiamati in vita con nessun altra tecnica di resurrezione, fino a quando l'utilizzatore di questa tecnica è in vita. Il costo della tecnica è diviso in due parti, uno per l'acquisizione dell'anima e uno per risvegliarla volta per volta.
    Costo del rituale: 100
    Costo di richiamo: 20



    LEGENDA
    J: Jiro Kawaguchi
    M: Maki Uehara
    P: Professore Madaraki (Madara Nara)
    CM: Clone di Maki
    IK: Ichiro Kawasaki
    S: Scagnozzo


    OST
    Angelo Badalamenti – Main title (Secretary OST)
    Chapelier Fou ft. Matt Elliott – Moth, Flame
    Matt Elliott – Bomb the stock exchange
     
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    MAKI:
    Erano passati circa trenta minuti da quando avevo lasciato Rutja e il professore nel magazzino. Stavo portando il cadavere di quell'idiota di nome Jiro da qualche parte, per occultarlo. Ero uscita già da un po' dalla porta del villaggio, quando percepii qualcosa di strano. Il clone d'acqua era stato eliminato, anche se non sapevo come. Purtroppo, pur essendo una tecnica speciale, non raggiungeva i livelli di perfezione del kage bunshin, quindi non mi vennero trasmessi i ricordi della copia eliminata. Però non ci fu bisogno di quelli per capire che la situazione era quasi sicuramente drammatica. Avanzai di una cinquantina metri e gettai il corpo rimpicciolito del dottorastro dentro al primo fosso che trovai. Non avrebbero trovato il cadavere per un bel po', nessuno sarebbe riuscito a ricondurlo a me. Tornai indietro in fretta, simulando però calma. Ci misi venti minuti, ma quando arrivai non sentii alcuna traccia di quel mongolo dalle sei braccia. Il mio raggio massimo di percezione del chakra era di cinquecento metri, grazie al professore e ai suoi allenamenti mirati. Purtroppo Rutja era all'esterno di quella sfera immaginaria, sempre che non fosse crepato come l'ultimo dei coglioni. Percepii chiaramente la presenza di un individuo dotato di chakra all'interno del magazzino, quindi mi avvicinai con circospezione. Scesi le scale con rapidità e mi nascosi dietro la porta. Aprii una fessura nell'uscio e sbirciai dentro. C'erano altri due tizi oltre a quello che avevo percepito, erano tutti intenti a rovistare nella stanza, alla ricerca di chissà quale oggetto utile. Lì dentro era pieno di sangue ed erano ammassati da un lato tre cadaveri. Tra essi non c'era quello di Rutja e questa era già una notizia positiva. Vedendo il cranio fracassato di uno di essi e la macchia di sangue sul soffitto dedussi che l'autrice di quell'uccisione doveva essere stata la mia copia d'acqua. Spappolare la gente contro i muri delle stanze piccole con l'Alzata della Foglia e il Calcio di Chakra era uno dei miei metodi preferiti di omicidio. Ti permetteva di sentire due volte il rumore del cranio che si distruggeva e lasciava un piacevole segno rosso vivo sul punto d'impatto, quasi una firma. Gli altri due tizi erano stati sgozzati al volo, quindi probabilmente anche quello era merito del clone acquatico. C'era poi ancora un cadavere impilato vicino agli altri, ma lo riconobbi appartenere al custode dell'edificio, quindi in questo caso il merito era di quegli sconosciuti. Non mi dispiacque per niente vedere la testa di quel vecchiaccio giacere immobile priva di vita, mi stava davvero sulle palle.
    Dopo aver studiato la situazione per un po', decisi che potevo senza problemi eliminare due dei tre componenti del gruppo di pulizia. Scelsi a caso quale dei due non-ninja salvare, poi partii all'attacco. Mentre ero ancora dietro la porta eseguii una rapida serie di sigilli, poi con un calcio feci il mio ingresso trionfale. Neanche un secondo dopo, due lupi di chakra Raiton iniziarono a correre a folle velocità verso due di quei tizi. Non riuscirono ovviamente a difendersi e finirono folgorati. Il terzo uomo si voltò di scatto e mi fissò per un secondo, ma non poté opporsi al mio arrivo, quando decisi che ne era venuto il momento. Estraendo la mia fidata katana con un movimento fluido tranciai di netto una delle due braccia. Facendo perno sul piede sinistro, tornai indietro subito ed eseguii un affondo simile, prendendomi anche l'altro arto. Quel povero disgraziato era troppo lento per abbozzare anche solo un qualche tentativo di difesa. Dopo averlo mutilato, lo lasciai per un attimo riverso al suolo, immerso nel suo stesso sangue che scorreva copioso, giusto il tempo di dare il colpo di grazia ai suoi due compagni, ancora storditi per la mia mossa elettrica. Quando ritornai da lui, lo presi per i capelli e lo tirai su. Era grande e grosso, ma urlava come un bambino per il dolore. Era musica per le mie orecchie!! Non potevo comunque continuare a lungo a permettergli di fare così tanto rumore, quindi gli ordinai di zittirsi e per rendere l'ordine più netto gli tirai un sonoro calcio nelle palle. Ottenni il risultato sperato e potei quindi porre le mie domande. L'uomo si dimostrò molto arrendevole, non ci fu bisogno di nessuna opera particolare. Così non c'era nessun gusto, mi aveva rovinato tutto il piacere di torturarlo. Aveva deciso di dirmi tutto e subito, quindi a me non restò che ascoltare e basta. Per prima cosa mi parlò di uno strano sigillo che permetteva a tutti membri della loro organizzazione di venire a conoscenza di quando e dove ognuno di loro moriva. Di seguito confermò le mie teorie sull'attribuzione delle uccisioni, poi mi spiegò il motivo dell'assenza di Rutja. L'avevano rapito per arrivare a me. Fosse stato solo per lui avrei anche potuto pensare di fregarmene, ma dentro il suo corpo giaceva ora il professore, non potevo abbandonarli. Oltre a ciò mi riferì di come avessero intenzione di lasciare un clone lì per parlare con me. Questo avrebbe dovuto riferirmi il luogo e l'orario dell'incontro tramite cui avrei dovuto recuperare il mio alleato. Avrei dovuto portare ventimila ryo come riscatto, una cifra ridicola, un mero pretesto per nascondere l'intenzione di ucciderci, me lo confermò lui stesso. Sarei dovuta presentarmi disarmata due giorni più avanti, all'alba, su di una collina poco distante dal confine con il Paese del Fuoco. Stando alle parole di quel tizio, l'Organizzazione, che lui chiamò dei Falchi della Pioggia, poteva vantare più di un aggancio con l'esercito regolare di Ame, quindi non era consigliabile rivolgersi alle autorità. Mi feci rivelare il luogo dove era stato portato Rutja, luogo che scoprii essere il covo principale, situato qualche chilometro distante dal villaggio. Infine chiesi come avessero intenzione di pulire la scena del crimine ed egli mi raccontò di come volessero incendiare tutto l'edificio, per nascondere qualsiasi prova, come faceva sempre l'Organizzazione. Una volta riferite tutte le informazioni utili, l'uomo mi chiese piangendo di avere salva la vita, di essere aiutato. Che mucchio di stronzate, un tipo così non meritava di sporcare con il suo sangue la mia spada più di così. Lo spinsi contro uno dei muri e gli tirai un calcio in testa alla massima potenza. Sentii il dolce rumore del suo cranio che si frantumava in mille pezzi e per poco non ebbi un orgasmo. Il suo capo si era incastonato nel cemento e lì lo lasciai. Per prima cosa prelevai tutti i rotoli contenenti le ricerche del professore, non potevo permettere che andassero perse, quindi li misi in tasca. Poi, sapendo dove cercare, riuscii a trovare in un attimo l'accendino e la bottiglia d'alcool con cui quei tizi volevano dare fuoco alla stanza. Ne versai una gran parte in mezzo al magazzino, mentre il resto lo gettai lungo le scale. Con l'accendino diedi via al fuoco, che seguì il percorso che avevo determinato per esso. Eseguii in tutta fretta la Tecnica della Trasformazione, travestendomi da vecchietto, di modo da non convogliare su di me i sospetti. Presi la strada principale senza troppa fretta, l'incendio avrebbe bruciato quasi subito tutto il magazzino, ma non sarebbe stato notato per molto tempo, visto che le abitazioni ai piani superiori erano quasi tutte disabitate. Attraversai buona parte del villaggio, per ritrovarmi dalla parte opposta rispetto a dove mi trovavo in precedenza. Fatto questo, annullai la Tecnica della Trasformazione e presi una stanza in una locanda. Mi sarei dovuta preparare con estrema cura per la battaglia.


    RUTJA:
    Una volta raggiunto il covo, scendemmo per delle lunghe e ripide scale. Una volta terminata la discesa, mi fu dato il permesso di levarmi il sacco che mi bloccava la visuale. Ero comunque ancora legato, quindi non potevo fare alcunché. Il posto in cui mi trovavo era composto da strani cunicoli, illuminati appena dalle torce che tenevano in mano i miei rapitori. Continuammo per quel tunnel per quasi mezz'ora, tanto che mi chiesi se stessimo andando davvero da qualche parte. Magari c'eravamo persi, temetti. Fui smentito poco dopo, visto che raggiungemmo uno stanzone di almeno duecento metri quadri, infinitamente meglio illuminato. Dalla fattura dei cunicoli di prima avevo intuito che ci trovavamo sottoterra, ma la natura di quella enorme sala sembrava quasi smentire quell'intuizione. Candelabri, di dimensioni eccessive e ricchi di decorazioni di pregio, rendevano l'ambiente luminoso in maniera del tutto innaturale. Sulle pareti si potevano notare affreschi fantastici, mentre al centro della camera si ergeva una grossa tavolata, circondata da un gran numero di sedie, almeno una cinquantina, a occhio e croce. Dietro questa, proprio sulla parete opposta al buco da cui eravamo entrati, si ergeva una specie di trono. Era un po' lontano, ma riuscii a notare subito il materiale particolare con cui era costruito, oro massiccio. C'era un uomo poggiato sopra di esso, ma aveva il capo reclinato in avanti e non potei vederne il volto. Poco distante da lui c'erano due altre persone, dai vestiti dedussi che si trattava di dottori. Erano indaffarati e non sembrarono neanche loro dare peso al nostro arrivo. Con passo lento attraversammo tutto lo stanzone, finché non giungemmo al cospetto del capo. Uno dei miei rapitori lo chiamò ad alta voce ed egli alzò la testa, probabilmente si era appena svegliato. Era un omaccione piuttosto anziano, il suo volto era deformato da rughe e da innumerevoli ferite. Era una faccia fin troppo familiare, ci misi poco meno di un secondo a riconoscerla. Lui ci guardò con aria stranita, chiedendo ai suoi sottoposti chi fossi. Prima che potessero farlo loro, diedi io stesso una mia risposta.

    Sono un diavolo che cammina solitario nella notte, sono uno dei Lupi Neri...

    Gli occhi dell'uomo si dipinsero di sorpresa, mentre gli altri presenti sembravano non capire il senso della mia frase. E in effetti non potevano farlo, il significato era noto solo a chi un tempo aveva fatto parte del Gruppo dei Lupi Neri. Io ero uno di questi e lo era anche il mio interlocutore. Ma per quanto riguardava costui, non si trattava di un membro qualsiasi, quello davanti ai miei occhi era il capo del Gruppo, Boris “The Blade” Saijin. Capendo quello a cui mi stavo riferendo, il mio precedente capo mi chiese di identificarmi. Risposi indicando esclusivamente il mio nome, visto che solo con quello mi conosceva. Lui affermò di ricordarsi di me, ma a questo punto smise di rivolgersi a me e passò a chiedere lumi ai suoi scagnozzi. Cosa ci faceva uno come me in quel posto? Gli altri raccontarono dunque tutta la storia. Parlarono di un sigillo strano che li aveva condotti da noi, descrissero con molti particolari la piccola battaglia che si era svolta nel magazzino, riferendo la morte dei loro compagni per mano del clone di Maki. Dissero dunque del loro piano di utilizzarmi come esca per la donna, di modo da ottenere la giusta vendetta e spiegarono quello che avevano intenzione di riferire alla donna tramite un clone di qualcuno. L'uomo rimproverò i suoi sottoposti, visto che avevano messo una cifra troppo alta, che rendeva invece chiara quale fosse l'intenzione reale dell'incontro programmato.

    B: Del resto non potevo aspettarmi chissà cosa da voi, soprattutto visto che Ichiro è stato ucciso. Lui era il cervello del gruppo, voi i muscoli. Anzi, devo dire che mi avete sorpreso in positivo, il piano è buono. Ottimo lavoro!!

    Gli uomini ringraziarono per i complimenti del capo, che però a questo punto ritornò a rivolgersi a me. Mi chiese spiegazioni sulla mia situazione, su quali fossero le mie intenzioni. Stava cercando di capire cosa fare di me. Mi sforzai di parlare con più solerzia del solito, anche perché ne andava della mia sopravvivenza e, cosa ancor più importante, anche di quella del professore.

    Dopo che il Gruppo è stato smantellato, sono stato rinchiuso al villaggio per tre lunghi anni. Qualche mese fa mi hanno usato come cavia e obbligato a diventare un ninja per dei loro strani esperimenti. Ero qui per una missione diplomatica, niente più. La donna di cui parlano questi tizi è la mia aguzzina. Mi accompagna sempre, ovunque io vada. Non sono più libero, non lo sono dai tempi del Gruppo. Questa è l'occasione per ridiventarlo. Però, conoscendola, lei cercherà in tutti i modi di riprendermi...

    Il mio tono era quello solito, spento e privo di emozioni. Boris mi guardò con sguardo severo, cercando di capire a fondo le mie parole, cosa stessi chiedendo davvero. Rimase a squadrarmi per un bel po', poi mi chiese se avessi poi intenzione di unirmi a loro. Risposi di sì. Mi chiese di spiegargli le mie abilità ed io lo feci. Ne fu impressionato e mi disse che ero proprio il benvenuto nell'Organizzazione. A questo punto misi però una condizione. Prima dovevano uccidere la mia aguzzina, altrimenti lei sarebbe di certo tornata a prendermi. Magari avrei potuto occuparmi io stesso della cosa, fingendo di essere riuscito a liberarmi, colpendola alle spalle nel momento della battaglia. Boris fu entusiasta del mio piano, sembrava ottimo. Ne avremmo discusso più avanti i particolari, ora potevo prendere posto nella mia futura stanza. Fu chiesto ad uno dei sottoposti di slegarmi e poi di portarmi in una particolare camera, la tredici. Lo scagnozzo eseguì l'ordine e, dopo avermi liberato, mi fece strada per uno dei cunicoli che si aprivano dallo stanzone. Procedemmo per diverso tempo, finché non fummo di fronte alla meta. Fui fatto entrare e mi fu chiesto di accomodarmi sul letto. Mi fu detto che potevo riposarmi tranquillamente e che diverse ore più avanti ci sarebbe stato un incontro strategico dell'Organizzazione. Fui quindi lasciato da solo nella stanza.

    P: Bello spettacolo, complimenti, Rutja-dono...

    Fui preso di soprassalto dall'improvvisa voce che si fece viva nel mio cranio, non mi ricordavo più che il professore era ancora attivo, non aveva proferito parola da quando eravamo stati rapiti. Per fortuna non dovetti dargli molte spiegazioni, aveva sentito tutto tramite i miei pensieri. Non avevo alcuna intenzione di tradire Maki né soprattutto di cambiare padrone. Anzi, mi veniva persino comodo ingannare Boris. Lui aveva un tempo tradito me e tutti i nostri compagni, abbandonandoci al nostro destino e fuggendo senza farsi troppi scrupoli. Non gliene avevo mai fatto una colpa, in fondo in quanto nostro capo ne aveva quasi il diritto, però con la sua azione si era spezzato ai miei occhi il vincolo di fedeltà che mi legava a lui. Mi sentivo legittimato a ingannarlo ed usarlo come qualsiasi altra persona.

    P: Comunque non credo che il suo piano possa essere adatto... Maki-dono verrà, questo è ovvio, ma non credo che lei possa accettare di sottostare alle regole stabilite da quei trogloditi. Troverà da sola questo posto e si infiltrerà. La conosco ormai abbastanza bene da poter predire con certezza che arriverà quaggiù in piena notte... Si tenga pronto, Rutja-dono, sarà necessario anche il suo aiuto...


    BORIS:
    Erano passati più di due anni da quando avevo creato dal nulla il mio impero nel Paese della Pioggia. Avevo riunito con forza e intelligenza ben cinque diversi clan mafiosi, un tempo rivali. Mi era bastato annientare quasi da solo uno degli altri clan più deboli per raccogliere un minimo di proseliti, con cui ero riuscito a sterminare il gruppo più organizzato presente ad Ame. Furono entrambe imprese dannatamente facili per uno come me, quel villaggio era davvero troppo povero anche solo per poter sostenere criminali un pochino più evoluti. Di conseguenza ebbi terreno fertile per le mie ambizioni. Una volta eliminata la già scarsa concorrenza, piovvero le richieste di affiliazione. Radunai abbastanza uomini da poter tessere una piccola ragnatela di interessi e invademmo senza problemi diversi settori del mercato nero di quella nazione. La macchina sembrava funzionare alla perfezione, era una copia leggermente più piccola del Gruppo dei Lupi Neri del Paese della Cascata. Questa volta ero riuscito pure ad avere migliori contatti con parte delle autorità del villaggio. Avevo trovato persino uno degli ANBU corrotto, che fungeva da infiltrato nel villaggio e ci permetteva di evitare guai con i militari. Purtroppo non avevo considerato degli importanti fattori umani. La mia salute peggiorò all'improvviso, dopo neanche un anno di attività. Io, che un tempo ero in grado di competere con ninja di livello Jonin perfettamente alla pari, di colpo mi ritrovai con un corpo debole, fragile. La vecchiaia era già abbastanza debilitante di per sé, ma un'artrite devastante fu il colpo di grazia per me. Nei miei quasi settant'anni di vita non mi ero mai allontanato dal centro dell'azione, mentre ora mi ritrovavo bloccato quasi tutto il tempo su una sedia, stanco per qualsiasi minimo movimento. All'inizio fu una tortura dovermi defilare, ma riuscii comunque a mantenere il comando del gruppo, anche se dovetti delegare molto. Dovetti concedere sempre più libertà ai vari capiclan, che acquisirono pian piano un potere sempre maggiore, erodendo il mio. Questo meccanismo perverso andò avanti per più di un anno, finché non raggiunse il punto critico. Ormai non uscivo più dal covo e non mi muovevo quasi più dal mio piccolo trono. Il controllo sul gruppo era diventato quasi nominale per molti dei settori delle nostre attività. La nostra organizzazione stava perdendo terreno in molti degli ambiti più importanti, visto che tutti i miei sottoposti erano dei polli senza cervello. Alcuni capiclan insistevano nel darmi la colpa di questa situazione, quindi si erano alleati tra loro e tramavano contro me e contro quella porzione di organizzazione che ancora mi era fedele. Lo avevo scoperto grazie all'opera del più vecchio e prezioso alleato che avevo, Yamato Nara, un ex genin del villaggio, una montagna di oltre un centinaio di chili, capacissimo di fingersi un idiota mentre sorvegliava e manipolava i suoi compagni per conto mio. In questo modo riuscii a scoprire il piano dei traditori. Volevano presentarsi in massa all'incontro che tenevamo al covo principale ogni mese, uccidermi e prendere il potere in maniera definitiva, mettendo in una posizione subalterna tutti i membri della mia “fazione”. Un piano ridicolo nella sua semplicità, ma visti i numeri dei congiurati, non potevo permettermi di sottovalutare la cosa. Per questo avevo mosso anch'io le mie pedine ed ero riuscito a richiamare la maggior parte dei combattenti fedeli alla mia leadership, compreso l'infiltrato del villaggio. Quest'ultimo da solo valeva come cento persone normali, con quella mossa mi ero garantito la vittoria certa, visto che nessuno dei congiurati conosceva l'identità di quel ninja. Di sicuro mi sarei divertito un sacco ad inculare quei bastardi e a vederli annegare nella loro stessa idiozia. Sarebbe stato uno degli ultimi sfizi della mia lunga e gloriosa carriera criminale.
    Ma mentre fervevano i preparativi per quella imminente battaglia, qualcosa di imprevisto accadde. Grazie ad un sigillo di mia invenzione, che veniva applicato ad ogni nuovo membro del nostro gruppo, ogni qual volta che uno di noi moriva tutti gli altri possessori del sigillo nel raggio di cinquecento chilometri ricevevano un impulso che notificava loro l'identità del morto e il luogo in cui era avvenuto tale decesso. In questo modo mi arrivò la notizia della morte di uno dei miei medici personali, un grassone di nome Jiro. Non era una grande perdita, ma mi sorprese il fatto che egli fosse schiattato nel mezzo di Ame. Mi chiesi il significato di questo fatto, ma restò una piccola curiosità, non feci nulla per capire davvero la situazione. Del resto potevo lasciare fare ai membri che lavoravano stabilmente al villaggio, io dovevo concentrarmi nel dare disposizione ai miei alleati che erano già arrivati. Passò circa mezz'ora o poco più, quando altri impulsi del sigillo mi arrivarono di colpo. Erano tre, tutti insieme, e tra essi ce n'era una anche parecchio importante. Ichiro Kawasaki, una delle pedine più abili dell'esercito ribelle. Qualcuno mi aveva fatto il favore di togliermelo dalle palle, ma la cosa comunque non era piacevolissima. C'era qualcuno che si divertiva ad uccidere i miei sottoposti, non sapevo per quale motivo e non sapevo se era stato fermato. Mandai un altro paio di uomini a vedere la situazione e poi ripresi quello che stavo facendo prima. Passò più di mezz'ora quando irruppero nella stanza maggiore del covo tre affiliati, tra cui Yamato. Portavano qualcuno con loro, era legato. Quando fu più vicino potei notare che aveva sei braccia, in pratica era un mostriciattolo strano. Chiesi ai miei uomini di spiegarmi la situazione, ma a rispondere fu il nuovo arrivato, che ripeté alla perfezione il motto dell'organizzazione che avevo guidato nel Paese della Cascata, il Gruppo dei Lupi Neri. Rimasi del tutto stupito da quella casualità, ne fui quasi affascinato. Non avevo dubbi, mi trovavo di certo di fronte ad uno degli ex membri, che doveva avermi riconosciuto. Immaginavo che quasi tutti quelli che avevano avuto a che fare con il gruppo fossero stati arrestati o uccisi, quindi mi chiesi come facesse ad esserci uno come lui di fronte a me. Tanto più che non mi sembrava che tra di noi ci fosse un tipo così appariscente come lui. Gli chiesi il nome e lui mi rispose di chiamarsi Rutja. Ricordavo un tizio chiamato così, era un ragazzo magrolino che avevo reclutato di persona, per caso. Non era proprio una persona memorabile al tempo, ma mi sembrava di ricordarmi che fosse quanto meno sveglio e utile. Però prima di andare avanti su quel discorso mi serviva capire qualcosa in più sulla situazione che lo aveva portato qui. Chiesi informazioni ai miei sottoposti, che iniziarono a fare rapporto, raccontandomi i particolari della battaglia. Rutja era solo l'alleato della tizia che aveva ucciso Ichiro e gli altri. L'avevano rapito per arrivare a lei, visto che non erano riusciti a prenderla. Avevano intenzione di lasciare un clone-messaggio a quella tizia, chiedendo un riscatto esagerato. Peccato, era un piano quasi decente, non fosse stato per quell'ultimo particolare così idiota. Per un attimo mi lasciai prendere dall'ira e sgridai gli autori di quell'errore, poi ripresi il controllo e improvvisai una scusante e un complimento campato un po' per aria. Era importante mostrarmi un capo affidabile e magnanimo, a così poco tempo dalla resa dei conti. Una volta capito meglio quello che era accaduto, chiesi a Rutja di raccontarmi la sua storia e le sue intenzioni. Indossava un coprifronte di Taki, mi chiesi se in quella situazione potesse essere coinvolto anche l'esercito di tale villaggio. Lui mi raccontò di come, da carcerato, fosse stato costretto a subire un'operazione assurda e di come lo controllassero e sfruttassero. Mi puzzava un po' come storia, ma sembrava essere intenzionato a unirsi alla mia causa. All'inizio quest'idea mi sembrava una gran stupidaggine, però mi feci prendere dalla curiosità e gli chiesi quali fossero i poteri del suo corpo. Era roba interessante, sarebbe potuta tornare utile per più di un lavoretto. Mi feci convincere, sarebbe potuto anche diventare di nuovo una mia pedina, perché no? Lui però pose come condizione il fatto di eliminare la sua carceriera, visto che lui era sicuro che lei sarebbe tornata a prenderlo. Propose persino un piano piuttosto superficiale, una trappola di infimo livello. Feci finta di apprezzare anche questa sua idea per tagliare corto il discorso. Gli dissi che ne avremmo parlato in un altro momento, poi comandai ad uno degli uomini di portarlo in una delle stanze libere.
    Poco dopo aver lasciato andare a riposarsi l'uomo con sei braccia, un altro paio di impulsi ci arrivò dallo stesso luogo di prima. Passarono due o tre minuti e se ne aggiunse un altro ancora. La carceriera era tornata e si era vendicata. Immaginai che il tempo passato dalle prime due uccisioni alla terza fosse dovuto ad un interrogatorio o qualcosa del genere. C'era la seria possibilità che la donna fosse entrata così in possesso della locazione del nostro covo e che avesse intenzione di attaccarci appena possibile. Per fortuna di lì a poco sarebbe arrivato l'ANBU che lavorava per noi, le nostre difese sarebbero state ben alte. In ogni caso, per sicurezza, non sarebbe stato male raccogliere un po' di informazioni da Rutja su quale fosse il nemico che stava arrivando. Mi alzai dunque dal trono e mi diressi con calma verso la stanza in cui avevamo sistemato il mostro. D'improvviso capii che non era per niente saggio fidarmi di lui, avrei dovuto tenerlo decisamente sott'occhio.


    RUTJA:
    Passarono pochi minuti da quando fui sistemato nella stanza, quando vi irruppe Boris. Rimase in piedi sull'uscio e mi chiese se poteva fare due parole con me. Ovviamente accettai. Sin da subito mi pregò di dargli maggiori notizie su Maki. Io, su consiglio del professore, mi tenni piuttosto sul vago. Ne diedi una descrizione fisica accurata, ma quando si trattò delle abilità militari della ragazza fui molto più reticente. Dissi di non sapere molto, di averle visto usare solo del Taijutsu semplice e che per questo non conoscevo neanche la sua affinità del chakra. L'uomo cercò di farsi dire maggiori dettagli sulla sua futura nemica, sia a livello di abilità che di preferenze. Mi nascosi accennando alla velocità eccelsa della donna, affermando di non saper dire di più visto che non riuscivo mai a seguire i suoi movimenti. Boris sembrò a questo punto soddisfatto della risposta. Non lo fu altrettanto il professore, che mi rimproverò di aver dato un dettaglio molto importante, che avrei dovuto tacere. A questo punto, se non altro, avrei dovuto aver guadagnato ancora un po' più della fiducia del vecchio gangster. Cercai di verificare il fatto già subito. Chiesi il perché di quella fretta e di tutte quelle precauzioni. L'uomo mi fissò un attimo, poi decise di darmi maggiori informazioni. Mi raccontò dei tre nuovi impulsi da lontano e della sua teoria su di essi. Anche il professore era della stessa idea e ripeté che l'attacco sarebbe giunto di sicuro in piena nottata. A questo punto chiesi come potevamo mettere in pratica il piano che avevo proposto in precedenza, ma mi fu detto che non era il caso. C'era un'alternativa migliore, affidarsi ad uno dei suoi sottoposti più fidati, un ninja corrotto di Ame avente il rango di Anbu, lo stesso di Maki. Capii che era necessario che fossi io a fare qualcosa, dovevo cercare di spianare la strada alla nostra salvatrice, ma non potevo farlo in maniera diretta, o almeno non ancora. Ma prima che io potessi formulare qualsivoglia richiesta, fu lo stesso Boris a venirmi incontro. Mi raccontò della guerra di fazioni che divideva l'Organizzazione e mi chiese di partecipare in prima persona.

    B: Ho intenzione di usare l'incursione della tua carceriera per intimorire i miei avversari e colpirli di sorpresa. Dopo aver eliminato l'opposizione interna, faremo in modo che la tizia non venga più a cercarti.

    Non capivo bene in cosa consistesse di preciso il piano dell'uomo, forse intendeva sfruttare gli impulsi dettati dalla morte dei propri compagni. Sarebbe stata proprio una mossa da Boris, uno che non si faceva problemi a usare gli altri come scudo per la propria salvezza. Poco male, pensai, Maki non si sarebbe lasciata di certo usare in maniera così semplice. Rimanemmo ancora un po' a parlare del piano, poi l'uomo lasciò la stanza, mentre io poggiai la testa sul cuscino, per riposare. La notte era vicina, mi conveniva recuperare un po' di forze prima dello show principale.

    MAKI:
    Uscii dalla mia camera dopo un riposo di circa quattro ore, visto che le riserve di chakra erano ormai piene. Prima di uscire dal villaggio comprai un po' di tonici, avrei potuto aver bisogno di molta energia, non sapevo bene ancora con chi avevo a che fare. Ne presi anche tre per Rutja, in fondo anche lui avrebbe dovuto fare il suo. Dopo aver fatto la spesa, uscii in tutta calma dal villaggio. Il tramonto era ormai vicino, ma nessuno alla porta fece storie, vedendo il mio coprifronte di Taki. Camminai in tranquillità verso il luogo che mi era stato indicato per il covo. Non c'era fretta, anzi ero fin troppo in anticipo. Feci una sosta in riva ad un fiumiciattolo, dove seppellii i risultati delle ricerche del professore, che avevo riunito all'interno di un rotolo per armi. Dopo aver fatto questo mi incamminai e così riuscii ad arrivare nei pressi del covo attorno alle undici di sera. Era tutto buio, quindi procedetti per un po' a tentoni, finché non iniziai a sentire qualche debole segnale di chakra dal sottosuolo. Capii subito che era segno che i nemici si trovavano sotto il terreno, così come Rutja e il professore. Cercai per un po' un qualche ingresso, trovandolo quasi subito. Era un lungo scalone verticale, sotto al quale sentivo chiaro e tondo la presenza di una persona dotata di chakra, una sentinella con ogni probabilità. Iniziai a scendere giù, cercando di fare il meno rumore possibile. Ero ben abituata a missioni d'infiltrazione, quindi la cosa mi venne come al solito molto bene. Quando arrivai a tre metri di altezza, mi lasciai cadere, piombando a peso morto contro il primo nemico. Scoprii subito che ce n'era un altro, non lo avevo percepito prima in quanto non dotato di chakra. Misi in fretta KO anche quest'altro, mi bastò un pugno ben assestato alla nuca. Purtroppo non potevo permettermi di uccidere quei tizi, non volevo che si attivassero quei maledetti sigilli che avevano impressi sul corpo. Li legai con il lungo filo di nylon che mi portavo dietro di solito e li lasciai lì. La zona era poco illuminata, anzi sarebbe stata del tutto buia se non fosse stata per la piccola torcia che avevano acceso le due sentinelle. Da quello che si capiva, da lì si districavano un gran numero di cunicoli, ma non c'era alcuna indicazione su dove essi andassero. L'unica indicazione che potevo avere era il segnale del chakra, proveniente dai dintorni. Per fortuna all'interno dei cinquecento metri c'era parecchia gente dotata di chakra, più di quanti me ne aspettassi. Una quarantina, ben diffusi su una grande area, ma grazie a Dio riuscii a riconoscere subito la posizione di Rutja. Era da solo, ma poco distante c'era un altro segnale. Dalla quantità di energia capii che si trattava di un tizio abbastanza scarso, quindi quello non avrebbe dovuto essere un problema. I veri guai sarebbero potuti venire da altre cose, per esempio da un paio di segnali che appartenevano a persone dotata di una grandissima quantità di chakra, entrambi più o meno al mio livello. Se avessi dovuto avere a che fare con tizi del genere, l'operazione sarebbe diventata di esito molto più incerto di quanto lo era per adesso. E purtroppo le cose iniziarono a volgere già da subito al peggio. Proprio mentre io percorrevo il tunnel che sembrava portare alla posizione in cui si trovava Rutja, l'impulso a lui vicino lo passò a prendere e lo iniziò a dirigere verso i due impulsi più potenti. Si era verificata una delle peggiori ipotesi che potessi immaginare, c'era almeno un sensitivo tra tutti quei nemici. Iniziai a correre più forte, la distanza non era poi così tanta, ma non sapevo se il cunicolo che avevo imboccato era quello giusto. Dovevo cercare di intercettare i due, altrimenti le cose si sarebbero fatte troppo complicate.

    BORIS:
    Dopo aver parlato un bel po' con il nuovo arrivato, uscii dalla sua stanza. Non mi aveva dato troppi dati, affermava di non averne, fatto abbastanza sospetto. Avevo finto di fidarmi e gli avevo rivelato qualche informazione in più, cercando sia di farlo sentire parte del piano, sia di fargli capire quanto fosse inutile sperare di riuscire a fregarmi. Non per questo abbassai la guardia, anzi decisi di tenerlo sotto osservazione senza farglielo sapere, per il momento. Mancavano ancora un po' di ore alla mezzanotte, momento in cui sarebbe stato più probabile un attacco della tizia di Taki, sempre che avesse per davvero scoperto la locazione del covo. Raggiunsi il mio bel trono e mi sedetti lì, dando ordini a un paio di uomini di fare da sentinelle all'ingresso. Speravo che la tizia ci avrebbe avvertito del suo arrivo uccidendoli. Dovevo quindi lavorare su due fronti, predisponendo delle difese al covo e nel mentre preparando la giusta trappola per i ribelli. Infatti, pian piano, tutti i membri dell'organizzazione si stavano radunando nel covo, andando a occupare gran parte delle sue stanze abitative. L'incontro era programmato per il giorno dopo, ma la nuova variabile rendeva probabile la risoluzione di tutti i problemi quella stessa notte.

    AY: Sono arrivato, Saijin-san...

    Nel pieno della serata, arrivò anche Ayame Yanagisawa. Era lui l'ANBU infiltrato, un tizio bassino e dalla lunga e fluente chioma bionda. Il suo aspetto era talmente femmineo che la maggior parte del tempo si travestiva da donna, con molto successo. Si era fatto pure cambiare il nome, tanto che ad Ame non molti sapevano quale fosse in realtà il suo vero sesso. E lui sfruttava questa cosa per sedurre un gran numero di donne, una cosa a cui non avrei creduto se non l'avessi vista con i miei occhi. A parte questa sua stranezza, si trattava di un ninja di altissimo livello, capace e affidabile, anche se piuttosto corruttibile. Però fintanto che rimanevo il miglior offerente non avevo nulla da temere da lui.

    AY: Capisco, mi pare una buona idea. Aspetterò con impazienza il momento dell'azione...

    Spiegai la situazione con la tizia di Taki e il mio piano per sfruttare la sua sortita per eliminare senza fatica i ribelli. Lui si dimostrò d'accordo e accettò di aspettare il momento buono da solo in una delle tante stanze. Dopo di lui continuò l'afflusso di persone, sia di fedeli che di traditori. Tutto avrebbe trovato il suo equilibrio, quella notte. Nel mentre, mandai Yamato-san ad appostarsi nella stanza vicina a quella di Rutja. Tra le sue innumerevoli e duttili abilità c'era anche quella di sensitivo, che gli avrebbe permesso di essere pronto in caso di infiltrazione nemica. L'ordine era quello di trasferire Rutja da me nel momento in cui la donna avesse fatto irruzione. A parte questi piccoli preparativi, l'attesa fu piuttosto tranquilla. Spiegai la questione della takese a tutti i membri che man mano arrivavano, esagerando volutamente il pericolo. In particolare riferii tutto quanto a Sanzo Mori, un mio uomo che avevo fatto infiltrare da poco tra i ribelli. Non una cima, ma potevo fidarmi di lui. E soprattutto era un sensitivo, cosa che mi permetteva di manovrare in maggiore misura le capacità di reazione degli insorti. Sarebbe stato lui a dover avvertire tutti al momento giusto. Avevo dato ordine a tutti quanti di radunarsi nella sala del trono, in caso di invasione effettiva. Sarebbe stato quello il momento in cui il piano di pulizia interna avrebbe raggiunto il culmine. Non restava che attendere, io lo feci fermo immobile sul mio trono.
    Come previsto, attorno alla mezzanotte, Yamato irruppe nella stanza con Rutja. Di lì a poco si radunarono quasi tutti gli uomini, tanto che la sala fu invasa da un brusio fastidioso. Erano tutti confusi sul da farsi, non avevano mai subito un'invasione. Mi piaceva vederli dibattersi come topi spaventati. Era evidente che avevano ancora bisogno di me, senza un capo erano persi. Vidi i maggiori esponenti dei ribelli tra la folla, erano piuttosto tranquilli. Con mia somma sorpresa li vidi scambiarsi degli sguardi di intesa e poi rivolgersi verso di me. Che avessero preparato qualcosa anche loro? Questo avrebbe reso tutto almeno un po' più divertente, sperai.

    CA: Ora è il momento della resa dei conti, Boris!!


    MAKI:
    Tutti i vari impulsi di chakra si radunarono pian piano in unico punto, mentre io ancora giravo a vuoto. Non riuscivo a trovare in nessun modo una fottutissima via che conducesse in quel luogo, era un vero e proprio labirinto lì sotto. Rimasi stupefatta quando uno di quei cunicoli, che sembrava proprio dover portare al centro, d'improvviso virò, dirigendosi all'indietro, fino al punto in cui avevo lasciato le due sentinelle prive di sensi. Fu quasi un colpo di fortuna, pensandoci bene. Ormai era evidente che i nemici si erano accorti di me, non aveva senso nascondersi più di tanto. Appena raggiunsi i due uomini, ne decapitai in tutta fretta uno, mentre invece tentai di risvegliare a schiaffoni l'altro. Dovetti andare avanti per un po', ma ci riuscii. Costui, molto frastornato, mi pregò di non ucciderlo. Cielo, questa organizzazione era costituita solo da coglioni!! Lo interrogai per un po', minacciandolo di morte a più momenti e riuscii senza problemi a farmi dire la strada giusta per il punto in cui si erano raccolti tutti i suoi compagni. Non era difficile, ma non ci sarei arrivata da sola. Era davvero troppo intricato quel posto. Una volta ottenute le informazioni necessarie, sgozzai quell'omuncolo piagnucolante. Dopo aver pulito la spada, presi finalmente la giusta direzione. In lontananza percepii degli strani segnali di chakra, ma non mi preoccupai troppo, visto che quello di Rutja era sempre presente. Anzi, quella sembrava essere una notizia decisamente positiva, mi sembrava logico dedurre che quei tizi stavano avendo dei problemi interni. Se prima quell'impresa sembrava un po' difficile, adesso mi rendevo conto che invece sarebbe stata una passeggiata. Ci saranno pur stati dei membri forti, ma in quel gruppo tutti sembravano accomunati dall'essere dei grandissimi coglionazzi. Gente priva di cervello e, stando a quanto potevo dedurre dalla battaglia in corso più in là, privi di una leadership capace. Magari avrei potuto guadagnarci pure qualcosina con Ame, schiantando un cartello criminale che, seppur scarso, sembrava abbastanza ricco. L'obiettivo primario restava comunque salvare Rutja e il professore. Ripartii a correre, dovevo impedire che succedessero imprevisti ai miei alleati. Magari mi sarei potuta persino gustare una battaglia quasi divertente.

    RUTJA
    Attorno a mezzanotte, proprio mentre riposavo, l'energumeno del clan Nara entrò nella mia stanza. Mi disse di seguirlo subito, mi avrebbe portato da Boris. Cercai di rivolgergli qualche domanda nel tragitto, principalmente sulla situazione attuale, ma egli glissò su ognuna di esse, affermando di non sapere nulla. Sembrava proprio un grandissimo coglione, un uomo privo di qualsivoglia tipo di intelligenza.

    P: Non credo... Si ricordi che è stato proprio quest'uomo ad aver sconfitto il clone di Maki, non è da sottovalutare!

    Capii il monito del professore e quindi decisi di non fidarmi della ventilata idiozia di quel tizio. In poco tempo raggiungemmo la sala principale, dove pian piano si stavano riunendo tutti i membri dell'organizzazione. Stava andando tutto come previsto da Boris, cosa che mi diede la certezza che Maki fosse già all'interno del covo. Il tempo della resa dei conti si avvicinava. All'improvviso uno di quei mafiosetti da quattro soldi pronunciò proprio la frase che avevo pensato poco prima. Era un segnale per un paio dei suoi uomini, che si mossero in maniera diretta verso il loro capo. Partirono già da vicino all'obiettivo, correndo di gran carriera. Non era proprio una cosa mal fatta, però ebbe un esito disastroso. Infatti Boris non si mosse di un passo, rimase impassibile sul suo trono. A muoversi fu una biondina, spuntata fuori da non so dove. Non riuscii a seguire le sue movenze, la rividi solo una volta terminata l'azione. Vidi anche i corpi dei due tizi crollare lentamente al suolo grondanti di sangue. Uno dei due non aveva più la testa, che si trovava tra le mani della ragazza. Era evidente che fosse costei il sopracitato ANBU.

    B: Tutto qui?

    BORIS:
    Non riuscii a trattenere la delusione per quell'inutile attacco diretto. Non ci fu bisogno di alcun mio intervento, bastò Ayame a eliminare quel pericolo. Forse il punto forte doveva essere l'effetto sorpresa, i due che erano partiti in teoria sarebbe dovuti essere dei lealisti, ma era ormai risaputo che non lo erano.

    CA: Brutta puttanella, avevi detto che ci avresti aiutato!! Sei stra-morta!!

    Quella frase mi fece capire quale fosse in realtà il piano nemico. Ayame non mi aveva detto dei suoi contatti con il nemico, non mi aveva detto che contavano su di lui. Poco importava, il suo finto tradimento era stato decisivo, ormai era tutto finito. Nonostante non avessero speranze, i ribelli decisero di passare comunque all'attacco. I ribelli erano una trentina, i lealisti una sessantina, più una mezza dozzina di medici, anche loro dalla mia parte. Di nemici davvero forti ce n'era solo uno, il capo, Cedrick Arakawa, il resto era solo spazzatura. Diedi l'ordine di annientamento e vidi i miei fedeli soldatini partire all'assalto di quei disperati senza speranza. Yamato-san, che si trovava vicino a me con al fianco Rutja, invitò quest'ultimo ad unirsi alla battaglia. Poi si rivolse a me sottovoce, dicendo che sentiva che la tizia di Taki aveva imboccato finalmente la strada giusta. Di lì a poco sarebbe arrivata nella stanza. Chiesi al mio fido compagno di quantificare il tempo che mancava e lui rispose che sarebbe giunta entro cinque minuti al massimo. A quel punto sarebbe dovuto esser finito più o meno tutto, pensai.

    B: Tieniti pronto, avrò bisogno del tuo aiuto per evitare guai...


    RUTJA:
    La battaglia era appena iniziata, quando il tizio Nara mi porse una katana, invitandomi a partecipare anch'io. Capendo di non avere alternative, mi gettai nella mischia. Non capivo esattamente quello che stava succedendo, ciò che più contava era riuscire a rimanere intero, senza però indispettire Boris. Mi vidi venire contro un tizio che brandiva uno spadone in maniera ridicola. Lo infilzai senza problemi, togliendogli la vita. Gli strappai dalle mani la propria arma e mi diressi verso il nemico seguente. Gli insorti cadevano uno dopo l'altro, con una velocità estrema. La battaglia era segnata. Io uccisi altri tre nemici e rubai altrettante katane, arrivando a impugnarne ben cinque. Non erano granché come armi, ma facevano il loro effetto contro avversari così incapaci. Dopo soli due minuti quasi tutti i nemici erano stati annientati, con pochissime perdite tra l'altro. Ne rimaneva solo uno in piedi, un po' malridotto, con accanto a sé una piccola pila di cadaveri di lealisti. Era il tizio che aveva parlato direttamente a Boris, forse il capo dei ribelli. Si trattava di un omaccione barbuto, vestito abbastanza bene. Avrei evitato volentieri di scontrarmi con lui, ma me lo ritrovai proprio di fronte, quindi non ebbi altra scelta se non affrontarlo. Mi si gettò contro, muovendo in maniera decisa la propria spada. Riuscii in qualche modo a parare ben due dei suoi affondi e tentai un contrattacco, ma fui bloccato senza problemi. Le sue abilità erano effettivamente superiori alle mie. L'unico modo per sbarazzarmi di quel tipo era utilizzare la mia innata. Sfruttai il maggior numero di lame per guadagnare un po' di tempo, abbastanza per creare una ragnatela e sparargliela contro. Costui fu preso alla sprovvista e non riuscì a liberarsi. In questo modo potei infilzarlo con tutte e cinque le spade, trafiggendolo a morte. Con quello la prima battaglia era finita, a breve sarebbe iniziata la seconda. Estrassi le cinque lame dal cadavere del tizio, poi rimasi fermo sul posto. Sapevo che mancava poco all'arrivo di Maki e avrei voluto fare qualcosa a riguardo, però ero circondato da nemici. All'improvviso qualcuno mi diede una leggera pacca sulla spalla. Mi girai e vidi che si trattava della biondina che prima andava alla velocità della luce. Costei era l'unica che reggeva il confronto fisico con la mia alleata, di sicuro sarebbe stato il nemico più ostico. Lei proseguì senza problemi verso il centro della stanza, dandomi per un istante le spalle. Errore madornale. Mi lanciai contro ella, che non mi vide partire e non riuscì a difendersi in tempo. Mossi due delle spade a tenaglia sul suo collo e ne puntai un'altra all'altezza del cuore. Solo il primo degli attacchi fulminei andò a segno, ma la biondina ci lasciò comunque le penne sul colpo. Ora però venivano le grosse grane, ero circondato da mafiosetti ostili e pronti a farmi la pelle. Dovevo cercare di rimanere vivo fino all'arrivo di Maki, poi ci avrebbe pensato lei. Le avevo spianato la strada, sicuramente si sarebbe fatta un sol boccone di tutti quei tipacci, Boris compreso.

    P: Ottima reattività, Rutja-dono. Ora vediamo di uscirne fuori interi...

    BORIS:
    Fu Rutja a chiudere le ostilità contro i ribelli, seccandone il capo, ma fu lui stesso a riaprirle subito dopo. Approfittò di un secondo di distrazione di Ayame e lo decapitò. Come fosse stato possibile che un soldato esperto come lui commettesse un errore così banale non mi è dato saperlo, però rimasi inorridito da quella scena. Quel macabro spettacolo non era spaventoso solo di per sé, ma più che altro per le sue implicazioni. Senza quel fottuto travestito gli equilibri della battaglia imminente si spostavano di brutto.

    Y: Trenta secondi... Anzi, meno, ha accelerato! Procede a una velocità assurda!!!


    Tirai un cazzotto di stizza al bracciale del mio trono, mentre ordinavo ai miei uomini di catturare vivo Rutja. Era una delle poche speranze di avere un qualche vantaggio sul nemico imminente. Purtroppo guidavo solo imbecilli e smidollati, non tentarono neanche più di tanto di prenderlo. Alcuni tentarono addirittura di fuggire, come se temessero che quel dannato mostriciattolo fosse fortissimo. Non era così, erano più che altro loro che erano scarsi. Purtroppo non potevo intervenire io di persona, Rutja aveva iniziato a muoversi a zigzag, impedendomi di provare qualsiasi attacco a lungo raggio. Passarono pochi secondi e qualcosa si fece avanti dalla porta principale. Era una gnocca ricoperta di giallognolo, probabilmente chakra. Riuscii a malapena a seguire i movimenti con cui ella si portò a due passi dal suo alleato. Lei era l'ultimo ostacolo prima del mio riscatto, ma non sarebbe stato uno scontro semplice.

    B: Sai cosa fare, Yamato! Indicami la via...


    MAKI:
    La sorpresa fu enorme, quando sentii sparire la fonte di chakra più grande. Tanto più che nelle immediate vicinanze c'era solo Rutja, quindi ero quasi certa che fosse suo il merito. Ne ebbi conferma quando sentii gli altri impulsi circondare il suo. Non c'era neanche un secondo da perdere, indossai l'armatura Raiton e schizzai a velocità folle verso la zona dove si trovavano tutti. Una dozzina di secondi di corsa e raggiunsi infine un enorme stanzone illuminato in cui si trovavano tutti. Mi diressi subito verso Rutja e sulla strada falciai tre o quattro tizi con la spada. Costui fece subito rapporto, ancora prima che lo richiedessi io. Mi disse che erano quasi tutte mezze seghe, cosa che sapevo già. Però mi indicò anche un tizio robusto, dicendomi che si trattava di un Nara e che era stato lui a fottere la mia copia d'acqua nella battaglia del magazzino del professore. Stentavo a crederci, aveva persino meno chakra del mio alleato coglione, però l'informazione mi spinse a non fidarmi delle apparenze.

    M: Seguimi, bestia!!

    I nemici, nel mentre della nostra riunione strategica, erano stati tutti in attesa, forse paralizzati dalla vista dei loro compagni decapitati alla velocità della luce. Quanto mi divertivo a uccidere mentecatti del genere, non fosse stato per le stupide leggi dei villaggi lo avrei fatto in continuazione. E guarda caso qui non c'era nessuno a rompere i coglioni con regole e divieti. Non riattivai l'armatura Raiton, non serviva sprecare troppo chakra per le teste di cazzo, dovevo conservarlo per il Nara e soprattutto per il capo, l'unico che sembrava abbastanza potente da rappresentare un pericolo. Partii in una direzione a caso, fendendo la spada contro tutti gli esseri viventi della zona. Uccisi sette uomini, quattro li mutilai o giù di lì. Rutja si occupò di finire questi ultimi, con un ottimo tempismo. Ormai aveva capito come combattevo e, anche se non riusciva a seguire più di tanto i miei movimenti, era in grado di essere utile in qualche modo. Mentre contnuavo la disinfestazione, mantenni la coda dell'occhio sul capo, per il momento ancora fermo. Appena vidi che stava per fare qualcosa, avvertii Rutja e poi mi bloccai.


    BORIS:
    Le cose stavano andando male. I miei uomini cadevano come mosche, senza riuscire neanche a capire da dove stava arrivando quella tizia. Persino io, nei miei tempi d'oro, avrei avuto difficoltà a difendermi da quegli attacchi, così rapidi e precisi. Era di sicuro un ANBU, uno di quelli specializzati nell'omicidio e nel corpo a corpo. Non aveva senso attaccarla senza cognizione di causa, le probabilità di colpirla sarebbero state inferiori allo zero assoluto. Non mi restava che attendere che fosse Yamato a trovare la soluzione a tutti i nostri problemi, mi fidavo di lui.

    Y: Ok, ci sono, so come fare!! Mi serve solo che tu metta fuori gioco il mostro a sei braccia, per il seguito l'unica scelta è la tattica B37...

    Visto che ormai avevamo combattuto fianco a fianco per diversi anni, Yamato aveva creato un “Playbook”, ovvero un corpus enorme di tattiche di combattimento applicabili in qualsiasi evenienza. Rimasi stupito dall'affermazione del mio fido alleato, anche perché ricordavo bene che la tattica B37 era una delle più rischiose di tutte quelle che lui aveva ideato. Lo erano un po' tutte, affidarsi a lui voleva dire quasi sempre mettere in gioco la propria vita, però la B37 era quasi un suicidio. In ogni caso non ribattei, anche perché intuivo che se aveva proposto una cosa del genere era perché non vi erano proprio altre alternative.
    Attesi l'attimo più propizio, pur consapevole di avere su di me gli occhi di quella donnaccia, poi iniziai a eseguire sigilli. Ne feci un sacco, avevo bisogno di qualcosa di grosso per eludere la protezione della tizia e mettere KO Rutja. Una volta terminati i posizionamenti, feci piombare sul campo il buio più assoluto, con la tecnica della Falsa Oscurità. Molti dei miei uomini caddero nel panico, nessuno di essi aveva altri sensi su cui fare affidamento. Era solo il primo passo del piano, il secondo fu sparare l'offensiva vera e propria. Un bel trittico di Dragoni di fuoco Katon, uno diretto alla femmina, due all'altro.

    Y: Hai preso lui e un paio dei nostri, ritira pure l'oscurità...


    RUTJA:
    Su consiglio di Maki feci attenzione diretta al capo dei nostri nemici, che aveva iniziato improvvisamente a eseguire sigilli. Non sapevo cosa avesse in mente, mi sembrava troppo lontano per tentare qualcosa di diretto. Purtroppo non riuscii a reagire alla mossa di Boris, che fece calare di colpo l'oscurità nella sala. Sentii gran parte dei mafiosetti urlare e lamentarsi, evidentemente non si aspettavano tutta quella manfrina.

    M: Muoviti subito, coglione!! Vai a ore sette!

    Udii le indicazioni della mia alleata e le capii quasi subito, però non riuscii a metterle in pratica in tempo. Infatti, proprio mentre cercavo di spostarmi, fui travolto da un qualcosa di infuocato. Fui spazzato indietro di diversi metri, mi ero ustionato in gran parte del corpo, in maniera medio-grave. Per un attimo mi convinsi che era tutto finito, però il professore mi sgridò duramente. Quello mi ricordò il motivo per il quale non potevo mollare e mi forzai a rialzarmi in piedi. Nel mentre era ricomparsa la luce e vidi molti degli uomini di Boris agonizzanti a terra. Dai segni al suolo capii che una parte era stata colpita dalla tecnica che mi aveva steso, mentre il resto era stata eliminata da Maki. Un paio di nemici iniziò a correre in mia direzione, per mettermi a nanna in maniera definitiva. Non glielo permisi, nonostante mi facesse male dovunque. Mossi in malo modo le cinque spade che avevo ancora in mano e in questo modo riuscii a ferire entrambi gli assalitori. Ciò spezzò il loro impeto e in un secondo momento riuscii anche a privarli della vita. Altri due si avvicinarono, ma non fecero in tempo, visto che furono tranciati da Maki. Guardai bene, alla fine ne erano rimasti solo quattro di nemici, oltre a Boris e al Nara con cui questi continuava a confabulare.

    M: Resta qui, merdaccia, ormai la partita è nostra...

    MAKI:
    Quel mentecatto di Rutja riuscì a farsi colpire, ma almeno non mollò la presa e si difese da un primo assalto. Bloccai io il secondo, fottendo altri nemici, ma ormai il mio alleato era del tutto inservibile. Gli intimai di lasciare a me il compito di chiudere quella pratica, ormai ero certa di avere la vittoria in pugno. Attivai l'Armatura Raiton, giusto per sicurezza, poi mi avventai sugli ultimi quattro bastardelli. Avevo ancora nella coda degli occhi i due capetti, anche se per il momento non sembravano fare alcunché, forse attendevano di giocarsi le loro ultime carte nel corpo a corpo. In un attimo raggiunsi il primo degli ultimi sopravvissuti, l'unico che aveva avuto le palle di non scappare come un bambinetto impaurito. Mi sentii in dovere di dargli la morte più onorevole e veloce che conoscevo, ovvero colpirlo direttamente al cuore. E proprio mentre stavo per parcheggiare la katana nel petto del povero disgraziato, sentii una grossissima dose di chakra proveniente dal Nara. Pensai di muovermi rapidamente alla mia sinistra, ma non feci in tempo.

    BORIS:
    Riuscii a mettere fuori gioco Rutja, ma poi dovetti attendere il momento giusto. Vidi quella troia andare avanti nella sua opera di disinfestazione, aveva ucciso più di cinquanta uomini in un paio di minuti circa. Era davvero un mostro, c'era poco altro da dire. Ci aveva visto giusto Yamato, non saremmo riusciti a concludere niente con mosse normali, c'era bisogno proprio di un rimedio estremo.

    Y: È quasi ora, sii pronto!

    La tizia si precipitò sui pochi uomini ancora in piedi. Si era ricoperta di nuovo di quella cosa giallognola che le moltiplicava la rapidità. Questo aumentava le difficoltà, però la tattica B37 era pensata proprio per i casi in cui si fosse in deficit di abilità fisiche. L'unico requisito che dovevamo soddisfare era conoscere in anticipo di un paio di secondi quello che sarebbe stato l'obiettivo dell'attacco, cosa che fino a quel momento non era stata mai possibile, ma che accadde proprio con l'inizio dell'ultima tornata. Tre dei sopravvissuti si diedero alla fuga, solo uno capì che non aveva alcun senso la cosa. Era il momento tanto atteso. Proprio nell'istante in cui la donna fu addosso al mio uomo, Yamato utilizzò la sua versione personale dell'innata del clan Nara, la tecnica dell'Ombra Iper-rapida. Come nome non era granché, ma l'efficacia garantita. In pratica era uguale alla tecnica base dei Nara, il Controllo dell'ombra, ma aumentando di molto la quantità di chakra utilizzato si poteva migliorare la velocità con cui essa si propagava. C'erano diverse gradazioni di questa tecnica, quella massima impiegava una quantità di chakra di poco inferiore al totale di quella posseduta da Yamato. Lui finiva per svenire sempre poco dopo aver usato quella tecnica, però l'attacco era talmente fulmineo che forse anche gente a livello dei kage avrebbe avuto molte difficoltà ad eluderla. L'unico difetto era la carenza di precisione, ma sapendo l'obiettivo in anticipo era possibile ovviare al problema. E infatti il mio alleato riuscì a stoppare quel dannato assassino con le tette, bloccandola prima che ella potesse uccidere la nostra esca. In ogni caso non sarebbe finita certo lì, sapevamo bene che forse non sarebbe bastato solo quello.


    MAKI:
    Non riuscii a evitare il colpo, qualsiasi cosa esso fosse. Dopo un istante di incertezza, capii che si trattava di una tecnica del clan Nara, più o meno simile a quella del professore. Era stata infinitamente più rapida, ma sospettavo potesse essere per questo anche più debole di essa. Un po' mi dispiaceva spezzare i loro piani con così tanta semplicità, però mi ricordai le parole di un saggio antico che si adattavano proprio al caso. “Mors tua, vita mea”. Purtroppo per loro conoscevo il clan Nara e anche il modo per liberarsi dalle loro tecniche. Concentrai un bel po' di chakra, in modo da sciogliere la costrizione appena dopo che essa era stata creata. Immaginavo che potessero avere preparato una nuova mossa, ma ero convinta di riuscire a sfuggirvi, visto che mi ero liberata subito dell'ombra del tizio Nara. Mi sbagliavo, purtroppo, il poco tempo dato a disposizione dei due fu sufficiente per la loro mossa successiva. E con essa il termine di tutta quella storia sembrava potere infine giungere.

    BORIS:
    Mi fu necessario un singolo secondo a mettere le mani in posizione, poi potei attivare la tecnica speciale che avevo appreso quando ero piccolo, quella della Capovolgimento Spirituale, la tecnica segreta che si tramandava di generazione in generazione nel celeberrimo clan Yamanaka di Konoha. Mia madre apparteneva a quella famiglia, era fuggita in campagna per evitare una delle tante guerre portate avanti dalla Foglia, sposandosi poi con un bifolco qualunque del paese dell'Erba, mio padre. Pur essendo stato educato alla pace e al duro lavoro da contadino, mi fu insegnata quella tecnica base. Ovviamente poi intrapresi una carriera ben diversa da quella che avevano pensato per me i miei genitori, ma non è questo il momento per ripercorrere tutto il mio passato. Tornando a quella notte, a quell'attacco spirituale, essendo la tizia bloccata sul posto, riuscii a prenderla. Un secondo di ritardo e sarei stato completamente senza difese, ma per fortuna non fallii. Il mio vecchio corpo si afflosciò sul posto, mentre la mia anima si collocò temporaneamente in quello della donna.

    M(B): Sono Boris... Sono qui dentro, Tamaki, adesso esegui quello che ti dirò, parola per parola, capito?

    Il sopravvissuto mi guardò per qualche secondo con molto stupore, probabilmente doveva ancora riprendersi dallo shock di tutto quello che era successo in quei pochi minuti. Poi riuscì a capire il senso della mia frase, anche se non conosceva quel particolare jutsu, e mi disse che avrebbe obbedito ai miei ordini. Per prima cosa controllai nelle tasche della takiana, tirando fuori quattro kunai. Li porsi al mio subordinato, insieme alla katana che la donna teneva in mano, poi mi stesi a terra. Chiesi all'uomo di bloccare sia mani che piedi con quelle armi. Lui eseguì con dovizia il compito, forse aveva intuito dove volessi andare a parare. Faceva malissimo farsi crocifiggere in quel modo, ma era necessario per evitare rischi.

    M(B): Bene, ora conta fino a tre, mentre io esco da questo corpo. Una volta che arrivi al tre infilza al cuore questa puttana!! Vedi di non sbagliare, ok? Pronto? Vai!!

    Il ragazzo iniziò a contare ad alta voce. Non era un genio, ma rispetto alla media dei miei uomini era perfino sveglio. Quando egli pronunciò il due, scivolai via da quel corpo in tutta fretta, ritornando in quello vecchio e malato che possedevo di solito. Un attimo dopo Tamaki intinse la punta della katana nel petto della donna. Sorrisi soddisfatto. Certo, avrei dovuto ripartire da zero per l'ennesima volta, ma era pur vero che per l'ennesima volta ero riuscito a sopravvivere, a distruggere chi mi voleva finito. La mia epopea non era ancora al capolinea, pensai, proprio mentre il contrario stava per accadere. Infatti, circa un secondo dopo il colpo al cuore della takiana, la stanza fu invasa da un bagliore inspiegabile ed improvviso. Durò un attimo soltanto, poi senza che io potessi capirci qualcosa, fui avvolto dal nulla e persi conoscenza.



    OT
    L'intenzione era di creare una girandola vertiginosa di violenza e colpi di scena xD. Spero di esserci riuscito e che il testo sia gradevole, a suo modo xD.


    LEGENDA
    B: Boris Saijin
    P: Professor Madaraki (Madara Nara)
    AY: Ayame Yanagisawa
    CA: Cedrick Arakawa
    Y: Yamato Nara
    M: Maki Uehara
    M(B): Boris nel corpo di Maki


    OST
    Ezkimo – Salainen agentti 998 remix (instrumental)
    Chapelier fou – Protest
    Wolfgang Amadeus Mozart - Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen (da "Die Zauberflöte", ovvero “il flauto magico”)
     
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    PROFESSORE:
    Dopo esser stato colpito da una tecnica katon improvvisa, Rutja fu difeso da Maki. Dopo essersi assicurata la nostra salvezza, la donna partì all'attacco. Aveva eliminato quasi un intero cartello mafioso in un paio di minuti, ma proprio alla fine peccò di fretta. Attaccò i sopravvissuti, ma fu bloccata dal Nara e in seguito dal capo dell'organizzazione, che si rivelò essere un membro del clan Yamanaka. Esortai Rutja a tentare qualcosa, ma si frapposero fra noi e la nostra compagna gli ultimi due mafiosetti in vita. Per fortuna questi non attaccarono, dietro preciso ordine di quel Boris. Forse non voleva rischiare di aumentare di due i cadaveri dei suoi, anche perché in quel momento i membri della banda ancora interi erano cinque. Avrebbe dovuto ripartire da loro, probabilmente era questo quello che pensava, ma ormai avevo capito che non sarebbe andata così.

    P: Non faccia nulla, si premuri solo di non farsi uccidere... E non scappi per nessun motivo... A breve tutto sarà finito e allora potremo venire fuori da questa storia...

    Potei sentire chiaramente i pensieri di Rutja, uno più pessimista dell'altro. Non riusciva a capire quale fosse il motivo della mia calma. Non glielo anticipai più di tanto, avrebbe capito tutto al momento opportuno.

    M(B): Bene, ora conta fino a tre, mentre io esco da questo corpo. Una volta che arrivi al tre infilza al cuore questa puttana!! Vedi di non sbagliare, ok? Pronto? Vai!!

    Mentre il mafioso scandiva il tempo, io spiegai in maniera semplice a Rutja quello che avrebbe dovuto fare. Si trattava solo di concentrare chakra Raiton in tutto il corpo e lasciarlo circolare senza impastarlo. Quello sarebbe stato l'unico modo per uscirne vivi e ci avrebbe anche permesso di vincere quella battaglia, sempre che si potesse chiamare vittoria.
    Un attimo dopo che una lama si piantò nel petto di Maki, un enorme bagliore si diffuse nella stanza a partire dal suo corpo. Durò solo un attimo, poi si sentì un immenso fragore, infine un silenzio improvviso e irrealistico. Quello era segnale, era tutto finito. Rutja ci mise un minutino a riprendere l'uso della vista, tanto era stata forte la luce a cui aveva assistito. E quando lo fece, ad attenderlo c'erano solo cadaveri. Boris, l'armadio del clan Nara e gli altri tre membri dell'organizzazione che erano sopravvissuti fino alla fine, adesso giacevano al suolo, con un grosso buco all'altezza del petto. Rutja non riuscì a trattenere la sua confusione e continuò a bombardarmi di domande. La risposta era semplice, anzi mi pareva strano che non la conoscesse già.
    Maki faceva parte del clan Uehara, una delle famiglie più antiche del villaggio di Taki, forse uno dei pochi clan degni di nota della nazione. L'innata di questo clan era poco conosciuta, si trattava della tecnica delle Lance Raiton, tecnica di cui Maki si serviva molto raramente. Tra le numerose tecniche di questo clan, una era la più segreta ed esclusiva, il Sigillo dei Tre soli. Questo era un sigillo che veniva applicato a tutti i membri del clan e che si attivava nel momento stesso della morte dello shinobi. Da quel momento tutto il chakra ancora immagazzinato nelle riserve veniva reso di tipo Raiton e impastato automaticamente. Di seguito esplodeva all'interno del corpo, formando un gran numero di lance elettriche, che colpivano istantaneamente tutti gli esseri umani che venivano identificati come “non alleati”, ovvero che non si ricoprivano di chakra dello stesso elemento della tecnica. Numerose sono le osservazioni e le considerazioni che andrebbero fatte su queste abilità eccelse, ma qui mi limito a dire che grazie ad esse da secoli i migliori membri del clan erano scelti per far parte delle guardie personali del Takikage. Maki non aveva ancora raggiunto quel livello, le sarebbe mancato ancora qualche anno di gavetta negli ANBU. Purtroppo era morta prima di raggiungere quella posizione, da lassù sarebbero state molte le cose che avremmo potuto fare. Mille erano i progetti che avevo fatto, ma nell'istante in cui la spada aveva trafitto il cuore della ragazza, erano tutti quanti andati in fumo. Avrei dovuto farne altri, per adesso incentrati quasi tutti su Rutja. Ci sarebbe voluto molto più tempo, però per il momento era l'unica strada percorribile.

    P: Forza, c'è poco tempo da perdere... Non credo che qualcuno scoprirà questo posto a breve, ma è meglio non tirarla per le lunghe... Si dia da fare subito, Rutja-dono...

    Per fortuna il ragazzo capì subito cosa volevo dire. Era in leggero stato confusionale, ma raggiunse barcollando il corpo della sua ex sposa. Era orribilmente deformato, di sicuro un effetto del sigillo Raiton. Del resto il suo corpo aveva lasciato esplodere all'infuori tutto il chakra che possedeva, quindi era normale che fosse ridotta in quella maniera. Rutja vomitò di fronte alla visione del suo viso sbrindellato e deturpato, era una sensazione spiacevolissima. Pianse molto, si era davvero legato a quella donna, nonostante la maniera in cui lei lo trattava. Era di sicuro una persona di gran temperamento, una guerriera formidabile ed un'alleata abile e fedele, quindi anch'io ero profondamente dispiaciuto di come si fossero evoluti gli eventi. Però bisognava andare avanti, cercando magari di non lasciarla indietro, visto che si poteva. Purtroppo era proprio il corpo ad essere il suo punto forte, ma quello non avevamo modo di riportarlo in vita, per ora.

    Siringa, siringa... Mi serve una siringa... Dove posso trovarla?

    Mi stupivo sempre di quanto fosse bipolare Rutja, capace di pensieri lucidi e intelligenti, ma anche di soventi cadute di stile pessime. Tutto sommato ero soddisfatto di aver scelto lui, ma ogni tanto mi faceva davvero cadere le braccia. Lo strigliai un attimo, facendogli notare che il vecchio capoclan aveva un sacco di dottorastri che gli giravano attorno e avevano tutti una loro postazione in un angolo dello stanzone. Alla fin fine aveva notato anche lui la cosa, quindi bastò ricordarglielo perché lui si mettesse in moto per raggiungere il posto. Purtroppo lui camminava davvero a fatica, quindi ci mettemmo un attimo. E quando fummo lì potei notare tutta la sua ignoranza nel campo medico, visto che non riconobbe quasi nessuno degli attrezzi. Di siringhe ne trovammo una lunga serie, tutte nuove, riposte in un cassetto. Rutja ne prese un po', però prima di tornare indietro lo fermai e gli ordinai di ingoiare una delle numerose pastiglie che si trovavano nella postazione. Lui lo fece, senza neanche chiedersi cosa fossero. Era assurda la fiducia che riponeva ciecamente in me, anche se dal mio punto di vista ciò non poteva che essere positivo. In ogni caso erano dei semplici antidolorifici, piuttosto leggeri e con effetti collaterali praticamente nulli. Dopo averne scoperto gli effetti, Rutja mi ringraziò, partendo subito dopo per tornare da Maki. Le si avvicinò in tutta fretta e le infilò uno degli aghi in quello che rimaneva del collo, estraendone una buona dose di sangue.

    P: Molto bene, però adesso deve attendere un attimo, prima di iniettarselo. Le devo spiegare una cosa, è molto importante...

    Non ricordavo bene quale fosse il gruppo sanguigno di Maki, ma ero certo che non fosse 0 né AB. Non poteva iniettarselo senza pensarci su, anche perché ero sicuro che lui non volesse limitarsi a quel primo utilizzo della tecnica. Gli spiegai dunque nei dettagli la questione e le varie implicazioni che ciò aveva. A sorpresa aveva già un'infarinatura sull'argomento, cosa che rese tutto più semplice. Passai dunque a insegnargli la tecnica che permetteva di risolvere questo specifico problema. Dietro mio ordine, il ragazzo eseguì una piccola serie di sigilli e poi intrise un dito di chakra, pucciandolo in seguito dentro una piccola pozza di sangue che si era andata a formare vicino al corpo di Maki. Il liquido passò da rosso a viola scuro.

    P: Complimenti, ottimo lavoro!! Questo colore significa che quel sangue è di tipologia B negativo...

    Per fortuna si trattava di un jutsu estremamente basilare, quindi non dovetti preoccuparmi troppo di un eventuale lungo apprendimento. Andai dunque a elencare i vari abbinamenti tra gruppi sanguigni e colori risultanti dalla tecnica. Li feci ripetere a macchinetta un paio di volte a Rutja, finché anche lui non li interiorizzò senza possibilità di fallimento. Il passaggio successivo fu altrettanto semplice da imparare, in quanto si trattava di manipolare il sangue per cambiare il gruppo sanguigno. Doveva lasciare fluire il chakra su tutto il liquido e lasciare che si attaccasse a livello molecolare. Nulla di troppo complesso, ma vista la tendenza di Rutja a fallire in questioni basilari di tanto in tanto, preferii fare un tentativo di prova.

    P: Per adesso le insegno solo la parte relativa alla trasformazione in AB positivo, tutte le altre le faremo in un altro momento...

    Era inutile infarcire la testa di Rutja di dati inutili, quindi gli spiegai solamente quella parte. Era una trasformazioni abbastanza semplice, visto che si trattava di aggiungere solo gli antigeni A e le proteine di membrana a tutte le molecole. Era un processo veloce, ma che richiedeva una buona dose di concentrazione. Dopo aver sentito la spiegazione un paio di volte, il ragazzo sembrò abbastanza sicuro da fare un tentativo. Lo fece utilizzando il piccolo laghetto ematico vicino al collo di Maki. Seguendo le mie istruzioni, la prova si rivelò un successo completo. Quando controllammo il sangue con la tecnica di analisi, il sangue era diventato di un verde chiaro, segno del successo del ragazzo. Decidemmo insieme dunque di non fare ulteriori tentativi, anche perché non era buona cosa sprecare energie a vuoto. Gli diedi ordine di procurarsi una bacinella o un piccolo contenitore in cui utilizzare nuovamente la tecnica. Lui andò alla postazione medica e trovò quello di cui avevamo bisogno, un piccolo becker trasparente. Ci svuotò la siringa dentro, attuò con successo il cambio di gruppo sanguigno, poi riprese nella siringa il sangue modificato. Fatto ciò si andò a sistemare nel mezzo della stanza, sedendosi sul pavimento.

    P: Bene, è il momento di riportare tra noi Maki-dono. Purtroppo non potrò aiutarla più di così, veda di non deludermi, capito?

    Visti dubbi del ragazzo, dovetti spiegargli il motivo di quell'affermazione. Infatti non si poteva tenere attiva più di un'anima ospite con la tecnica base, bisognava disattivarmi temporaneamente per poter effettuare il rituale e richiamare la nostra compagna. Mi raccomandai una volta ancora, pur essendo consapevole che la percentuale di successo era molto vicina al cento percento. Spiegai infine come fare a disattivarmi, cosa che lui fece nel momento in cui glielo chiesi. E così, dopo una giornata estremamente intensa, infine potei godermi un po' di riposo.


    MAKI:
    Dal mio punto di vista passò un istante solo dal momento in cui assistetti impotente alla spada che trafiggeva il mio cuore a quando fui risvegliata da Rutja. Era un'amara consolazione, quella di essere ancora viva, sempre che si potesse chiamare vita una cosa del genere. Attraverso gli occhi di quel coglione che mi ospitava riuscii a vedere gli effetti del mio attacco. Avevo fatto un bordello senza senso, ma non ero riuscito a concludere tutto, quindi avevo dovuto affidarmi al sigillo del clan Uehara per azzerare quei figli di puttana. Chiesi a Rutja di poter osservare da vicino gli effetti della tecnica elettrica sui nemici. Avevano tutti un grosso buco in pancia, cosa che conferiva loro un aspetto dannatamente esilarante. Vedere i loro occhi vuoti e il loro sangue riverso sul pavimento mi dava un senso di sollievo e di eccitazione fisica. Purtroppo riuscii anche a vedere in che condizione era il mio corpo. Il mio povero, sexy corpicino, orribilmente deformato dall'esplosione di chakra. Mi metteva una rabbia e una tristezza quella visione, tanto che ordinai a quell'idiota di mio marito di andarcene.

    Prima di andare devo fare ancora qualcosa... Voglio resuscitare Boris, la sua intelligenza e le sue conoscenze potranno tornarci utili sicuramente...

    Rimasi di stucco di fronte alla sua idea. Non solo stava osando contraddirmi, quell'idiota stava addirittura proponendo di salvare il bastardo che mi aveva ucciso. Per un attimo fui obnubilata dalla rabbia, sul punto di scoppiare, poi mi calmai e presi la notizia con più lucidità. In fondo l'idea che quel figlio di troia condividesse la mia prigionia era soddisfacente. Tanto più che, stando ai pensieri di Rutja, si trattava di un tizio molto cazzuto, anche se fin troppo manipolatore e infido. Ma nelle condizioni in cui l'avremmo messo non sarebbe stato in grado di manipolare un cazzo, poteva solo aiutarci. Il professore stesso era stato di quell'avviso, visto che aveva non aveva ribattuto ai pensieri del suo subordinato. Se c'era una cosa comoda di questa tecnica era proprio questa, ovvero che Rutja non avrebbe potuto più nascondere niente. Ogni suo pensiero era a mia disposizione. Per la maggior parte si trattava di merda, ma in questa maniera potei anche confermare la fedeltà assoluta del ragazzo al professore, cosa su cui non ero mai stata troppo certa.

    M: Fanculo, va bene!!

    Rutja mi aveva già spiegato tutto, persino cose non richieste, tipo tutto il procedimento che aveva eseguito per me e che si apprestava a ripetere. Lo insultai, la cosa non mi riguardava. Era un peccato non poterlo picchiare in questi casi, era l'unica maniera per sfogare il fastidio che mi dava la sua stessa esistenza. A questo punto però mi resi conto che le sue riserve di chakra iniziavano a non essere così piene. Ne aveva abbastanza per il rituale, ma non molto di più. Mi ricordai dunque dei tonici che avevo preso per lui, quindi gli riferii la cosa. Lui ne ingoiò uno e si intascò gli altri. L'effetto fu quasi immediato, quindi ora era tutto decisamente pronto.

    M: Non ci sto più a fare niente qui, spegnimi subito, stronzo!!

    Rutja eseguì senza protestare e mi mise a nanna per un po'. Finalmente!!


    BORIS:
    Rinvenni subito dopo quello strano bagliore, ma mi accorsi sin dal primo momento che c'era qualcosa che non andava. Non ero all'interno del mio corpo e soprattutto non riuscivo a controllare quello in cui mi trovavo. Sentii una voce che mi chiamava, rimbombava direttamente nel mio cranio. Era quella di Rutja, quel bastardo traditore per il quale ero quasi morto. O forse lo ero per davvero, mi balenò un attimo il dubbio.

    B: Sì, sì, sono qui! Però adesso spiegami che cazzo è successo!!

    Rutja rimase ancora seduto e iniziò a raccontarmi tutto. Non stava parlando, pensava soltanto, però i suoi pensieri erano trasmessi in maniera diretta anche a me. Fece riferimento ad un sigillo che possedeva la ragazza di Taki, il quale si attivava con la morte della kunoichi. In sostanza faceva esplodere il chakra e fotteva tutto ciò che era vivo, tranne chi si ricopriva di un velo Raiton. Per farla breve, ero morto. Anzi, eravamo tutti morti, tutti tranne quel figlio di puttana che ora stava parlando con me. Ciò però non spiegava il motivo per il quale ero lì, quindi insistetti per altre informazioni. E ne ottenni tante, tutte incredibili. Infatti Rutja iniziò a raccontarmi del suo nuovo “padrone”, un tale di cui non conoscevo nulla. Costui aveva inventato una tecnica in grado di poter conversare con i morti, una cosa che sembrava troppo fuori di testa per essere vera. Chiesi delle prove a riguardo e quel ragazzaccio non trovò nulla di più simpatico che mostrarmi il mio stesso cadavere. Avevo un fottutissimo buco in pancia, era enorme!! A quanto pareva tutto il racconto di Rutja, per quanto assurdo, era veritiero. Gli chiesi di andare avanti e lui parlò dell'obiettivo di questo suo padrone, ovvero scrivere il proprio nome sui libri di storia, terrorizzando il mondo intero nel farlo.

    B: Con una dannata tecnica per resuscitare i morti credo si possa ottenere fama eterna senza dover far altro, no?

    Il ragazzo dalle sei braccia iniziò dunque a farmi un pistolotto assurdo sul fatto che tecniche del genere erano controverse e piene di punti oscuri. Questo fantomatico professore era riuscito a vivere centoventi anni e ad essere ancora estremamente giovane, ma anche questa sua scoperta era pregna di effetti collaterali e altre implicazioni. Un regime oscurantista come quello dei villaggi ninja non avrebbe mai permesso a informazioni potenzialmente pericolose come quelle di trapelare facilmente. Tutto questo che mi riferì non era un suo ragionamento, bensì la trasposizione di un discorso avuto con questo suo padrone, che evidentemente stava ripetendo a macchinetta senza averlo capito del tutto. Iniziavo ad essere curioso verso questa persona.

    B: Però devi spiegarmi ancora una cosa... Come mai mi hai resuscitato? A cosa ti servo?

    La risposta non si fece attendere. Aveva avuto in mente tutto quello fin dal primo momento in cui mi aveva visto, era l'unica maniera per salvare me, il suo vecchio padrone, senza andare contro l'obiettivo del nuovo. Rimasi sorpreso di questa sua affermazione, non sapevo neanche che lui mi considerasse un vero e proprio “padrone”, questa sua parola mi suonava decisamente strana. Per concludere il discorso, il ragazzo aggiunse che mi considerava una persona intelligente e capace, abituata a vivere in clandestinità ed estremamente esperta. Mi sorpresi per quanto fosse semplice, quasi stupido, un piano del genere. Non era un genio, ma questo lo sapeva lui stesso. Fu in quel momento che si risvegliò in me la solita fame. Di avventure, di sfide difficili, di battaglie... Di vita!! Certo, ero appena morto, ma con questa novità sarei di sicuro riuscito a divertirmi ancora un po', sempre alla mia maniera.

    B: Va bene, hai vinto tu, sono dei vostri!! Però, se vuoi fare le cose per bene, ho un suggerimento per te...



    YAMATO:
    Il mio nome era Yamato Nara. Nacqui in una famiglia del clan Nara trapiantata ad Ame da decenni, ma la mia vita non si assestò mai sui binari predefiniti che il mio cognome avrebbe dovuto comportare. Infatti, all'età di quattro o cinque anni, mio padre si rese conto di quanto assomigliassi al macellaio di fiducia e quindi cacciò di casa sia me che mia madre. Per questo motivo per lungo tempo fui conosciuto nel villaggio come il “bastardo Nara”. Denigrato e malmenato in ogni momento della mia vita, imparai presto a fare ciò che divenne in seguito la mia specialità assoluta. Fingermi uno stupido e fare buon viso a cattivo gioco. Il fisico mi aiutava in questo senso. Da sempre di corporatura robusta, avevo proprio l'aspetto dell'idiota. E mentre portavo avanti questa sceneggiata, di nascosto mi esercitavo per imparare da autodidatta le tecniche del mio clan. A sorpresa scoprii di essere mediamente portato per i ninjutsu. Purtroppo eravamo troppo poveri per poterci permettere l'accademia, ma riuscii in qualche modo a dare l'esame genin senza essa, grazie a diversi lavoretti che mandai avanti da solo. Fui promosso, con gran scorno di molti miei coetanei, e diventai uno shinobi regolare del Villaggio della Pioggia. Il mio sensei si chiamava Shunsuke Kawazoe, colui che poi divenne famoso come “il Dio del Tuono di Ame”. Era un uomo giusto, un ninja con le palle, un maestro comprensivo e abile. Fu lui il primo a capire cosa si celava dietro la maschera che indossavo ogni giorno, cosa che non era riuscita a fare nemmeno mia madre. Mi insegnò i veri valori degli shinobi, la bontà, l'altruismo, la giustizia. Mi seguì e mi fece crescere. Mi volle al suo fianco anche nel momento in cui divenne famoso, una vera e propria celebrità del Villaggio. E io lo seguii, senza chiedere nulla in cambio. Era quello il mio posto, accanto a lui. Proprio per questo la sua perdita fu terribile per me. Fu durante una missione di livello S, a cui partecipavamo sia io che il sensei, insieme ad una altra decina di compagni. Dovevamo smantellare un'organizzazione criminale che agiva sul territorio di più nazioni, non certo una passeggiata di salute. Sembrava procedere tutto bene, avevamo trovato il covo ed eravamo pronti ad attaccare in piena notte. Ma quando lo facemmo, ci trovammo tutti i nemici in assetto da guerra e scoprimmo così di essere circondati. Era stato tutto quanto una trappola, anche se sul momento nessuno di noi ci pensò sul serio. Vidi i miei compagni di missione cadere uno per uno, anche i più abili e famosi. Circondati da innumerevoli arcieri, divennero tutti come dei puntaspilli e così anch'io. Non per questo mi arresi, né lo fece il sensei. Lui riuscì ad aprirsi una strada tra i nemici, sfondando uno dei lati di accerchiamento. Io, come sempre, lo seguii, ma ben presto lui morì. Le sue ferite erano troppo profonde, purtroppo. Io riuscii invece a salvarmi, grazie alla mia corporatura robusta, e arrivai sano e salvo fino ad Ame. Ero l'unico sopravvissuto della spedizione, ma neanch'io ne uscii indenne. Infatti le alte sfere del villaggio decisero di punirmi per il fallimento. Fui privato del grado di Genin e bandito dal Paese della Pioggia. Passai diversi anni a razzolare in giro, facendo i lavori più umili e umilianti possibili, venendo sempre e costantemente preso a pesci in faccia o a calci in culo, finendo sempre ad esser solo ed emarginato. Questo finché non incontrai il carnefice del mio maestro, colui che aveva fatto piombare la mia vita nel degrado, Boris Saijin. Lo riconobbi subito, quando egli attaccò il villaggio in cui facevo lo stalliere-schiavo. Era lui a capo degli arcieri che avevano distrutto la nostra spedizione tempo addietro, non avrei mai potuto dimenticare quella sua faccia. Anche lui si ricordava della mia, così come del fatto che era riuscito a fuggire. Ci trovavamo in una delle stalle in cui lavoravo e, non appena mi vide, chiese agli altri di uscire. Io provai ad attaccarlo, ma fui annichilito in un attimo. Era troppo forte per me, che non combattevo da anni. Puntò la sua spada contro il mio collo, ma la fermò lì. D'improvviso mi propose di entrare a far parte della sua banda, mi disse che gli servivano persone come me e che l'unica alternativa sarebbe stata la morte. Scelsi di vivere, ma scelsi soprattutto di vivere per vendicarmi. Diventai uno degli uomini di Boris solo con lo scopo di ucciderlo, ma ci restai più a lungo del previsto. Anche perché pian piano stavo scoprendo la verità dietro quello che era successo durante quella fatale missione. Boris mi lanciava spesso degli ami, mi dava qualche informazione frammentaria, mi manipolava in maniera subdola. E io mi lasciavo manipolare, continuavo a servire il mio nemico e cercavo febbrilmente di scoprire sempre nuovi dettagli. Mi prestai a tutti i soprusi, a tutti i loschi traffici e a tutti gli efferati crimini che Boris e i suoi commettevano, tutto per qualche straccio di notizia. Divenni uno dei pilastri dell'organizzazione, una specie di braccio destro di Boris. E finalmente riuscii a raccogliere tutti i dati, a scoprire tutta la verità su quella famosa notte. I villaggi coinvolti, Ame, Kusa e Taki, avevano escogitato tutta quella missione per liberarsi dei loro sottoposti più scomodi. Tra essi era finito il mio sensei, ormai più forte e famoso dello stesso kage, e lui aveva coinvolto me. I consiglieri dei villaggi avevano assoldato un mukenin ex kusiano, Yusuke Osawa, e la sua banda criminale da quattro soldi, facendo in modo che essi riuscissero a tendere una trappola mortale al gruppo. Il piano era riuscito quasi alla perfezione, ma il passo successivo era quello di zittire tutti i complici coinvolti, ovvero i banditi. Il capo di questi, dopo aver rubato la prima parte dei soldi che gli era stata anticipata per quella strage, abbandonò i suoi compagni, lasciandoli in preda alla furia dell'esercito ufficiale. Era dovuto fuggire, cambiare nome e aspetto, diventando quindi Boris Saijin. Quando ascoltai tutta la storia fui pervaso da un enorme senso di impotenza. Fu il mio stesso nemico a farmi prendere coscienza di me stesso. Mi chiese cosa avessi intenzione di fare, ora che conoscevo la verità. Non risposi. Mi chiese se ne era valsa la pena di rendermi complice di tutti quei crimini solo per sapere la verità. Non risposi. Mi chiese se avessi intenzione di lasciare l'organizzazione, ora che sapevo tutto. Ancora silenzio. Mi chiese se credessi ancora nella giustizia. No, gli dissi, ormai mi ero convinto che non ci fosse alcuna giustizia a questo mondo. Coloro che si incamminavano sulla retta via non vivevano che disagio e dolore, mentre chi sapeva bene come muoversi nell'ombra continuava a ridere e a macchiarsi di colpe sempre maggiori. Io stesso, da vittima ero divenuto carnefice, avevo venduto l'anima per qualche scampolo di verità. Tanto valeva accettare questa nuova condizione ed adattarmici. Avrei azzerato la mia coscienza e vissuto come coloro che avrebbero dovuto essere i miei nemici, solo così avrei potuto avere una vita normale. Lo dissi a Boris e lui rise. Disse di aver saputo fin dal primo momento quali fossero le mie intenzioni e di avermi sempre sfruttato per quello.

    B: Se non c'è nessuno di cui ti fidi, il tuo migliore alleato può essere solo una persona che trama per ucciderti. Non lascerà mai che tu muoia per mano di altri e ti seguirà sempre, aspettando il momento giusto per colpire. Basta non concederglielo...

    Rimasi sempre più colpito da quell'uomo, che riusciva a mettere a nudo il mio animo con facilità. Scelsi dunque di riporre la mia fiducia in lui e di seguirlo finché la vita me lo permetteva. Non mi importava di divenire un demone, né di finire all'Inferno, tutto ciò che mi interessava era continuare quella vita più o meno tranquilla.
    Passarono diversi anni, Boris invecchiava a vista d'occhio e anch'io iniziavo a non essere giovanissimo, Il nostro gruppo era stato annientato una prima volta, ma lui era riuscito a fuggire e a costituirne un altro, nel Paese del Fuoco, ma anche questo non durò molto. Fece così innumerevoli volte in pochi anni, ma ogni volta riusciva a rimettersi in piedi in poco tempo e a non venire coinvolto. Del suo gruppo originale c'ero sempre e solo io. Lo guardavo spremere la feccia della società e i poveracci che avevano la sfortuna di trovarsi sulla sua strada, per poi abbandonare tutto e tutti al loro destino appena le cose iniziavano a mettersi male. Era un mostro, avido e avaro, intelligente e spregiudicato. E sembrava avere mille vite, con la sua capacità di cadere sempre in piedi.
    La penultima volta che organizzò un cartello criminale, decise di fare le cose in grande e quasi monopolizzò il mercato nero e le attività illecite del Paese della Cascata. E mentre l'organizzazione si ampliava sempre più, lui intesseva rapporti diretti con le alte sfere di Taki e si garantiva immunità. Non sembrava sbagliare neanche un virgola, ogni sua mossa era precisa ed efficace. Finché non compì un unico, grosso errore, che fu fatale. Iniziò a contrabbandare armi in maniera sempre maggiore, anche a livello internazionale. In breve tempo i nostri appoggi al villaggio svanirono e ci ritrovammo a dover fronteggiare un imminente attacco militare. Boris riuscì a capirlo e quindi reagì nell'unico modo che gli garantiva un successo certo, ovvero tenendosi pronto per la fuga e approfittandone appena l'attacco iniziò. Di nuovo fui l'unico a sopravvivere del vecchio gruppo. Ormai eravamo una squadra, non potevamo separarci nemmeno se avessimo voluto. E del resto non aveva senso per nessuno dei due. Per lui ero un sottoposto fedele e indispensabile, mentre lui era il mio unico modo di avere una vita quasi serena. In nessun altro luogo al mondo avrei trovato il mio posto.
    Riparammo nel Paese della Pioggia, la patria da cui ero stato cacciato. Ormai nessuno si ricordava di me, quindi non correvo rischi da quel fronte. In più, tutto il nostro peregrinare ci aveva dotato di una discreta quantità pecuniaria. In questo modo Boris avrebbe potuto fare un secondo tentativo con il suo progetto più ambizioso, ovvero creare un vero e proprio impero personale. Mi sembrava che il suo bisogno più impellente era quello di un potere assoluto e di riconoscimenti. Io invece mi accontentavo di nascondermi nella sua ombra, quindi se egli si fosse fatto così grande sarei riuscito ancora meglio in questo. Insieme, noi due riuscimmo ad attecchire facilmente nel fertile mondo clandestino di quella nazione, troppo povera anche per avere una mafia all'altezza. Distruggemmo e unimmo, creando un piccolo dominio e riuscendo a tenere buono il Villaggio tramite un infiltrato. Era senza dubbio il migliore fra i tentativi, grazie anche ad una sempre maggiore collaborazione da parte mia. Però, nel momento di massima espansione, si intromise l'incalzante vecchiaia, unita ad una artrite, che resero Boris quasi immobile. Da lì iniziò un rapido declino, che portò come conseguenze una serie di divisioni e lotte intestine. Io partecipai attivamente a questo nuovo clima, tenendo d'occhio di nascosto il più ambizioso tra i nostri uomini. In qualche modo riuscimmo a tirare avanti un bel po', arrivando al momento della resa dei conti il più tardi possibile e il più preparati possibile. Era già tutto scritto, ma un imprevisto insensato si mise fra i piedi all'ultimo. In un primo momento fui colpito da quella donna, il cui clone riuscì a eliminare il nostro maggiore pericolo interno, ma non riuscii a evitare che un paio di poveri fessi si trascinasse dietro il mostro a sei braccia che era con lei, dando inizio a tutta una serie di conseguenze terribili. Il tradimento di quest'ultimo, le movenze inumane della nostra nemica, ci portarono ben presto con le spalle al muro. La quasi totalità dei nostri uomini fu eliminata dalla ragazza, ma grazie alla tattica più rischiosa che conoscevo, la B37, riuscimmo a evitare la disfatta totale. Mentre Boris si occupava di bloccare il nemico e farlo uccidere, mi ritrovai a riflettere sul nostro futuro. Saremmo riusciti anche in questo caso a ripartire da zero? Boris era malato, non era più in grado di muoversi, come avremmo potuto rimetterci di nuovo in cammino? Un'enorme luce avvolse tutti i miei dubbi. Sentii solo un gran dolore, prima che la morte mi accogliesse fra le sue braccia.
    Quando mi risvegliai, ero dentro il corpo di un'altra persona. Per un attimo sperai che tutto quello che era avvenuto prima fosse stato un sogno, ma la vista della distesa di cadaveri e il fortissimo odore che essi emanavano mi fecero capire che ciò non era possibile. Stavo cercando di farmi un'idea su quello che era successo, quando una voce iniziò a rimbombare nella mia testa. La riconobbi subito, era quella di Rutja, il mostro a sei braccia. Risposi “presente”, senza aggiungere altro per ora. Senza che glielo chiedessi neanche, il ragazzo iniziò a spiegarmi la situazione. In sostanza eravamo morti tutti, per colpa di un sigillo segreto della tizia di Taki. Lui mi aveva resuscitato con una tecnica inventata dal suo “padrone”, su consiglio di Boris, a cui aveva riservato per primo questo trattamento. Nonostante fossero tutte cose assurde, capii quasi tutto subito. Lui continuò a spiegare, era confusionario e a tratti approssimativo. Nonostante i suoi tentativi di non farsi capire, riuscii a farmi un'idea piuttosto precisa di tutto quello che era successo e di quello che sarebbe successo di lì in poi. Certo, ci sarebbe stato da lottare ancora, per una causa ancora meno nobile di quella precedente, però quanto meno avrei potuto continuare a vivere una vita più o meno tranquilla. Il resto non era importante per me.

    Y: Tutto chiaro!! Adesso però la cosa più urgente è cercare di capire come comportarsi con le autorità...

    Cercai di informarmi su come avesse intenzione di agire, ma l'unico piano a cui fu in grado di pensare Rutja fu quello di affidarsi al suo padrone o alla sua alleata. Di colpo ebbi la conferma che quel ragazzo non aveva per niente una mente flessibile, era solo un soldatino. Proprio come quelli che per tanto tempo avevamo sfruttato biecamente. Un po' la cosa mi inquietava, ma se non altro quel tipo che lui chiamava “il professore” sembrava un genio formidabile, quindi da quel punto di vista mi sentivo un po' più tranquillo. Proposi quindi che lui mi spegnesse e chiedesse ad altri di risolvere il problema. Il mio rapporto con i villaggi non era mai stato il massimo, non sarei potuto essere d'aiuto in nessun modo. Il ragazzo acconsentì e mi concesse la cosa che maggiormente desideravo, un po' di riposo.



    PROFESSORE
    Fui richiamato più presto del previsto, Rutja aveva bisogno di me. Per un problema di piuttosto semplice risoluzione. Come uscirne puliti da tutta quella storia? Di certo non aveva senso inventarsi chissà quale menzogna elaborata, né tanto meno si potevano lasciare le cose così, senza fare nulla. La cosa più saggia era recarsi al più presto dalle autorità di Ame e raccontare la verità più cruda. Certo, limando tutte le parti della vicenda più sconvenienti, quello era ovvio. Ma soprattutto, insistetti molto su questo punto, assicurarsi che fosse informato al più presto anche qualche rappresentante di Taki, tipo l'ambasciatore o giù di lì. In questo modo si sarebbe verificata subito la veridicità del tutto e Rutja ne sarebbe potuto uscire lindo e pulito, pronto per andare avanti con il piano.

    P: E comunque per situazioni come questa è forse più indicata Maki-dono, lei è ancora più abituata a relazionarsi con i piani alti del Villaggio...

    Dopo aver dato questo semplice consiglio, chiesi al ragazzo di controllare che non ci fosse niente fuori posto, indizi che potessero smentire la nostra versione. Ne trovammo solo un trio, ovvero le siringhe usate per la resurrezione. Ce n'era una in più del dovuto, Rutja si era dimenticato di raccontarmi del nostro nuovo alleato, che risultò essere il consigliere Nara del mafioso con cui ci eravamo appena scontrati. Non ebbi nulla da ridire su questa cosa, una mente sveglia in più è sempre ben accetta. Tanto più che avevo avuto modo di verificare io stesso il suo valore, visto che era stato lui a fotterci alla grande.

    P: Bene, tutto è pronto, possiamo andare...

    Il ragazzo ripercorse tutti i cunicoli a ritroso, camminando con passo lievemente rallentato. Anche se non sentiva nessun dolore, il suo corpo era parecchio malridotto. Una settimana in ospedale non gliela avrebbe risparmiata nessuno. Ci mettemmo quasi mezza giornata a raggiungere Ame. Le guardie alle porte del villaggio ci soccorsero con solerzia. Rutja spiegò a fatica parte della situazione, chiedendo di poter parlare con un funzionario del Paese della Pioggia e con qualche ambasciatore di Taki. I due ninja guardiani sembrarono un po' confusi, ma decisero di portarci all'ospedale militare di Ame, per poi fare arrivare le persone richieste come visite. Fummo messi a letto, ma le cure non iniziarono subito. Evidentemente i medici non sapevano cosa fare con un corpo mai visto come quello che avevo creato io. Vennero addirittura a chiedere consiglio e glielo diedi proprio attraverso Rutja. In questo modo egli poté ricevere le cure più adatte. Passarono poi un paio d'ore prima che si facesse vivo qualcuno dei villaggi. Erano due uomini, un amiano e un takiano, lo stesso che aveva ufficiato il matrimonio tra Rutja e Maki, almeno stando a quello che mi disse il ragazzo.

    BT: Ragazzo, ora è meglio che tu ci racconti il più possibile...

    Senza troppi preamboli, Rutja iniziò a raccontare la storia. Partì con un piccolo discostamento dalla realtà. Infatti disse che loro due, novelli sposini, si erano recati in un magazzino abbandonato, che avevano affittato in nero dal vecchio custode, di modo da poter avere un po' più di intimità rispetto a quella concessa da una qualsiasi locanda da quattro soldi. Avrei avuto molto da ridire su questa sua partenza, non mi sembrava per niente plausibile, però i due uomini sembrarono crederci. Comunque il racconto prese una piega migliore subito dopo, quando invece si passò ad una maggiore aderenza alla realtà dei fatti. La ragazza che si allontanò, lasciando un clone per sicurezza, e il magazzino fu assaltato del gruppetto di mafiosi, non si sa per quale motivo. La piccola battaglia fu raccontata di fretta, così come il conseguente rapimento, per attirare la vera Maki, di modo da vendicarsi. Descrisse con cura il luogo in cui si trovava il covo, anche perché sapeva che questo era un dato fondamentale, più degli altri.

    Fui tenuto in una stanza a lungo, fin quando non mi ritrovai in mezzo ad una faida sanguinosa fra gli stessi membri di quell'organizzazione...

    Ritornò sbrigativo nel racconto delle due battaglie, quella tra i mafiosi e quella tra i sopravvissuti di questi e Maki. Raccontò solo di come fosse stato colpito da una bomba Katon o qualcosa di simile e di come Maki fosse stata bloccata e uccisa. Quindi fece una spiegazione abbastanza dettagliata del sigillo degli Uehara.

    Solo io conoscevo questa cosa, quindi fui l'unico sopravvissuto. Se andate laggiù vedrete...

    Rutja si zittì di colpo, dunque. I due uomini si erano fatti molto seri da un bel po', soprattutto il takiano, consapevole di aver perso un ninja come Maki, in prospettiva una possibile colonna del villaggio. Dissero dunque al ragazzo di non preoccuparsi, che avrebbero verificato tutto e sistemato il sistemabile.
    Rutja fu ricoverato per dieci giorni ad Ame, quindi riuscimmo così a carpire maggiori notizie. Il caso era stato reso pubblico, però molto in sordina. Vennero fuori più di un coinvolgimento di parti dell'amministrazione del Villaggio, che dovette quindi impiegarsi in una rigenerazione interna non da poco. Rutja fu trattato più come un fastidio che come un eroe e fu mandato via da Ame con somma gioia. Fu riaccolto a Taki con freddezza, ma non se ne fece un cruccio. Partecipammo anche al funerale di Maki. Lei non volle assistervi, quindi Rutja mantenne me attivo. Pianse parecchio, senza fare per nulla finta. Era una persona più complessa di quanto desse a vedere.

    La tempesta è passata, signore, però la nostra storia inizia solo adesso...



    OT
    Spero che questo bordello sia piaciuto almeno un po' a chi ha dovuto valutarlo xD. Io mi sono divertito un sacco a scriverlo, anche perché ogni 3x2 mi spuntavano nel cervello nuove idee :asd: . All'inizio non ci dovevano essere né Boris, né l'allievo del padre di Rutja, la cosa era molto più easy nei miei piani iniziali xD. Ma va be' :asd: . Dovevano essere tre post da una cinquantina di righe, invece ne sono usciti quattro da una decina di pagine ciascuno xD. Ci ho messo circa nove mesi, è stato praticamente un parto xD. Ma fanculo sono soddisfatto xD!!


    LEGENDA
    P: Professor Madaraki (Madara Nara)
    M (B): Boris nel corpo di Maki
    M: Maki Uehara
    B: Boris Saijin
    Y: Yamato Nara
    BT: Burocrate di Taki


    OST
    Paul Leonard Morgan – Happy pills (Limitless OST)
    Hitoshi Sakimoto – Seeking Power (Final Fantasy XII OST)
    Nujabes – The final view
     
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    Che dire....congratulazioni! :lool:
    Per quanto mi riguarda puoi considerarti sposato! XD
    Ti assegno 5 punti exp per la simpatia :lool:
     
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    Più che altro vedovo xD. Comunque grazie mille per la valutazione :asd: .
     
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    Hey non ho letto da nessuna parte "finché morte non vi separi"! U_U
    Quindi sei ancora sposato!
     
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